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03_Le questioni della pianificazione

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Presentazione sul tema: "03_Le questioni della pianificazione"— Transcript della presentazione:

1 03_Le questioni della pianificazione

2 uno Quali origini ha la pianificazione territoriale?

3 L’innovazione tecnica: fare nuove città con nuove tecniche
1. Quali origini ha la pianificazione territoriale? L’innovazione tecnica: fare nuove città con nuove tecniche Le nuove tecniche fanno nuove le città: i mezzi di trasporto pubblico, le canalizzazioni sotterranee , l’illuminazione sono nuovi temi capaci di dare nuova forma alla città.

4 L’innovazione tecnica: fare nuove città con nuove tecniche
1. Quali origini ha la pianificazione territoriale? L’innovazione tecnica: fare nuove città con nuove tecniche Londra: i sistemi di trasporto pubblico cambiano il volto alla città ottocentesca.

5 La cultura estetica moderna: il nuovo senso del bello
1. Quali origini ha la pianificazione territoriale? La cultura estetica moderna: il nuovo senso del bello Disegnare parti di città: la composizione delle architetture e degli spazi è occasione per disegnare la nuova città. L’architettura degli stili prima e il rifiuto degli stessi dopo contribuisce alla formazione della componente estetico-compositiva della pianificazione urbana.

6 1. Quali origini ha la pianificazione territoriale?
Le scienze economiche e sociali: la nuova società della città industirale Ridisegnare la società: rifondare la società è il punto di partenza per la riconfigurazione della città e del territorio. Nel XIX secolo l’unico obiettivo della risoluzione dei crescenti conflitti sociali viene declinato attraverso la costruzione di nuove forme di organizzazione sociale dello spazio.

7 Le radici storiche della pianificazione territoriale
1. Quali origini ha la pianificazione territoriale? Le radici storiche della pianificazione territoriale La pianificazione territoriale è una scienza eclettica. Varie componenti nutrono la scienza e contribuiscono alla sua crescita già nel corso del XIX secolo: Componente tecnica: la pianificazione territoriale è fondata sulla innovazione tecnica che nel XIX secolo investe le scienze e le tecniche del costruire. Componente estetica: la codifica degli stili e la crescita della cultura estetica moderna contribuisce al rinnovamento della città. Non solo begli edifici, ma anche un nuovo senso del bello nella composizione della città. Componente sociale: la pianificazione territoriale agisce modificando l’organizzazione della società, nutrendosi di principi di altre scienze sociali.

8 due Qual è il ruolo del pianificatore territoriale?

9 Mediare Stato e mercato: nuovi quadri programmatici
2. Qual è il ruolo del pianificatore territoriale? Mediare Stato e mercato: nuovi quadri programmatici Leggere le tendenze di trasformazione e definire quadri programmatici nel superamento della risoluzione dei conflitti tra Stato e mercato: una delle ottiche su cui si basa il Progetto ‘80. Nel piano sono definiti: MS (modello storico) MA (modello attuale) MT (modello tendenziale) MP (modello programmatico)

10 Il ruolo e gli impegni della pianificazione territoriale
2. Qual è il ruolo del pianificatore territoriale? Il ruolo e gli impegni della pianificazione territoriale La pianificazione territoriale è la terza via tra Stato e mercato. La pianificazione territoriale ricompone la conflittualità tra lo statalismo accentratore (modello delle economie pianificate) e la rigidezza delle regole del mercato. La pianificazione altera il corso tendenziale degli eventi proponendosi di agire con tempestività e legittimità lavorando nell’interesse pubblico e proponendo un corso programmatico degli eventi.

11 tre Il pianificatore ha un’etica deontologica?

12 Ricondurre il processo di piano a principi di “etica”
3. Il pianificatore ha un’etica deontologica? Ricondurre il processo di piano a principi di “etica” La disciplina urbanistica delle varianti generali al PRG di Napoli (1995): la crescita della città viene ricondotta attraverso azioni di riconfigurazione delle azioni di trasformazione e tutela ad una condizione di attenzione etica alla comunità e al territorio. Il lavoro è tecnico-professionale, ma adopera un atteggiamento di attenzione ai temi dei valori territoriali

13 I valori della pianificazione territoriale
3. Il pianificatore ha un’etica deontologica? I valori della pianificazione territoriale La pianificazione territoriale impone condizioni di “fedeltà” al committente, ma anche al territorio e alle comunità. L’interesse collettivo che guida l’azione del pianificatore è la chiave della deontologia professionale e dell’etica del pianificatore. Il pianificatore si propone come soggetto terzo tra committente e comunità: trova le soluzioni, ma soprattutto individua meglio i problemi, trovandone di nuovi. Il pianificatore, quindi, può essere: tecnico ed esperto per il committente, intellettuale, professionista riflessivo pronto a tradire il committente.

14 quattro La pianificazione modifica obiettivi politici già fissati?

15 Nuovi obiettivi per lo sviluppo urbano
4. La pianificazione modifica obiettivi politici già fissati? Nuovi obiettivi per lo sviluppo urbano Urban Palermo: come nel carattere del programma, gli interventi modificano e dettagliano obiettivi generali prefissati nel PPE. Il programma definisce interventi in cui i soggetti coinvolti sono sia pubblici che privati. Il piano proposto, inoltre, non ha carattere regolativo, ma costruisce una serie di proposte, buone pratiche e procedure utili alla ridefinizione dell’approccio al piano.

16 L’efficacia della pianificazione territoriale
4. La pianificazione modifica obiettivi politici già fissati? L’efficacia della pianificazione territoriale Per essere efficace la pianificazione territoriale deve essere articolata il più possibile in ruoli nuovi: il pianificatore deve superare la tradizionale separazione tra pubblico e privato verso un rapporto basato su: collaborazione tra i soggetti istituzionali e gli attori, sussidiarietà dell’attribuzione dei poteri tra i soggetti. Il pianificatore deve essere promotore di uno sviluppo non solo regolativo, ma anche propositivo, verso la costruzione di nuovi obiettivi che modificano quelli già fissati.

17 cinque La pianificazione attende di completare la conoscenza?

18 Nuovi strumenti per la conoscenza incrementale e interattiva
5. La pianificazione attende di completare la conoscenza? Nuovi strumenti per la conoscenza incrementale e interattiva Il sistema informativo territoriale del Piano di Coordinamento Provinciale di Bologna: la conoscenza si struttura in modo utile al suo aggiornamento e alla sua finalizzazione all’interno della norma di piano. Il SIT è on-line e consente la diffusione delle informazioni sui valori territoriali.

19 Lo stile della pianificazione territoriale
5. La pianificazione attende di completare la conoscenza? Lo stile della pianificazione territoriale La pianificazione è un processo incrementale ed adattivo, poiché: non si può attendere di completare la conoscenza per agire (comprensivo vs incrementale). non si può costruire l’interesse pubblico se si dà voce solo ai soggetti più forti, eliminando le richieste deboli (impositivo vs partecipativo).

20 s e i Esiste un unico interesse pubblico da perseguire?

21 La composizione degli interessi: i programmi complessi
6. Esiste un unico interesse pubblico da perseguire? La composizione degli interessi: i programmi complessi Il programma di riqualificazione della Darsena a Ravenna: i programmi complessi innovano le procedure di composizione dell’interesse pubblico. La localizzazione di servizi, attrezzature, residenze pubbliche e private interessa contribuisce alla composizione di vari interessi pubblici e privati.

22 La questione del pubblico interesse
6. Esiste un unico interesse pubblico da perseguire? La questione del pubblico interesse La questione dell’interesse pubblico si articola su tre posizioni principali: Il pubblico interesse esiste e si individua attraverso l’approccio incrementale del pianificatore; Il pubblico interesse non è unico e quello più evidente è solo l’interesse di pochi potenti; Esiste una molteplicità di interessi pubblici, derivanti dall’eterogeneità del concetto di “pubblico”, che esprime molteplici voci ed interessi. Esiste, quindi, un set minimo insindacabile di elementi che consente al pianificatore di “credere” nel pubblico interesse: eguaglianza delle opportunità, spazi pubblici, senso della comunità, responsabilità sociale.

23 s e t t e Quale conoscenza per il piano?

24 La conoscenza nel piano
7. Quale conoscenza per il piano? La conoscenza nel piano Il Quadro Conoscitivo Strutturale del Piano Provinciale di Palermo: la conoscenza viene strutturata in modo da consentire la formulazione di valutazioni strutturali e di quadri propositivi fondati sulle identità locali.

25 La questione della conoscenza
7. Quale conoscenza per il piano? La questione della conoscenza La conoscenza per il piano è”apprezzativa”: conosce lo stato attuale del territorio e individua le tendenze della trasformazione in atto adoperando: conoscenze scientificamente formulate e quantitativamente definite; conoscenze non scientifiche e qualitativamente rilevanti.

26 otto Come organizzare le azioni per il piano?

27 8. Come organizzare le azioni per il piano?
Non solo un piano di assetto idrogeologico: il piano della Tennessee Valley Authority Il piano della Tennessee Valley Authority: il piano per l’assetto della valle del fiume Tennessee del 1933 estende il quadro delle azioni per cui è stato inizialmente definito (acque ed energia elettrica) e si propone come grande strumento per la gestione di un vasto territorio e delle sue risorse naturali.

28 La questione dell’azione
8. Come organizzare le azioni per il piano? La questione dell’azione La strutturazione dell’azione si fonda sulla strutturazione ed organizzazione della conoscenza in ragione dei soggetti che agiranno nel campo della trasformazione. Il pianificatore costruisce le azioni tradendo la committenza “ufficiale” e producendo un allargamento degli attori e delle azioni. La conoscenza si struttura in azione perché nella conoscenza strutturata si possono leggere “committenti ombra”, soggetti inizialmente non individuati: la città e il territorio come soggetti inascoltati.

29 nove Quali stili per il piano?

30 9. Quali stili per il piano?
La questione del contesto organizzativo: contesti sociali e partecipazione Partecipazione alla trasformazione del quartiere Adriano a Milano: il contesto viene vagliato attraverso la partecipazione dei cittadini di Crescenzago alla definizione delle politiche di riqualificazione di un contestourbano sfrangiato: l’approccio al piano da parte dei progettisti dipenderà dalle riflessioni degli abitanti.

31 La questione del contesto organizzativo
9. Quali stili per il piano? La questione del contesto organizzativo Non è possibile pensare il piano avulso dal suo conteso organizzativo. L’individuazione degli attori, la strutturazione della conoscenza e la conseguente strutturazione delle azioni di piano impongono la necessità di indagare il contesto in cui il pianificatore dovrà operare.


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