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Fisica Subnucleare di Gauge
Università di Padova II anno laurea specialistica T.Dorigo / U.Gasparini, AA 2010/2011 Tommaso Dorigo Stanza 3L0, tel ,
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Struttura del corso e logistica
40 ore in 8 settimane di 5 ore ciascuna (mercoledì , giovedì , venerdì ) 20-22, ottobre; 3-5, 10-12, 17-19, novembre; 1-3, 8-10 dicembre solo una settimana di “buffer” per lezioni mancate (13-17 dicembre) 6 di queste settimane di corso le tengo io; 2 le terrà il prof. Ugo Gasparini Taglio “sperimentale” Si danno per acquisite le nozioni del corso di Riccardo Brugnera L’enfasi non è sui calcoli ma sui fenomeni fisici e la loro interpretazione Trasparenze distribuite alla fine di ogni parte (5 parti in totale) Esercizi di complemento siete consigliati a provarli prima della lezione successiva possono essere chiesti all’esame (solo orale) e numero di telefono vi sono richiesti per potervi avvertire di eventuali assenze improvvise o altre comunicazioni Mandatemeli al più presto a ! Subject: Fisica Subnucleare
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Miscellanea Il corso ha un taglio sperimentale enfasi sulla fenomenologia e le indagini sperimentali, quando possibile fate attenzione ai (pochi) valori numerici di osservabili che incontreremo è difficile farmi arrabbiare, ma un modo è venire all’esame a dire che il quark b ha una massa di 30 GeV (è successo a due vostri colleghi in passato) Nel corso cercherò di inserire alcune nozioni di base di statistica e discussione delle problematiche sperimentali nella stima delle grandezze misurate non compaiono esplicitamente nel programma, ma sono comunque richieste Le parti I, II, III sono abbastanza “standard” – non ascolterete nulla che non possiate rileggere in forma equivalente nei testi consigliati; le parti IV e V contengono materiale che non trovate facilmente altrove Durante la lezione siete fortemente invitati a interrompere per chiedere maggiori spiegazioni o quant’altro chi fa una domanda dimostra ignoranza solo momentaneamente; chi non la fa rimane ignorante per sempre. Non sono un’enciclopedia! Potrò in casi particolari rimandare la risposta alla lezione seguente. se vado troppo veloce o troppo lento DITELO! Per le lezioni di 2 ore, preferisco farle tutte di fila senza intervallo. Infine una precisazione...
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Mi presento Ricercatore INFN, partecipo all’esperimento CMS al Large Hadron Collider del CERN dal 2001, e all’esperimento CDF al Tevatron di Fermilab (Chicago) dal 1996. Mi occupo di ricerche di fisica di alto PT: quark top, bosone di Higgs, nuova fisica Sono anche membro di: CMS Statistics Committee Board CDF Publication Review Group Tengo da 5 anni un blog dove cerco di spiegare la fisica delle particelle in maniera semplice
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Sommario 1) Dal modello a partoni alla QCD
Diffusione, deep inelastic scattering, funzioni di struttura, Bjorken scaling, Lagrangiana di QCD, il colore, violazioni di scaling, rinormalizzazione e running di as 2) Dalle interazioni deboli al modello GSW La teoria V-A, Fermi e GT transitions; determinazioni della costante di Fermi; correnti cariche e neutre 3) Il Modello GSW e i suoi tests sperimentali sin2qw dal neutrino scattering, correzioni radiative, fisica della Z, interferenza e asimmetrie a LEP, misure a LEP II 4) La rottura della simmetria e il bosone di Higgs modello di Goldstone, meccanismo di Higgs, Lagrangiana del Modello Standard, fenomenologia dell'Higgs, ricerche sperimentali, stato e prospettive 5) Fisica ai colliders adronici fisica ai colliders adronici (Tevatron e LHC), evidenze indirette del top, ricerca e proprieta' del top quark e bosoni vettori, ricerche di nuova fisica, supersimmetria, limiti sperimentali e prospettive
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Testi consigliati F. Halzen, A.D. Martin, “Quarks & Leptons: An Introductory Course in Modern Particle Physics”, Wiley 1984 W.E. Burcham, M. Jobes, “Nuclear and Particle Physics”, Longman 1995 R.K. Ellis, W.J. Stirling, B.R. Webber “QCD and Collider Physics”, Cambridge U.P. 1996 Cap. 8, 10, 11 Appunti dalle lezioni (specie per le parti 4 e 5): disponibili alla fine di ogni parte Altri testi utili (livello più avanzato): L.B. Okun, “Leptoni e Quarks”, Ed. Riuniti 1986 Cap.19,20 F. Mandl, G. Shaw, “Quantum Field Theory”, Wiley 1984 Cap. 11,12,13 J.F. Donoghue, E. Golowich, B.R. Holstein, “Dynamics of the Standard Model”, Cambridge U.P. 1992 Cap.15
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PARTE PRIMA Deep Inelastic Scattering e QCD
Brevi richiami di QED, l’eq. di Dirac, quadricorrente, matrice di transizione Diffusione elastica, scattering elettrone-muone, variabili di Mandelstam Scattering elettrone-protone e fattori di forma Scattering inelastico; Bjorken scaling; relazione di Callan-Gross Struttura a quark dei nucleoni La QCD e il colore. Violazioni dello scaling Running di as e rinormalizzazione
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Invarianza di gauge U(1) e QED
La costruzione della Lagrangiana del Modello Standard verrà vista nella parte IV del corso; tuttavia partiamo proprio con un accenno alla sua proprietà più fondamentale in quanto è alla base dell’interazione elettrone-fotone che ci serve a descrivere lo scattering Alla base di tutto c’è la richiesta FISICA che i campi spinoriali che descrivono i fermioni, che dobbiamo rappresentare con funzioni complesse, descrivano la stessa fisica indipendentemente da una fase arbitraria: La Lagrangiana di QED per un elettrone libero (da cui ) ci assicura che ciò valga. La famiglia di trasformazioni di fase U(a) = eia forma un gruppo unitario Abeliano U(1). La simmetria sottostante delle funzioni d’onda fisicamente implica la presenza di una quantità non misurabile. Possiamo quindi “fissarla”: una volta deciso il valore di a, esso vale in tutto lo spazio. GLOBAL GAUGE INVARIANCE. Va notato che sarebbe ancora meglio per la teoria se a potesse variare da punto a punto senza cambiare la fisica: a=a(x). (1.1) (1.2)
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ove A trasforma secondo
Se vogliamo invarianza di gauge locale, ci serve che L rimanga la stessa per Questo non funziona, perché la derivata di a(x) compare nella trasformazione. Possiamo imporre la “non fisicità” della fase arbitraria indipendentemente in tutto lo spazio solo se modifichiamo il modo in cui deriviamo il campo, introducendo la derivata covariante ove A trasforma secondo La proprietà del campo A garantisce che L è ora invariante di gauge locale (esempio 1) Abbiamo avuto bisogno di A per “compensare” le differenze di fase da punto a punto. Dato che possiamo pensare di dover compensare la fase a distanze arbitrarie, il campo A ha range infinito! Inoltre esso non può avere un termine di massa nella Lagrangiana, per non rompere di nuovo la invarianza di gauge locale. Discuteremo in dettaglio queste proprietà e le implicazioni fra alcune settimane. L’invarianza di gauge locale implica che i nostri fermioni interagiscano, con intensità proporzionale al quadrato della carica elettrica. La Quantum Electrodynamics si basa dunque su una invarianza di gauge U(1) locale. (1.3) (1.4) (1.5)
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gm matrici di Dirac: [ sk matrici di Pauli: ]
La QED è quindi il “prototipo” di teoria quantistica di campo di gauge, basata sul gruppo abeliano U(1). La QED descrive l’interazione elettromagnetica tra particelle cariche ‘point-like’ di spin ½ ( e.g. elettroni, muoni, quarks, la cui equazione del moto “libera” è data dall’ eq. di Dirac) mediata dal fotone, il quanto del campo elettromagnetico A. L’equazione del moto di un elettrone (carica elettrica -e ) in presenza di un campo e.m. è (1.6) dove Am = ( F, A) è il quadri-potenziale del campo e.m. : gm matrici di Dirac: (1.7) [ sk matrici di Pauli: ]
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Generalità sullo scattering
Lo scattering di elettroni da una regione di carica elettrica è un metodo di indagine della sua struttura interna si può rivelare sia l’angolo di scattering che l’energia finale dell’elettrone esprimibili in funzione del quadrimomento trasferito, q si esprime la sezione d’urto di scattering s, differenziale nell’angolo solido dW, in relazione alla sezione d’urto per lo scattering da una sorgente puntiforme di carica Il rapporto fra le due fornisce informazioni sulla distribuzione incognita di carica, espresse in funzione del quadrimomento trasferito q funzione di struttura Vedremo in maniera formale come si calcolano le funzioni di struttura per gli adroni, e scopriremo che lo scattering ad alta energia (“deep inelastic”) ci permette di descrivere gli adroni in termini dei loro costituenti La descrizione estesa del calcolo è utile in quanto il DIS è a tutt’oggi utilizzato in esperimenti di alta energia (PDF, fisica dei neutrini, fisica elettrodebole di precisione...)
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Concetti di base per lo scattering di elettroni
Siamo interessati al processo di diffusione tra due fermioni carichi puntiformi, ad esempio: e-e- e-e-, e-m- e-m-, e-q e-q. Per illustrare la tecnologia di indagine, calcoleremo lo scattering elettrone-muone, che ne è l’archetipo anche se non si misura direttamente! Nella teoria perturbativa dello scattering da un potenziale, l’ampiezza di transizione tra uno stato iniziale (spinore i con 4-impulso (Ei,pi) ) ad uno stato finale (spinore f con 4-impulso (Ef,pf) ) è data da: (1.9) dove V(x) è il potenziale che perturba l’Hamiltoniana di particella libera Ho : H = H0 + V e si è introdotto lo spinore coniugato (la quantità è definita positiva e ha il significato di una densità di probabilità)
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i(x) f (x) e- e- Am(x) In QED, per la quale l’eq. del moto è:
(1.6) il potenziale è: ossia: i(x) f (x) (1.10) e- e- Am(x) dove si è introdotta la “corrente elettromagnetica”: (1.11)
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i(x) f (x) k e- e- k’ Am(x) muon(x) p’ p
Che abbia il significato fisico di densità di 4-corrente jm = (r,j) deriva dal fatto che vale l’eq. di continuità , come si può verificare dall’eq. di Dirac e dalla sua equazione aggiunta per lo spinore coniugato (esempio 2) Nello scattering elettrone-muone, possiamo considerare il campo Am come il 4-potenziale del campo e.m. associato alla presenza del muone: la sorgente del campo è la corrente e.m. del muone: i(x) f (x) k e- e- k’ 4-impulso iniziale dell’elettrone Am(x) muon(x) Vediamo come si esprime il propagatore del campo A. p’ p 4-impulso iniziale del muone 4-impulso finale
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ossia: La relazione tra il campo e la sua sorgente jmmuon è data
dall’ eq. di Maxwell, espressa nella gauge di Lorentz (1.12) (c = 1) Al primo ordine della teoria perturbativa, possiamo prendere per jmmuon la soluzione del campo ymuon che viene dalla eq. libera di Dirac: ossia: = q (4-momento trasferito nel processo) Nota: la conservazione del 4-impulso, k+ p = k’+p’ implica che vale q = p’-p = k-k’
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Da tale soluzione libera, si vede che
e confrontando con (1.12) si trova Questa esprime il campo elettromagnetico in termini della sua sorgente, la densità di quadricorrente del muone. L’ampiezza di transizione, al primo ordine perturbativo, è allora:
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Esprimendo anche la corrente dell’elettrone
in termini di soluzione dell’equazione di particella libera di Dirac: si ha: dove si è definito l’ elemento di matrice di transizione: (1.13)
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Il calcolo dell’elemento di matrice nel caso di proiettili senza polarizzazione netta comporta prendere il modulo quadro, mediato sugli spin iniziali, e sommata sugli spin finali (se questi non vengono osservati): I tensori della corrente di elettrone e muone sono Per la corrente dell’elettrone, che si riduce usando le proprietà delle matrici gamma, dobbiamo allora calcolare per la quale ci servono le relazioni di completezza degli spinori. Con brevi calcoli (esempio 3) si trova
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Quindi ci serve calcolare la traccia del prodotto di quattro matrici
Quindi ci serve calcolare la traccia del prodotto di quattro matrici. Poiché la traccia di elementi con un numero dispari di matrici gamma è nulla, rimangono solo due termini: e con i teoremi di traccia si trova (esempio 4): Lo stesso calcolo, per il tensore della corrente muonica, fornisce la analoga espressione Inserendo nell’elemento di matrice, e trascurando i termini proporzionali alla massa dell’elettrone, si ottiene (esempio 5):
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Per procedere dobbiamo scegliere un sistema di riferimento
Per procedere dobbiamo scegliere un sistema di riferimento. Risulta comodo quello “del laboratorio” (difficile con muoni!), in cui il “bersaglio” è a riposo. Con alcuni calcoli (esempio 6) si trova l’espressione: Raccogliendo un furbo fattore 2M2EE’ e tenendo conto che q2 = -2k*k’ ~ -2EE’(1-cosq) = -4 EE’ sin2q/2, e che l’energia del fotone è n = E-E’ = -q2/2M, si ottiene infine (esempio 7) k’ = (E’,k’) k = (E,k) q q=(n,q) p = (M,0) p’ = (E’,p’)
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Abbiamo ottenuto l’elemento di matrice dell’interazione e. m
Abbiamo ottenuto l’elemento di matrice dell’interazione e.m. fra un elettrone e un muone (o un altro fermione puntiforme di massa M), mediato sugli stati di spin Da questa espressione si ricava la sezione d’urto per lo scattering, che è la quantità osservabile sperimentalmente, espressa in funzione dell’unica grandezza indipendente, l’angolo di scattering q. Bisogna far attenzione alla normalizzazione delle funzioni d’onda, e esprimere il tutto in forma covariante per trasformazioni di Lorentz Vediamo allora come sono normalizzate le funzioni d’onda nei casi non relativistico (Schroedinger) e relativistico (Klein-Gordon).
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Schroedinger: l’eq. di continuità per un flusso di particelle si scrive , e con si trova che che segue da che segue (esercizio 1.6) da Klein-Gordon: sommando l’equazione moltiplicata per –if* alla coniugata moltiplicata per -if, la stessa eq. di continuità, e la stessa equazione di particella libera di energia E e impulso p, portano alle espressioni Che r sia proporzionale a E dipende dalla contrazione relativistica del volume d3x d3x (1-v2)0.5 che obbliga la densità di probabilità a bilanciare la diminuzione
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Dunque possiamo normalizzarci a 2E particelle in un volume V, e questo manterrà la covarianza. Da r=2EN2 si trova quindi Riprendiamo allora l’ampiezza di transizione espressa in funzione dell’elemento di matrice: e normalizzando come deciso, e prendendo la frequenza di transizione per unità di volume tenendo conto di Si ottiene
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La sezione d’urto s si calcola dalla frequenza di transizione per unità di volume Wfi moltiplicandola per il numero di stati finali disponibili e dividendo per il flusso iniziale di particelle. s ha il significato di “area efficace” ove l’interazione ha luogo. Il numero di stati finali disponibili (C,D) per elemento di impulso d3p è Vd3p/(2p)3 , ma noi abbiamo 2E particelle per unità di volume quindi gli stati finali per ciascuna particella sono Vd3p/[2E(2p)3] Per il flusso incidente si prende il numero di particelle incidenti (A) per unità di area e tempo, |vA|2EA/V , e lo si moltiplica per il numero di bersagli per unità di volume, 2EB/V Si trova quindi l’espressione infinitesima della sezione d’urto: Il volume arbitrario con cui abbiamo fatto i conti sparisce, come deve.
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Facendo i conti nel sistema del laboratorio si trova, con semplici calcoli (esempio 8):
Finalmente possiamo inserire l’elemento di matrice calcolato in precedenza. Tenendo conto di alcune proprietà della delta di Dirac, in particolare che e che si trova l’espressione
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Possiamo anche integrare in dE’ e usare ancora le proprietà della delta di Dirac, esprimendo:
ove si è espresso con A il fattore di rinculo per ottenere la formula di Mott: La formula di Mott esprime nel laboratorio la sezione d’urto di scattering di elettroni da fermioni puntiformi massivi. Si può verificare (vedi H.M. es.6.8) che l’aver assunto spin ½ per il bersaglio porta al fattore sin2(q/2) (scattering dal momento magnetico del bersaglio)
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detto “fattore di rinculo” (esempio 9)
E’ importante sottolineare che per un fissato valore dell’ energia incidente E, la sezione d’ urto è solo funzione dell’angolo di scattering q, essendo detto “fattore di rinculo” (esempio 9) Infine, è utile esprimere la sezione d’urto elementare di Mott in forma Lorentz-invariante, utilizzando le variabili di Mandelstam: k k’ Dalla forma Lorentz-invariante (1.15) dell’ ampiezza di transizione (trascurando la massa del muone): p p’ k’ k q e quark p
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La possibilità di “crossing” dell’elemento di matrice usando le variabili di Mandelstam è conveniente, e permette di ottenere subito dall’espressione precedente (non verificabile sperimentalmente!) l’elemento di matrice per la produzione di coppie di muoni da scattering e+e- Lo scambio necessario è k’-p, cioè st: Otteniamo così la previsione della sezione d’urto: che integrata in dq e df dà
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La costante di struttura fine
La costante fondamentale dell’interazione e.m.: detta “costante di struttura fine” si misura con grande precisione osservando la struttura fine dei livelli energetici atomici. E’ espressa in unità naturali nel sistema di unità di misura “razionalizzato” di Heaviside-Lorentz, nel quale la 1a equazione di Maxwell per il campo E (la legge di Gauss) è espressa nella forma (ossia e0=1 ; nel S.I. invece ), o equivalentemente la legge di Coulomb che definisce il valore della carica elettrica è: La costante a è adimensionale: essa entra in (1.16) [eq. espressa in unità naturali ] come rapporto tra una sezione d’ urto (dimensione: [s] = m2) e l’inverso del quadrato di un’energia ([1/s] = J-2 ); queste quantità sono tra loro omogenee, essendo [h] = Js e [c] = m s-1. Nel S.I., l’espressione di a è
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Infatti: (dalla legge di Coulomb)
e quindi la combinazione è adimensionale. Numericamente:
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Lo scattering elastico elettrone-nucleone
Il processo di scattering elettromagnetico epep non è un processo point-like (come eq eq o em em) La sezione d’urto di Mott, che nel sistema del laboratorio è data dalla (1.16): va modificata. La corrente adronica diventa e- e- k k’ protone p p’ (1.17) con ed M è ora la massa del nucleone.
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Va notato che la corrente vettoriale dell’elettrone si scrive normalmente
ma questo equivale, per la decomposizione di Gordon della corrente (vedi HM esercizio 6.2), a da cui si vede che la scrittura concisa dell’accoppiamento contiene già una parte che descrive lo scattering elettrico (come per una particella senza spin) e una che descrive l’interazione magnetica. Quest’ultima contribuisce solo quando k-k’ è grande, ovvero quando l’interazione è ad alto q2. La parte che permette lo scattering dal momento magnetico del bersaglio, contenuta nella quadricorrente dell’elettrone, è quella dovuta allo spin dell’elettrone. Quando scriviamo la corrente del sistema adronico, al termine corrispondente si va a sommare la parte “anomala” dovuta al momento magnetico anomalo dell’adrone. (1.18)
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Si dimostra (esempio 10) che il termine entro parentesi nella corrente (1.17)
è il più generale 4-vettore che può essere costruito dalle matrici di Dirac e dai 4-momenti in gioco p, p’ e q = k-k’ = p’-p, tenendo conto che la 4-corrente jmhadr deve essere conservata: , ossia qmjm = 0. Le funzioni F1(q2), F2(q2) descrivono la struttura dell’adrone, e non siamo in grado di scriverle: esse devono essere determinate sperimentalmente, come verrà discusso in seguito. Si noti anche che il fattore k che moltiplica F2(q2) è il momento magnetico anomalo del nucleone: misura la parte aggiuntiva del momento magnetico del nucleone rispetto a quello di una particella point-like di spin ½ come l’elettrone. Notiamo anche che per q20 il fotone virtuale ha lunghezza d’onda grande e il protone gli appare come una particella di carica +e e momento magnetico (1+k)e/2m . Deve anche aversi F1(0)=F2(0)=1.
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una corrente e il 4-potenziale:
In effetti si dimostra che nel limite non relativistico, l’interazione (1.10) tra una corrente e il 4-potenziale: (1.10) si decompone in una parte elettrica e una magnetica. Ciò discende dalla decomposizione di Gordon della corrente (1.18) e dal fatto che il 2o termine in (1.18) inserito in (1.10) dà, nel limite non relativistico: dove y(2) è uno spinore bidimensionale, sono le matrici di Pauli; il termine a destra dà l’interazione mB di una particella di momento magnetico m=e/2M col campo magnetico B [per maggiori dettagli, vedi Halzen-Martin, cap.6.2]
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Riscriviamo la forma più generale della corrente adronica:
Se si inserisce jmhadr nell’ elemento di matrice (1.13): (ricordiamo che: ) la sezione d’urto che si ottiene è data dalla “formula di Rosenbluth”: (1.19) Per piccoli q2, non riusciamo a vedere struttura nel protone: ci appare come una carica puntiforme +e con momento magnetico 2.79e/2M.
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E’ utile introdurre le combinazioni lineari:
(1.20) che sono, come vedremo, interpretabili come ‘fattori di forma’ magnetico ed elettrico del nucleone. Non sono interpretabili direttamente come trasformate di Fourier delle distribuzioni di carica e momento magnetico, perché il bersaglio non è più statico; tuttavia ne sono vicini parenti. L’introduzione di GE e GM ci permette di “disaccoppiare” F1 e F2 nella formula di Rosenbluth: spariscono i termini di interferenza F1F2. La formula di Rosenbluth può essere riscritta come segue (per casa) : (1.19’)
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Negli esperimenti di scattering elastico su targhetta fissa, il
momento trasferito è determinato dalla misura dell’ energia E’ dell’elettrone diffuso e dall’ angolo di diffusione: E’ e- q E M Nel “diagramma di Rosenbluth” costruito selezionando dati a q2 fissato: [Perkins, fig.6.4] la pendenza misura direttamente il fattore di forma magnetico GM(q2) al valore scelto di q2; dall’ intercetta A(q2) si determina GE(q2).
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e quindi determinare i fattori di forma anche del neutrone, nonostante
Esperimenti allo Stanford Linear Accelerator (SLAC) sono stati fatti su targhette di idrogeno (=> protoni) e su deuterio (=>neutroni+protoni)). Per sottrazione, da questi ultimi è possibile ottenere la sezione d’urto su neutroni: e quindi determinare i fattori di forma anche del neutrone, nonostante alcuni problemi con la struttura nucleare del deuterio. GE,Mp,n(q2) sono stati misurati in un esteso intervallo di momenti trasferiti [vedi, e.g., Phys.Rev.139B(458),1965] [Burkham-Jobes, Fig.12.8] GMp GEp GMn/(1.91) GEn 1.0 2.0 2.79
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Tutti i dati sono descritti da un unico andamento di dipolo:
(1.21) dove il fit ai dati sperimentali dà: m2 = 0.71 GeV2 e le quantità: misurano i momenti magnetici del protone e del neutrone: (1.22) è il ‘magnetone nucleare’, momento magnetico di una particelle di Dirac point-like di massa mN ; si ricordi che il “magnetone di Bohr” vale:
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Come detto, GE e GM sono i ‘fattori di forma’ elettrico e magnetico
del nucleone, sono cioè in relazione con la sua distribuzione di densità di carica elettrica e di momento magnetico. Osserviamo infatti che dalla (1.20): e inoltre, dalla formula di Rosenbluth (1.19’), per q2 0 : (1.23) a bassi q2( basse velocità), l’elettrone ‘vede’ solo il potenziale elettrostatico (la parte magnetica è trascurabile), ossia nell’ ampiezza di scattering possiamo porre con
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Utilizzando l’ integrazione per parti:
F(x) elettrostatico, non dipende dal tempo dove: Utilizzando l’ integrazione per parti: e l’ eq. di Poisson per il potenziale: ( r è la densità di carica elettrica)
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Inserendo in Tif tale espressione si ottiene:
con: Se inserisce questa espressione di Mif nel calcolo della sezione d’urto: si ottiene: (1.24)
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e confrontando con (1.23) si vede che
(1.25) ossia il fattore di forma elettrico GE(q2) è la trasformata di Fourier della densità di carica elettrica er(r) del nucleone. Sperimentalmente, si trova che i dati sperimentali sui fattori di forma sono ben descritti da una formula di dipolo: Con m2=0.71 GeV2; questo risultato può essere direttamente messo in relazione con le dimensioni del nucleone. Consideriamo una distribuzione a simmetria sferica: (la costante di normalizzazione è A = m3/8p, imponendo ) Dalla (1.25) si ha: -dcosq
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con: In definitiva, inserendo si ottiene: dove per brevità negli integrali si è sempre inteso q=|q| e quindi q2= |q|2 >0; nell’ espressione con q2 si intende invece il modulo quadro del 4-impulso trasferito q=(k’-k): q2 -2kk’=-|q|2 <0, e quindi le due espressioni coincidono.
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Il valore m2=0.71 GeV2 è quindi legato al “raggio” R della distribuzione
di carica: (vedi esercizio 1.5) Il raggio del nucleone misurato dal fattore di forma elettrico del protone è dell’ ordine di qualche frazione di Fermi. Più precisamente, il valor medio del quadrato del raggio della distribuzione di carica è: =(4!) / m5 SLAC, Hofstadter et al.
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Sommario delle sezioni d’urto
Abbiamo fin qui visto cosa succede nello scattering elastico di un elettrone (o altro fermione carico) da un altro fermione a riposo nel laboratorio Riepiloghiamo brevemente le caratteristiche principali previste dal modello (QED, approssimazione single-photon exchange): scattering da fermione puntiforme (e-m-): formula di Mott (notare il comportamento per q20 e che il secondo termine è assente per bersagli statici spinless) scattering da fermione con struttura (e-p) - carica e momento magnetico anomalo: formula di Rosenbluth
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Esperimenti di scattering elastico e-N a Stanford
LINAC da 550 MeV di energia massima entrato in funzione a Stanford (California) a metà degli anni ’50: contatore di elettroni Spettrometro su piattaforma rotante [R.Taylor, J.Friedman, W.Kendall, Lectures for Nobel Prize, 1990; Rev.Mod.Phys. 63 (1991),573 ]
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Lo Stanford Linear Accelerator (SLAC)
Alla fine degli anni ’60, entra in funzione l’acceleratore lineare (lungo 2 miglia) con Ebeam=20 GeV - l’intervallo di q2 è notevolmente esteso rispetto al passato - si ha accesso allo scattering inelastico (il nucleone viene spaccato con produzione di adroni nello stato finale) Furono realizzati 3 spettrometri dedicati per elettroni da 1.6, 8 e 20 GeV
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Gli esperimenti a SLAC Spettrometri a piccola accettanza angolare
(dW 1 msterad) posizionabili a diversi angoli di diffusione (1, per E=20 GeV)
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separatore e/p Esperimenti precedenti: 1GeV2
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Spettrometro da 20 GeV Primo uso massiccio di computer nel controllo on-line…
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Esercizio 1.1: variabile s di Mandelstam
essendo ECM=2p per me, mq << E e- In un esperimento su taghetta fissa: pq=(m,0) e- pe’ pe Ad esempio, negli esperimenti a SLAC: Ee=20 GeV, m= mN=0.94 GeV ECM 6 GeV Ad un collisore con fasci “simmetrici” invece: ECM = 2 Ebeam (esempio: LEP1 ,2 : Ebeam:44-47 GeV, GeV; Tevatrone: 0.98 TeV ); con fasci asimmetrici di energie E1, E2 : (esempio: collisore e-p HERA (Desy,Amburgo): Ee=27.5 GeV, Ep=920 GeV ECM 320 GeV ) pq’ pq
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Esercizio 1.2: momento trasferito e angolo di scattering
Dimostrare che: E’ e- q E M Si ha: angolo di scattering nel laboratorio
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Esercizio 1.3: formula di Mott
Dimostrare che: Utilizzando la conserv. del 4-impulso: p’ = p+q = p+k-k’ , si ha: [ q2=(k-k’)2 -2kk’ ] 0 0 Nel laboratorio: p=( M, 0) k=( E , k) k’=(E’, k’)
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Allora: [es. 1.2] [si osservi: ] In definitiva: 0
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Esercizio 1.4: energia dell’ elettrone uscente nello scattering elastico e-p
Dimostrare: Abbiamo visto che [es. 1.3]: Allora: Esperimento a SLAC: E= 401 MeV, q=75o M=939 MeV (targhetta di idrogeno) E’ = 305 MeV [Hofstadter e collab., 1956]
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Esercizio 1.5: raggio del nucleone
Ricordiamo che in “unità naturali”: inoltre: Pertanto: [Nota: un altro utile fattore di conversione è il seguente: infatti: 1 barn = cm2= m2 1 mb = m2 = 0.1 fm2 ] Allora: Come già discusso:
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Esercizio 1.6 Calcolare la densità di corrente nel caso non relativistico dell’eq. di Schroedinger L’equazione di Schroedinger e la sua coniugata si scrivono Moltiplicandole opportunamente e sommando: e quindi da si trova
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Parte I Capitolo 2 Dal Deep Inelastic Scattering al modello a Quark
Sommario: Scattering inelastico eN Bjorken scaling Relazioni di Callan-Gross Modello a quark del nucleone
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Deep Inelastic Scattering
Nel processo di diffusione fortemente inelastico (“DIS”) eNeX il sistema adronico X nello stato finale non è più il nucleone, che viene distrutto dall’urto; il sistema ha una massa invariante arbitraria W2=(P+q)2 (nello scattering elastico era W2=MN2 ) dove P è il 4-momento iniziale del nucleone (nel laboratorio: P = (MN,0) ) e q=(k’-k) è il 4-momento trasferito nell’urto con l’elettrone. L’energia del sistema adronico finale ed il momento trasferito: e- e- k k’ (2.1) q=k’-k nucleone X sono ora variabili cinematiche indipendenti. [Nota: l’invariante Pq calcolato nel sistema del laboratorio dà: ] P=(MN,0)
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Infatti: In definitiva: (2.2) dove la massa invariante W può essere arbitraria (nella diffusione elastica era invece fissa: W2 = MN2 da cui ) Da un punto divista puramente fenomenologico, si può ottenere la sezione d’urto di diffusione in maniera analoga a quanto fatto per la sezione d’urto elastica, modificando la corrente adronica nell’ampiezza di scattering rispetto all’ampiezza point-like; le funzioni che sostituiscono i fattori di forma elastici F1(q2) e F2(q2) sono ora funzioni, a priori, delle due variabili cinematiche indipendenti q2 e n.
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La sezione d’urto di scattering va ora scritta in forma doppio differenziale:
Scattering elastico [eq. (1.19)] Scattering inelastico: (2.3) [ricordiamo, eq. (1.16): ] Le “funzioni di struttura inelastiche” W1(q2,n) e W1(q2,n) vanno determinate sperimentalmente.
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Fermiamoci un attimo a ragionare su cosa stiamo descrivendo. Nello
scattering eP, all’aumentare del Q2 la sezione d’urto elastica decresce, come visto dalla formula di Rosenbluth. Invece vi è una sempre maggior probabilità di rompere il protone. Per Q2 intermedi lo stato finale comprenderà una “eccitazione barionica”, che può decadere in protone-pione. Per Q2 ancora maggiori la QCD ci presenta uno stato finale molto complicato, che non si può descrivere con facilità. Questo sistema adronico non si misura: si rivela solo l’elettrone, il suo angolo, e la sua energia, oltre alla frequenza del processo. La variabile indipendente n = -Q2/2M non è più unica in quanto la massa invariante del sistema adronico è anch’essa variabile. Usando x = Q2/2mn si descrive il processo elastico a x=1, inelastico per x<1. Per comprendere la differenza e le caratteristiche cinematiche del processo di scattering elastico e inelastico è utile costruire un diagramma ove in ascissa c’è la variabile 2Mn e in ordinata il Q2 dello scattering.
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DIS: Q2, n grandi Zona cinematicamente inaccessibile x=1, W=M Q2 W=M’
2Mn
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Hoftstadter et al. , scattering di elettroni da nuclei di 4He
Hoftstadter et al., scattering di elettroni da nuclei di 4He. A 45° si osserva un picco elastico (corrispondente a x=1), e un bump meno definito a x=0.25, che corrisponde allo scattering dai nucleoni. Il bump non è stretto per via del moto di Fermi dei nucleoni nel nucleo di elio. A maggior angolo di scattering (60°), il quadrimomento trasferito è maggiore, e si osserva una riduzione della parte elastica, dovuta alla diminuzione col Q2 del fattore di forma; lo scattering inelastico invece “scala”.
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Vediamo ora a quale predizione porta per le funzioni di struttura l’ “ipotesi
partonica” sulla struttura del nucleone, ossia la supposizione che il processo di diffusione inelastica eN eX risulti dalla sovrapposizione incoerente delle sezioni d’urto di processi di scattering elastico ‘point-like’ su singoli partoni, oggetti ‘puntiformi’ (come l’ elettrone) di spin ½ e carica elettrica frazionaria, che identificheremo successivamente con i quarks. La sezione d’urto di Mott (1.16’) per lo scattering elastico elettromagnetico eq eq : (1.16’) può essere riscritta ( ) : (2.4) La funzione d in (2.4) esprime il fatto che E’ deve essere tale da soddisfare la relazione di elasticità : , dove ora però con pq momento del partone e m massa del partone (vedi prossima slide). Il fotone deve avere il giusto q2 per interagire con il quark!
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Il partone i-esimo all’interno del nucleone porta una frazione x del momento
totale: pq = xP; valgono le relazioni: mq2 = x2P2 = x2MN2, ossia mq = xMN e quindi n= pqq/mq = xPq/ xM = Pq/M ossia la variabile n = pqq/mq che entra nell’ espressione dello scattering Mott elettrone-quark è la stessa variabile n = E-E’ che compare nella cinematica dello scattering del nucleone. La conservazione del momento impone inoltre: dove fi(x) sono le funzioni di densità partoniche (“PDF”) che danno la densità di probabilità di trovare il partone i-esimo con momento frazionario x all’ interno del nucleone. Non stiamo sommando ampiezze: questa è una somma incoerente! (lo scattering elastico è azione coerente dei partoni!) (2.5) Se si confronta l’espressione della sezione d’urto inelastica (2.3) con (2.4), si vede che ponendo: deve essere:
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= g(x) d(nz)=d(z)/n e analogamente:
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In definitiva: (2.6) ossia l’ipotesi che il DIS eN eX sia la sovrapposizione incoerente di scattering elastici eq eq su oggetti puntiformi di spin ½ porta a prevedere che le funzioni di struttura W1(q2,n), W2(q2,n) siano funzioni dell’ unica variabile adimensionale x = -q2/2Mn, detta “variabile di Bjorken”: “invarianza di scala” (o “Bjorken scaling”) delle funzioni di struttura Inoltre dalla (2.6) segue la relazione: detta “relazione di Callan-Gross”, che è verificata sperimentalmente. La relazione verifica che i quarks sono fermioni di spin ½. (2.7)
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E’ importante notare che mentre nello scattering elastico elettrone-protone avevamo usato dei fattori di forma GE e GM che dipendevano dal q2 del processo –una variabile con dimensione e scala fissata dal valore empirico Q2 = 0.71 GeV2, ovvero una scala di massa che riflette la dimensione inversa della distribuzione di carica e momento magnetico del nucleone, ora ci troviamo invece con funzioni di struttura che dipendono da una variabile adimensionale x = -q2/2Mn. E’ chiaro cosa questo significa: sono funzioni che descrivono oggetti puntiformi all’interno del protone.
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Possiamo comprendere appieno l’importanza del DIS e la relazione fra scattering elastico e inelastico, e lo scaling, ipotizzando di fare scattering elettrone-nucleo a valori sempre maggiori di Q2. Man mano che si aumenta il Q2, si “vede” più in profondità nel nucleo, risolvendo i singoli N nucleoni, e poi all’interno di questi i nN partoni che li costituiscono. Il moto di Fermi diventa irrilevante quando l’energia della sonda diventa molto superiore.
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Gli esperimenti a SLAC hanno verificato l’invarianza di scala
[Ann.Rev.Nucl.Sci. 22 (203) 1972]: nW2 [da: Burcham-Jobes, Fig.12.15] x=q2/ 2M(E-E’) fissato 2xF1/F2 e la validità della relazione di Callan-Gross: [da: Burcham-Jobes, Fig.12.18] x=-q2/ 2Mn
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La relazione di Callan-Gross ha conseguenze interessanti sulla
espressione della sezione d’urto (2.3): 1-sin2q/2 =F1/M =F2/n dove si è introdotta la “ variabile di inelasticità” : (2.8) e si è usato da cui Nel CM invece, la relazione tra y e l’ angolo di scattering q* è: 1 – y = (1/2)(1+cosq*) [esercizio 2.1 ]
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delle variabili x ed y; utilizzando: [esercizio 2.2] si ha:
In definitiva: E’ conveniente esprimere la sezione d’urto doppio-differenziale in funzione delle variabili x ed y; utilizzando: [esercizio 2.2] si ha: = 1-y = s (stiamo considerando E>>M) = 0 per E>>M
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Sviluppando: si ottiene infine: (2.9) dove, ricordiamo dalla (2.6): La sezione d’urto di DIS elettromagnetico eNeX misura le densità partoniche f(x) all’ interno del nucleone. Dal modello statico a quark del nucleone sappiamo che possiamo descrivere p=(uud), n=(udd); tuttavia il modello rimane valido se aggiungiamo ai quarks di valenza una componente del “mare”, quarks e antiquarks che elidano il loro contributo alle proprietà statiche. Se indichiamo con: le densità di quark e di antiquark nel protone (up(x) e dp(x) sono le densità di quark di tipo “up”, con carica 2/3, e di tipo “down”, con carica -1/3) (2.10) si ha
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e per il neutrone, utilizzando l’ invarianza di isospin,
per il protone: Possiamo quindi prevedere che se i quarks di valenza dominano, il rapporto fra F2 del neutrone e F2 del protone deve valere ¼; viceversa =1 e per il neutrone, utilizzando l’ invarianza di isospin, per cui un(x)=dp(x) e dn(x)=up(x): Per il nucleone in un processo di scattering su una “targhetta isoscalare”, in cui:
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Per un bersaglio isoscalare
abbiamo quindi Il modello a partoni, con l’assegnazione di carica elettrica ai quark up e down derivata dal modello statico a quark degli adroni, predice quindi: (2.9’) Confronteremo questa predizione con quella che deriva dall’ analogo processo di diffusione da interazione debole nN nX (in cui non sono in gioco le cariche elettriche), per il quale viene predetto lo stesso andamento nelle variabili y e x ma senza il fattore 5/18, che è una conseguenza delle assegnazioni di carica ai quark. Lo scattering elettromagnetico non permette di separare il contributo dei quark (di valenza) da quello degli antiquark (dal ‘mare’) dei processi di annichilazione qq all’interno del nucleone; ciò come vedremo sarà possibile usando i neutrini al posto degli elettroni come ‘sonde’ per scandagliare la struttura subnucleare.
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Si osserva che a basso x dominano i quark del “mare”, e ad alto x dominano invece i quarks di valenza.
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Esercizio 2.1: la variabile di inelasticità
k’=(E’, k’) Dimostriamo la relazione: m- k=(E,k) q* n d per la variabile di inelasticità p p’ u Si ha: [ q*: angolo di diffusione nel CM; nel laboratorio: ] ( E, E’ si intendono misurate nel laboratorio, in cui p=(mq,0) e quindi pk’=mqE’ e pk = mqE ) Allora: k’ m- p-q* p q* d e quindi:
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Esempio 2.2: calcolo di dE’dW
Dimostriamo la relazione: Ricordiamo: Inoltre: Ricordiamo inoltre: Ad` un fissato y : e quindi:
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Esercizio 2.3: relazioni tra variabili di Mandelstam
k k’ Ricordiamo le relazioni tra le variabili di Mandelstam: p p’ k’ k q In funzione dell’ angolo di scattering nel CM: n p quark p’
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