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PubblicatoAzzurra Franchi Modificato 11 anni fa
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“La debolezza è la mia forza”: l’esperienza pasquale di Paolo
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Paolo sa di non avere nulla di cui gloriarsi perché niente può attribuire alle proprie forze ma solo alla potenza di Dio che lo sostiene e gli dà forza…
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L’Apostolo si compiace di enumerare le umiliazioni dei predicatori del Vangelo, gli “ultimi tra gli uomini” che, quali “condannati a morte” soffrono la fame, la sete, la nudità, sono schiaffeggiati, insultati, perseguitati, diffamati… diventati come i rifiuti del mondo, la spazzatura di tutti (cf 1 Cor 4, ).
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“Infatti, o fratelli, a riguardo della tribolazione da noi sofferta in Asia non vogliamo che ignoriate che ci ha abbattuti in modo estremo, superiore alle nostre forze, tanto che disperavamo di poter vivere ancora…” ( 2 Cor 1,8-9).
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L’esperienza del fallimento “Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. (1 Cor 2,3-5)
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L’icona dei vasi di creta Paolo è consapevole di essere un povero vaso, fragile e delicato che racchiude però il tesoro del Vangelo. “… Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi”.
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“Mi vanterò della mia debolezza” La debolezza che Paolo sperimenta nasce da un feeling, da un sentire spirituale che lo porta a incarnare nella quotidianità il mistero della morte di Gesù.
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Come Cristo rivela nella crocifissione la potenza e la gloria di Dio, così nella nostra povertà, nelle nostre tribolazioni siamo unite alla croce di Cristo e offriamo a Lui la possibilità di agire liberamente. “Quantunque il nostro uomo esteriore vada deperendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno” (2 Cor 4,16)
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“Ti basta la mia grazia” “Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza»”. (2 Cor 12,7-10)
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La fecondità apostolica Le tribolazioni fanno parte del ministero apostolico… Gli apostoli, deboli e fragili, sono come un profumo d’incenso che, in Cristo, si eleva al Padre.
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Don Alberione ha potuto testimoniare: «Si corsero vari pericoli e di vario genere: personali, economici, accuse in relazioni scritte e verbali: si viveva pericolosamente giornate e giornate; San Paolo fu sempre salvezza... le annate passavano, le previsioni di molti di certo fallimento, le accuse di pazzia... svanivano e tutto si conchiudeva, magari con fatica, ma in pace». (AD 164ss)
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“Questa devozione bisogna nutrirla come il fuoco che, se non si aggiunge di tanto in tanto qualche cosa, si spegne. Dobbiamo pensare che non per niente abbiamo per protettore questo gran santo. Possiamo inserirci nel numero di quelli che san Paolo chiamava suoi intimi compagni e discepoli: Tito, Timoteo ed altri. Quanto amore aveva per essi e come glielo esprimeva anche! erano sinceramente e teneramente da lui amati. Anche con noi fa così san Paolo, poiché egli è costituito protettore, guida e procuratore nostro. Egli è l'incaricato a ottenerci le grazie e tutto ciò di cui abbiamo bisogno”. Don Alberione, 1925
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