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Corso di: DINAMICA DEGLI INQUINANTI Atmosfera Parte 2 (09) Università di Roma “Tor Vergata” Anno Accademico 2009-2010   ing. Simona Berardi.

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1 Corso di: DINAMICA DEGLI INQUINANTI Atmosfera Parte 2 (09) Università di Roma “Tor Vergata” Anno Accademico   ing. Simona Berardi

2 ATMOSFERA ARGOMENTI TRATTATI: Il vento I fenomeni locali
Campo fluidodinamico

3 Circolazione dell'atmosfera
I MOTI CONVETTIVI Circolazione dell'atmosfera Tra suolo, atmosfera e oceani avvengono continui scambi di materia ed energia. L’atmosfera assorbe calore dalla superficie terrestre; questo calore fa aumentare la sua energia potenziale, quindi la sua capacità di fare un lavoro, come spostare masse d’aria. L’assorbimento di calore da parte dell’atmosfera non è uniforme; si creano così differenze di temperatura da zona a zona, cioè gradienti termici orizzontali. Ai gradienti termici corrispondono gradienti barici orizzontali, ossia differenze di pressione. L’aria calda normalmente si trova più vicina al suolo che è la fonte del calore; poiché essa è meno densa e quindi più leggera di quella fredda, tende a portarsi verso l’alto. L’aria che sale è sottoposta a pressione sempre minore e si espande perché le particelle che la compongono possono distribuirsi in un volume maggiore.

4 Circolazione dell'atmosfera
I MOTI CONVETTIVI Circolazione dell'atmosfera L’aria che è salita verso l’alto viene sostituita da aria più fredda e più densa che si dirige verso il basso. Si instaura così una circolazione verticale convettiva. Il meccanismo che abbiamo descritto si verifica continuamente nell’atmosfera terrestre, ed è alimentato dal calore solare. Alla base di una colonna d’aria ascendente si forma una zona di bassa pressione (aree cicloniche), mentre dove l’aria scende verso il suolo si forma una zona di alta pressione (aree anticicloniche).

5 Circolazione dell'atmosfera: i venti
Il VENTO Circolazione dell'atmosfera: i venti I venti sono il risultato di differenze nella distribuzione orizzontale della pressione atmosferica: l’aria, infatti, fluisce da zone a pressione più elevata verso zone a pressione minore. Il vento tende, quindi, ad annullare le differenze di pressione orizzontali dovute al riscaldamento non omogeneo della superficie terrestre. L'intensità del vento è direttamente proporzionale alla differenza di pressione tra le due aree e inversamente proporzionale alla loro distanza. Quanto più elevata è la differenza di pressione tra le due configurazioni (alta e bassa) e quanto più esse sono vicine, tanto maggiore sarà la velocità del vento. Se la terra non ruotasse e se non vi fosse l’attrito dell’aria con la superficie terrestre, il vento fluirebbe, secondo il tragitto più breve, dalle zone di alta pressione a quelle di bassa pressione. In realtà, l’andamento del vento è il risultato dell’influenza combinata di più fattori: La forza dovuta al gradiente barico orizzontale L’effetto di Coriolis L’attrito con la superficie terrestre La forza centrifuga.

6 Il VENTO A B La forza dovuta al gradiente barico orizzontale (1/1)
ATMOSFERA Il VENTO La forza dovuta al gradiente barico orizzontale (1/1) Il gradiente barico orizzontale rappresenta, in pratica, la forza che fa muovere il vento e come tale ha una intensità, una direzione e un verso. L’intensità dipende dalla distanza tra le isobare ed è data dal rapporto tra la differenza di pressione atmosferica che si instaura tra due punti e la loro distanza orizzontale. Quanto più elevata è la differenza di pressione tra due masse d’aria e minore è la loro distanza, tanto maggiore risulta il gradiente barico o la forza di gradiente. Quindi, anche l'intensità del vento è direttamente proporzionale alla differenza di pressione tra le due aree e inversamente proporzionale alla loro distanza. Quanto più elevata è la differenza di pressione tra le due configurazioni (alta e bassa) e quanto più esse sono vicine, tanto maggiore sarà la velocità del vento. La direzione e il verso vanno sempre da un’area di alta pressione a una di bassa pressione tagliando perpendicolarmente le isobare. Alta pressione (ANTICICLONE) Bassa pressione (CICLONE) A B

7 Il VENTO L’effetto di Coriolis (1/3)
ATMOSFERA Il VENTO L’effetto di Coriolis (1/3) Quindi, una particella d’aria, soggetta solo alla forza del gradiente barico tenderebbe a spostarsi, accelerando, perpendicolarmente alle isobare. Siccome, però, la terra ruota intorno al proprio asse, non appena la particella inizia a viaggiare va soggetta ad una forza, chiamata forza deviante di Coriolis. L’intensità della forza deviante di Coriolis è espressa dalla relazione: D =2 Vrw sin j dove D è l'accelerazione centripeta di Coriolis, V la velocità della particella, r la densità dell'aria, w la velocità angolare terrestre e j la latitudine. Riguardo la direzione e verso, l'accelerazione (e quindi la deviazione): agisce sempre perpendicolarmente alla direzione del moto è rivolta a destra della traiettoria nell'emisfero boreale, a sinistra nell'emisfero australe Inoltre, tale forza è proporzionale alla velocità della particella e dipende dalla latitudine: è massima ai poli e nulla all'equatore.

8 Il VENTO S P P L’effetto di Coriolis (2/3)
ATMOSFERA Il VENTO L’effetto di Coriolis (2/3) Si prenda in considerazione un'ipotetica particella d'aria, facente parte di una massa d'aria dell'emisfero boreale, caratterizzata da isobare rettilinee e tra loro parallele. Appena la particella incomincia a muoversi sotto l'azione del gradiente G subisce l'azione della forza D, che farà deviare la particella a destra. In ogni punto della traiettoria, G può essere scomposta in due forze: G1 nella direzione del moto con azione di accelerare la particella e G2 normale al moto con effetto equilibrante di D. Ma l'equilibrio non sussiste ancora in P perché G1 fa aumentare la velocità della particella e di conseguenza anche D aumenta. L'equilibrio si raggiungerà solo nel punto S dove G1 si annulla; in questo punto il moto sarà uniforme, rettilineo e parallelo alle isobare, cioè la particella avrà deviato di 90º dalla direzione iniziale Nell'emisfero australe avviene il contrario. S G2 G P G1 P D

9 Il VENTO L’effetto di Coriolis (3/3)
ATMOSFERA Il VENTO L’effetto di Coriolis (3/3) Nel ciclone (bassa pressione) e nell'anticiclone (alta pressione), che hanno il gradiente diretto radialmente, il vento si muove secondo spirali dirette, rispettivamente dalla periferia verso il centro e dal centro verso la periferia (circolazione antioraria e circolazione oraria). Tali venti soffiano ad alta quota e precisamente al di sopra dello Strato Limite Atmosferico (SLA). Per la mancanza di attrito con la superficie terrestre, i venti geostrofici viaggiano a velocità superiori a quelle a cui viaggiano i venti più prossimi alla superficie terrestre (all’interno dello SLA). Quindi, i venti, sotto l'azione della forza di gradiente e della forza deviante, si muovono parallelamente alle isobare ad andamento pressoché rettilineo prendono il nome di venti geostrofici. G D G D

10 Il VENTO L’attrito con la superficie terrestre (1/1)
ATMOSFERA Il VENTO L’attrito con la superficie terrestre (1/1) Al di sotto dello SLA, bisogna considerare l'azione di una terza forza, l'attrito tra aria e suolo, che agisce in senso contrario rispetto al moto. Ne consegue che G1 sarà annullata prima del punto S: la deviazione sarà quindi inferiore a 90º e la direzione del v. non più esattamente parallela alle isobare. La velocità del vento, a parità di gradiente, sarà maggiore nei luoghi dove la forza deviatrice e l'attrito saranno minori; quindi sarà maggiore alle basse latitudini, negli strati d'aria superiori e sul mare e inferiore alle alte latitudini, in vicinanza del suolo e sulle regioni più accidentate. In generale, dove l'attrito è più piccolo, il parallelismo tra isobare e direzione del vento è più elevato. BASSA PRESSIONE ALTA PRESSIONE Forza del gradiente barico Effetto Coriolis isobare Attrito VENTO

11 Il VENTO La forza centrifuga (1/2)
ATMOSFERA Il VENTO La forza centrifuga (1/2) Prescindendo completamente dall'azione della superficie terrestre (approssimazione valida per i venti oltre i 1000 m) si può parlare di vento pressoché parallelo alle isobare. Nella realtà, le isobare non sono quasi mai parallele, ma, come avviene nei cicloni e negli anticicloni, sono costituite da linee curve; in tal caso il movimento del vento si compie lungo traiettorie curve e interviene allora la forza centrifuga che dipende dal raggio di curvatura delle isobare. In queste condizioni, considerando un vento di gradiente, il gradiente G sarà equilibrato da due termini: la forza geostrofica, data dall'accelerazione di Coriolis, D, la forza centrifuga o forza ciclostrofica data da C=rV2/R ( V la velocità del vento e R il raggio di curvatura).

12 Il VENTO La forza centrifuga (2/2)
ATMOSFERA Il VENTO La forza centrifuga (2/2) La forza centrifuga è maggiore quanto minore è il raggio di curvatura delle isobare, e quanto maggiore è la velocità del vento. L'azione della forza centrifuga fa si che a parità di gradiente, la velocità del vento fra due isobare curve sia diversa dalla velocità del vento fra due isobare rettilinee: minore quando la curvatura delle isobare è ciclonica - la forza centrifuga si oppone alla forza barica diretta verso il centro di bassa pressione maggiore quando la curvatura è anticiclonica - la forza centrifuga si somma all'azione della forza barica diretta via dal centro di alta pressione L'intensità della forza di Coriolis, essendo proporzionale alla velocità del vento, è in ogni caso uguale alla somma vettoriale della forza di gradiente e della forza centrifuga. Il vento che, sotto l'azione combinata della forza di gradiente, della forza deviante, e della forza centrifuga, si muove concentricamente alle isobare ad andamento curvo prende il nome di vento di gradiente. Quando il raggio delle isobare è molto grande, il termine C diventa trascurabile e il v. di gradiente è detto vento geostrofico; al contrario, quando il raggio di curvatura è piccolo il termine C diventa prevalente e il vento è chiamato vento ciclostrofico.

13 FENOMENI LOCALI Fenomeni locali
ATMOSFERA FENOMENI LOCALI Fenomeni locali L’esistenza di complessità e disomogeneità del terreno può indurre lo sviluppo di dinamiche di carattere generalmente locale, o al più di mesoscala, che possono sovrapporsi, spesso diventando predominanti, alla struttura generale della circolazione. Frequentemente, inoltre, tali situazioni influenzano in modo significativo la dispersione degli inquinanti e quindi richiedono una modellazione specifica per poter essere studiati in maniera opportuna. Di seguito vengono riportati alcuni esempi di fenomeni dovuti a particolari configurazioni del terreno, quali: Brezza terra-mare Brezza monte-valle Brezza di lago Isola di calore

14 Fenomeni locali: 1. Brezza terra-mare
ATMOSFERA FENOMENI LOCALI Fenomeni locali: 1. Brezza terra-mare BREZZA DI MARE (1/2): Durante le giornate calde e serene, il sole riesce a scaldare la terra ferma anche di 10°C mentre non riesce a fare altrettanto con il mare, la cui superficie viene riscaldata solo di un paio di gradi. Per questo motivo, sulla terra ferma si verrà a creare una zona di debole bassa pressione dovuta al sollevamento dell'aria calda, che non farà altro che attirare verso di se l'aria più fresca proveniente dal mare per effetto del dislivello barico venutosi a creare. Tenendo presente ciò che è stato detto si intuisce facilmente che le brezze saranno più deboli al mattino e alla sera perché la differenza di temperatura è scarsa, più intense nelle ore centrali ( sia del giorno che della notte) perché la differenza è massima e del tutto assenti nelle ore in cui le temperature tendono ad eguagliarsi cioè circa alle ore 8 e alle ore 20.

15 Fenomeni locali: 1. Brezza terra-mare
ATMOSFERA FENOMENI LOCALI Fenomeni locali: 1. Brezza terra-mare BREZZA DI MARE (2/2): Quindi, nella tarda mattinata o nel primo pomeriggio dei mesi caldi, in prossimità delle coste, il vento soffia dal mare verso la terraferma (brezza di mare). Durante la brezza di mare, quando l'aria marina giunge sulla superficie terrestre che è più calda di quella del mare, si forma a contatto con il suolo uno strato instabile che diventa sempre più profondo mentre ci si inoltra verso l'entroterra. Un camino, sufficientemente elevato e vicino alla costa, immette gli effluenti nello strato stabile (o neutro) che si trova al di sopra del mare; tali effluenti sono quindi trasportati dal vento verso l’entroterra dove incontrano la sommità dello strato convettivo più basso (che si sviluppa supportato dalla terraferma) e a questo punto inizia il processo di entrainment degli inquinanti e di diffusione verso il suolo.

16 Fenomeni locali: 1. Brezza terra-mare
ATMOSFERA FENOMENI LOCALI Fenomeni locali: 1. Brezza terra-mare BREZZA DI TERRA (1/1): Durante la notte, il processo continuerà perché il terreno tenderà a perdere il calore accumulato durante la giornata molto più velocemente rispetto al mare che quindi rimarrà più caldo. Anche in questo caso, più si andrà verso le ore centrali più il vento si intensificherà, sempre continuando a ruotare in senso orario per poi ridiscendere nelle prime ore del mattino, fino a fermarsi verso le ore 8 circa. Avremo così compiuto una completa rotazione del vento di 360° nelle 24 ore e il ciclo potrà così ricominciare. Nel caso in cui il cielo fosse nuvoloso, essendo minore il riscaldamento, le brezze potranno risultare più deboli o del tutto assenti. Inoltre, i venti di brezza si verificano quando i venti generali sono quasi del tutto assenti, per cui se questi ultimi invece fossero presenti e di una certa intensità, potranno tranquillamente soppiantarli, deviarli o rafforzarli.

17 Fenomeni locali: 2. Brezza monte-valle
ATMOSFERA FENOMENI LOCALI Fenomeni locali: 2. Brezza monte-valle BREZZA DI VALLE (1/1): Nel nostro emisfero i pendii montani esposti a sud ricevono più sole (o meglio lo ricevono in modo più diretto) rispetto alla pianura (e ancora di più rispetto ai pendii esposti a nord). Questo dipende dal fatto che i raggi solari, inclinati da sud a nord, colpiscono tali pendii in modo perpendicolare o quasi. L'aria che è "appoggiata" sui pendii tenderà dunque a scaldarsi anch'essa (per conduzione) e, essendo più calda di quella ad essa circostante, risale il pendio. Tutto lo strato, sino al fondo delle valli, si mette in movimento. Si determina un generale richiamo d'aria da valle a monte: è la brezza di valle che spira dalle 9 o le 10 del mattino. Quando alcuni pendii sono in ombra si stabilisce una circolazione asimmetrica.

18 Fenomeni locali: 2. Brezza monte-valle
ATMOSFERA FENOMENI LOCALI Fenomeni locali: 2. Brezza monte-valle BREZZA DI MONTE (1/1):Dopo il tramonto del sole il terreno perde calore per irraggiamento, di modo che l'aria a contatto dei pendii si raffredda notevolmente. Diventando più pesante discende verso il fondo delle valli ove continua a raffreddarsi. Essa fluisce verso il basso dando origine ad una corrente che è l'opposta della brezza di valle, chiamata brezza di monte.

19 Fenomeni locali: 3. Brezza di lago
ATMOSFERA FENOMENI LOCALI Fenomeni locali: 3. Brezza di lago BREZZA DI LAGO (1/2): Lo stesso meccanismo delle brezze mare-terra presiede alle brezze di lago, con particolare riguardo ai laghi di pianura (es. il Maggiore ed il Garda) e cioè di giorno la brezza soffia dal centro lago verso le coste con determinate predominanti dovute alle caratteristiche orografiche; al contrario di notte.

20 Fenomeni locali: 3. Brezza di lago
ATMOSFERA FENOMENI LOCALI Fenomeni locali: 3. Brezza di lago BREZZA DI LAGO (2/2): Per i settori medio e alto dei medesimi bacini (es. Lago di Como) vale invece la regola delle brezze di valle e di monte cui presiedono le stesse modalità di quelle di mare e di terra: la brezza di valle, diurna, orientata a causa dell'orografia da Sud verso Nord e la brezza di monte, notturna (ma raggiunge la massima intensità alle prime ore del mattino), orientata da Nord verso Sud. Nella figura: Laghi di vallata A) brezza di valle, diurna B) brezza di monte, notturna

21 Fenomeni locali: 4. Isola di calore (1/2)
ATMOSFERA FENOMENI LOCALI Fenomeni locali: 4. Isola di calore (1/2) Gli episodi acuti di inquinamento di una città spesso si verificano in concomitanza di particolari condizioni meteorologiche che portano alla formazione della cosiddetta ‘isola di calore’, ovvero di una cupola di calore in cui la temperatura può differire anche di qualche grado rispetto alle zone circostanti. Questo fenomeno si verifica in giornate con presenza di regime anticiclonico in quota e forte stabilità al suolo (es. di notte e/o in inverno). In queste condizioni il rimescolamento verticale risulta limitato ad altezze dal suolo corrispondenti alla sommità della cupola e gli inquinanti emessi rimangono intrappolati all’interno della cupola stessa. L’estensione e l’altezza della cupola dipendono dalla dimensione della città e dal quantitativo di cemento ed asfalto in essa presenti. Il calore prodotto, sia a causa dell'energia liberata dalle attività umane (traffico, attività industriali, riscaldamento degli edifici, ecc.) sia a causa dell'elevato potere assorbente dell'asfalto e delle case, che agiscono da "volano termico" liberando di notte l'energia (di origine solare) immagazzinata durante il giorno, contrasta l’inversione termica presente nella campagna circostante.

22 Fenomeni locali: 4. Isola di calore (2/2)
ATMOSFERA FENOMENI LOCALI Fenomeni locali: 4. Isola di calore (2/2) URBAN PLUME Questo fenomeno è più frequente nei mesi invernali quando si instaurano condizioni di elevata stabilità atmosferica e forte inversione, con conseguente aumento delle concentrazioni di CO, polveri e NOx. Diversamente, in condizioni di vento, la presenza dell’isola di calore e dell’area urbana in generale modificano la struttura dello strato limite, dando origine al cosiddetto Urban Boundary Layer e ad un pennacchio urbano fortemente rimescolato (Urban Plume), che viene trasportato sottovento alla città.

23 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Definiamo fluido bifase (o multifase) una miscela in cui è possibile identificare due (o più) tipi di particelle con caratteristiche chimico-fisiche differenti. Nel seguito, saranno considerati quei fluidi bifase nei quali il numero di particelle di una fase (trasportata o inquinante) è molto inferiore a quella della altra fase (trasportante). In tale situazione, la presenza dell’inquinante non perturba il campo fluidodinamico. Sotto le ipotesi di di mezzo continuo, il problema della dispersione degli inquinanti in atmosfera (considerata quindi un fluido bifase) è ottenuta in due passi successivi: Determinazione del campo fluidodinamico (considerando la presenza della sola fase trasportante). In genere, a tale scopo si fa riferimento ad una descrizione euleriana del fenomeno. Definizione dell’equazione di dispersione degli inquinanti. A tale scopo è possibile utilizzare due differenti descrizioni del moto (euleriana e lagrangiana). Quindi, lo studio euleriano della dispersione consente di risolvere il problema in modo completo, determinando sia il campo delle velocità, sia quello delle concentrazioni. Nel caso di descrizione lagrangiana, invece, si risolve, di solito, solo il problema della dispersione partendo dalla conoscenza del campo fluidodinamico euleriano.

24 CAMPO FLUIDODINAMICO STUDIO DEL MOTO NEI FLUIDI
ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO STUDIO DEL MOTO NEI FLUIDI Il moto dei fluidi nello spazio può essere affrontato seguendo due criteri diversi: LAGRANGIANO EULERIANO Metodo lagrangiano (1/2) Lo studio del moto dei fluidi con metodo lagrangiano consiste nel seguire l’evoluzione della posizione di ogni particella nel tempo. La posizione della particella P nello spazio è individuata dalle tre coordinate xp, yp,zp, se la particella si muove esse variano nel tempo. Per descrivere univocamente la traiettoria seguita dalla particella basta, quindi, studiare come variano nel tempo le sue coordinate. Poiché la traiettoria della particella dipende dalla posizione iniziale e dal tempo t, secondo la relazione:

25 CAMPO FLUIDODINAMICO Metodo lagrangiano (2/2)
ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Metodo lagrangiano (2/2) Anche le coordinate all’istante generico t, avendo indicato con le componenti della posizione P0 nell’istante iniziale T0 , possono essere espresse da relazioni del tipo: Metodo euleriano (1/2) Lo studio del moto dei fluidi con metodo euleriano consiste nel seguire l’evoluzione del vettore velocità di ogni particella nel tempo. La velocità della particella P nello spazio è individuata dalle tre coordinate up, vp, wp e se la particella si muove esse variano nel tempo. Per descrivere univocamente la traiettoria seguita dalla particella basta, quindi, studiare come variano nel tempo le ponenti della sua velocità. Poiché la velocità della particella dipende dalla velocità iniziale e dal tempo , secondo la relazione:

26 CAMPO FLUIDODINAMICO Metodo euleriano (2/2)
ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Metodo euleriano (2/2) Anche le componenti della velocità all’istante generico t, avendo indicato con le componenti della velocità V0 nell’istante iniziale T0, possono essere espresse da relazioni del tipo: Sistema di riferimento LAGRANGIANO Sistema di riferimento EULERIANO Derivata sostanziale lagrangiana (seguendo il moto) Derivata parziale euleriana (fissi nello spazio) Termini avvettivi (contributo alle variazioni locali di T dovuto al movimento dell’aria)

27 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO I moti atmosferici sono descritti di un insieme di 2 equazioni differenziali:  Conservazione della massa (equazione di continuità) utilizzando l’identità: si ha: per fluidi incomprimibili: I fluidi “incompressibili” o “incomprimibili” sono quindi fluidi per i quali la densità è indipendente dalla pressione alla quale il fluido stesso è sottoposto. Conservazione della quantità di moto (equazioni di Navier-Stokes). (descritta nel dettaglio nelle slides successive)  Inoltre, per chiudere il sistema è necessaria una terza equazione, l’equazione di stato dei gas ideali.

28 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes)  La variazione della quantità di moto in un volume V è data dalle forze che agiscono sulla superficie di tale volume, più le forze agenti sull’intero volume: Applicando il teorema della divergenza di Gauss, per cui: Poiché il volume di integrazione è arbitrario e le funzioni integrande sono continue si passa alle forme differenziali, quindi per la i-esima componente, si ha: Dove: Ti  FORZE DI SUPERFICIE (Forze di pressione + forze viscose) Gi  FORZE DI VOLUME o DI MASSA (Forze dovute alla accelerazione di Coriolis + forza di gravità)

29 CAMPO FLUIDODINAMICO [kg m-1 s-1] ([Pa . s]) è
ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO  Consideriamo solo le forze di superficie, trascurando quelle di massa, si ha: La equazione del moto di Navier-Stokes (N-S) risulta essere, per la i-esima componente: dove e’ la viscosità cinematica Nelle tabelle seguenti sono riportate le proprietà fisiche più significative di alcuni fluidi newtoniani in condizioni standard, nonché, per l'aria e l'acqua, il loro andamento in funzione della temperatura. [kg m-1 s-1] ([Pa . s]) è il coefficiente di viscosità dinamica Forze di pressione Forze viscose

30 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO La VISCOSITA’ DINAMICA (o ASSOLUTA)  [kg m-1 s-1] misura in qualche modo la "coesione" del fluido. Infatti la viscosità dinamica dell’aria è inferiore a quella dell’acqua (vedi tabella seguente). La VISCOSITA’ CINEMATICA  [m2 s] è data dal rapporto tra la viscosità dinamica di un fluido e la sua densità. Da essa dipende la velocità con cui un fluido riesce, grazie alla forza di gravità, a percolare lungo un capillare. In generale, la viscosità cinematica è una misura della resistenza a scorrere di una corrente fluida sotto l'influenza della gravità. Questa tendenza dipende sia dalla viscosità assoluta o dinamica che dal peso specifico del fluido. Quando due fluidi di uguale volume sono messi in viscosimetri capillari identici e lasciati scorrere per gravità, il fluido avente maggior viscosità cinematica impiega più tempo a scorrere rispetto a quello meno viscoso. Quindi, l’aria ha una viscosità dinamica inferiore a quella dell‘acqua, ma a causa del suo basso peso specifico, essa risulta avere una viscosità cinematica maggiore rispetto a quella dell’acqua. (vedi tabelle)

31 CAMPO FLUIDODINAMICO < < > ATMOSFERA densità
viscosità dinamica < viscosità cinematica >

32 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO  Continuiamo a considerare solo le forze di superficie (trascurando quelle di massa). La equazione del moto di Navier-Stokes (N-S) risulta essere, per la i-esima componente: In questo modo, si ha un sistema di 4 equazioni (3 per le tre componenti dell’equazione di N-S + 1 per l’equazione di conservazione della massa) in 4 incognite (u,v,w,p). Quindi è un sistema teoricamente risolvibile. In realtà, un grosso problema nella soluzione di queste equazioni e’ dato dal grande numero di scale spaziali e temporali che e’ necessario considerare. Questo problema può essere risolto con l’ipotesi di Reynolds. Si rinuncia a una descrizione completa del campo fluidodinamico limitandosi alla valutazione dei valori medi. Forze di pressione Forze viscose

33 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes)  Ipotesi di Reynolds: in presenza di flussi turbolenti, tutte le variabili vengono scomposte in una parte media ed in una parte fluttuante, il primo termine corrispondente alla grande scala ed il secondo alla piccola scala. Quindi si ha:

34 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes)  Sostituendo nella equazione del moto di N-S (1) e in quella di conservazione della massa (2) , si ha: (1) (2) Si mediano le due equazioni e ci si limita a considerare i soli valori medi (in quanto la media dei termini fluttuanti è pari a zero).

35 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes)  Sostituendo nella equazione del moto di N-S (1) e in quella di conservazione della massa (2) , si ha: (1) (2) Mediando le due equazioni e limitandosi alla valutazione dei soli valori medi (la media dei termini fluttuanti è pari a zero), si ha: Termini di pressione Termini viscosi Termini turbolenti

36 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes)  I termini costituiscono un tensore simmetrico detto “tensore degli sforzi (stress) di Reynolds” e rappresentano la TURBOLENZA. A questo punto, per la risoluzione del campo di moto, si ha un sistema di 4 equazioni (3 per le tre componenti dell’equazione di N-S + 1 per l’equazione di conservazione della massa, entrambe mediate) in 10 incognite = 4 (u,v,w,p) + 6 (del tensore degli stress di Reynolds). Il problema e’ come esprimere questi termini in funzione delle quantità medie in modo da chiudere le equazioni, per questo motivo va sotto il nome di “chiusura della turbolenza” o “IPOTESI DI BOUSINESKY”. Una semplice soluzione si ottiene immaginando che il moto turbolento a piccola scala agisca sul moto a grande scala nello stesso modo in cui il moto molecolare influenza il flusso macroscopico, introducendo il concetto di “viscosità turbolenta” o “eddy viscosity” il tensore degli stress si può esprimere in funzione dei gradiente delle quantità medie, come segue:

37 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes)   “IPOTESI DI BOUSINESKY”:  Le 6 componenti del tensore sono: si è introdotta la condizione di anisotropia distinguendo tra viscosità turbolenta orizzontale H e verticale V. Viscosità turbolenta Sforzi turbolenti In atmosfera: V = 10 m2s-1 H = 105 m2s-1 Nell’oceano: V = 0,01 m2s-1 H = 102 m2s-1

38 CAMPO FLUIDODINAMICO FORZE DI MASSA FORZE DI SUPERFICIE
ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes) Introduciamo le Gi  FORZE DI VOLUME o DI MASSA : Forza di gravità = g (considerata costante in troposfera) Forze dovute alla accelerazione di Coriolis = Poiché il fluido si trova in un sistema di riferimento rotante (non inerziale) come la terra: è la velocità della particella nel sistema rotante e è la velocità di rotazione terrestre. Termini advettivi Termini di pressione Termini viscosi Termini turbolenti FORZE DI MASSA FORZE DI SUPERFICIE

39 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes) Introduciamo nell’equazione di N-S le forze di massa (termini medi) e riportiamo le tre componenti, lungo l’asse x, y, z (omettiamo il segno di media tranne che per i termini fluttuanti): asse x) asse y) asse z)

40 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes) Introduciamo le seguenti ipotesi semplificatrici, valide all’interno del PBL: w << u, v  w  0 (la velocità media lungo l’asse z è molto più piccola delle velocità lungo gli assi x e y)  (le variazioni perpendicolari alla superficie sono superiori a quelle parallele alla stessa) (condizioni di moto stazionario)

41 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes) Semplificando, si ottiene: asse x) Non si trascura la p/x perché nella equazione non compare il termine p/z , rispetto al quale le variazioni lungo x e y sono trascurabili. considerando il coefficiente di viscosità turbolenta v costante sulla verticale

42 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes) Semplificando, si ottiene: asse y) Non si trascura la p/y perché nella equazione non compare il termine p/z , rispetto al quale le variazioni lungo x e y sono trascurabili. considerando il coefficiente di viscosità turbolenta v costante sulla verticale

43 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes) Semplificando, si ottiene: asse z) Vengono trascurati anche i termini : poiché questi hanno un ordine di grandezza (10-3) di quattro volte inferiore rispetto a quello (10) dei due rimanenti. asse z) ci si riconduce alla “Legge di Stevino” (vista in precedenza).

44 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Conservazione della quantità di moto (equazione di Navier-Stokes) Dunque, si ha: asse x) asse y) Nello Strato VISCOSO prevalgono i termini viscosi rispetto a quelli turbolenti e di Coriolis Nello Strato TUBOLENTO prevalgono i termini turbolenti rispetto a quelli viscosi e di Coriolis Nello Strato GEOSTROFICO prevalgono i termini di Coriolis rispetto a quelli turbolenti e viscosi PBL ( 1 km) SUPERFICIE TERRESTRE Strato VISCOSO Strato intermedio Strato TURBOLENTO Strato GEOSTROFICO Tropopausa ( 10 km) Termini di pressione Termini viscosi Termini turbolenti Termini di Coriolis

45 ATMOSFERA CAMPO FLUIDODINAMICO Su scala locale nello strato limite terrestre possono essere individuate le seguenti zone: • strato viscoso: quello più prossimo al terreno ove gli sforzi viscosi sono predominanti in quanto si hanno forti gradienti verticali della velocità orizzontale; • strato turbolento: man mano che si sale con la quota la viscosità turbolenta aumenta fino a raggiungere valori di un ordine di grandezza superiore alla viscosità molecolare; in tale zona sono prevalenti le azioni dovute agli sforzi di Reynolds; • strato geostrofico: a quote ancora più elevate ove i gradienti verticali delle velocità orizzontali sono trascurabili e le uniche forze presenti sono quelle di Coriolis. tra i tre strati esistono due zone di raccordo (“zona viscosa-turbolenta” e “zona di Eckman”) ove almeno due termini debbono essere considerati.

46 FINE


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