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PubblicatoRaffaele Alberto Milano Modificato 9 anni fa
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Quadro europeo delle linee di cambiamento delle politiche sociali Rescaling Localizzazione Attivazione Negoziazione e partecipazione Integrazione Individualizzazione: delle politiche; del lavoro.
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Locale e localizzazione: la città Dalla questione sociale alla questione urbana (R. Castel, J. Donzelot) La questione sociale nel XIX secolo era caratterizzata dal conflitto sociale, di classe. Oggi la questione urbana, o della coesione sociale, presenta soprattutto il problema della separazione e si mostra legata a tre problemi: l'accesso al mondo del lavoro; l’insicurezza urbana; la concentrazione di minoranze etniche, minoranze visibili in zone urbane sfavorite, sia nelle grandi città che nelle zone periferiche (J. Donzelot). La città come attore collettivo (Bagnasco, Le Galès): La governance locale/urbana, spazi di coordinamento fra una pluralità di attori, istituzionalizzazione di nuovi quadri di vincoli e risorse anche grazie all’europeizzazione: Associazioni fra comuni Reti fra città (Eurocities)
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http://www.eurocities.eu EUROCITIES is the network of major European cities. Founded in 1986, the network brings together the local governments of more than 130 large cities in over 30 European countries. EUROCITIES provides a platform for its member cities to share knowledge and ideas, to exchange experiences, to analyse common problems and develop innovative solutions, through a wide range of Forums, Working Groups, Projects, activities and events. EUROCITIES gives cities a voice in Europe, by engaging in dialogue with the European institutions on all aspects of EU legislation, policies and programmes that have an impact on cities and their citizens. The network is active across a wide range of policy areas including: economic development and cohesion policy, provision of public services, environment, transport and mobility, employment and social affairs, culture, education, information and knowledge society, governance and international cooperation.
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http://www.eurocities.eu Local and regional associations join forces against "renationalisation" of cohesion policyCommission's proposed budgetary reform could challenge sustainable recovery in Europe, say the networks EUROCITIES with six other organisations representing Europe’s local and regional authorities addressed a letter, on 3 November 2009, to all Members of the European Parliament, stating their concerns about the draft Communication, “Reforming the budget, changing Europe”, prepared recently by the European Commission.
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Locale e localizzazione: la città La città e il welfare locale (welfare municipali e urbani: Mingione e Oberti): Processi di individualizzazione, domanda di integrazione, ecc. Caratteristiche della città come sistema sociale locale: storia specifica, tradizione politico-istituzionale, economia, struttura socio-demografica, organizzazione della società civile, ecc.
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Riforma del 2000 Nuovo rapporto fra Stato, regioni e municipalità (sussidiarietà verticale): lo Stato definisce obiettivi e livelli essenziali, e finanzia; le Regioni programmano integrando le politiche sociali con altre politiche (formazione, lavoro, sanità); le municipalità programmano e gestiscono le politiche a livello locale, fanno la regia, in genere associandosi fra loro, in aree territoriali che oscillano fra i 90.000 e i 100.000 abitanti (n.b. le Regioni ora hanno anche il potere di legiferare su alcune materie)
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Riforma del 2000 Livelli essenziali Universalismo selettivo Servizi Rapporto fra soggetti pubblici e terzo settore/collettività locali/cittadini
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Riforma del 2000 Rapporto fra soggetti pubblici e terzo settore/collettività locali/cittadini: Programmazione negoziata o partecipata Ruolo attivo di destinatari e cittadini Ruolo del terzo settore nella gestione e nella erogazione di servizi Responsabilità del pubblico rispetto a qualità, equità, accessibilità Modello negoziale o partecipato della governane locale
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In passato Pochi servizi e trasferimenti poco generosi Assenza di regolazione nazionale, grandi differenze fra municipalità e municipalità Rapporti di mutuo adattamento fra pubblico e terzo settore
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Il Piano di zona Lo strumento principale della governance locale è il Piano di zona. Attraverso questo strumento le municipalità (associate) programmano il sistema locale dei servizi e degli interventi, sulla base degli obiettivi stabiliti dallo Stato e dei finanziamenti (stabiliti dallo Stato e distribuiti dalle Regioni), coinvolgendo le comunità locali.
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Una svolta? Implementazione: molto diseguale Il nuovo art. 117 della Costituzione (approvato nel 2001) attribuisce alle Regioni il potere di legiferare sui servizi e sugli interventi sociali
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Implementazione Un monitoraggio abbastanza recente (ISFOL, 2006) rileva la predisposizione di 479 piani in tutto il territorio nazionale, di cui 399 nelle regioni del Centro Nord, 71 in quelle del Sud. Quanto ai territori di riferimento (i cosiddetti ambiti territoriali o sociali), nella maggior parte dei casi comprendono una popolazione compresa fra i 50.0000 e i 100.000 abitanti (il 43,6%) e una porzione di poco inferiore fra i 100.000 e i 200.000 abitanti (il 30,8%). Più elevato di quello dei Piani di zona è il numero degli ambiti territoriali, perlopiù coincidenti con i distretti sanitari: sono 678 in tutto il territorio nazionale, di cui 459 nelle regioni del Centro Nord. Lo stesso monitoraggio, con gli approfondimenti condotti su 39 casi, fornisce indicazioni su alcune tendenze relative all’attività programmatoria. In particolare, il coinvolgimento degli attori territoriali in più del 70% dei casi vede impegnata nella fase progettuale vera e propria le organizzazioni di terzo settore strutturate (come le cooperative sociali) seguite dalle organizzazioni del volontariato, dalle associazioni religiose, dalle organizzazioni sindacali, dalle fondazioni, dai patronati, dalle imprese private. I cittadini singoli sono gli ultimi della lista (il 20, 5% dei casi).
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Una svolta? Il ruolo dei cittadini Ruolo attivo? Partecipazione al lavoro Consumatore, libertà di scelta Partecipazione alle scelte, cittadinanza attiva, voice
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Voucher in Lombardia La prima sperimentazione viene realizzata fra il 1999 e il 2000 in tre Asl (Milano, Legnano, Monza) e ha per oggetto un assegno di cura per l’assistenza domiciliare di persone anziane con problemi di autosufficienza finalizzato a evitare il ricovero in strutture residenziali. Nel 2001 in tutte le Asl regionali viene avviata una sperimentazione che prevede l’erogazione di un buono socio-sanitario (l’importo è di 413 euro mensili) sempre per l’assistenza domiciliare, utilizzabile a scelta come assegno o come voucher
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Voucher in Lombardia In contemporanea, la Regione detta le sue indicazioni relativamente alla prima triennalità dei Piani sociali di zona. Nel 2002 due Asl (Monza e Lecco) sperimentano il voucher sociosanitario per l’assistenza domiciliare integrata. Nel 2003 il voucher sociosanitario viene esteso a tutto il territorio lombardo. Il voucher sociosanitario, nella sua versione a regime, prevede prestazioni domiciliari di tipo medico, riabilitativo e infermieristico per persone in condizioni di fragilità (anziani con problemi di autosufficienza, disabili e minori) che possono accedere senza limiti di età e di reddito. Gli erogatori, pubblici e privati, sono accreditati dalle Asl sulla base di requisiti indicati dalla Regione e remunerati in base a tariffe prefissate.
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Voucher in Lombardia Il modello è quello del cosiddetto Pac che, come si accennava, prevede che le Asl programmino, acquistino e controllino, esternalizzando invece le loro funzioni di produzione. I voucher sociali riguardano anch’essi prevalentemente l’assistenza domiciliare fornita a persone anziane e/o disabili, in misura ridotta a minori, includendo talvolta anche servizi come il trasporto e i pasti. I Piani di zona hanno espresso opzioni diversificate rispetto alla durata dell’intervento, che va dalla mensilità all’annualità, prevedendo comunque tutti modalità periodiche di verifica. Quanto al valore del voucher, può essere legato al livello di intensità del bisogno o può essere commisurato al tempo di assistenza erogato dagli operatori.
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Voucher in Lombardia Buoni e voucher sono entrambi finalizzati alla domiciliarità e all’obiet-tivo di evitare l’istituzionalizzazione di persone fragili. Con una differenza. I voucher, sia sociali sia sociosanitari, sono basati su un meccanismo essenziale del mercato: la concorrenza tra fornitori (accreditati). I buoni, invece, non creano un mercato ma si limitano a «mercificare» l’attività di assistenza normalmente erogata secondo modalità informali, facendola passare dall’ambito non retribuito a quello retribuito. La richiesta del voucher è presentata dal medico di base all’Asl. La valutazione positiva della domanda sfocia in un Piano di assistenza individualizzato (Pai) e nella scelta da parte del fruitore in merito all’erogatore dell’intervento nell’ambito delle organizzazioni accreditate. Nel caso si sia insoddisfatti del servizio ricevuto, è possibile cambiare fornitore anche ogni mese.
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Voucher in Lombardia I voucher registrano un certo apprezzamento da parte dei fruitori, in particolare in relazione alla maggiore copertura oraria del servizio di assistenza e alla possibilità di differenziare le prestazioni [Pasquinelli e Ielasi, 2006]. Più limitato è l’apprezzamento manifestato nei confronti della libertà di scelta, da molti considerata come un onere aggiuntivo (ibid.). Dai monitoraggi predisposti in questi anni dalla Regione, basati su tecniche di rilevazione della soddisfazione, risulta generalmente il giudizio positivo da parte di utenti e/o familiari.
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Voucher in Lombardia Limiti insiti nei meccanismi di mercato su cui è imperniato il voucher lombardo: scrematura nei confronti degli interventi meno remunerativi, asimmetria informativa fra fornitori e cittadini/con-sumatori e difficoltà che l’esercizio della libertà incontra quando le persone in questione sono in uno stato di bisogno e fragilità. Questi problemi sono più marcati quando la funzione di governo svolta dal soggetto pubblico è debole e manca un ruolo di orientamento e di coordinamento tra fruitori/famiglie ed erogatori.
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V oucher in Lombardia Un secondo ordine di questioni riguarda la portata concreta della libertà di scelta in situazioni in cui le opzioni dell’offerta sono predefinite e non è possibile entrare nel merito degli interventi per concorrere alla loro definizione, discuterli o cambiarli. Stando alle direttive regionali, fruitori e/o famiglie si limitano a sottoscrivere il progetto di assistenza prestabilito dai servizi, godendo comunque della facoltà di cambiare fornitore. Nei classici termini di Albert Hirschman [1970], la loro libertà implica potere di exit ma non di voice
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Voucher in Lombardia Un’altra serie di criticità riguarda il modo in cui si attuano i meccanismi di mercato. Secondo le rilevazioni effettuate [Pasquinelli e Ielasi, 2006], la concorrenza fra fornitori è scarsa. La libertà di scelta, da questo punto di vista, è un riconoscimento formale più che una prerogativa realmente esercitata. Inoltre, i costi di gestione elevati rendono il sistema dei titoli nel suo insieme abbastanza oneroso.
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Voucher in Lombardia Ruolo regolativo pubblico. Come è evidente anche nel caso dei voucher sociosanitari, che applicano i medesimi criteri, le scelte regionali in materia di accreditamento risentono di un orientamento minimalistico che fissa abbastanza in basso la soglia per la selezione. Si richiede infatti che il rappresentante legale dell’organizzazione non abbia condanne penali, che la missione sociale sia coerente con le specificità del settore, che il personale sia qualificato, che l’idoneità professionale e organizzativa sia accertata dall’Asl. Vero è che i distretti possono decidere di integrare e rendere più stringenti questi requisiti, ma le scelte fatte finora non si discostano molto dal tracciato regionale. Un problema di fondo è la difficoltà del distretto a funzionare come scala di governo complessivo, in grado di assicurare l’infrastruttura di coordinamento necessaria al servizio (Pasquinelli e Ielasi, 2006) Nel 2005, alla fine della prima triennalità, i buoni sono presenti in tutta la regione, con circa 20.000 fruitori (di cui il 54% anziani) mentre per i voucher si contano solo 3.580 fruitori (di cui il 56% anziani). Prima che le scelte dei cittadini consumatori, pesano gli orientamenti assunti dai distretti, molti dei quali privilegiano i buoni.
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