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La seconda navigazione
Platone 2 La seconda navigazione
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La battaglia antisofistica e la nascita della dottrina delle idee
Contro i sofisti, Platone sostiene la necessità della ricerca di una verità universale e condivisibile dagli uomini. Nel corso di questa ricerca, egli viene distaccandosi dal suo maestro, Socrate, ed elaborando una propria prospettiva filosofica originale, il cui cuore è la dottrina delle idee. Questa dottrina, introdotta per la prima volta nel Fedone (99a segg.) non viene esposta in modo organico in un’opera sola, ma è presente nelle riflessioni contenute in diversi dialoghi e sarà oggetto privilegiato dell’insegnamento orale delle dottrine non scritte.
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La scienza e la nascita della dottrina delle idee
La scienza per Platone va intesa come un sapere avente le caratteristiche della stabilità e dell’immutabilità. Deve essere insomma qualcosa che non cambia e di cui si può essere certi e sicuri, poiché ciò che muta è di per sé imperfetto…niente infatti che abbia bisogno di cambiare ha in sé i caratteri della perfezione. Ma se la scienza non è perfetta e stabile, non può nemmeno essere vera (può essere vero, pienamente vero ciò che oggi è vero e domani non lo è più?).
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L’oggetto della scienza
Di che cosa tratta il sapere? Qual è il suo contenuto? Quale il suo oggetto? Se il sapere deve essere stabile esso deve avere come oggetto qualcosa di stabile. Ma le cose del mondo, così come sono apprese dai sensi non possiedono questo carattere di stabilità, essendo per loro natura soggette al divenire. La conoscenza delle cose che divengono è infatti propria della doxa, dell’opinione mutevole e insicura.
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Seconda navigazione Per giungere ad un sapere stabile bisogna andare oltre la conoscenza ottenibile con i sensi. Platone, per spiegare questo «andare oltre», usa la metafora della «seconda navigazione» (Fedone). Nell’ambito marinaresco, si dice «prima navigazione» quella fatta con il favore dei venti e l’utilizzazione delle vele. Quando però questa modalità immediata e «facile» non è più possibile, perché i venti sono calati e non hanno più la forza per spingere la barca, allora è necessario procedere con i remi che, secondo la metafora, sono le forze dell’intelletto e della ragione. Così si potrà arrivare finalmente a destinazione.
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Le idee: realtà paradigmatica
Procedendo con l’intelletto si acquisisce la vera scienza il cui oggetto non può che essere l’ idea o le idee. Le idee rappresentano il MODELLO, il PARADIGMA, di tutto ciò che è. Ciò in base al quale tutto ciò che è esiste. Le cose di questo mondo sono solamente copie imperfette delle idee. Se in questo mondo per esempio esistono cose belle (imperfettamente belle), nel mondo delle idee esiste la Bellezza, piena, totale, stabile, paradigmatica, immutabile. Se in questo mondo esistono uomini buoni (a volte buoni a volte no, e comunque mai pienamente buoni) nel mondo delle idee esiste la Bontà perfetta, di cui gli uomini buoni sono solo una copia, un’imitazione sbiadita.
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La realtà delle idee Esse non sono solo concetti della mente, ma hanno una loro realtà esterna, ontologicamente piena: Sono enti, vale a dire «cose» più reali delle cose che noi apprendiamo con i sensi; sono autonome e sono “separate”, ossia collocate in una precisa dimensione del mondo, il mondo iperuranio (al di là del cielo), che trascende e sta al di là del nostro mondo.
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Due livelli della realtà, due livelli della conoscenza
Dunque se vi sono due tipi di realtà, quella mutevole e imperfetta e quella perfetta e immutabile, due saranno i modi della conoscenza, quella incerta dell’opinione dei sensi, che coglie la realtà al livello più basso – il livello del divenire (prima navigazione) – e quella certa della scienza che coglie la realtà nella sua perfezione (seconda navigazione). Organo di quest’ultima forma di conoscenza non sono i sensi, ma la ragione, il logos, le cui conclusioni possono essere sempre vere, proprio quando vedono, con gli occhi della mente, la realtà vera.
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Una dottrina metafisica
“Metafisica” è il titolo di un libro di Aristotele che tratta dell’essere e delle realtà supreme e che nel catalogo dei libri del grande filosofo allievo di Platone (opera di Andronico di Rodi, I sec. a.C.) veniva dopo (meta, in greco) i libri che trattavano della fisica, della realtà naturale. In senso lato si è cominciato a considerare metafisica ogni dottrina che riguardava le realtà che stanno al di là (che “vengono dopo”, questa volta in senso ontologico) del mondo materiale e naturale. Platone, approfondendo la sua dottrina delle idee, è il primo che in modo sistematico parlato di una realtà che sta “oltre”, che “trascende” e “viene dopo” il nostro mondo sensibile. Per questo motivo, nonostante egli non abbia mai usato il termine “metafisico”, il suo modo di pensare può da noi oggi essere definito con questo aggettivo.
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Eraclito e Parmenide La riflessione metafisica platonica si pone alla confluenza tra eraclitismo ed eleatismo. Di Eraclito, Platone accoglie la convinzione per cui il nostro mondo, quello che abbiamo sottomano, è caratterizzato dal divenire incessante di tutte le cose. Ma questo divenire, per Platone significa insufficienza e imperfezione. Di Parmenide egli accoglie la dottrina di un vero essere immutabile, eterno e perfetto, che però viene collocato OLTRE questo mondo in una trascendenza che sta al di là di ogni cosa sensibile…
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Quante e quali sono le idee
Possiamo dire in generale che le idee sono tante quanti sono i nomi comuni e gli aggettivi qualificativi in una lingua (cfr. M .Zanatta, Storia della filosofia antica, Rizzoli, Milano, 2013, p.121). In particolare vi sono tre grandi tipologie di idee: Le idee-valori cioè i supremi principi etici, estetici, politici: la Bellezza, la Giustizia, la Bontà, il Coraggio, la Temperanza, la Sapienza… Idee di cose concrete (sull’esistenza delle quali Platone all’inizio ha qualche dubbio, successivamente fugato): l’Umanità, l’Animalità, ma anche idee di cose artificiali come il il Letto, la Nave etc. In tal modo le idee divengono la forma perfetta, il modello assoluto di ogni gruppo di cose concrete che noi vediamo in questo mondo. Le idee matematiche che costituiscono lo scheletro della realtà tutta e fanno da mediazione tra mondo sensibile e soprasensibile: il Numero, l’Uguaglianza, il Quadrato, il Circolo etc.
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L’ordine delle idee Le idee sono molteplici, ma non in ordine sparso. Esse sono strutturate secondo uno schema gerarchico-piramidale con al vertice l’idea di Uno-Bene, cioè l’idea di una perfezione massima che rende perfette tutte le altre idee. Tale idea suprema ha per Platone caratteri divini, anche se non è un Dio personale e creatore (non è dotata di volontà e non ha creato né se stessa né tutte le altre idee, né la realtà che noi conosciamo, essendo tutto ciò eterno, senza inizio né fine). Un Dio personale c’è in Platone, ma non ha potere di creare dal nulla, bensì di plasmare la realtà come fa un artigiano con la creta e basandosi su un modello (lo vedremo quando affronteremo la figura del Demiurgo).
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Le idee-criteri di giudizio
Le idee eterne e perfette sono Criteri di giudizio delle cose: più una cosa si avvicina alla sua idea, più è perfetta. Ciascuna cosa è nella misura in cui assomiglia ad un’idea. Noi diciamo per esempio che due cose sono uguali, perché le raffrontiamo all’idea di Uguaglianza, diciamo che sono belle, perché le raffrontiamo all’idea della Bellezza, diciamo che sono quello che sono (uomo, essere vivente, manufatto, cosa etc.) perché le raffrontiamo alla rispettiva idea della cosa come “dovrebbe” essere se fosse perfetta in tutto per tutto. Dunque senza le idee noi non potremmo pensare le cose, poiché non potremmo sapere che cosa esse veramente sono, non avendo un modello con cui valutare il loro essere (le idee così concepite sono condizioni di pensabilità di ogni cosa).
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Le idee-causa Se una cosa “è”, è a motivo della idea alla quale partecipa che dà alla cosa il suo essere. Se non fosse così non potrebbe esserci niente, perché niente sarebbe veramente stabile e vero e, nel mutamento di tutto, noi non potremmo distinguere le cose che sono (come aveva notato Cratilo). Ma il solo fatto che “nominiamo le cose” significa che si può “fermare” il continuo movimento facendo riferimento ad una realtà che non muta, l’idea che “è”. Questo è l’essere, la verità della cosa senza la quale la cosa non ci sarebbe nemmeno: dunque l’idea è CAUSA di tutto ciò che “è”. Quindi le idee sono anche la condizione di esistenza delle cose.
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Il rapporto idee-cose Tra le cose e le idee vi è un rapporto di
MIMESI(=imitazione): le cose imitano le idee: Tra le due sfere, quella sensibile e quella intellegibile (cioè quella che si coglie con l’intelletto), vi è un rapporto di modello-copia. Ciò rende questo mondo NON SOLO il mondo dell’apparenza irrazionale (come in Parmenide), ma qualcosa che ha una sua realtà e una sua consistenza, seppure caratterizzata da imperfezione. METESSI (=partecipazione): le cose partecipano dell’essere delle idee PAROUSIA (=presenza), cioè la presenza delle idee non nel senso che le idee entrano fisicamente nelle cose, ma che lasciano in esse la loro impronta come il modello nel calco. KOINONIA (=comunanza): l’idea è ciò che gli enti di una data classe hanno in comune, è dunque il “comune” di un gruppo di cose sensibili. Un problema difficile è come avvenga la mimesi e la partecipazione, data l’eterogeneità delle due realtà (come l’eterno si dispiega nel tempo? come l’essere entra nel divenire?). Questo problema sarà oggetto della riflessione platonica della vecchiaia e non giungerà ad essere risolto in modo definitivo.
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Come si conoscono le idee
Le idee non le trovo in questa realtà che io percepisco con i miei cinque sensi. Con i sensi non si colgono le idee. Io debbo già possederle, visto che mi limito a SCOPRIRLE nelle cose. Le cose allora servono solo da stimolo per richiamare nella mia mente l’idea corrispondente. Io vedo Angelina Jolie, Julia Roberts, Kate Moss etc. … e mi sovviene idea della bellezza. Ma per quanto belle, le creature appena citate sono sempre imperfettamente belle. Tuttavia io le giudico belle perché, pur nell’imperfezione, scorgo in loro un carattere bello che le ACCOMUNA. Da dove mi viene l’idea della bellezza che io trovo nei singoli esseri belli che vedo qui ed ora? Abbiamo detto non dai sensi, che percepiscono solo le cose e non i modelli. Le idee devo già possederle. Ma come?
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Ho già visto le idee La mia anima, la mia mente – che è immortale e che preesiste al corpo – prima di “scendere” nel mio corpo, ha abitato una sorta di “pianura della verità”: quel mondo iperuranio e metafisico dove “stanno” le idee e dove le idee si sono mostrate nella loro piena verità alla mia mente. Nell’atto di scendere nel corpo, la mia anima ha “dimenticato” ciò che ha visto prima di vivere in questo corpo. Ora, guardando le cose di questo mondo, che lo stimolano a ricordare, l’intelletto richiama alla mente le idee che ha già conosciuto e che sono presenti in modo innato (cioè non acquisito in questa vita) in esso. Per questo la conoscenza per Platone è ANAMNESI, cioè ricordo di ciò che già si è appreso e già si conosce. Nel Menone, in cui uno schiavo ignorante, opportunamente interrogato, risolve un complesso problema di geometria, è mostrata, secondo Platone, una prova di questa convinzione che ogni conoscenza vera è RICORDO (infatti tutti possiamo ricordare, anche coloro che sono ritenuti ignoranti).
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Conoscere ciò che si sa già
Non potremmo conoscere niente che già non sappiamo: se non possiamo sapere che cosa dobbiamo conoscere come facciamo a conoscerlo (come faccio a voler sapere che cosa è la matematica se non ho la minima idea di che cosa sia la matematica)? Ma noi, questo è il punto, sappiamo e al tempo stesso non sappiamo, cioè sappiamo ma non ricordiamo, per questo la conoscenza, pur non essendo attuale, è qualcosa che è a nostra disposizione, visto che la nostra mente già la possiede. Tutto sta nel ricordarla adeguatamente: a questo provvede la filosofia, che insegna a guardare il mondo, riconoscendo le idee di cui il mondo è copia, attraverso adeguati ragionamenti e domande mirate.
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L’immortalità dell’anima
La dottrina della conoscenza come reminescenza postula già la preesistenza dell’anima e la possibilità di una sua trasmigrazione da corpo a corpo che evoca una sua immortalità. Accanto a ciò nel Fedone, il dialogo che tratta direttamente del tema, Platone propone altre prove dell’immortalità dell’anima. La prima è quella dei contrari, secondo la quale come da un contrario si genera il suo contrario, allo stesso modo dalla morte la vita e dalla vita la morte in un ciclo continuo.
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L’immortalità dell’anima: la somiglianza e la vitalità
La prova della somiglianza dice che se l’anima è simile alle idee (in quanto è l’organo della loro conoscenza), sarà, come lo sono le idee, eterna e immortale. Inoltre si distrugge e muore solo ciò che è composto, mentre ciò che è semplice, come l’anima e le idee, non può disgregarsi e nemmeno morire. L’argomento della vitalità sostiene che l’anima sia il soffio vitale dell’uomo, quindi è ciò che eminentemente dà la vita. In quanto tale, non può accogliere in sé l’idea di morte (può morire ciò che è fonte di ogni vita?), e dunque è immortale. Platone tenta di conciliare questa prova con quella dei contrari dicendo che la nascita di un contrario dall’altro avviene solo nelle cose sensibili e l’esempio vale solo per essi ma non per le idee.
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Filosofia come preparazione alla morte
In realtà muore solo il corpo sensibile. Cioè la parte inferiore, corruttibile e imperfetta della nostra persona. Il corpo nella sua imperfezione, con le sue mancanze e i suoi bisogni, risulta anzi essere un carcere per l’anima. L’anima vive nel corpo come prigioniera in un mondo estraneo (tale dottrina risente di forti influenze orfiche). Esercitando la ragione, cioè mettendo in primo piano la vita dell’anima, noi ci alleniamo ad abbandonare il corpo, a superarlo, a farne a meno. Dunque la filosofia aiuta a prepararsi alla morte del corpo, a liberarsi del corpo e a vivere l’unica vita degna, quella dello spirito.
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Il mito di Er L’anima preesiste al corpo e continuerà ad esistere anche dopo il corpo, tornando, dopo la morte corporale, in un mondo in cui sarà premiata o punita a seconda del tipo di vita che ha condotto. Questo è il tema del mito di Er, alla fine della Repubblica. Er, un soldato morto, vede che cosa succede nell’aldilà e torna, risuscitato, a raccontare ciò che ha visto: il destino delle anime dei morti, la loro vita dopo la morte e la loro reincarnazione.
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La vita scelta Quest’ultima avviene non prima che l’anima abbia scelto quale vita condurre nel futuro, tra una gamma di opzioni che le sono poste di fronte da un araldo delle muse del tempo. Sarà l’oculatezza della scelta a stabilire il destino della vita futura, un’oculatezza che dipende solamente dall’anima che sceglie e di cui l’anima è la sola responsabile. Così Platone, che non è un grande sostenitore della libertà politica dei cittadini, difende e salva la libertà metafisica dell’uomo, sostenendo che la vita che uno conduce è oggetto di una scelta libera, pur avvenuta prima che l’anima prendesse un nuovo corpo (quindi non in questa dimensione, ma in quella dell’aldilà).
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Le idee come strumento di lotta contro il relativismo e le sue conseguenze politiche
L’obiettivo polemico della dottrina delle idee è il relativismo sofistico, cioè la convinzione secondo cui, esistendo una molteplicità di punti di vista, ciascuno in sé legittimo, non è possibile stabilire una verità e un valore valido per tutti. Platone è convinto che, accogliendo la prospettiva relativistica, anche l’ordine sociale venga meno, in quanto non esisterebbe più un criterio di vita valido per tutta la società. E se ognuno fa quello che vuole, perché tutto va bene, il risultato è l’anarchia e la violenza diffusa. Questo è il principale difetto della società a lui contemporanea.
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Il Bene contro il caos A tale difetto egli vuole opporre la convinzione per la quale al governo vanno posti i sapienti, cioè i custodi della verità, ossia coloro che sapendo che cosa è bene (avendo compreso con gli occhi della mente il Bene assoluto) lo praticano e lo rendono disponibile a tutti. Solo così, seguendo le leggi suggerite dai sapienti, una società può essere ben ordinata in base alla giustizia e alla verità e solo così la vita dell’uomo nella società può avere un senso compiuto. Questo tema sarà ampiamente sviluppato nella Repubblica.
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Eros o la passione per la verità
Platone ritiene che la via per giungere alla contemplazione del vero essere e del mondo delle idee sia una via razionale. Tuttavia la razionalità più alta non è per il nostro filosofo né gelida né anaffettiva, anzi è mossa da una profonda passione, da una grandissima attrazione per la verità. Questa è data da EROS. Il tema dell’eros, dell’amore e della passione per la verità è oggetto del Simposio e del Fedro.
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La bellezza Nel Simposio si considera prevalentemente l’oggetto di eros o dell’amore, cioè la bellezza. Essa ha vari gradi di pienezza. Si comincia con l’amare la bellezza dei corpi che si ama al fine di generare nel bello un altro corpo. Qui già emerge il desiderio di eternità implicito nell’amore e nella sua fecondità. Ma oltre la bellezza effimera del corpo, vi è una bellezza più stabile, quella dell’anima umana, e poi la bella armonia dell’ordine e delle leggi dello Stato e, infine la bellezza tutta spirituale della sapienza e delle scienze. Infine da queste ultime si giunge a contemplare la Bellezza in sé, l’idea del bello, che è oggetto della filosofia.
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Il desiderio del bello La bellezza è oggetto del desiderio, ma che cos’è il desiderio? Il desiderio è Eros, demone incompiuto, figlio di Poros (espediente) e Penia (povertà). Eros è il senso di una mancanza che ci fa cercare ogni strategia (ogni espediente intelligente) per raggiungere l’oggetto che manca. E l’oggetto che manca è la pienezza dell’essere, che si manifesta anzitutto nella bellezza, nella forma bella che non manca di niente. In questo senso, come amante della bellezza che è verità, Eros è filo-sofo per eccellenza, è la filosofia in quanto passione per la verità.
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Il Fedro e il mito del carro alato
Il rapporto dell’anima con la verità, già affrontato nel Fedone, in cui si dice che l’anima è “affine” al mondo delle idee, viene approfondito nel Fedro attraverso il mito del carro alato. L’anima per Platone è come un auriga che guida due cavalli, uno bianco che punta in alto verso la regione dell’essere e della verità, e uno nero che scalpita e punta al basso del divenire e della morte. Essa, guidata dall’auriga giunge a contemplare la verità, ma, se gravata da una colpa o da una dimenticanza del suo vero scopo, cede alla malvagità del cavallo nero, cade e si incarna in un corpo.
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Il Fedro e il mito del carro alato 2
La qualità della vita dell’uomo in cui è caduta l’anima, dipende dalla possibilità di ricordare quanto l’anima ha visto nella «pianura della verità». Coloro che vi hanno sostato più a lungo saranno più inclini a ricordare. Ma che cosa stimola il ricordo? La bellezza che si ha di fronte in questo mondo. Essa è la testimonianza del mondo ultraterreno più accessibile all’uomo concreto. Quindi essa fa da mediatrice tra questo e l’altro mondo, guidando l’anima, attraverso vari gradi all’Essere, muovendo la ragione ad indagare fino a ritrovare il senso delle idee e l’archetipo-modello di ogni realtà. Il ragionamento mosso dalla bellezza è dialettica, cioè quell’arte di saper distinguere tra le cose, di saperle valutare e di cogliere il concetto, l’idea che unisce i vari esemplari di questo mondo nel loro paradigma universale e perfetto, l’idea.
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