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DIGNITA’ DELLA PERSONA Il problema morale è un problema antropologico

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Presentazione sul tema: "DIGNITA’ DELLA PERSONA Il problema morale è un problema antropologico"— Transcript della presentazione:

1 DIGNITA’ DELLA PERSONA Il problema morale è un problema antropologico
Dr. I. Cerino •Laboratotio Analisi P.O. Umberto I •Centro di Cultura Bioetica Nocera Inf. – Pagani (Sa)

2 Il cammino evolutivo dell’uomo
Diamo uno sguardo rapido al cammino evolutivo dell’uomo per cogliere meglio la singolarità dell’essere umano in natura e anche per gettare alcune basi che ci aiuteranno a comprendere meglio quello che diremo in questa relazione. La storia dell’uomo, dunque, inizia certamente con l’avvento delle prime microscopiche forme di vita sulla Terra, tuttavia in senso stretto la storia dell’Homo sapiens inizia con la comparsa, circa cinque milioni di anni or sono, quasi certamente in Africa, della famiglia Hominidae .Nell’accingerci a ripercorrere la nostra storia evolutiva, giova ricordare come il 99, % di essa è in comune con le attuali antropomorfe africane il cui patrimonio genetico è simile al nostro in una percentuale superiore al 90% ( 98% nello scimpanzé ). Una differenza del 2% ha reso, dunque, l’Homo sapiens una specie unica. I resti fossili più antichi di ominide sono stati ritrovati di recente (1994) in Etiopia ed in Kenya. Dal sito etiopico di Aramis proviene Ardipithecus ramidus,risalente a 4,4 myr (1 myr = 1 milione di anni). Trattasi di frammenti di cranio e di ossa di arto, più alcuni denti; in particolare i frammenti cranici, pur mostrando una affinità con lo scimpanzé, mostrano una posizione più avanzata del foro occipitale (attraverso il quale il midollo spinale dal cranio si continua nel canale vertebrale). Ciò rende verosimile che la postura di A. ramidus fosse eretta, con locomozione bipede.

3 Homo neanderthalensis e H.sapiens
Il primo fossile attribuibile a H. neanderthalensis è datato a 200 kyr ed è costituito da frammenti di calotta cranica ritrovati a Ehringsdorf in Germania; H. neanderthalensis era più robusto ma più basso di H. sapiens, con una faccia più estesa e pronunciati rilievi sopraorbitari; la volta cranica era più bassa ed allungata ed il cervello, di dimensioni vicine alle nostre, presentava un ridotto sviluppo della corteccia frontale (sede dei processi logici ed associativi). Essi vissero nel Paleolitico medio in un periodo di violente oscillazioni climatiche e la loro organizzazione sociale, per quanto efficiente, non li preservò da una vita breve (in media 40 anni) segnata da numerosi traumi fisici e stress alimentari, com’è documentato nei loro resti ossei. Erano artigiani abilissimi nel lavorare la pietra, ma non risulta che abbiano utilizzato altre materie prime (es. osso) per realizzare i loro strumenti; i loro siti erano semplici, concepiti per gruppi non molto numerosi ed in modo molto meno strutturato di quelli di H. sapiens. H. neanderthalensis, inoltre, a differenza dei nostri più diretti antenati, non ha lasciato testimonianze archeologiche di comportamento simbolico; nonostante avesse coscienza della morte, tanto da seppellire i propri morti con gli arti flessi in piccole buche, tuttavia l’assenza di un corredo funerario (oggetti, cibo, ecc. come simboli di una vita futura) rivela l’incapacità di accedere a rappresentazioni mentali. E ancora, il modesto arrotondamento della base del cranio depone contro la possibilità, per quest’ominide, di esprimersi con un linguaggio articolato. Homo sapiens ebbe origine in Africa intorno a kyr or sono e qui si differenziò a lungo prima di migrare. Fino a 40 kyr fa l’Europa era dominio dei Neandertaliani; non è stato ancora del tutto chiarito se i Cro-Magnon siano riusciti in qualche modo a fondersi con essi o se ne abbiano causato l’estinzione per eliminazione diretta e/o attraverso una competizione vincente nello sfruttamento delle risorse disponibili. Una cosa comunque è certa: con Homo sapiens compare sulla terra una specie qualitativamente nuova, capace di essere l’artefice del proprio mondo, modellato su un progetto frutto di rappresentazione mentale; non così i Neandertaliani, i più evoluti dopo i Cro-Magnon, che "subirono" l’habitat fornito loro dalla Natura. Per evidenziare la radicale diversità di Homo sapiens rispetto agli ominidi che lo hanno preceduto, ci soffermeremo su alcuni aspetti comportamentali che caratterizzarono la vita di questi uomini del Paleolitico superiore. A Sungir’, in Russia, è stato ritrovato un sepolcro risalente a 28 kyr fa, contenente i resti di tre individui (due ragazzi e un uomo di ca. sessant’anni) riccamente vestiti e numerosi oggetti facenti parte del corredo funerario, tra cui molti ottenuti da avorio di mammut intagliato. Oltre a suggerire l’esistenza di classi sociali differenziate (non tutti i sepolcri trovati sono così lussuosi), questo ritrovamento testimonia della fede in una vita oltre la morte (religiosità) e dell’esistenza di un’organizzazione sociale stratificata in cui l’artista aveva una propria collocazione (gli oggetti ritrovati presuppongono un lungo e laborioso impegno).

4 Dallo studio degli accampamenti di queste due specie risulta che i Neandertaliani migravano in massa dopo che le risorse del territorio occupato, indiscriminatamente sfruttate, si erano esaurite (raccoglitori opportunisti); H. sapiens, invece, pianificava l’uso delle risorse, sfruttandole con l’ausilio di piccoli accampamenti periferici, periodicamente visitati da individui specializzati (raccoglitori sistematici).

5 E ancora, il modesto arrotondamento della base del cranio depone contro la possibilità, per quest’ominide (Neanderthal), di esprimersi con un linguaggio articolato. Ciò che peculiarizza l’Homo sapiens è il linguaggio, inteso non solo come capacità anatomo-funzionale (linguaggio articolato), ma come attitudine mentale a produrre simboli, elaborati dal pensiero, organizzati in precise strutture cerebrali (area di Broca) e poi espressi in suoni . Dal momento che il pensiero non può essere scisso dal linguaggio, poiché i simboli mentali coincidono con i simboli linguistici sia quando riflettiamo che quando colloquiamo, ne deriva che i Cro-Magnon, i soli della famiglia degli Hominidae che ci hanno lasciato diffuse testimonianze simboliche, erano in possesso del ragionamento simbolico complesso e ciò li rende specie unica ed individui assimilabili, non solo per le caratteristiche anatomiche, all’attuale razza umana. L’uomo non è solo "più" intelligente delle altre specie viventi, ma lo è in "modo diverso", poiché, mentre è capace di riflettere su se stesso, riesce a manipolare l’ambiente che lo circonda in modo qualitativamente unico, modellandolo, cioè, secondo un progetto frutto di rappresentazione mentale.

6 Grazie Alle raffigurazioni rupestri dei Cro-Magnon sappiamo, ad esempio, del rinoceronte lanoso europeo dell’Era Glaciale, del Megaloceros giganteus, un cervo dalle grandi corna e dalla grossa gobba, ecc. C’è un preciso riscontro tra i mammut riprodotti e quelli ritrovati nei ghiacciai; inoltre questi artisti conoscevano bene l’aspetto e le modificazioni stagionali degli animali dipinti: la muta estiva del bisonte, la deformazione boccale del salmone maschio nel periodo riproduttivo, il bramire del cervo maschio durante il periodo degli amori, ecc. Ricca è la documentazione archeologica di una vera vena artistica espressa attraverso intagli e raffigurazioni. A Vogelherd in Germania è stata ritrovata una serie di piccole figure di animali intagliata in avorio; in particolare colpisce la figura di un cavallino scolpito su una medaglia di cinque centimetri: esso non ricalca la tozza figura dei cavalli dell’epoca, ma esprime in modo elegante e simbolico l’essenza dell’animale. Nella grotta Stadel di Hohlenstein in Germania è venuta alla luce una statuetta di trenta centimetri raffigurante un uomo con la testa di leone; l’interpretazione più ovvia è che si tratti di una figura mitologica che rivela tutto un retroscena di tradizioni e di miti. Tra le decorazioni pervenuteci particolare menzione meritano quelle ritrovate nella grotta di Lascaux nella Francia occidentale, dove disegni geometrici accompagnano bellissime figure di animali resi con particolare forza evocativa, facendo ricorso anche a mezzi prospettici. Queste raffigurazioni denotano profonda capacità di osservazione, padronanza di mezzi tecnici ed espressività simbolica che non ha molto da invidiare a quella delle generazioni future. A differenza dei Neandertaliani, i Cro-Magnon vivevano in gruppi numerosi in accampamenti di variabile dimensione e complessità. Le capanne presentavano spesso un’architettura elaborata, non rispondente a criteri di pura necessità. Conoscevano bene l’uso del fuoco, utilizzato per illuminare, per riscaldare gli ambienti e l’acqua (scaldata con pietre roventi in buche scavate nella terra e rivestite di pelli), ma anche per cuocere statuette di argilla (quelle ritrovate nella repubblica Ceca risalgono a 26 kyr fa e sono state cotte a T° > 400°C). Ci sono pervenuti strumenti litici di varie fogge da essi costruiti, molti dei quali sono provvisti di manici di legno o di osso; inoltre sono state ritrovate, come novità peculiare, punte d’osso e corna di cervo raddrizzate per farne dei propulsori. Oltre alle armi, come già si è detto erano capaci di realizzare oggetti artistici (statuine), ma anche strumenti musicali, come attestato dal ritrovamento di flauti a più fori risalenti a 30 kyr or sono.

7 Il termine “persona” Il termine persona deriva dal greco p r o s w p o n La traduzione latina di p r o s w p o n è persona Con le dispute conciliari dei primi secoli del cristianesimo venne adottato il termine persona che, perso il significato di maschera, si identificò con  Severino Boezio definì la persona come "sostanza individuale di natura razionale" Prosopon significa volto, faccia, ma anche personaggio, caratterizzato da una specifica maschera; persono = suonare in tutte le direzioni (megafono). Si tratta, dunque, di una rappresentazione teatrale di un qualcosa che va al di la delle apparenze: la maschera è segno visibile di un modo di essere del personaggio, col suo mondo, con ciò che lo caratterizza. L’uomo, quindi, è persona in quanto maschera, cioè segno visibile della sua realtà ontologica (fondamentale): capacità di percepire l’istanza morale, capacità di pensiero, capacità di conoscere, nella libertà. Iupostasis = substantia = fondamento, essenza (al di là delle apparenze).

8 Il problema morale è un problema antropologico
Sotto ogni concezione etica c’è una concezione antropologica Alla base di ogni considerazione c’è l’interrogativo: la persona è sostanza, cioè essere stabile e permanente? Essa, cioè, si identifica in “ciò che è” o in “ciò che fa”? La persona è solo materia o è sintesi di materia e spirito? Caratteristiche biologiche, comportamentali, ecc. Il tema che ci siamo proposti è quello di esaminare, di evidenziare meglio come alla base dell’uso della tecnica (che in sé è né buona, né cattiva) c’è una visione dell’uomo che a sua volta dipende dall’orientamento etico. Sono persone tutti gli uomini o solo alcuni? Si diventa persone o lo si è dalla nascita?

9 PARLARE DEI MODELLI ETICI?
Chi è persona? Teoria funzionalistico-attualistica •Caratteristiche biologiche (individualità – SNC – aspetto – dolore/piacere) •Caratteristiche psico-sociali Teorie monofattoriali (razionalità – relazionalità – riconoscimento sostitutivo - intenzione di procreare) Teorie multifattoriali (Es. Singer – Engelhardt) Teoria sostanzialista (personalismo ontologico) Pur essendo univoca l’etimologia del termine persona, ci sono divergenze se ci si chiede cosa sia la persona (=Soggetto di diritti). Teoria f.attualistica: è negata la trascendenza. Con il termine persona si fa riferimento ad una serie di proprietà e funzioni, per cui non si cerca di definire una realtà preesistente (l’uomo), ma si vuole stabilire se e quando l’uomo (o un altro essere vivente) rientri in questa definizione, al di là della natura ontologica. Rispecchia l’approccio utilitaristico o relativista che tende a sottolineare la relatività del valore della vita umana o alla società o alle condizioni del suo vivere, o alla qualità della sua vita. Spesso le due posizioni vengono identificate la prima come posizione cattolica, la seconda come posizione laica. Individualità: ricombinazione dei 2 patrimoni genetici a ore dalla fecondazione; perdita della totipotenzialità al 14° g. (7°); annidamento completo al 14° g con distinzione tra embrione ed annessi (placenta, amnios, ecc.); differenziazione dei 3 foglietti embrionali al 14° g. (ecto-meso-endo derma); comparsa della stria primitiva. Attività unificante del SNC: come per la morte, così per l’inizio della vita “umana”. Morfologia umana solo dal 7° mese. Alcuni negano il concetto stesso di persona e giudicano gli esseri viventi in base alla capacità di provare dolore/piacere. Razionalità: si è persona in rapporto all’inizio o alla fine della capacità di razionalizzare. Relazionalità: idem per la capacità di relazionarsi. Inizio: coinciderebbe con l’impianto in utero (dialogo madre-figlio); perdita: cessazione attività cerebrale (es. nello stato vegetativo persistente, con conservata attività del tronco cerebrale). Riconoscimento sostitutivo: persona in rapporto al comportamento: il comportamento materno svelerebbe l’esistenza di un nuovo essere umano. Intenzione di procreare: riconoscimento da parte dei genitori. Non è persona l’embrione non voluto o concepito dopo violenza sessuale. PARLARE DEI MODELLI ETICI? Singer: autocontrollo + rapporto interpersonale + comunicazione + curiosità + senso del tempo. Senso del dolore come criterio di intervento sull’uomo come sull’animale. Per Engelhardt, filosofo contrattualista, la morale origina dalla stipulazione di un contratto cui può accedere solo il soggetto adulto, autonomo, capace di intendere e di volere. Solo questi è persona, e lo diventa solo dopo anni dalla nascita, così come può non esserlo più qualche tempo prima di morire. In questa ottica feti, fanciulli, ritardati mentali, soggetti in coma, ecc. non sono persone e non possono godere di diritti. Per il filosofo utilitarista Singer la funzione qualificante è la sensibilità. Tutti gli esseri viventi senzienti hanno il diritto di non soffrire inutilmente; l’uomo, in quanto essere razionale e autocosciente, ha diritto ad un riguardo maggiore perché soggetto a maggior sofferenza; quando tuttavia la coscienza è assente, come negli embrioni, nei soggetti in coma, ecc., non si parla più di persona ed essi hanno meno diritti degli animali senzienti (possono essere, quindi, oggetto di qualsiasi sperimentazione). Feti, neonati, bambini, anziani, cerebrolesi, dementi, malati terminali, ecc. sono definiti esseri umani marginali e godono degli stessi diritti degli animali senzienti. CONTRATTUALISMO DI ENGELHARDT (percezione della comunità morale + elaborazione, con altri, degli orientamenti comunitari), che non propone il criterio costo/beneficio, ma il criterio del consenso: l’utilità sociale è in ragione del consenso sociale. E’ proposto un contratto sociale alla maniera del Rousseau, con un’etica pubblica che dev’essere concordata fra le parti in causa (es. medico-paziente). Le conseguenze sono: . 1) Relativismo ed utilitarismo. 2) Distinzione degli esseri umani in tre categorie: persone, capaci di scegliere; non ancora persone (embrioni, feti, bambini) perché non ancora capaci di scegliere; non più persone (es. ammalati mentali gravi- Alzeimer), non più capaci di scegliere. Sulle idee di questo autore è stata fondata da molti l’odierna etica laica. IL PERSONALISMO ONTOLOGICO rifiuta: il giudizio sull’uomo in base a ciò che appare e non su ciò che è; visione dell’uomo come somma di atti; la discriminazione degli esseri umani in base sulla base di capacità o funzioni che non possono esaurire tutte le dimensioni e caratteristiche umane.

10 Personalismo ontologico
L’essere persona è in relazione alla natura ontologica (essenza) dell’uomo La natura ontologica della persona non è riducibile a capacità, attività e funzioni che la manifestano (persona e personalità) Ogni persona ha uguale valore La persona si identifica con l’uomo nella globalità delle dimensioni (fisica – psichica – spirituale) La sostanza “persona” è un individuo concreto, una persona al singolare che è individuum in se, divisum a quolibet alio. L’individuo, come persona, è unico ed irripetibile On ontos è part. pres. Di einai (essere). L’UOMO è PERSONA DAL CONCEPIMENTO ALLA MORTE (cambio naura). Cfr. Tertulliano. Teoria sostanzialistica Non fa riferimento a funzioni, ma all’essenza stessa dell’uomo. Ogni uomo è persona in virtù della sua essenza che egli ha e non può acquistare o perdere. Sottolinea il valore intrinseco della persona in ogni momento del suo esistere al di là delle condizioni del suo vivere e quindi i doveri che dobbiamo assumere verso di essa. La persona umana non può mai essere piegata o usata per interessi che non siano il suo bene globale. S. Boezio definì la persona “sostanza individuale di natura razionale”, definizione che racchiude i due aspetti fondamentali della persona: l’individualità e la trascendentalità. Non spirito rivestito di carne o legato ad essa, ma formante col corpo una sola sostanza, un solo essere; la dimensione spirituale va sempre riferita ad un uomo concreto che pensa, vuole, si apre agli altri e all’Altro Nell'uomo lo spirituale è sempre carnale e il carnale è sempre spirituale. Ciò vuol dire che il carnale, il corpo, il legame col mondo della materia è parte integrante della persona umana e, come tale, va rispettato. Psiche= processi e funzioni della vita sensoriale ed emozionale, cosciente e individuale della persona. Personalità= progressiva acquisizione di qualità che sono proprie della persona, ma che non necessariamente sono presenti all’inizio della sua esistenza. Pertanto ogni uomo è persona in atto fin dall’inizio della sua avventura terrena, ma per tutta la vita è personalità in potenza. Diventare persona non è un processo, ma un evento o atto istantaneo (fecondazione) per cui si è persona una volta per tutte. L’essere umano è persona perché nella sua essenza è di natura spirituale, non perché ha una maggiore o minore capacità di coscienza, relazionalità, emozionalità, avvertenza del dolore, autocontrollo, ecc. C’è l’attenzione al singolo individuo: il bene della società passa per il bene del singolo che non può mai essere istituzionalmente sacrificato per il bene comune (esempio degli esperimenti nucleari in USA, GB URSS – Stati totalitaristi).

11 Personalismo ontologico (segue)
Ivan: Personalismo ontologico (segue) L’uomo non è un “oggetto” tra gli altri, ma è “soggetto”; non è mai “mezzo”, ma sempre “fine” Ciò che caratterizza la persona umana è la natura ragionevole, carattere peculiare dell’uomo che implica una reditio completa (autocoscienza ed autodeterminazione). Questa capacità gli deriva dal fatto che egli, essere intelligente, sa “astrarre” Dall’astrazione alla concettualizzazione Il linguaggio L’acquisizione di nuove conoscenze La capacità di giudicare e di prendere decisioni Le attività tendenziali L’affettività L’uomo è capace di giudicare gli oggetti, distinguendoli da sé (obiectum è participio di obicio e significa “posto davanti”). Ha il primato assoluto su tutto il creato, quindi non può essere soggetto alle cose. Per il suo essere persona l'uomo emerge sul cosmo in tale maniera che non può essere posto nel mondo degli oggetti, né essere considerato un " pezzo " della natura, un elemento del cosmo, una funzione della società e dell'economia. Non può essere messo in discussione riguardo ai suoi diritti fondamentali. Ogni uomo è una novità, un essere assolutamente originale che non ha equivalente e che nessun altro può sostituire. Mezzo= cioè “usato”. Possiamo dunque affermare che la persona umana è aperta all’Assoluto. Nell’apertura all’essere, che si realizza in ogni conoscenza, si nasconde in modo mediato la tensione verso l’Essere Assoluto che racchiude in sé la totalità della conoscenza: è questa la costituzione fondamentale dell’uomo. L’uomo, dunque, è essere spirituale in quanto per natura costantemente in tensione ed apertura verso l’Essere Assoluto. Nonostante egli abbia la facoltà di rifiutarla, questa natura non potrà mai essere annullata, ridotta a sola materia. La persona nasce con la pienezza della sua dignità, ma spetta poi a lei crescere verso la piena realizzazione dell’autocoscienza e dell’autodeterminazione (crescita psichica e morale: formazione della personalità) La reditio completa cioè la capacità di “ritornare su se stesso” (= essere sempre presente a se stesso in modo consapevole) attraverso l’autocoscienza e l’autodeterminazione. Questa capacità è attestata in tutte le attività umane e si manifesta nel giudizio e nell’agire umano. L’uomo ha l’intelligenza, cioè la capacità di intus-legere Un individuo possiede la natura razionale anche senza manifestare autocoscienza e autodeterminazione (ma non viceversa). Questa capacità gli deriva dal fatto che egli sa “astrarre”, cioè estrarre dal particolare l’universale e, quindi, di farsi un’opinione, di giudicare (sa cogliere dal particolare/limitato le caratteristiche essenziali che, in quanto tali, sono applicabili a tutta la gamma dei particolari simili, cioè sono universali/illimitate.). Astrazione vuol dire estendere in modo illimitato una conoscenza limitata, cioè trascendere la conoscenza particolare. In altre parole, vuol dire cogliere ciò che caratterizza un soggetto particolare per applicarlo ad altri soggetti: in tal modo, attraverso il limitato, si tende alla conoscenza dell’illimitato (apertura all’essere).Questa caratteristica, legata all’intellectus agens (lo spirito umano), è propria dell’uomo e rende ragione della sua natura spirituale. E’ attività collegata alla corporeità (encefalo) ma che non si identifica con esso. Egli è spirituale in quanto intelligente, libero e padrone del suo agire. La mente umana ha la capacità di intus legere, cioè leggere dentro la realtà per astrarne il concetto, cosa che la sola conoscenza sensitiva non consente; quest’attività, non riducibile a sola materia, è vista dai vitalisti come prova della spiritualità dell’uomo. La concettualizzazione è istantanea, ma implica diversi passaggi. Essa è un "concepire dentro" quel nuovo essere che è il concetto (dal latino conceptus = il contenere, ma anche concezione in riferimento alla maternità), contenuto specifico elaborato a partire dall’esperienza del reale. Una volta concepito, questo contenuto sopravvive alla materia cui si riferisce, poiché esso è immateriale; inoltre è universale, cioè riferibile a tutte le realtà fisiche che contengono le stesse caratteristiche essenziali; infine è astratto, non ha cioè i particolari propri di ciascuna delle realtà fisiche cui si riferisce. I concetti, che possono riguardare cose materiali, ma anche cose immateriali (es. libertà, giustizia), sono manifestati col linguaggio. Pur essendovi una varietà di lingue che continuamente si evolvono, la comunicazione verbale è tuttavia sempre concettuale, analoga, simbolica e permette ad uomini di culture diverse di comunicare tra loro. Con gli animali, invece, non è possibile comunicare, e ciò vale a distinguere l’intelligenza umana da quella animale ed artificiale. Anche animali che comprendono fino a 200 parole e sanno rispondere a domande non raggiungono l’intelligenza umana; dopo tutto, ci sono convegni umani sull’intelligenza animale e non viceversa. Se definiamo l’intelligenza umana solo come capacità di ricevere e dare informazioni non riusciamo a coglierne l’essenza; essa è anche questo, ma ha la capacità peculiare di costruire le informazioni; prima di concretizzare un’opera, l’uomo l’ha già realizzata nella sua mente. Egli cioè, elabora le informazioni ricevute e prende decisioni ponendosi sul piano superiore dei fini e dei valori (economici, sociali, ecc. o anche valori superiori) che non provengono sic et sempliciter dall’ambiente; chiedendosi dei "perché" a catena l’uomo può fare delle generalizzazioni sempre più ampie fino a giungere a domande di tipo esistenziale. Non c’è dubbio che comportamenti animali indicano in essi una qualche intelligenza e capacità decisionali: il leone, ad es., caccia la preda ed il castoro costruisce dighe. Ma gli animali rispondono sempre a stimoli ambientali (i castori erigono dighe anche davanti ad altoparlanti che riproducono il rumore dell’acqua), mentre l’uomo è capace anche di prevedere e decidere in base a parametri astratti. Sia il ragionamento che il giudizio sono generati da un processo discorsivo-razionale che, per tappe, genera l’acquisizione di nuove conoscenze; ciò è legato alla dimensione organica dell’uomo. Accanto alle attività descritte, che sono di tipo conoscitivo, ci sono le attività tendenziali. La realtà entra nell’uomo con la conoscenza, poi questi, a sua volta, tende verso la realtà (che desidera). Distinguiamo tendenze sensitive, che seguono la conoscenza sensitiva, e tendenze intellettuali che implicano la volontà liberamente espressa. La volontà è la capacità dell’uomo di tendere verso un bene presentatogli dalla conoscenza intellettiva; a differenza degli animali, nell’uomo la tendenza sensitiva prepara quella intellettuale. Ma l’uomo non è solo dotato di attività tendenziali: in lui c’è anche affettività, uno stato soggettivo che non ha un oggetto diverso da quello sensitivo-tendenziale-conoscitivo, ma che è semplicemente spoglio di tutte le componenti oggettive; essa è sempre legata alla conoscenza e alla tendenza. Ad esempio: so (conoscenza sensitiva) di aver vinto un premio (conoscenza intellettiva) e gioisco (afettività).

12 Dove c’è la cultura c’è l’uomo
Una peculiarità dell’uomo Il comportamento culturale: •progettualità • simbolizzazione La cultura trascende il determinismo biologico (scelte di valore) La cultura trascende le leggi biologiche, pur avendo stretti rapporti con esse: si realizza fuori da un determinismo biologico sul piano comportamentale (a differenza degli animali), grazie alla libertà e all’autodeterminazione, come si evidenzia soprattutto nel simbolismo spirituale e sociale. La trascendenza dell’uomo è legata a ciò che definiamo cultura, carattere peculiare dell’uomo, in discontinuità col resto del mondo fisico e biologico. Potremmo affermare con certezza che dove c’è la cultura c’è l’uomo Il comportamento culturale, nato con l’Homo sapiens sapiens, è definito dai parametri della progettualità e della simbolizzazione. Progettare vuol dire elaborare in modo originale ed innovativo una strategia per raggiungere un fine; presuppone la nozione di tempo, poiché il progetto parte da conoscenze già acquisite per proiettate nel futuro, ma presuppone pure libertà ed autodeterminazione. Il simbolo è il significato che l’uomo sa attribuire ad un oggetto, un’azione, ecc. Tale significato va oltre il segno visibile, come caratteristicamente avviene in campo artistico o religioso (sacramentum = segno). Anche gli strumenti tecnici sono segno della loro funzione (simbolismo funzionale). La cultura, dunque, pur essendo legata alla sfera biologica, la trascende, si proietta oltre i limiti del determinismo biologico. Con l’uomo compare per la prima volta in natura un essere vivente il cui comportamento non è regolato solo da leggi biologiche, ma, soprattutto, da scelte di valore in virtù della capacità di autodeterminarsi.

13 La natura è posta alle radici della verità sull’uomo
Essa definisce l'essenza di ciascun vivente e ne proclama la dignità in base alla specie La vita vegetale ed animale è per natura predeterminata in percorsi segnati In quanto essere libero dotato di intelligenza e volontà, l’uomo è per natura essere spirituale Natura= dopo sostanza, individuo, razionale, eccoci al termine natura. Con l’intelligenza egli sa cogliere e collegare il finito all’infinito, mentre è spinto a conoscere sempre più e meglio (il vero); con la volontà persegue in modo illimitato ciò che può pienamente realizzarlo (= ciò che è bene per lui) L’anima dell’uomo racchiude in sé le funzioni vegetative, sensitive e razionali; Maritain chiama l’anima razionale “spirito”. Il ricorso alla natura spiega quanto affermato in precedenza. Per i personalisti la natura indica ciò che l’uomo è, per cui seguire la natura vuol dire per l’uomo realizzarsi; per altri siamo noi ad attribuire la nostra visione alla natura, attibuendole una direzione, un percorso. Parlare della concezione cartesiana della natura, condivisa dai laici moderni. Nella Sesta Meditazione Cartesio paragona il corpo ad un orologio fatto di rotelle e bilancieri che obbedisce alle leggi di natura sia quando segna l’ora esatta che quando non la segna. Dunque, l’idea di natura come “percorso segnato” (es. segnare l’ora esatta per l’orologio) dipende al mio modo di pensare ed è estrinseca all’oggetto. Cartesio nega sia il legame tra spirito e corpo (res cogitans e res extensa), che vi sia una finalità nella natura, come nell’uomo. In campo morale fu seguito da Kant. La vita acquista significato ed è realmente comprensibile solo in riferimento alla natura. La natura non è opera dell’uomo: se l'uomo perde la capacità di saper contemplare nella natura della vita umana l'opera intoccabile di una Sapienza Creatrice che l'ha voluto come espressione più nobile della vita, ecco che corre il rischio di giudicarsi come un organismo vivente tra gli altri, dimenticando la sua peculiare natura di "persona" Natura e vita sono in stretta relazione: la vita è massima espressione della natura, ma è quest'ultima che definisce l'essenza di ciascun vivente e ne proclama la dignità in base alla specie La vita vegetale ed animale è per natura predeterminata in percorsi segnati; non così per la vita umana, contrassegnata dalla libertà che si esprime nelle facoltà spirituali dell'intelligenza, attraverso la quale egli assume e progetta la propria vita, e  della volontà, espressa nell'agire La vita dell'uomo,  quindi, è anche nelle mani dell'uomo, non è del tutto predeterminata in quanto egli ne è soggetto attivo; per natura, dunque, egli è posto sullo scalino più alto del creato ed è elevato ad una dignità trascendente, in quanto essere spirituale da ciò deriva l'inviolabilità della vita umana. Prescindere da questa singolare natura, anzi  voler prescindere semplicemente dalla natura, vuol dire annullare la peculiare dignità e il valore della vita umana, equiparandola a quella degli altri esseri viventi, o disconoscendone i diritti in particolari stadi del suo sviluppo Parlare della natura umana non significa far riferimento solo alla sfera dell'intelligenza e della conoscenza, poichè anche l'agire morale dell'uomo trova un suo fondamento nella natura: esso, infatti, poggia sulla Legge Morale Naturale, espressione della "trascendente dignità della persona umana" (Giov.Paolo II, Veritatis Splendor, n.99) L'uomo, con la sua intelligenza, è spinto a cercare e a cogliere dentro di sé quest'istanza morale che tuttavia non lo vincola; egli è libero di accoglierla o di rifiutarla, ma è solo nell'accoglienza che   può esserci la realizzazione della persona, poichè la Legge Morale è parte integrante della stessa persona, della sua essenza, cioè della sua natura. Nel negarla non può esserci pace, perchè ciò significherebbe  negare la propria natura. S. Tommaso D'Aquino in Summa Theologiae, I-II, q. 90, a. 1-4 scrive: "La legge naturale altro non è che la luce dell'intelligenza infusa in noi da Dio". Per il cristiano la Legge Morale Naturale ( di cui i Dieci Comandamenti sono la traduzione ) è quella Legge che Cristo non ha abolito, ma ha portato a compimento Ancora una volta, dunque, possiamo riaffermare che la via della natura conduce l'intelligenza a Dio Agire morale come punto cruciale di distinzione tra etica cattolica e laica.

14 L’uomo, spirito incarnato
Nell’etica personalista anche l'agire morale dell'uomo trova un suo fondamento nella natura Agire morale: in relazione al bene e al male (etos, mos, retta ragione, cum scientia). Valore morale.

15 L’uomo, spirito incarnato
L’anima umana è principio di vita, è forma sostanziale ed entelechia del corpo, ma è anche spirito la cui essenza ed esistenza sono comunicate a tutta la  umana L’attività intellettiva, immateriale, è segno e facoltà (una delle facoltà) dello spirito. Se l’anima è spirituale, essa non può derivare dal corpo, è immateriale, quindi capace di sussistere al corpo, quindi immortale. Da qui la sacralità della vita umana, con tutte le conseguenze che ne derivano. Nell’etica personalista anche l'agire morale dell'uomo trova un suo fondamento nella natura Il corpo umano è strumento vivente dell’intelligenza (dello spirito), poiché corpo e spirito sono ontologicamente fusi Lo spirito, quindi l'intelligenza, la volontà, la libertà, la coscienza, cioè la capacità di possedersi e di dire " io ", che sono le proprietà dello spirito , appartiene all'essenza della persona. L’anima umana è principio di vita, è forma sostanziale ed entelechia (energia efficace, energia in atto= attuazione di una realtà che ha raggiunto il suo massimo grado di sviluppo) del corpo, ma è anche spirito la cui essenza ed esistenza sono comunicate a tutta la iupostais umana. L’anima dell’uomo racchiude in sé le funzioni vegetative (dei vegetali), sensitive (degli animali) e razionali (dell’uomo); Maritain chiama l’anima razionale “spirito”. L’attività intellettiva, immateriale, è segno e facoltà (una delle facoltà) dello spirito. L’anima ha, cioè, delle facoltà svelate dall’attività intellettiva, ma che non si esauriscono in essa. L’intelletto svela lo spirito, ma è una forma di esso che non lo esaurisce (resta l’immaterialità e l’immortalità), per cui quando viene a mancare non decade la dignità dell’uomo. Il corpo umano è strumento vivente dell’intelligenza (dello spirito), poiché corpo e spirito sono ontologicamente fusi. La persona umana, perciò, rappresenta l’espressione più alta, in natura, sia nel corpo che nello spirito. Se l’anima è spirituale, essa non può derivare dal corpo, è immateriale, quindi capace di sussistere al corpo, quindi immortale. Immaterialità e immortalità sono altre facoltà dello spirito (o anima razionale), svelate proprio dalla facoltà intellettiva; in ogni caso, finchè nell’uomo c’è vita, in lui c’è ancora lo spirito che è l’essenza dell’uomo (=sostanza della persona). Da qui la sacralità della vita umana, con tutte le conseguenze che ne derivano. I vegetali sono esseri viventi capaci soltanto dell’esecuzione del movimento immanente (nutrizione, crescita, riproduzione); gli animali operano non solo in riferimento all’esecuzione, ma anche in riferimento alla forma ( modalità di esecuzione) recepita con l’attività conoscitiva (es. la percezione della preda) ed in riferimento al fine (es. nutrizione); anche l’uomo opera in riferimento all’esecuzione, alla forma ed al fine, ma la differenza fondamentale è che egli non agisce per puro istinto come gli animali, ma può scegliere liberamente in quanto dotato di conoscenza intellettiva. In altre parole la natura istintuale, che domina gli animali, non domina l’uomo. Le piante hanno, dunque, una vita vegetativa o fisiologica; gli animali e l’uomo hanno in più una vita psichica, distinta in vita sensitiva (conoscitiva ed appetitiva) e vita intellettiva (conoscitiva e volitiva). Con i sensi l’uomo entra in possesso della realtà che lo circonda; tutte le sensazioni arrivano poi ad un centro, il senso comune (cfr sviluppo della corteccia cerebrale), la cui funzione è quella di unificare le varie sensazioni, riferendole all’oggetto percepito. Questo primo livello di conoscenza, essendo legato ai sensi, è concreto, intrinsecamente dipendente dall’organismo biologico ed è proprio anche di molti animali. Il secondo livello della conoscenza, specifico dell’uomo, è quello intellettivo: tutti i dati provenienti dai sensi arrivano all’intelletto che "pensa", cioè conosce attraverso le tre attività della concettualizzazione, del giudizio, del ragionamento. Agire morale: in relazione al bene e al male (etos, mos, retta ragione, cum scientia).

16 Il valore morale nella prospettiva cattolica e laica
Bene legato alla conformità dell’atto umano con la ragione. Il legame non è con la ragione formale, ma con la ragione aperta all’essere. Si fa riferimento a qualcosa di esterno ad essa e di assoluto, come garanzia di un retto giudizio.In ciò sta il fondamento della moralità e della libertà dell’uomo Legge Morale Naturale Bene come osservanza di norme fuori dell’uomo (estrinsecismo). Bene legato all’agire in vista del raggiungimento della felicità, del piacere, della salvezza… (eudemonismo – edonismo). Bene come azione che favorisce il bene comune, il bene degli altri, del proletariato… (etiche altruiste o comunitarie, come l’Utilitarismo, che propugna il massimo beneficio per la maggior parte delle persone, o il Sociologismo, che vuole favorire il bene della società). Bene legato all’agire libero (etiche della libertà svincolate dalla morale) Il valore, in senso generico, è un “bene” che attira il soggetto che lo scopre, poiché “vale”, cioè “vale la pena” che c’è da pagare per poterlo ottenere Molti sono i valori che ci attirano…..Tuttavia c’è un valore speciale che richiama più fortemente la nostra adesione ed è il valore morale. Esso è adesione al bene e rifiuto del male. è in base al valore morale che valutiamo la persona e i suoi atti umani, giudicandola come buona o cattiva un’azione, anche se “utile”; tuttavia non la compiamo se il valore morale lo vieta al contrario, quando malgrado il veto morale compiamo quest’azione, ecco che compare il rimorso, cui può seguire il pentimento Per la ragione formale ciò che conta è che chi ragiona sia coerente col suo modo di ragionare, per cui la stessa morale è legata al modo di vedere di chi ragiona. La ragione, nel valutare ciò che è bene, attinge a ciò che essa stessa, nel suo limite, considera come tale. Massimo esponente di questo pensiero è E. Kant (autos nomos). Bene= ciò che è eticamente giusto. Valeo, valere “la pena”. L’uomo fa riferimento, in campo morale, a qualcosa che gli viene rivelato, ma che nel contempo egli scopre naturalmente dentro di sé (es. i 10 Comandamenti, leggi non scritte da mano d’uomo nel cuore di ciascun uomo). Seguire questa istaza, per l’uomo, vuol dire agire secondo natura, cioè percorrere l’unica strada che veramente può realizzarlo. In apparenza libertà e responsabilità sembrerebbero in antitesi esiste un soggetto che ha volontà, ragione, ecc; la libertà è una qualificazione del volere del soggetto umano che agisce in libertà. Non c’è libertà senza responsabilità e viceversa la ragione ha la capacità di vedere, come in un orizzonte infinito, i beni contingenti di cui si può servire; la volontà, poi, opera la scelta in modo libero: per questo c’è nell’uomo la “fatica del dover decidere” Quindi non c’è libertà da…, ma libertà per aderire a valori o controvalori ed in ciò si esercita la responsabilità dell’uomo responsabilità viene dal latino respondeo che significa “dar conto a…” dell’atto liberamente compiuto Marcuse. LEGGE MORALE NATURALE Gli esseri non razionali sono governati in modo inconsapevole (istinto) Gli esseri razionali sono guidati dalla conoscenza e dalla libera volontà a partecipare alla legge morale naturale (LMN) la LMN consta di quei principi naturali che la ragion pratica scopre nella sua stessa natura e che le danno la capacità di conoscere il bene e il male questa conoscenza avviene in modo spontaneo e naturale (non soprannaturale), poiché la ragione non apprende questa funzione, ma la scopre dentro di sé i principi che la ragione coglie nella sua natura e che le permettono di distinguere il bene dal male sono oggettivi, non legati al singolo uomo, ma patrimonio dell’umanità di tutti i tempi. INTERROGATIVI: perché allora gli uomini agiscono in modo così diverso? perché in comunità diverse c’è un comportamento morale diverso? perché i comportamenti morali cambiano nel tempo? Per dare una risposta a queste domande occorre distinguere cause soggettive e cause oggettive CAUSE SOGGETTIVE: sono legate alle difficoltà che l’uomo trova nel processo di comprensione della sua natura (esempio della schiavitù) CAUSE OGGETTIVE: sono quelle esterne all’uomo (esempio dell’economia)

17 La L.M.N. in autori pre-cristiani
nel De Republica Cicerone afferma: Est quidem vera lex recta ratrio naturae, diffusa in omnes, constans, sempiterna, quae vocet ad officium jubendo, vetendo a fraude deterreat; ...Huic legi non abrogari fas est neque derogari ex hac aliquid licet neque tota abrogari potest, nec vero aut per senatum aut per populum solvi hac lege possumus, neque est quaerendus explanator aut interpres eius alius, nec erit alia lex Romae, alia Athenis, alia nunc, alia posthac, sed et homnes gentes et omni gentes et omni tempore una lex et sempiterna et immutabilis continebit, unusque erit communis quasi magister et imperatur omnium deus, ille legis huius inventor, disceptator, lator; cui qui non parebit, ipse se fugiet ac naturam hominis aspernatus hoc ipso luet maximas poenas, etiamsi cetera supplicia, quae putantur, effugerit. ( De Republica, 3,3 ) Seneca, insieme a Cicerone, rappresenta l’esponente più significativo della prosa filosofica romana: egli esprime la sua concezione della vita e dell’uomo nelle Epistulae ad Lucilium, l’opera filosofica più profonda ai fini della comprensione del suo messaggio. In tale opera (58, 32 – 37) viene ripresa ed elaborata in maniera personale la dottrina stoica del suicidio. Esso è lecito e addirittura doveroso, quando all’uomo diventa impossibile vivere secondo natura, ossia secondo la retta ragione, la sapienza e la virtù. Per Seneca, infatti, chiunque non è più padrone delle sue capacità razionali, avendo perso il senso e lo scopo della vita, deve porre fine ai suoi giorni.

18 La recta ratio di Cicerone
Nel “De Officiis” (I doveri), ultima opera filosofica di Cicerone in tre libri, dedicata al figlio Marco, si parla dell’utile e dell’onesto e si espongono precetti di etica pratica, seguendo la fonte del filosofo stoico Panezio di Rodi. Nel I libro, che a noi interessa, si chiarisce che l’ honestum, bene morale, in relazione al quale si stabiliscono i doveri, scaturisce dalle tendenze naturali dell’uomo, cioè dalla sua natura razionale (recta ratio).   … Et eadem natura vi rationis… impellit… parare ea quae suppeditent ad cultum et ad victum…( Libro I Cap. IV) L’honestum si esprime in quattro virtù: Sapienza, Giustizia, Fortezza e Temperanza. La Sapienza è da intendersi come aspirazione naturale dell’uomo al vero:   La Giustizia è da intendersi come desiderio naturale dell’uomo di unirsi in comunità organizzate: La Fortezza o magnanimità è da intendersi come aspirazione naturale a fatti gloriosi in nome non della cupidigia, ma dell’utilità comune: La Temperanza è da intendersi come aspirazione naturale dell’uomo all’ordine e alla bellezza:

19 La L.M.N. nei documenti cattolici
Lettera di S. Paolo ai Romani: “Quando i pagani, che non hanno la legge (rivelata, cioè i Comandamenti, n.d.r.) per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo la legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano, ora li difendono”. (Rom. 2, 14-15) Nei documenti del Concilio Vaticano II leggiamo: “Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell'intimità del cuore: “fa questo, evita quest'altro”. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato”. (Gaudium et Spes, § 16) Parlare della coscienza (cum scientia), dell’etica come dimora interiore , dell’etimologia della parola etica, della pseudo-differenza tra etica e morale: conosciute le cose, tocca al singolo decidere!

20 L’etica nella prospettiva cattolica e laica
I valori provengono da una fonte esterna (Dio). L’uomo li scopre mediante la ragione illuminata dalla fede C’è un finalismo intrinseco al processo vitale Riferimento a principi universali, assoluti E’ riconosciuta alla Chiesa competenza ed autorità Prevale il principio di benevolenza (non maleficenza) e quello di giustizia Rifiuto di valori esterni, assoluti Rifiuto di un’autorità superiore Etica come creazione dell’uomo, basata sulla parità, sul confronto, sulla interdisciplinarità e sulla tolleranza E’ un’etica relativa, perfettibile, funzionale alla soluzione di problemi concreti E’ fondata sul principio di autonomia La battaglia, se di battaglia si vuol parlare, è quella che vede protagoniste sì due correnti di pensiero, ma soprattutto la singola persona umana nell’intimo della sua coscienza (parlare di etos e coscienza se già non lo si è fatto prima). Ciascuno di noi è chiamato a scegliere da che parte stare (esaminare la diapositiva). Finalismo= l’uomo è chiamato a realizzarsi, e lo fa scegliendo secondo natura, cioè scegliendo ciò che è bene per lui (LMN), cosa che egli scopre dentro di sé, ma che non è opera sua. Il finalismo è stato sostenuto da Aristotele, fino all’inizio dell’età moderna. È bene seguire il fine della natura, male allontanarsene. Per l’uomo il fine è l’autoconservazione, ma anche la realizzazione di sé. Principio primo universale è la sacralità della vita, dono di Dio. L’essere fisicamente vivo è la condizione prima ed unica e il supporto strutturale perché il soggetto si sviluppi ed acquisti tutti gli altri aspetti della soggettività personale. Perciò il primo diritto dell’uomo è la tutela della vita fisica e la salvaguardia della salute. Ne consegue che ogni offesa alla vita fisica (aborto, eutanasia, suicidio, ecc.) è atto gravemente illecito. Tutto è alla luce della concezione (tomista) personalista. Non tutto ciò che è possibile è etico. I principi di benevolenza e di giustizia talora sacrificano l’autonomia. Ciò per salvaguardare in primis il soggetto coinvolto in una situazione (es. sacrificio dell’autonomia dell’ammalato nel rapporto medico-paziente). Ovviamente, l’etica cattolica, nel difendere l’universalità dei principi, deve guardarsi dal rischio di passare dalla denuncia morale alla imposizione anche sociale e giuridica. BIOETICA LAICA Negazione di principi fondamentali valevoli per gli uomini di tutti i tempi e luoghi. Solo gli argomenti di carattere empirico e razionale decidono lo scontro tra le posizioni etiche. La tolleranza, che esclude qualsiasi coercizione (forza), propone come unica strada per una pacifica convivenza l’autonomia delle scelte, purché non lesive per gli altri e l’autonomia dei consensienti, malgrado il parere di altri. Ciò evita la repressione che nasce dall’imposizione di una rettitudine religiosa e ideologica. L’eticità è relativa ad un consenso tra le parti e l’azione non è subordinata a valori etici assoluti. Non c’è più il riferimento ad un Valore (Dio) che fa da garante contro il rischio di una strumentalizzazione dell’uomo da parte dell’uomo stesso. Abolita la legge trascendente, ogni azione sull’uomo diventa lecita, poiché manca il parametro universale cui far riferimento per dirimere il bene dal male Nella bioetica cattolica il filosofo ha la preminenza sullo scienziato (nello stesso scienziato che è innanzitutto uomo, onde non tutto ciò che è possibile è etico), mente in quella laica il rapporto è paritario. Il relativismo cui si fa riferimento non è soltanto quello etico-culturale (condizionamento dell’ambiente socio-culturale o conformità a modelli morali adottati da una società, per cui è buono ciò che lo è per il gruppo o per il soggetto), ma soprattutto quel relativismo che sfocia nello scetticismo o nichilismo morale che nega in etica una strada per raggiungere l’obiettività. A ciascuno è lasciato il diritto di scegliere la propria strada, poiché la scelta altrui vale non meno della propria. (Cfr. legge di Hume del modello liberal-radicale. Il principio di autonomia (cfr Marcuse) presuppone che tutti gli esseri adulti e consapevoli abbiano uguale dignità e capacità di autodeterminarsi. Unico limite è la libertà altrui. Ciò esclude principi e doveri assoluti: la stessa vita non ha valore assoluto in sé, ma solo in relazione a precisi interessi ed esigenze (dignità e qualità della vita). I sostenitori dell’etica laica affermano che il mancato riferimento a principi universali non vuol dire riconoscere che in etica nulla faccia differenza; al contrario, il plurarismo etico non comporta indifferenza e si può accompagnare a serio e profondo impegno morale. Entrambe le etiche guardano al bene

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22 Il problema morale è un problema antropologico


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