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ERACLÌTO Pòlemos padre e re
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Vita Di Eraclito sappiamo molto poco: visse ad Efeso tra il 6° e il 5°sec. a.C., appartenne forse al ceto aristocratico della sua città (in lotta contro il démos). Scrisse un’opera in prosa intitolata «Intorno alla natura», probabilmente in stile aforistico.
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La filosofia La filosofia secondo Eraclito distingue l’uomo che ha fatto un percorso personale e razionale di conoscenza da colui che si accontenta dell’opinione (dòxa) dei più. Questi ultimi vivono nell’illusione di sapere e nella realtà della loro totale ignoranza, vivono come dormienti, mentre la filosofia costituisce la sveglia del sapere e della consapevolezza.
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Indagare se stessi «Ho indagato me stesso» dice Eraclito facendo un bilancio della sua filosofia. Ma indagare se stessi significa indagare la totalità delle cose. Infatti l’anima non ha confini e la ragione è in grado da sé di abbracciare il tutto comprendendone le leggi.
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Contro la polymathia Polymathia significa sapere molte cose. L’anima del filosofo non abbraccia tutte le cose nel senso di un’erudizione enciclopedica e tuttavia superficiale (come quella dei poeti), bensì nel senso della profondità e della capacità di sintesi. Il filosofo sa capire il nesso tra le cose e soprattutto individuare il loro LOGOS, la loro ragione ultima.
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Dalla filosofia un’indicazione sul comportamento
Chi è filosofo, grazie alla sua conoscenza profonda della realtà, sa anche come comportarsi nel mondo, emancipandosi dagli atteggiamenti del volgo, dedito per lo più alla ricerca di piaceri materiali: «Se la felicità si identifica con i piaceri del corpo, diremo felici i buoi, quando trovano piante leguminose da mangiare» (fr. 4 D). Viceversa, rispetto alle cose passeggere, è da ricercarsi una gloria immortale…
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L’arché e il mondo Il principio di tutte le cose è per Eraclito il fuoco. La sua osservazione non è però banale né superficiale, né apodittica. Si tratta di partire dalla constatazione che il mondo è caratterizzato da un divenire incessante. «Tutto scorre» ebbe a dire il suo allievo Cratilo, nel senso che niente è stabile nel mondo ma soggetto a continuo mutamento (di forma, di luogo, di identità). Ora, il fuoco, come abbiamo già visto in Anassimandro, è simbolo di mobilità e dinamicità, dunque finisce per essere l’elemento che più di tutti dà ragione della natura della realtà nel suo complesso. Dal fuoco tutto proviene secondo una duplice via: In giù: il fuoco condensandosi diventa aria, acqua e poi terra In su: la terra rarefacendosi diventa acqua, aria e poi fuoco.
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Nel fiume Se tutto è in perenne divenire, Eraclito può con diritto affermare che «nello stesso fiume non si può discendere due volte» (fr. 91a D) nel senso che la mobilità delle acque fa sì che il fiume in cui si è discesi la seconda volta non sia più il fiume in cui si è discesi la prima volta. Così avviene in tutta la realtà, in cui dunque non vi può essere esperienza di una ripetizione di qualcosa di identico.
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La guerra dei contrari Il divenire del mondo tuttavia non appare come un flusso tranquillo, ma come il prodotto di un continuo contrasto tra elementi della realtà opposti fra loro: «la guerra di tutte le cose è madre e regina». Ma la cosa interessante è che se noi diciamo guerra, diciamo inimicizia e separazione. Invece, in realtà, c’è una segreta corrispondenza tra i «belligeranti», che li tiene uniti, proprio nel conflitto. Potremmo dire che un conflitto distrugge una relazione di amicizia, ma non distrugge ogni relazione, proprio perché nella lotta, la lotta stessa mette in una relazione, seppur conflittuale, i nemici. Per lottare con Tizio devo pur sempre entrare in relazione con lui, visto che senza di lui non posso lottare con nessuno.
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L’unità dei contrari Quindi in virtù di tale relazione, ogni elemento della realtà in conflitto con un altro, dipende da quello. Quindi non c’è sazietà senza fame, salute senza malattia, giustizia senza torto, amore senza odio etc. I contrari sono allora tenuti assieme dal loro stesso esser-contrari. Questo è il loro LOGOS, la segreta armonia e razionalità che presiede al divenire di tutta la realtà, che è dunque divenire di contrari necessariamente legati con il loro contrario. Questa è la legge dell’interdipendenza e dell’inscindibilità degli opposti.
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Chi dice pace Chi dice pace, alla luce di quello che pensa Eraclito, dice morte, fine delle cose. Se, come auspica Omero, la discordia sparisse tra gli dei e gli uomini, tutto sparirebbe, stante che la discordia mantiene assieme le cose nell’universo quale noi lo vediamo.
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Il divino in tutto Il fuoco è il principio di mobilità e l’arché del mondo. Questa mobilità per contrasto caratterizza l’essere divino che è visto come la stessa armonia di contrari che li mette assieme e li attraversa tutti in quanto legge della loro relazione conflittuale. Ecco allora che la divinità per Eraclito «è giorno-notte, inverno-estate, sazietà-fame. Ed essa muta come il fuoco» e come tale è presente in ogni cosa reale. Questo principio divino è eterno come eterna è di conseguenza tutta la realtà nel suo complesso (in cui la distruzione non è altro che la trasformazione in altro a motivo di un contrasto e in ultima analisi riconduce al fuoco da cui tutto ha avuto inizio).
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