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PubblicatoAlessandro Di stefano Modificato 11 anni fa
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LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO E LO SVILUPPO DELLE EMOZIONI NEL BAMBINO
CORSO DI PREPARAZIONE AL CONCORSO PER EDUCATORI DI ASILI NIDO Prof. Salvatore Sasso
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A cosa ci è utile conoscere la Teoria dell’attaccamento
La conoscenza della teoria dell’attaccamento e degli stili di attaccamento del bambino è necessaria all’educatore per la realizzazione di un percorso individualizzato di inserimento al nido.
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L’obiettivo dell’argomento
L’argomento di cui si affronterà la discussione riguarda il rapporto fra la modalità di attaccamento alla figura di riferimento acquisita dal bambino e il percorso che deve essere organizzato dall’educatore nel momento in cui il piccolo entrerà nell’asilo Nido.
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Perché ci avvarremo della teoria di Bowlby
Alla luce della teoria dell’attaccamento elaborata da John Bowlby (1989), si cercherà di considerare come il bambino attraverso la costruzione e sviluppo del primo legame emotivo con la madre, o un suo sostituto, possa sviluppare i suoi rapporti sociali, integrandosi in ambienti diversi da quello più familiare come la propria abitazione
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Infatti, la figura di riferimento oggetto dell’attaccamento, costituendo l’altro elemento della diade, funziona per il bambino come base sicura e pertanto gli consente di riferirsi a lei quando vuole esplorare il mondo oppure quando è preoccupato di fronte ad una situazione insolita.
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Il nido come situazione insolita
L’inserimento del bambino al Nido può rappresentare proprio una situazione insolita a cui dovrà riferirsi in maniera professionale l’educatore e il Gruppo educativo, organizzando un progetto di inserimento individualizzato per ogni bambino con l’obiettivo di “aiutare” sia il bambino che la madre a separarsi, in modo che ognuno di loro possa percepire e vivere il benessere derivante da questa nuova esperienza.
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Qual è l’età migliore per l’inserimento al Nido?
La domanda è finalizzata a comprendere se esiste o meno un’età particolare che renda “meno dannoso” l’inserimento del bambino al Nido oppure se tale età specifica possa far soffrire meno il bambino stesso quando si allontana dalla sua famiglia.
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Qual è l’età migliore per l’inserimento al Nido?
Le risposte che vengono fornite all’interrogativo sulla “giusta età” di inserimento variano a seconda che si consideri, ai fini di un equilibrio affettivo ed emotivo, lo sviluppo di un rapporto intenso e privilegiato fra la madre e il bambino oppure la formazione di legami precoci di attaccamento ad una pluralità di figure adulte e coetanee, maschili e femminili, familiari ed extrafamiliari
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Qual è l’età migliore per l’inserimento al Nido?
A questo proposito bisogna sfatare uno dei luoghi comuni più diffusi, ossia che nei primi anni di vita il bambino non sarebbe capace di comunicare con i coetanei. Il gruppo dei pari invece non è un qualcosa di minaccioso per il bambino o alternativo al gruppo familiare, ma è a questo complementare proprio per la sua funzione cooperativa nell’ambito del processo di socializzazione.
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Qual è l’età migliore per l’inserimento al Nido?
Sicuramente, nello sviluppo globale del bambino, dobbiamo considerare anche altri elementi che integrano lo sviluppo emotivo, come quello cognitivo, senso-motorio, linguistico, espressivo, logico ecc. Allora il vero problema da affrontare riguarda non tanto il quando il bambino debba essere inserito, quanto il come.
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La presenza della madre nell’inserimento
Infatti, affinché non vi sia un forte impatto del bambino con la nuova situazione del Nido, sarà necessario che esso sia attenuato e gradatamente facilitato dalla presenza contemporanea della madre o di una figura familiare insieme con l’educatore. Questo affinché un’assenza improvvisa della figura di riferimento non crei una rottura del legame con chi fino a poco prima era stato l’unico riferimento a garantire la sicurezza al bambino.
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La presenza della madre nell’inserimento
La presenza di una persona nota andrà, quindi, ridotta gradualmente sia dal punto di vista della prossimità, sia da quello della durata del tempo, fino ad estinguersi del tutto quando l’autonomia, i riferimenti e le attività vengono accettati come nuovi vissuti.
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Attaccamento e formazione di legami multipli
Bisogna considerare come l’attaccamento del bambino alla propria madre non sia assolutamente contrapposto alla formazione di legami multipli all’interno del Nido.
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Il concetto di attaccamento
Fu introdotto nel 1958 da Bowlby per indicare il legame biologico ed emotivo che caratterizza le relazioni tra madre e bambino nei primi tempi di vita di quest’ultimo. L’autore inglese lo definisce come un intenso legame che un essere umano o animale vive precocemente e reciprocamente con un altro essere, in modo specifico e durevole, e a scopo adattivo.
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Il concetto di attaccamento
Tale modalità ha consentito, nel corso della storia evolutiva della specie, di proteggere i piccoli dall’attacco dei predatori. L’attaccamento viene concepito come una predisposizione dell’organismo che si esprime attraverso comportamenti di ricerca di contatto fisico (aggrapparsi, seguire ecc.) o in segnali atti a suscitare questo contatto (pianto, sorriso, sguardo, richiamo ecc.).
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Il concetto di attaccamento
Tali comportamenti servono a stimolare nell’adulto il desiderio di prendersi cura del piccolo e di proteggerlo dai pericoli.
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Da Harlow a Bowlby Questa definizione del concetto di attaccamento si richiama ai famosi esperimenti di Harlow effettuati sulle scimmiette appena nate e che passavano il tempo necessario per prendere il latte da un poppatoio su una “madre” di ferro, mentre manifestavano un comportamento di attaccamento per una “madre” sempre di ferro ma ricoperta di pezza e dunque più morbida.
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Da Harlow a Bowlby Se nella gabbia veniva introdotto qualche oggetto minaccioso che spaventava la scimmietta, essa correva subito a rassicurarsi sulla madre di pezza. Ecco perché l’ipotesi di un bisogno di aggrappamento o afferramento che normalmente avviene nei confronti della madre biologica, ma che può verificarsi anche su un suo sostituto.
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Come si definisce una relazione di attaccamento
Presenza di tre caratteristiche chiave: 1) Ricerca di vicinanza ad una figura preferita 2) L’effetto “base sicura” 3) Protesta per la separazione Avere un attaccamento profondo ad una persona vuol dire averla presa come oggetto su cui terminano le nostre risposte istintuali
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Gli studi di Lorenz Questi studi hanno trovato conferma nell’osservazione degli animali effettuata da Lorenz, l’etologo che ha descritto il concetto di imprinting. Infatti, secondo quest’autore, un’anatra, appena uscita dall’uovo, segue qualsiasi oggetto in movimento. Da questo e da altri esperimenti si è dedotto che ciascuna specie dispone di particolari risposte interattive che vengono emesse al momento della nascita
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Come si sviluppa la relazione di attaccamento
Nel caso del neonato, le sue prime risposte sono il pianto e la suzione e, via via, il balbettìo, il sorriso, l’esplorazione, la manipolazione ecc. Nei primi diciotto mesi di vita, il bambino instaura con la persona che si prende cura di lui, stabilendo delle interazioni che si ripetono, uno schema di comportamento che esprime il suo bisogno di attaccamento. Solitamente è la madre biologica, ma può trattarsi anche di altre figure di riferimento, sia femminili che maschili.
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Come si sviluppa la relazione di attaccamento
0-2 mesi: si orienta verso gli altri e produce segnali senza discriminare tra persone diverse. I suoi comportamenti vengono interpretati dall’adulto. 2-6/8 mesi: Il bambino si orienta e produce segnali verso una o più persone discriminate. 6/8-12 mesi: Il bambino mantiene un contatto preferenziale con determinate persone, mediante locomozione o il ricorso a segnali (es., segue la madre, protesta se va via, ecc.) Si struttura il legame di attaccamento. Si stabilizza un rapporto tra bambino e “caregiver” corretto allo scopo (ad es. il bambino aspetta che la madre torni). Attenuazione dell’attaccamento: si formano modelli operativi interni più complessi.
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Il modello operativo interno
Se la figura che si occupa del bambino è costante, il piccolo costruisce via via uno schema interno di essa che, verso i quattro-cinque mesi, è abbastanza differenziata da fargli rifiutare altre figure sostitutive.
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Il modello operativo interno
Quando però le cure sono suddivise tra più persone e non provengono da una figura privilegiata, il piccolo si lascia curare anche da queste altre persone poiché gli sono diventate familiari. Il graduale differenziarsi di queste persone oggetto di attaccamento da tutte le altre è anch’esso il risultato dell’elaborazione di uno schema interno relativo alle persone che si prendono cura del bambino
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Il modello operativo interno
Secondo Bowlby, nessuna variabile ha sullo sviluppo della personalità effetti di maggiore portata delle esperienze fatte da bambini in famiglia: A partire dai primi mesi nei suoi rapporti con la figura materna, proseguendo poi negli anni dell' infanzia e dell'adolescenza nei suoi rapporti con entrambi i genitori, il bambino si costruisce modelli operativi del modo in cui le figure di attaccamento si potranno comportare nei suoi riguardi in ciascuna di più situazioni diverse, e su tali modelli sono basate tutte le sue aspettative, e pertanto tutti i suoi programmi per il resto della vita.
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Il modello operativo interno
Dalla struttura di questi modelli, dipende, inoltre, la fiducia che le figure di attaccamento siano in generale facilmente disponibili, o la paura più o meno rilevante che esse non lo siano, a volte o nella maggior parte dei casi.
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Il modello operativo interno
Al tipo di previsione di una persona circa la probabile disponibilità delle sue figure di attaccamento, è intimamente legata la sua sensibilità a reagire con la paura allorché si trovi di fronte a situazioni potenzialmente allarmanti nel corso ordinario della vita.
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Due variabili John Bowlby distingue due variabili:
dai primissimi mesi in avanti e poi per tutta la vita, la presenza o l'assenza reale di una figura di attaccamento è fondamentale nel determinare se una persona è o non è allarmata in una qualsiasi situazione potenzialmente pericolosa; una seconda variabile fondamentale è la fiducia o sfiducia nel fatto che la figura di attaccamento, che non sia realmente presente, sarà disponibile, cioè accessibile e capace di rispondere in modo adeguato in qualsiasi situazione di bisogno.
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La presenza o l'assenza reale di una figura di attaccamento
Più l'individuo è giovane, più ha importanza la prima variabile cioè la presenza o l'assenza reale; fino ai tre anni questa è una variabile dominante. Dopo i tre anni diventano sempre più importanti le previsioni di disponibilità o di non disponibilità dopo la pubertà queste diventano le variabili dominanti.
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Considerazioni Abbiamo visto come i bambini sviluppino il loro legame di attaccamento verso le figure genitoriali e come la loro qualità dell’attaccamento possa essere valutata individualmente in considerazione del modello operativo interno.
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Considerazioni Secondo Bowlby, infatti, il bambino si costruisce una serie di modelli di se stesso e degli altri alla cui formazione contribuisce il primo rapporto significativo di attaccamento.
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Considerazioni Anche se i modelli operativi possono subire delle modificazioni, ad esempio quando il bambino dovrà confrontarsi con nuove relazioni, quelli che sono stati costruiti nell’infanzia sono particolarmente persistenti perché lo sviluppo non è come una lavagna che si può cancellare e, dunque, le tracce dei precedenti adattamenti vengono comunque conservate.
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Le ricerche di Mary Ainsworth
Mary Ainsworth, collaboratrice di Bowlby e co-fondatrice della teoria dell’attaccamento, ha effettuato numerose ricerche, andando a descrivere le differenze dei primi rapporti di attaccamento e dei relativi modelli operativi interni
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Le ricerche di Mary Ainsworth
La prima distinzione si è focalizzata su due tipi fondamentali di attaccamento: attaccamento sicuro e attaccamento insicuro.
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La Strange Situation Il procedimento più conosciuto per misurare la sicurezza dell’attaccamento è stato elaborato dalla Ainsworth e da lei definito come la situazione sconosciuta (Strange situation). Il metodo prevede l’osservazione del comportamento del bambino con uno dei genitori, con un estraneo e con uno dei genitori e quando rimane solo. La stanza appositamente preparata rispecchia una situazione naturale ed è allestita con due poltrone, uno scaffale con dei giochi e un tappeto.
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La Strange Situation Il comportamento del bambino viene registrato, attraverso uno specchio unidirezionale (lo specchio segreto), con una check-list che comprende alcune variabili quali: la ricerca della vicinanza e di contatto fisico, il mantenimento del contatto, la resistenza al contatto, l’evitamento del contatto, le interazioni a distanza (sorrisi, sguardi, offerta del gioco ecc.) e la ricerca del genitore durante la separazione.
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Gli stili di attaccamento
Le diverse risposte dei bambini hanno permesso all’autrice di classificare tre stili di attaccamento: sicuro, insicuro-evitante, insicuro-ambivalente; solo successivamente altri autori hanno classificato un quarto stile riguardante l’attaccamento insicuro-disorganizzato-disorientato
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La Strange Situation La “Strange Situation”, composta da sette episodi della durata di tre minuti ciascuno, consiste nell’introdurre il bambino e uno dei genitori in un ambiente sconosciuto in cui egli viene sottoposto a situazioni di stress, in quanto il genitore lo lascia una volta con l’estraneo, una seconda volta da solo per poi rientrare nella stanza di osservazione. Gli episodi di separazione vengono modificati a seconda della reazione del bambino.
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Come di svolge la Strange Situation
La procedura sperimentale comprende sette episodi di tre minuti: (1) la madre é seduta tranquillamente mentre il bambino é libero di esplorare l'ambiente e di giocare con i giochi presenti nella stanza; (2) entra l'estraneo; (3) la madre esce lasciando il bambino con l'estraneo; (4) la madre rientra per la prima riunione; (5) la madre e l'estraneo escono, lasciando il bambino solo; (6) torna l'estraneo cercando di confortare il bambino, se necessario; (7) torna la madre per la riunione definitiva.
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Lo stile di attaccamento sicuro
Il bambino che mostra un attaccamento sicuro è in grado di esplorare attivamente l’ambiente sia in presenza che in assenza della madre; il bambino mantiene una certa vicinanza con la madre e protesta se lei si allontana; ha fiducia in lei e se ne separa momentaneamente sapendo che non la perderà. Il bambino sicuro ha genitori “sicuri”, affettuosi, sensibili ai suoi segnali, disponibili e pronti a dargli protezione nel momento in cui lo richiede.
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Lo stile di attaccamento insicuro-evitante
L’attaccamento può essere definito insicuro-evitante quando il bambino non mostra un coinvolgimento emotivo verso la madre, ma ne è indifferente e al momento della riunione la evita. Le origini di questo comportamento sembrano legarsi ad un attaccamento con una madre distante, evitante rispetto alle richieste del bambino, incapace di soddisfarne i bisogni emotivi, rifiutando o scoraggiando il contatto fisico quando il bambino lo richiede.
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Lo stile di attaccamento insicuro-ambivalente
Per quanto riguarda l’attaccamento insicuro-ambivalente, lo si rileva quando il bambino, sia in presenza che in assenza della madre, mostra scarsa capacità di esplorazione, piange molto in sua assenza e quando lei ritorna mostra un comportamento ambivalente di ricerca di contatto e resistenza ad esso. Le madri di questi bambini nei primi tre mesi di vita si sono mostrate imprevedibili nelle risposte; si tratta di madri che cercano di abbracciare il figlio quando non è il bambino a chiederlo.
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Lo stile di attaccamento disorganizzato/disorientato
Infine l’attaccamento disorganizzato/disorientato, inizialmente considerato da Mary Ainsworth non classificabile ma poi ripreso da altri autori, riguarda bambini con una vasta gamma di comportamenti contraddittori, incerti, confusi. Gli adulti di questi bambini mostrano un’assoluta imprevedibilità e incoerenza nei messaggi inviati ai loro figli ed un’incapacità a saper entrare in sintonia con le esigenze emotive del piccolo.
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Considerazioni Le ricerche sugli stili di attaccamento hanno confermato che la sensibilità e la reattività del genitore agli stati emotivi del bambino è determinante per il modo in cui egli impara a regolare gli affetti e ad entrare in relazione con gli altri.
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Attaccamento-autonomia-dipendenza
Un buon attaccamento quindi favorisce l’autonomia, ossia l’elaborazione dell’equilibrio tra attaccamento e separazione. La mancanza di autonomia, invece, determina dipendenza, uno stato psicologico di passività che non facilita la costruzione dell’identità del bambino.
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Stabilità dell’attaccamento nel tempo
Alcune ricerche hanno cercato di verificare se il modello di attaccamento rimane stabile nel corso del tempo.
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Stabilità dell’attaccamento nel tempo
Alcuni educatori del Nido, senza essere informati preventivamente sul tipo di attaccamento del bambino, hanno giudicato a due anni come più empatici verso gli altri bambini e gli adulti quelli con un attaccamento sicuro ed anche con un alto grado di fiducia nella ricerca di soluzioni anche quando, non riuscendo, chiedono l’intervento dell’adulto.
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Stabilità dell’attaccamento nel tempo
Per gli stessi educatori, i bambini con uno stile di attaccamento insicuro-evitante, nel rapporto con i coetanei adottano un comportamento più ostile e distante, mentre quelli insicuri-ambivalenti mostrano una minore capacità di giocare con i pari e risultano più dipendenti dagli insegnanti.
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Considerazioni Quindi risultano come importanti variabili da tenere in gran conto nel corso dell’inserimento l’autonomia, la dipendenza dagli insegnanti e le capacità sociali con i coetanei (Bollea, 1995).
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L’inserimento del bambino al nido e il ruolo del gruppo educativo
Il momento dell’inserimento al nido è un momento molto particolare e delicato in cui il bambino, i suoi genitori e il Gruppo Educativo devono affidarsi l’uno all’altro. Proprio per questo è fondamentale programmarlo nei minimi particolari, partendo da un accurato colloquio con la famiglia che vede al centro dell’attenzione il vissuto del bambino, le sue abitudini, il suo ambiente di vita, le aspettative dei genitori, i motivi che li hanno spinti a portare il bambino al nido.
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L’inserimento del bambino al nido e il ruolo del gruppo educativo
È importante creare le condizioni affinché la famiglia si senta supportata, ascoltata e accetti di condividere questo percorso educativo con persone “estranee”. La relazione di fiducia tra genitori e il Gruppo Educativo pone le basi per un proficuo inserimento del bambino al nido che costituirà il punto di partenza di un’esperienza per la formazione della sua personalità. Bisogna tenere sempre presente il fatto che ogni bambino ha un tempo individuale per fare ogni cosa e più che mai ha bisogno ora che il suo tempo sia rispettato.
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Cosa fa il bambino nel periodo dell’inserimento
Dovrà dapprima avvicinarsi al nuovo ambiente, alle nuove persone, al nuovo mondo supportato dalla sua base sicura che entra pian piano con lui in questa nuova esperienza.
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Cosa fa il bambino nel periodo dell’inserimento
Inizialmente, il bambino resterà al nido per poco tempo e insieme a un genitore; con il passare dei giorni, il tempo di permanenza potrà aumentare fino a che il bambino riuscirà ad affidarsi ad un altro adulto e quindi tollerare la separazione dal genitore di riferimento.
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Il distacco della madre
È prevedibile che tale separazione, breve e modificabile in qualsiasi momento, possa essere per il bambino un’esperienza angosciante, ma al tempo stesso se si fiderà della madre potrà anche tollerare la sua assenza e lasciarsi consolare dall’educatore.
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Il distacco della madre
Anche il saluto della madre, che promette di tornare a prenderlo, gli consentirà di non vivere questo momento come un abbandono, ma di utilizzarlo per mettere in atto comportamenti esplorativi nell’attesa del suo ritorno. Poco alla volta aumenterà la sua permanenza al nido e diminuirà la presenza del genitore, fino al momento in cui il bambino sentirà di “appartenere” al nuovo ambiente
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Come il bambino può vivere simbolicamente il distacco dalla madre
In questo delicato momento il bambino potrebbe aver bisogno di portarsi al nido e tenere sempre con sé ciò che Winnicott (1974) definisce oggetto transizionale, ossia un qualsiasi oggetto che riconosce come appartenente al mondo esterno e che “significa” la sua mamma.
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Attaccamento e esplorazione
Solo dopo aver creato una relazione di fiducia con l’educatore, il bambino sarà in grado di esplorare in modo attivo l’ambiente e creare nuove relazioni con i coetanei e con gli altri adulti.
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La scimmietta esplora In presenza di un sostituto materno di stoffa, la scimmietta mette in atto comportamenti di esplorazione e di sicurezza
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L’inserimento in piccoli gruppi
Alcuni nidi prevedono l’inserimento in piccoli gruppi in quanto il “gruppo” facilita la condivisione dell’esperienza e la tolleranza delle ansie, delle paure per il genitore e dell’angoscia da separazione per i bambini. Gli “altri” diventano in questo modo uno specchio dei propri sentimenti che in quanto comuni sono più facili da accettare. Anche l’educatore di riferimento può essere un valido sostegno del bambino e della sua famiglia, nella fase dell’inserimento, una persona speciale, con cui rapportarsi in modo concreto e immediato e che li accompagnerà durante tutto il percorso.
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L’educatore come figura di riferimento
Sarà questa persona speciale che guiderà il bambino nei momenti di routine, contenendo le sue emozioni in modo stabile e prevedibile, quindi in modo piacevole e rassicurante. Partendo dalla base sicura creata con l’educatore di riferimento, il bambino si aprirà al resto del gruppo Educativo, al “mondo-nido”. L’educatore renderà partecipe i genitori del percorso del bambino, delle sue modalità relazionali e comunicative e ciò consentirà di affiancarsi a loro nel processo educativo.
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Il gruppo educativo Durante l’inserimento, il gruppo educativo osserverà la relazione della diade genitore-bambino, il comportamento del bambino stesso in presenza o in assenza del genitore, la sua reazione alla separazione, identificando così lo stile di attaccamento del piccolo.
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Riflessioni e… È auspicabile osservare sempre un attaccamento sicuro, ma laddove questo non vi sia, l’educatore dovrà “lavorare”, assieme al gruppo educativo, per sensibilizzare la famiglia, comprenderla, sostenerla invece di colpevolizzarla, e questo affinché essa divenga la base affettiva da cui il bambino possa partire per sviluppare la sua autonomia.
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…proposte Si potranno programmare a questo scopo incontri tra gli educatori del Nido e la famiglia in cui ci si scambino informazioni sul vissuto del bambino, anche con l’ausilio di documentazione visiva o cartacea, in modo che il suo percorso di crescita sia reciprocamente condiviso
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