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SINDROME DEL TUNNEL CARPALE

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Presentazione sul tema: "SINDROME DEL TUNNEL CARPALE"— Transcript della presentazione:

1 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
1° CONVEGNO DELL’ASSOCIAZIONE MEDICI DEL LAVORO DELLA PROVINCIA DI PRATO TECNOPATIE EMERGENTI: LE PATOLOGIE DELL’ARTO SUPERIORE SINDROME DEL TUNNEL CARPALE 1° CONVEGNO DELL’ASSOCIAZIONE MEDICI DEL LAVORO DELLA PROVINCIA DI PRATO Palazzo Novellucci ottobre 2007

2 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE Frequenza è la sindrome canalicolare più frequente, in circa l’80% dei casi è bilaterale, con gravità diversa, donna-uomo 4 a 1, categoria più colpita donne anni (almeno il 50 % presenta qualche problema), donna spesso in relazioni a variazioni ormonali (gravidanza, inizio menopausa), uomo spesso in relazione al lavoro.

3 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Anatomia Il tunnel carpale è costituito dalle ossa del carpo disposte a doccia che vengono bloccate dal legamento trasverso (come la corda di un arco), l’area del canale, in sezione a semilunetta, si modifica con i movimenti di flesso-estensione del polso, riducendosi all’estrema angolazione; in condizioni normali non vi è mai compressione, essendo il nervo mediano protetto da un cuscinetto liquido,vi passano 10 tendini flessori ed il nervo mediano.

4 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE Anatomia
Strutture superficiali della regione anteriore del carpo (mano destra) visione palmare dopo l’asportazione della cute e della fascia antibrachiale – è ben riconoscibile il legamento trasverso del carpo (o retinacolo dei mm. flessori)

5 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE Anatomia
Tunnel carpale della mano destra, visione palmare. Il legamento trasverso del carpo è raffigurato in trasparenza, la loggia di Guyon è esposta con arteria e nervo ulnare. Si noti il decorso superficiale del nervo mediano nel tunnel carpale. Durante l’intervento chirurgico al legamento trasverso del carpo il chirurgo deve saper riconoscere il decorso variabile perchè potrebbe recidere il ramo per i muscoli dell’eminenza tenar.

6 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE Anatomia
Sezione trasversale della mano destra all’altezza delle ossa del carpo Il tunnel carpale forma un canale osteofibroso, nel quale oltre ai tendini dei muscoli flessori decorre anche il nervo mediano. Il suo limite dorsale è costituito dal solco carpale formato dalle ossa del carpo, quello palmare dal retinacolo dei mm. flessori o legamento trasverso del carpo. L’arteria ulnare ed il nervo ulnare decorrono invece in posizione palmare rispetto al retinacolo, attravesando la loggia di Guyon.

7 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE Anatomia
Dettaglio delle guaine tendinee nel tunnel carpale

8 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Fattori di rischio 1 - alterazione spaziale – la compressione cronica altera la struttura della mielina, con il corollario di una serie di disturbi nella conduzione ed eccitabilità del nervo: sintomi catalogabili come irritativi (dolore e parestesie). All’EMG si rileva un rallentamento della conduzione delle fibre - sofferenza mielinica. Con il perdurare e/o l’aggravarsi della compressione compaiono sintomi lesionali (ipoestesia delle prime 3 dita e della metà laterale del 4° ed ipostenia dei muscoli intrinseci della mano). All’EMG si rilevano segni di denervazione (appiattimento dei potenziali d’azione), fino alla morte delle fibre del nervo (allorchè il potenziale d’azione non è più visibile) – sofferenza assonale. L’alterazione spaziale che determina compressione è dovuta a deformazioni ossee o articolari (alterazione del contenente) o ad aumento delle guaine o genericamente delle masse presenti entro il canale (alterazione del contenuto). Anche la trazione ripetuta gioca un ruolo anche se meno quantificabile; la trazione si verifica quando lo spazio cuscinetto tra tendini e nervo viene a scomparire e vi è adesione tra le strutture.

9 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
2. alterazione resistenza (cioè alterata resistenza del nervo alla pressione) alterazioni generalizzate della mielina: primitive (polinevriti) o secondarie (diabete o etilismo); alterazioni localizzate: la fibra al passaggio a valle di un punto a rischio si presenta già con una certa sofferenza (anche se subliminare) quando incontra un secondo punto a rischio affronta questo senza una difesa adeguata ed esprimerà così la sofferenza clinica (doppio intrappolamento); il disturbo in genere viene riferito al singolo locus di intrappolamento più distale. 3. Tempo vi è estrema variabilità di tempo (da pochi mesi a molti anni) per raggiungere la fase di lesione in ragione inversa rispetto all’entità della compressione ed alla resistenza delle fibre.

10 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Eziopatogenesi - 1 Se vi aumento del contenuto (imbibizione idrica dei tendini, tenovaginite) o deformazione del contenete (processo flogistico a carico delle articolazioni carpali, ecc.) si ha compressione del nervo mediano. A) Nel gruppo più numeroso degli operati, in genere donne, la sofferenza del nervo viene attribuita ad un aumento del volume del contenuto. L’aumento di spessore delle guaine tendinee dei flessori per imbibizione idrica ricorre abitualmente in determinare situazioni ormonali come la gravidanza ed il periodo della menopausa. Ancora più spesso per simile patologia del tendine legata a una forma minore di immunopatia che determina abnorme risposta connettivale del tendine (tenovaginite). In questi casi, spesso, l’esame ispettivo del polso può rivelare una tipica salienza sottocutanea del polso data dall’idrope dei flessori prima del loro ingresso sotto il legamento trasverso. Pazienti di questo tipo hanno spesso manifestazioni anche in altri distretti sempre di interessamento connettivale.

11 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Eziopatogenesi - 2 B) Il secondo gruppo più a rischio è costituito da coloro, in genere uomini, che fanno un lavoro pesante, con microtraumi ripetuti in cui il conflitto con il nervo viene creato dall’aumento di spessore del legamento trasverso (aumento del volume del contenete). La causa professionale più frequente è l’utilizzo di strumenti vibranti. C) Poi vengono tutte le altre cause di minore importanza statistica in cui rientrano anche i traumi (pregresse fratture che modificano il contenete) le cisti sinoviali (modificazione del contenuto) od infine varianti anatomiche. D) Patologie particolari Forme ereditarie di meiopragia della mielina. Malattie da accumulo (praticamente tutti i dializzati dopo 5-10 anni presentano s. del tunnel carpale; non è ancora certo per accumulo di materiale tossico, amiloidosi, o per sottrazione di materiali trofici per il nervo). Forme patologiche di tipo infiammatorio-autoimmmune Malattie endocrine (l’acromegalia determina una modificazione sia del contenete che del contenuto, l’ipotiroidismo determina una neuropatia che rende il nervo più sensibile alla pressione). Processi espansivi E) Fattori dinamici (trazione), compressione radicolare a livello superiore (in particolare a livello del forame intervertebrale C5-C6)

12 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Sintomi La compressione si manifesta inizialmente con sintomi irritativi (dolore e parestesie); la sua persistenza conduce a lesioni nervose inizialmente delle guaine mieliniche e successivamente degli assoni. L’esordio del sintomo dolore (quadro irritativo) non è sempre graduale ma può essere anche subitaneo; è sempre legato alla manifestazione soggettiva del dolore. E’ sempre sganciato dal quadro lesionale (obiettivo e strumentale) che invece segue sempre un andamento progressivo.

13 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Dolore presenta una componente neurogena (insorgente dal nevrasse) che ha il tratto parossistico (“come una scossa”) e localizzato dal paziente in un territorio sovrapponibile, anche se più vasto, a quello sensitivo del nervo (dolore distale: palmo della mano e dita) e una componente miofasciale (insorgente dalla muscolatura dell’arto) che ha il tratto sub-continuo (“sento tirare”) in un territorio a confini indistinti dell’arto superiore che spesso non coincide con con l’area sensitiva del nervo (dolore prossimale: spalla o gomito). Infine il dolore presenta anche una componente neurovegetativa con alterazioni fisiche, del colore, della temperatura e della succulenza dei tessuti; il dolore infine può risultare quanto mai vario in quanto espressione anche della personalità, a questo controllo mal definibile si richiama l’aspetto neurovegetativo. Esiste dissociazione tra l’entità del danno e il dolore (questo spiegherebbe anche gli esordi improvvisi). Nella storia tipica si vede come i sintomi per lungo tempo si manifestano solo di notte come parestesie più o meno dolorose. L’evenienza notturna ha a che fare sia con l’aumento di pressione venosa per via dell’immobilità e del ristagno venoso che ne deriva che con l’aumento fisiologico progressivo del tono muscolare flessorio (tono posturale dominante) che comporta l’assunzione a tratti di una posizione di accentuata flessione del polso. Queste hanno inoltre una prevalenza stagionale, in quanto più frequenti nei mesi freddi.

14 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Sonno disturbato è un effetto collaterale dovuto alla precoce insorgenza notturna dei sintomi irritativi che possono risultare più o meno dolorosi ma che comunque svegliano il paziente. Il sonno disturbato apre in genere la storia clinica. I pazienti sono abitualmente svegliati dal dolore e tentano di attenuarlo assumendo posizioni diverse della mano: sono costretti a scuotere freneticamente le estremità per “svegliarle” o in altri casi traggono beneficio a tenere immobile la mano facendola penzolare dal letto oppure immergendola in acqua caldo o fredda.

15 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Parestesie le parestesie ed il dolore difficilmente hanno un riferimento adeguato quanto a delimitazione spaziale da parte del paziente. Spesso alla domanda risponde tutte le dita. I disturbi lesionali invece essendo controllabili all’esame obiettivo danno una precisa definizione del danno: per il mediano l’ipoestesia si colloca nelle 3 dita centrali della mano, limitandosi all’inizio ad una coppia (medio ed anulare, oppure medio ed indice) e risparmiando del dita estreme (per lungo tempo il pollice e sempre il mignolo). Proseguendo nell’evoluzione tipica alle parestesie notturne si aggiungono quelle diurne, con progressiva riduzione dell’intervallo libero. Il p. nel tentativo di farle cessare è costretto a muovere incessantemente le dita in una gestualità che ricorda altre manifestazioni neuropatiche come ad esempio la sindrome delle “gambe senza riposo”. Ipoestesie solo in secondo tempo sarà apprezzabile un quadro lesionale con mancanza di sensibilità sui polpastrelli del 2° e 3° dito finchè da ultimo il disturbo di sensibilità aumenta fino all’anestesia (con conseguente scomparsa del dolore, che in questo caso non sarà espressione di miglioramento) e va ad interessare l’intero territorio del nervo.

16 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Deficit motorio vi è anche un deficit motorio sul controllo del movimento di opposizione del pollice (compensato dalla flessione dello stesso); nei casi avanzati vi è atrofia dell’eminenza tenar. La funzione della mano andrà via via alterandosi sempre più col progredire della malattia e il precipitare dello stato di salute anche delle fibre motorie che sarà evidenziato dal trofismo dell’eminenza tenar nella sua parte più radiale. Non sempre la sequenza irritativo-lesionale è seguita in quest’ordine. La sindrome per un lunghissimo tempo (anni) può fermarsi su un piano puramente irritativo e non evolvere mai su quello lesionale. Vi possono essere lunghissime fasi di remissione, sono pure frequenti le remissioni definitive. Le fasi evolutive possono essere seguite con l’EMG.

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Diagnosi Facile e certa se vengono riferite le parestesie notturne e se si apprezza una differenza di sensibilità sul polpastrello del 4° dito (confine tra mediano e ulnare). Se è interessata la parte motoria l’atrofia dei muscoli della parte esterna dell’eminenza tenar è caratteristica. La diagnosi differenziale si pone con la sindrome dell’egresso toracico su un quadro puramente irritativo per quanto riguarda le parestesie. Territori di innervazione sensitiva del nervo ulnare (in verde) e del nervo mediano (in rosa)

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Segno di Tinel: per confermare la diagnosi di sindrome del tunnel carpale si può suscitare o riprodurre il dolore nel territorio di distribuzione del nervo mediano battendo sul legamento volare del carpo.

19 SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
Segno di Phalen: comparsa di parestesie alle dita possono essere riprodotti flettendo al massimo grado il polso e mantenedolo in questa posizione per almeno un minuto.

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Inoltre quando il p. flette il polso e radializza la mano afferrando a pugno il pollice il dolore aumenta. L’EMG conferma la diagnosi.

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Indicazioni terapeutiche Premesso che frequentemente esiste discrepanza clinica tra sintomi irritativi e lesionali: A) Si ha indicazione chirurgica in presenza di Sintomi irritativi - la soglia è affidata al solo giudizio del paziente (dolore, disturbo del sonno, disfunzione manuale) – il dolore notturno è il sintomo che meglio risponde alla decompressione e per questo potrebbe costituire un’indicazione all’intervento Sintomi lesionali – il parere dello specialista risulta determinante (la sola dimostrazione di una ipoestesia sulle prime dita è di per sé un motivo sufficiente a consigliare l’intervento). Lo studio della conduzione ed in particolare le latenze distali permettono di stabilire (arbitrariamente, in quanto in letteratura non sono riportati protocolli) come valori limite oltre i quali una regressione spontanea o farmacologica non è più possibile: l’aumento di 3,4 ms per la sensitiva l’aumento di 5 ms per la motoria

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B) L’evoluzione clinica del tunnel carpale dipende nella maggior parte dei casi da accumulo di una certa quantità di fluido nelle guaine tendinee (tenovaginite) e quindi in fase iniziale è passibile di regressione spontanea. In questa fase la maggior parte degli specialisti pratica infiltrazioni di cortisone in quanto efficace sui sintomi irritativi. Esiste però il timore che queste infiltrazioni si possano rendere responsabili nel futuro di una reazione simil-infiammatoria (granuloma) sull’epinevrio (non il cortisone in sé ma nella composizione come solfato). C) La terapia alternativa, quando siamo di fronte ad una situazione irritativo-lesionale al di sotto dei limiti di soglia, è l’immobilizzazione del polso con un supporto rigido durante la notte. In molti casi questa terapia protratta per un mese è sufficiente a risolvere definitivamente i sintomi. Nei casi in cui la sintomatologia è solo irritativa e/o presumibilmente reversibile (gravidanza, processi flogistici) la terapia deve essere sempre e solo conservativa.

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Tecnica operatoria -1 L’intervento viene eseguito in anestesia plessica. Vengono praticate 2 incisioni che seguono le pliche cutanee: la prima trasversale sul polso, la seconda lungo la “linea della vita” sul palmo della mano. La cute tra le due eminenze palmari viene risparmiata perché nel suo sottocute decorre la divisione ulnare della branca palmare del mediano, la cui sezione determina denervazione dolorosa. All’origine della maggior parte degli insuccessi operatori vi è appunto la denervazione del palmo e non la mancata decompressione. La sezione del legamento trasverso viene eseguita per questo al di sotto di questo ponte cutaneo e particolare cura deve essere presa per isolare e risparmiare questa branca durante l’intervento. La branca palmare del mediano può essere recisa od inglobata nel tessuto cicatriziale. A seconda dell’intensità della eventuale lesione provocata il paziente potrà lamentare una serie di disturbi che vanno dal fastidio locale alla pressione, fino all’intollerabilità al solo sfioramento del palmo. Da un punto di vista funzionale questi disturbi irritativi sono molto più importanti di quelli lesionali (ipoestesia sul palmo) fino ad impedire l’uso della mano. A seguito di una lesione del ramo palmare vi sono molte probabilità che il suo esito “neuroma da amputazione” diventi doloroso ed assurga a dignità clinica. Il neuroma del palmare infatti per la sua posizione che corrisponde con il punto d’appoggio del palmo e per il continuo stiramento in occasione di ogni chiusura di forza del pugno viene facilmente irritato.

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Tecnica operatoria – 2 Si passa poi alla seconda incisione che, partendo dalla fine del seno tra le due eminenze, si spinge distalmente seguendo la piega della vita. Si attua una generosa apertura ed asportazione della fascia per evitare fenomeni di crescita reattiva della stessa che favorirebbero l’evoluzione verso il dito a scatto. Il ramo mediano del palmare e il fascicolo motore sono i due trabocchetti dell’intervento chirurgico: ledere altre strutture nervose o mancare di sezionare il legamento trsverso capita con meno frequenza. Se la sezione del legamento trasverso viene eseguita correttamente lo spazio risultante sarà adeguato al passaggio del dito che, inserito nella ferita prossimale, si potrà affacciare in quella distale. Con l’apertura del legamento trasverso e la tenolisi si è fatta praticamente una neurolisi esterna. Per quanto riguarda quella interna è consigliabile non toccare il nervo allorquando la sindrome lesionale sia o molto iniziale o molto avanzata; nella fase intermedia (che corrisponde ad un segno di Tinel positivo) è consigliato aprire la parte superficiale dell’epinevrio sì da vedere in trasparenza i fascicoli (epinevriotomia).

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Risultati L’immediata scomparsa delle acroparestesie notturne alla mano operata è il segno sicuro dell’effettiva decompressione del nervo. Il recupero funzionale è però condizionato, anche in assenza errori di tecnica nell’intervento, dallo stato di imbibizione dei tessuti e dal dolore suscitato dalla loro immobilizzazione. Per questo è molto importante la rieducazione del paziente, che deve essere precoce (sin dal giorno successivo: bagni della mano con movimento attivo in acqua e sale). La mobilizzazione post-operatoria precoce del polso e dita evita il crearsi di aderenze. Un altro problema è dato dalla temporanea instabilità del polso operato. La prescrizione, nei tempi e nei modi, dell’immobilizzazione nel mese successivo all’intervento deve essere personalizzata in base all’atteggiamento mentale del p. e all’ambiente in cui vive. Un’eccessiva contenzione con supporto palmare che si protragga nel tempo rappresenta una corsia preferenziale per l’evenienza di distrofia simpatica riflessa. Al contrario un eccesso nell’utilizzo precoce della mano senza protezione perpetua la destabilizzazione del polso e la conseguente disfunzione relativa.

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E’ normale che il p. si lamenti di dolore al polso per un periodo di circa un mese. In merito a questo problema è bene controllare già il giorno successivo all’intervento la funzione del ramo palmare: se non vi è disturbo della sensibilità rimane stabilito che il nervo non è stato danneggiato. Il dolore che potrà sopravvenire verrà quindi attribuito all’instabilità articolare ed a questa si potrà provvedere limitando l’attività della mano (questo controllo precoce è molto importante in quanto, successivamente in un quadro di disfunzione algica, è possibile che compaia anche un disturbo di sensibilità sul palmo). Disfunzione algica: fa parte di una situazione locale di cicatrice dolorosa al tatto, ipertrofica, rossa e calda (sono le stigmate del coinvolgimento vegetativo). Il deficit del nervo palmare sarebbe in questi casi non la causa ma una conseguenza (evoluzione della cicatrice) della disfunzione.

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Questa disfunzione che coinvolge sia la cute che i piani profondi in un’unica risposta connettivale è influenzata da un Fattore X il quale nulla ha a che vedere con la tecnica operatoria. E’ identificabile con la mancanza di rilasciamento dei muscoli paravertebrali di quel lato (la contrattura cronica attiva le afferenze simpatiche omolaterali responsabili di una di una risposta ipertrofica del connettivo, o più semplicemente di una soglia del dolore più bassa e quindi di un più lento recupero). Se si può raggiungere la certezza dell’integrità del palmare, perché controllata all’uopo nell’immediato post-operatorio, mancano i presupposti per la revisione della ferita. Al contrario se vi è fondato sospetto di lesione del nervo palmare (la sintomatologia risulterà inalterata dopo 2 mesi) allora vi è indicazione alla revisione chirurgica. Un disturbo della sensibilità sul palmo constato a distanza di tempo, accompagnato da dolore su un punto della ferita palmare, può riferirsi indifferentemente ad un neuroma da amputazione (unico sbocco terapeutico: intervento) o ad un successivo intrappolamento del nervo nel tessuto cicatriziale (si può provare con massaggi ed unguenti sulla cicatrice). Se il focolaio di dolore che sostiene l’aumento del tono simpatico e l’ipertrofia cicatriziale è temporaneo, come lo è l’instabilità del polso, i disturbi funzionali sono destinati a risolversi. Se invece vi è una sottostante lesione nervosa (del mediano o del palmare) di tipo neurotmesica il focolaio doloroso non può essere considerato temporaneo; in questo caso la causa si mantiene e la sintomatologia diventa evolutiva di pari passo con l’apparizione di segni distrofici nei tessuti. SRD distrofia simpatica riflessa: dolore immobilità fibrosi – l’intervento appare come l’elemento scatenante la SRD).

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SRD distrofia simpatica riflessa: dolore – immobilità - fibrosi Statisticamente la SRD si presenta in 2 casi su 1000. I p. con prolungato tempo di guarigione sono piuttosto comuni. La diatesi del paziente più che la tecnica operatoria vi è implicata. La grande maggioranza dei p. rimane soddisfatta dell’intervento. Un fenomeno interessante che si osserva è l’incongruenza tra il recupero pressochè perfetto della sensibilità delle dita ed il mantenimento di valori fortemente alterati all’EMG. Le recidive, piuttosto rare (meno del 10 %) sono talora dovute ad insufficiente liberazione del nervo durante l’atto chirurgico (quando sono presenti sintomi conseguenti a fibrosi perineurale o a cute cicatriziale atrofica alcuni consigliano di proteggere il nervo con muscolo, tessuto adiposo o sinovia). L’incompleta sezione del legamento trasverso è la causa più frequente di persistenza del dolore. Quando il dolore persiste si deve comunque sempre escludere un intrappolamento nervoso prossimale. I sintomi recidivano più spesso nei p. con con patologie sistemiche che favoriscono un ispessimento della guaina dei flessori. Il reintervento viene eseguito attraverso la stessa incisione. I risultati del reintervento non sono buoni come quelli dell’intervento primario.


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