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A.A. 2006-2007 Corso di Politica Sociale Maria Letizia Pruna
Quarta lezione Logica politica e welfare state
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La struttura di potere del Welfare state
Il processo storico di espansione, crisi e riforma del welfare state è basato su un fitto intreccio di scambi tra: “élite distributrici” in cerca di legittimità e di consenso (governi e parlamenti ma anche partiti e sindacati) “clientele sociali” interessate ad ottenere diritti –spettanze (categorie professionali e altri gruppi sociali organizzati) “burocrazie di servizio” (apparati statti e locali che erogano prestazioni sociali)
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La sindrome dello “scivolamento distributivo”
In misura diversa, ha caratterizzato i sistemi politici in tutte le democrazie europee durante il “trentennio glorioso” ( ). La crescita economica ha alimentato una consistente espansione della classe media in tutta l’Europa, modificando la struttura sociale dei paesi e determinando il passaggio dalla logica redistributiva (dai ricchi ai poveri) alla logica distributiva (trasferimenti incrociati da una categoria all’altra della classe media)
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La logica delle politiche distributive
E’ basata su alcuni elementi fondamentali: l’asimmetria tra benefici e costi: i benefici sono tangibili e concentrati (es: pensione), mentre i costi sono scarsamente visibili e molto diffusi (prelievo alla fonte dei contributi sociali su milioni di lavoratori dipendenti); l’elevata disaggregabilità dei benefici: si prestano ad essere dispensati in forma selettiva e differenziata; l’impatto esterno relativamente contenuto delle singole misure: il miglioramento di trattamento per qualche specifica categoria sociale non ha effetti visibili e dirompenti sulla finanza pubblica.
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Le micro-collusioni delle politiche sociali distributive
Occasioni molto diffuse e poco visibili di scambi tra estensione e/o rafforzamento di forme di protezione sociale in favore di specifiche categorie professionali o gruppi sociali e consenso politico verso partiti e/o coalizioni di governo. Le micro-distribuzioni di benefici sono visibili solo da chi le offre/riceve e non da tutti i contribuenti/utenti del welfare.
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La logica dello scambio politico
Dal lato dei cittadini: il sostegno elettorale è sempre meno basato su un’adesione ideale/ideologica e sempre più legato alla quantità di welfare categoriale (al limite, individuale) promessa da questo o quel partito. Dal lato dei partiti: l’aggregazione intercategoriale del consenso attraverso microdistribuzioni di benefici pubblici è diventato l’obiettivo primario degli attori politici. Sono meccanismi che si rafforzano a vicenda
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Le macro-collusioni delle politiche sociali distributive
Sistema sanitario: nella fase di espansione, gli interessi della vasta categoria dei “pazienti” (per natura mutevole e disorganizzata) non sempre sono stati in primo piano come quelli dei gruppi di interesse specifico del settore (medici, paramedici, case farmaceutiche, industrie di prodotti sanitari, ecc.). Sistema previdenziale: la pressione di gruppi di interesse specifico è stata altrettanto intensa, a scapito non solo dei contribuenti ma soprattutto delle generazioni future.
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Che cosa ha reso possibile la sindrome dello “scivolamento distributivo”?
L’occultamento dei costi delle scelte distributive grazie a: una crescente disponibilità di risorse finanziarie da parte dello Stato; la progressiva conversione al cosiddetto deficit spending (spesa pubblica non coperta da entrate tributarie ma dall’emissione di titoli); il meccanismo della ripartizione in campo previdenziale.
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La riforma redistributiva degli anni ‘90 e la “politica sottrattiva”
L’integrazione europea, le sfide della globalizzazione, pongono in primo piano proprio i costi del welfare state. Si riavvia quindi un processo redistributivo, a carattere largamente “sottrattivo”, cioè basato sulla cancellazione o riduzione di alcune spettanze considerate ormai diritti acquisiti di una parte di cittadini o di categorie professionali, in favore di un progressivo riequilibrio della protezione sociale.
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Difesa delle posizioni acquisite e blame avoidance
Il processo di riforma avviato negli anni ’90 è condizionato dalla tensione tra: la vigorosa difesa delle posizioni di vantaggio acquisite da parte di categorie professionali e gruppi sociali organizzati l’attenta cura ad evitare il biasimo degli elettori da parte dei partiti, per minimizzare le perdite di consenso L’obiettivo della blame avoidance ha pesantemente condizionato il processo di riforma del welfare state, rallentandone il ritmo e ostacolando l’adozione di misure più incisive.
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