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Mutazioni somatiche e germinali
Tessuto somatico Tessuto germinale Progenie normale Progenie mutante Progenie normale Clone cellulare mutante Mutazione somatica Mutazione germinale Popolazioni finali Le mutazioni sono modificazioni accidentali ereditabili del materiale genetico. Furono definite e studiate da De Vries, uno dei ricopritori delle leggi di Mendel del 1900, come alterazioni improvvise ed ereditabili del genotipo, riconoscibili fenotipicamente. Si definiscono mutazioni germinali quelle che insorgono in cellule destinate a dare vita a spore o gameti; tali cellule costituiscono la linea germinale. Si definiscono mutazioni somatiche quelle che insorgono in cellule non destinate a dare vita a spore o gameti ma a differenziarsi negli organi non germinali dell’organismo; tali cellule costituiscono la linea somatica. Mentre per gli organismi unicellulari, sia procarioti (p. es. batteri) che eucarioti (p. es. protozoi, lieviti) la distinzione fra mutazioni somatiche e germinali è priva di senso, tale distinzione è valida per gli organismi pluricellulari; in questo caso, mentre per molti animali le cellule della linea germinale sono definite precocemente nello sviluppo embrionale, per cui è possibile prevedere precocemente il destino, somatico o germinale, delle diverse cellule, quindi è facile distinguere mutazioni somatiche e germinali sin dalle fasi precoci dello sviluppo, per altri animali, per le piante e per i funghi la destinazione per la linea germinale può ripetersi molto tardivamente, per cui non è sempre possibile distinguere se una mutazione è somatica o germinale. Infatti, quando insorge una mutazione in una cellula, tutta la progenie di questa cellula possiederà questa mutazione; in altre parole questa progenie costituisce un clone mutante – si usa il termine clone per indicare un insieme di cellule o organismi geneticamente identici fra loro. Se la mutazione è precoce, il clone mutante che ne risulta può essere molto numeroso ed è probabile che sia costituito sia da cellule somatiche che germinali. Se la mutazione è tardiva, il clone mutante che ne risulta può essere molto piccolo ed è probabile che sia costituito da sole cellule somatiche oppure da sole cellule germinali. Una mutazione somatica non può essere trasmessa alla progenie dell’organismo in cui la mutazione è insorta ed esaurisce i suoi effetti in quell’organismo stesso. Una mutazione germinale può essere trasmessa alla progenie dell’organismo in cui la mutazione è insorta; la probabilità di trasmissione alla progenie dipende dall’ampiezza del clone mutato. Cloni cellulari mutanti Eventi mutazionali Tempo Popolazioni iniziali Mutazione tardiva Mutazione precoce
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TASSO DI MUTAZIONE E FREQUENZA DI MUTAZIONE
Il tasso di mutazione misura la frequenza con cui una mutazione si origina ex novo in un’unità di tempo “biologico” (di solito una generazione) La frequenza di mutazione misura la frequenza della mutazione in una popolazione nel momento dell’osservazione Il tasso di mutazione è di una nuova mutazione ogni 7 divisioni cellulari La frequenza di mutazione nella 4° generazione è di 2 mutanti su 8 cellule La frequenza di una mutazione in una popolazione (di cellule come di individui) è una misura “statica” della sua incidenza, riferita a una particolare generazione – nella diapositiva la 4° generazione. Il tasso di mutazione è invece una misura dinamica, riferita a quante “nuove” mutazioni si realizzano per unità di tempo “biologico”. In diapositiva, tenuto conto che ogni biforcazione è una divisione cellulare, assumendo la divisione cellulare come unità di tempo biologico, si valuta quanti eventi mutazionali – 1 nella diapositiva, nella 3° generazione - avvengono sul totale delle divisioni cellulari. Il termine mutazione talvolta ha un uso ambiguo: indica sia l’evento della mutazione – come nel caso del tasso di mutazione – sia il prodotto dell’evento: cioè l’allele o il cromosoma mutante – come nel caso della frequenza di una mutazione.
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MUTAZIONI CROMOSOMICHE STRUTTURALI (RIORDINAMENTI) O NUMERICHE
Sono modificazioni ereditabili nella struttura o nel numero dei cromosomi; producono il cambiamento del numero o della posizione dei geni, ma non la comparsa di nuovi alleli Si studiano attraverso: a) l’analisi morfologica al microscopio ottico; b) l’analisi genetica delle conseguenze fenotipiche specifiche. Le mutazioni si dividono in cromosomiche (che riguardano la struttura o il numero dei cromosomi) e geniche (che riguardano il cambiamento di singoli geni, da una forma all’elica a un’altra). Le mutazioni cromosomiche a loro volta si dividono in riordinamenti strutturali (che riguardano la struttura dei cromosomi) e mutazioni numeriche (che riguardano il numero dei cromosomi). Diversi possono essere gli eventi che possono dare luogo ai riordinamenti strutturali: in genere sono alterazioni di processi naturali che coinvolgono i cromosomi che possono avere come conseguenza la rottura dei cromosomi stessi o la formazione diretta del riordinamento. Le mutazioni strutturali derivano dal danneggiamento dei cromosomi; le mutazioni numeriche derivano dall’alterazione dei meccanismi di distribuzione dei cromosomi
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MUTAZIONI CROMOSOMICHE: caratteristiche generali
Le mutazioni cromosomiche possono essere: Bilanciate: tutti i geni sono presenti nello stesso numero di copie (inversioni, traslocazioni, fusioni e fissioni centriche; euploidie); Sbilanciate: alcuni geni sono presenti in un numero di copie diverso da tutti gli altri geni (duplicazioni, delezioni, aneuploidie). Non occorrono note Stabili: hanno un’elevata probabilità di essere ereditate così come sono; Instabili; hanno un’elevata probabilità di originare ulteriori mutazioni.
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ORIGINE DEI RIORDINAMENTI STRUTTURALI
B C DELEZIONE TERMINALE (instabile) A B C SI PERDE IL FRAMMENTO ACENTRICO ROTTURA A B C A B C AC A B C A A B C C Le delezioni terminali consistono nella perdita (e nel suo risultato) del segmento terminale di un cromosoma; sono instabili poiché, avendo perduto il telomero, presentano un’estremità facilmente danneggiabile del cromosoma che tende a saldarsi con altre estremità di rottura. I frammenti acentrici, che costituiscono l’estremità terminale che si è staccata dal resto del cromosoma, sono perduti perché, non avendo centromero, non possono legarsi alle fibre del fuso e non possono migrare ai poli opposti della cellula in anafase, né in mitosi né in meiosi. L’esempio più chiaro di alterazioni di processi biologici che coinvolgono i cromosomi, la cui conseguenza consiste in riordinamenti strutturali, è costituito dal crossing over ineguale, dovuto, a sua volta, ad un difetto di appaiamento, che produce due riordinamenti complementari: una delezione interstiziale, in cui manca un segmento intermedio del cromosoma e una duplicazione in tandem, in cui il segmento cromosomico, mancante nel cromosoma omologo, è ripetuto 2 volte di seguito (il segmento che contiene il gene B della diapositiva). Il crossing over ineguela produce 2 mutazioni complementari, entrambe sbilanciate: i segmenti cromosomici in difetto su uno dei 2 cromosomi coinvolti sono in eccesso sull’altro. DELEZIONE INTERSTIZIALE (stabile) APPAIAMENTO IRREGOLARE complementari CROSSING OVER INEGUALE DUPLICAZIONE IN TANDEM (stabile)
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ORIGINE DEI RIORDINAMENTI STRUTTURALI 2: due rotture su due bracci diversi dello stesso cromosoma
F B E A C D A B C D E F F E A F B E A C D B C D SI PERDE IL FRAMMENTO ACENTRICO ANELLO (instabile) 2 rotture A D C B E F F B E A C D Le diapositive 6 – 9 descrivono i riordinamenti cromosomici strutturali che derivano dalla saldatura “sbagliata” delle estremità di rottura di 2 rotture cromosomiche. Se le estremità di rottura non si saldano tra loro, né in modo corretto né in modo sbagliato, ogni rottura da luogo a una delezione terminale (vedere diapositiva 5). Si intende corretta una saldatura che coinvolga esattamente le 2 estremità di rottura della stessa rottura; il risultato della saldatura corretta è banalmente il ripristino del cromosoma originario, senza riordinamenti. Si intende sbagliata una saldatura che coinvolga 2 estremità di rottura di 2 rotture diverse. 1 2 bracci di un cromosoma sono i 2 segmenti in cui il cromosoma è diviso dal centromero meiosi (vedere 1° serie, diapositiva 19); se il centromero è esattamente all’estremità del cromosoma (cromosoma telocentrico), quel cromosoma ha un solo braccio. La formazione di un cromosoma ad anello con un frammento acentrico lineare è uno dei 2 risultati possibili dovuti a una saldatura sbagliata. Anche in questo caso il frammento acentrico si perde (vedere diapositiva 5); il cromosoma ad anello è instabile poiché, talvolta, i 2 cromatidi fratelli sono intrecciati come 2 anelli di una catena; quando vengono tirati verso i poli opposti di una mitosi, si rompono, dando luogo a ulteriori riordinamenti cromosomici complessi. La formazione di un’inversione pericentrica è l’altro risultato possibile dovuto a una saldatura sbagliata; si tratta di una mutazione bilanciata (vedere diapositiva 4). Le inversioni devono il loro nome al fatto che la sequenza dei geni risulta invertita per un tratto del cromosoma (i geni indicati in rosso nella diapositiva); quando l’inversione è pericentrica il centromero si trova all’interno della regione invertita. INVERSIONE PERICENTRICA (stabile)
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ORIGINE DEI RIORDINAMENTI STRUTTURALI 3: due rotture sullo stesso braccio dello stesso cromosoma
F E B A C D F C E D B A A B C D E F F C E D B A SI PERDE IL FRAMMENTO ACENTRICO DELEZIONE INTERSTIZIALE (stabile) F C E D B A A B D C E F La formazione di una delezione interstiziale con un frammento acentrico ad anello è uno dei 2 risultati possibili dovuti a una saldatura sbagliata. La delezione interstiziale è stabile; come si è visto nella diapositiva 5, anche il crossing over ineguale è una modalità per dare origine a delezioni interstiziali. La formazione di un’inversione paracentrica è l’altro risultato possibile dovuto a una saldatura sbagliata; si tratta di una mutazione bilanciata (vedere diapositiva 4). I geni indicati in rosso nella diapositiva sono quelli in sequenza invertita; quando l’inversione è paracentrica il centromero si trova all’esterno della regione invertita. INVERSIONE PARACENTRICA (stabile)
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ORIGINE DEI RIORDINAMENTI STRUTTURALI 4: due rotture su due cromosomi diversi
B C D E F G H I L M N A B C G H I L A B C D E F G H I L M N M N D E F 2 rotture Cromosoma Dicentrico (instabile) SI PERDE IL FRAMMENTO ACENTRICO A B C D E F G H I L M N A B C M N G H I L D E F La formazione di un cromosoma dicentrico con un frammento acentrico è uno dei 2 risultati possibili dovuti a una saldatura sbagliata. Il cromosoma dicentrico è instabile poiché, talvolta, i 2 centromeri tirano lo stesso cromatidio verso i poli opposti di una mitosi; infatti per ognuno dei 2 centromeri, giunti già raddoppiati in mitosi, le 2 parti raddoppiate si dirigono verso i poli opposti della cellula in anafase, trascinando i cromatidi; può accadere che le 2 parti replicate dei 2 centromeri, legate allo stesso cromatidio, migrino verso i poli oppostisi sottoponendo il proprio cromatidio a un vero e proprio tiro alla fune; così i cromatidi si rompono, dando luogo a ulteriori riordinamenti cromosomici complessi. La formazione di una traslocazione reciproca è l’altro risultato possibile dovuto a una saldatura sbagliata; si tratta di una mutazione bilanciata (vedere diapositiva 4). I geni indicati in rosso nella diapositiva sono quelli traslocati da un cromosoma all’altro, non omologo; non bisogna confondere la traslocazione reciproca, che implica lo spostamento reciproco di geni su cromosomi non omologhi, con il crossing over, in cui c’è uno scambio degli stessi geni, anche in forma di alleli diversi, tra cromosomi omologhi. TRASLOCAZIONE RECIPROCA STABILE
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FUSIONE CENTRICA STABILE FISSIONE CENTRICA STABILE
ORIGINE DEI RIORDINAMENTI STRUTTURALI 5: riordinamenti al livello del centromero A B F E D C A B C D E F A B F E D C A B C D E F FUSIONE CENTRICA STABILE 2 rotture SI PUO’ PERDERE IL CROMOSOMA PUNTIFORME La formazione di una particolare traslocazione, la fusione centrica, è l’unico risultato possibile dovuto a una saldatura sbagliata; si tratta di una mutazione bilanciata (vedere diapositiva 4). I cromosomi coinvolti sono 2 telocentrici, le 2 rotture sono adiacenti o interne ai centromeri. Uno dei 2 prodotti della saldatura sbagliata, il cromosoma puntiforma, costituito essenzialmente da un centromero, 2 telomeri e poco altro, pur essendo stabile, può essere perso senza alcun danno per la cellula; l’altro prodotto, quello importante, è un cromosoma metacentrico o sub-metacentrico che contiene tutti i geni presenti nei 2 cromosomi acrocentrici originari. Si tratta di un riordinamento importante per l’uomo, poiché fusioni centriche che coinvolgono il cromosoma 21 sono abbastanza frequenti. Il processo inverso, cioè la formazione di 2 cromosomi telocentrici per scissione a livello del centromero di un cromosoma metacentrico, sebbene documentato in natura, non è chiaro nei suoi meccanismi, poiché, per stabilizzare i 2 nuovi cromosomi telocentrici, servono 2 nuovi telomeri all’altezza della scissione avvenuta al livello del centromero, e non è affatto chiaro da dove i nuovi cromosomi possano prendere i propri nuovi telomeri. ? FISSIONE CENTRICA STABILE
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Origine di mutazioni numeriche 1: monosomie e trisomie A- IN MITOSI
Non disgiunzione Perdita cromosomica Perdita cromatidica 2n - 1 Le mutazioni numeriche, che consistono in un cambiamento nel numero dei cromosomi rispetto al numero normale, si dividono in aneuploidi (non tutti i cromosomi del mutante sono presenti nello stesso numero di copie) ed euploidi (tutti i cromosomi del mutante sono presenti nello stesso numero di copie); le mutazioni aneuploidi, o aneuploidie, sono stabili e sbilanciate (vedere diapositiva 4) e possono appartenere a una gamma estremamente ampia di tipologie; ci si occuperà delle aneuploidie più semplici che riguardano gli organismi diploidi: le monosomie, per cui c’è un cromosoma in meno rispetto all’assetto cromosomico normale (2n-1) e le trisomie, per cui c’è un cromosoma in più rispetto all’assetto cromosomico normale (2n+1). All’origine delle monosomie e delle trisomie ci sono alterazioni del corso normale della mitosi o della meiosi che coinvolgono singoli cromosomi (o bivalenti, per la 1° divisione meiotica: vedere 1° serie, diapositiva 21); pertanto nelle diapositive si descrive solo il comportamento del singolo cromosoma (o bivalente) che si distribuisce in modo anomalo; si ammette che tutti gli altri cromosomi si distribuiscano normalmente. L’origine delle monosomie e delle trisomie in mitosi può risiedere nella non disgiunzione mitotica, cioè nella mancata separazione dei 2 cromatidi fratelli che migrano entrambi allo stesso polo; il risultato è che una cellula figlia sarà trisomica, l’altra monosomica; la non disgiunzione quindi produce due aneuploidie complementari nelle 2 cellule figlie. Un’altra modalità di origine delle monosomie in mitosi consiste nella perdita cromosomica, cioè nella mancata migrazione dei 2 cromatidi fratelli che quindi si perdono entrambi; il risultato è che entrambe le cellule figlie saranno monosomiche; la perdita cromosomica quindi produce due aneuploidie uguali nelle 2 cellule figlie. Il risultato di alterazioni semplici alla mitosi è la comparsa di cellule monosomiche e trisomiche
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Origine di mutazioni numeriche 1: monosomie e trisomie B- IN MEIOSI I
Non disgiunzione Perdita del bivalente Perdita cromosomica 2(n – 1) Le aneuploidie che coinvolgono la meiosi hanno come risultato gameti (o spore) con un numero alterato di cromosomi, rispetto al normale numero apolide (n): le nullisomie, per cui c’è un cromosoma in meno rispetto all’assetto cromosomico normale (n-1) e le disomie, per cui c’è un cromosoma in più rispetto all’assetto cromosomico normale (n+1). L’origine delle monosomie e delle trisomie in prima divisione meiotica può risiedere nella non disgiunzione meiotica 1°, cioè nella mancata separazione dei 2 cromosomi omologhi che migrano entrambi allo stesso polo; il risultato è che due prodotti aploidi (gameti o spore) saranno disomici, gli altri 2 nullisomici; la non disgiunzione quindi produce due aneuploidie complementari nelle 2 coppie di prodotti aploidi. Un’altra modalità di origine delle monosomie in prima divisione meiotica consiste nella perdita del bivalente, cioè nella mancata migrazione dei 2 cromosomi omologhi che quindi si perdono entrambi; il risultato è che i 4 prodotti aploidi saranno nullisomici; la perdita del bivalente quindi produce due aneuploidie uguali nei 4 prodotti aploidi. Quando gameti nullisomici o disomici partecipano alla fecondazione con gameti aploidi, ne risultano zigoti, rispettivamente monosomici o trisomici Se i gameti nullisomici e disomici partecipano alla fecondazione con gameti aploidi normali, ne risultano zigoti monosomici e trisomici rispettivamente Il risultato di alterazioni semplici alla meiosi I è la comparsa di paia di gameti nullisomici e disomici
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Origine di mutazioni numeriche 1: monosomie e trisomie C- IN MEIOSI II
Non disgiunzione Perdita cromosomica Perdita cromatidica n - 1 L’origine delle monosomie e delle trisomie in seconda divisione meiotica può risiedere nella non disgiunzione meiotica 2°, cioè nella mancata separazione dei 2 cromatidi fratelli che migrano entrambi allo stesso polo; il risultato è che un prodotto aploide (gamete o spora) sarà disomico, l’altro nullisomico; la non disgiunzione quindi produce due aneuploidie complementari nei 2 prodotti aploidi. Un’altra modalità di origine delle monosomie in prima divisione meiotica consiste nella perdita del bivalente, cioè nella mancata migrazione dei 2 cromosomi omologhi che quindi si perdono entrambi; il risultato è che i 2 prodotti aploidi saranno nullisomici; la perdita del bivalente quindi produce due aneuploidie uguali nei 2 prodotti aploidi. Se i gameti nullisomici e disomici partecipano alla fecondazione con gameti aploidi normali, ne risultano zigoti monosomici e trisomici rispettivamente Il risultato di alterazioni semplici alla meiosi II è la comparsa di gameti nullisomici e disomici
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Origine di mutazioni numeriche:2 AUTOPOLIPLOIDIE A-IN MITOSI
Il blocco di una mitosi di una cellula diploide da origine a cellule tetraploidi Il blocco di k mitosi da origine a cellule con 2k+1n cromosomi Se c’è un blocco nella prima mitosi di uno zigote,lo zigote e l’organismo che ne deriva diventano tetraploidi 4 n cromosomi duplicati DUPLICAZIONE (interfase) Le mutazioni euploidi sono bilanciate e consistono in un’alterazione numerica dei cromosomi in cui tutti i cromosomi sono presenti nello stesso numero di copie; come conseguenza una cellula euploide avrà un numero di cromosomi multiplo intero del numero aploide della specie. Dato che il numero normale di ogni cromosoma può essere 1 (fase aploide) o 2 (fase diploide) quasi tutte le mutazioni euploidi sono poliploidie, in cui tutti i cromosomi sono presenti un numero di volte maggiore del normale. La triploidia (3n) e la tetraploidia (4n) sono le poliploidie più frequenti ed interessanti. Le poliploidie si possono dividere in autopoliploidie, in cui gli assetti cromosomici, in numero più alto del normale, provengono dalla stessa specie, e allopoliploidie, in cui gli assetti cromosomici provengono da specie diverse. Le autoploiploidie possono derivare, in mitosi, dal blocco completo della divisione cellulare per cui entrambi i cromatidi fratelli di ogni cromosoma, invece di essere migrati ai poli opposti della mitosi e di essere quindi ripartiti in modo eguale tra le 2 cellule figlie, sono rimasti insieme nell’unica cellula figlia: invece di avere 2n cromatidi in 2 cellule figlie, si hanno 4n cromatidi in una sola cellula figlia. Dopo la duplicazione dei cromosomi, questa cellula possiede 4n cromosomi e, se non ci saranno ulteriori blocchi della mitosi, trasmetterà alla progenie il proprio corredo cromosomico tetraploide (4n); se la mitosi bloccata corrisponde alla 1° divisione dello zigote, tutte le cellule dell’individuo che ne deriva saranno 4n, per cui possiamo dire che quell’individuo è tetraploide. 2 n cromosomi duplicati BLOCCO DELLA MITOSI 4 n cromatidi
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Origine di mutazioni numeriche:2 AUTOPOLIPLOIDIE B- MEIOSI E FECONDAZIONE
Blocco di una delle due divisioni meiotiche Le autoploiploidie possono derivare, nella fecondazione, dalla fecondazione multipla del gamete immobile (ovulo, uovo) da 2 gameti mobili (spermatozoi, nuclei pollinici); è un evento raro in natura, poiché ci sono molti meccanismi di difesa contro di esso in tutti i viventi; il suo risultato è la formazione di zigoti (e quindi di organismi) triploidi. Le autoploiploidie possono derivare, nella meiosi, dal blocco completo di una delle 2 divisioni meiotiche per cui si formano gameti anomali diploidi, che non hanno subito la riduzione meiotica. Quando gameti diploidi non ridotti partecipano alla fecondazione con gameti normali, ne derivano zigoti triploidi. Fecondazione multipla Gamete non ridotto ZIGOTE 3 n
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Origine di mutazioni numeriche:3 ALLOPOLIPLOIDIE
MEIOSI ABORTIVE, STERILITA’ Fecondazione interspecifica, fra specie diverse ma compatibili, con sviluppo dell’ibrido MEIOCITA ALLOTETRAPLOIDE Salto di una mitosi nella linea germinale MEIOSI NORMALI Le allopoliploidie sono generate da un percorso obbligato a 2 tappe. La prima tappa è una fecondazione interspecifica in cui le 2 specie coinvolte abbiano i loro cromosomi abbastanza simili da poter interagire nello sviluppo della progenie ibrida, quindi in grado di consentire la vita e la salute degli ibridi, ma abbastanza diversificati da non potersi più appaiare in meiosi. L’ibrido viene chiamato anfidiploide, è sano e vitale ma completamente sterile, poiché, in mancanza dell’appaiamento dei cromosomi omologhi, la distribuzione dei cromosomi in 1° divisione meiotica è casuale e i gameti che si formano presentano aneuploidie complesse. Se, come avviene nelle piante e in alcuni animali, l’ibrido anfidiploide è in grado di riprodursi senza meiosi (partenogenesi, riproduzione vegetativa) si può sviloppare una popolazione geneticamente uniforme (un clone) di individui anfidiploidi. La seconda tappa è il salto di una mitosi nella linea germinale in alcuni individui anfidiploidi; si formano così cellule allotetraploidi in cui ogni cromosoma ha un cromosoma identico a sé con cui appaiarsi in 1° divisione meiotica; queste cellule sono in grado di formare gameti bilanciati anfidiploidi; dalla fecondazione di 2 gameti anfidiploide si forma uno zigote allotetraploide in grado di svilupparsi e di dare vita ad un individuo allotetraploide, sano, vitale e del tutto fecondo. Zigote anfidiploide ibrido, vitale ma sterile FECONDAZIONE fra gameti anfidiploidi ZIGOTE ALLOTETRAPLOIDE INDIVIDUO ALLOTETRAPLOIDE FECONDO GAMETE ANFIDIPLOIDE
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Comportamento in meiosi delle mutazioni cromosomiche (I divisione meiotica): Mutazioni sbilanciate (duplicazioni e delezioni in eterozigosi, trisomie e monosomie) GAMETI NORMALI 50% A B A B B A B A GAMETI SBILANCIATI 50% Le mutazioni sbilanciate, sia strutturali (deplicazioni e delezioni in eterozigoti) che numeriche (trisomie e monosemie), quando effettuano la 1° divisione meiotica, producono tutte lo stesso risultato: a un polo va il cromosoma normale (in alto nella diapositiva, i cromosomi verde scuro), all’altro vanno gli assortimenti sbilanciati (in basso nella diapositiva, i cromosomi verde chiaro): da sinistra a destra il cromosoma con duplicazione, il cromosoma con delezione, nessun cromosoma di quella coppia di omologhi, 2 cromosomi di quellaa coppia di omologhi. Ne consegue che un individuo eterozigote per una duplicazione o delezione, trisomico o monosomico produce metà gameti normali e metà gameti sbilanciati, rispettivamente con la delezione, con la duplicazione, nullisomici e disomici. Con duplicazione Con delezione Disomico Nullisomico Un individuo eterozigote per una mutazione sbilanciata produce metà gameti normali e metà gameti sbilanciati
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Comportamento in meiosi delle mutazioni cromosomiche (I divisione meiotica): autopoliploidia
Le cellule autopoliploidi in meiosi I realizzano modalità di appaiamento irregolari: si formano trivalenti, univalenti ecc. a fianco dei normali bivalenti; di conseguenza i cromosomi segregano irregolarmente e si formano sempre gameti con aneuploidie multiple: la conseguenza è la sterilità Una cellula autopoliploide che deve affrontare la 1° divisione meiotica, invece di avere una coppia di omologhi per ogni cromosoma, condizione che assicura l’accuratezza dell’appaiamento e il corretto svolgimento della 1° divisione meiotica, presenta un numero più alto di omologhi per ogni cromosoma. Così si verificano numerosi errori di appaiamento (univalenti, trivalenti) che determinano errori di segregazione nella 1° divisione meiotica per la maggior parte dei cromosomi; quindi un individuo autopoliploide produce una grande maggioranza di gameti con aneuploidie complesse, quindi ha una fecondità molto ridotta o nulla.
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Comportamento in meiosi delle mutazioni cromosomiche (I divisione meiotica): inversioni paracentriche in eterozigosi A B C D E Crossing over all’interno dell’ansa fra i geni B e C A B C B D A E B D A E Anafase I C D E B E C D A I gameti con i prodotti del crossing over nella regione invertita (2 su 4) non sono vitali Le diapositive descrivono il comportamento dei riordinamenti strutturali bilanciati (inversioni paracentriche e pericentriche, traslocazioni reciproche, fusioni centriche) in condizione eterozigote in 1° divisione meiotica. Poiché l’appaiamento tra gli omologhi è preciso, i bivalenti che coinvolgono un cromosoma con un inversione e il suo omologo normale presentano una caratteristica ansa in corrispondenza della regione invertita: uno dei 2 omologhi forma un “cappio” (il cromosoma rosso, con l’inversione, nelle diapositive 18-19), l’altro si piega a ferro di cavallo (il cromosoma nero, normale, nelle diapositive 18-19). Se in un’inversione paracentrica in eterozigoti avviene un crossing over entro l’ansa in corrispondenza della regione invertita, 1 dei 2 cromatidi coinvolti nel crossing over non ha alcun centromero, e non prenderà parte, per questo, alla 2° divisione meiotica e di conseguenza verrà perduto; l’altro, invece, ha due centromeri che, facendo parte di 2 diversi cromosomi omologhi, sono necessariamente tirati verso i poli opposti, sottoponendo così il proprio cromatidio a un vero e proprio tiro alla fune; si forma un “ponte” di cromatina (la sostanza di cui sono costituiti i cromosomi, instabile, che si rompe, dando luogo a ulteriori riordinamenti cromosomici complessi, incompatibili con la vita dell’embrione, se un gamete che contiene un segmento rotto del cromatidio di centrico prende parte alla fecondazione. Dunque i due cromatidi che hanno subito il crossing over non possono essere trasmessi alla progenie, mentre i cromatidi che non lo hanno subito sono pienamente compatibili con la vita e trasmissibili alla progenie. A D C B E Il cromatidio dicentrico è instabile: forma un ponte di cromatina che si rompe e si perde Il frammento acentrico si perde
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Comportamento in meiosi delle mutazioni cromosomiche (I divisione meiotica): inversioni pericentriche in eterozigosi Crossing over all’interno dell’ansa fra i geni B e C Cromatidi sbilanciati C B D A E B D A E A B C D E Anafase II E D C B E Anafase I A D C B A A D C B E Se in un’inversione pericentrica in eterozigoti avviene un crossing over entro l’ansa in corrispondenza della regione invertita, i 2 cromatidi coinvolti nel crossing over presentano ciascuno una duplicazione e una delezione complementari alla delezione e alla duplicazione corrispondente dell’altro (il cromatidio nero/rosso, il secondo dall’alto nella diapositiva, presenta una duplicazione per il gene E e una delezione per il gene A, mentre il cromatidio rosso/nero, il terzo dall’alto, presenta una duplicazione per il gene A e una delezione per il gene E); se i gameti che possiedono questi cromatidi prendono parte alla fecondazione, gli sbilanciamenti dovuti alla duplicazione e alla delezione possono compromettere lo sviluppo dello zigote che ne deriva. Dunque i due cromatidi che hanno subito il crossing over non possono essere trasmessi alla progenie, mentre i cromatidi che non lo hanno subito sono pienamente compatibili con la vita e trasmissibili alla progenie. I gameti con i prodotti del crossing over nella regione invertita (2 su 4) sono sbilanciati, con delezioni e duplicazioni complementari; quindi non sono vitali o lo sono poco
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Comportamento in meiosi delle mutazioni cromosomiche (I divisione meiotica): traslocazioni reciproche in eterozigosi C A B C A B C D C D Segragazione adiacente: si formano coppie di gameti sbilanciati con delezioni e duplicazioni complementari Segregazione alternata: si formano coppie di gameti bilanciati: 2 con i cromosomi normali e 2 con i cromosomi traslocati Anafase I A B E F D E F A B E F D E F Poiché l’appaiamento tra gli omologhi è preciso, i 2 cromosomi con la traslocazione reciproca e i loro 2 omologhi normali si appaiano in un’unica struttura, un quadrivalente cruciforme, in cui ogni regione cromosomica è appaiata alla propria regione omologa. Se, durante la 1° divisione meiotica segregano allo stesso polo i cromosomi opposti lungo la diagonale (il cromosoma azzurro in alto a sinistra insieme al cromosoma rosso in basso a destra e, al polo opposto, il cromosoma azzurro/rosso in basso a sinistra insieme al cromosoma rosso/azzurro in alto a destra), i 4 prodotti della meiosi che ne risultano saranno tutti bilanciati; questa modalità di segregazione è chiamata segregazione alternata (a sinistra nella diapositiva); il risultato della segregazione alternata è che a un polo migrano insieme i 2 cromosomi normali, all’altro i 2 cromosomi con la traslocazione. Se, invece, segregano allo stesso polo i cromosomi adiacenti (il cromosoma azzurro in alto a sinistra insieme al cromosoma rosso/azzurro in alto a destra e, al polo opposto, il cromosoma azzurro/rosso in basso a sinistra insieme al cromosoma rosso in basso a destra), i 4 prodotti della meiosi che ne risultano saranno tutti sbilanciati (una duplicazione di C e una delezione di E ed F per i 2 prodotti che derivano dal polo in alto; una duplicazione di E ed F e una delezione di C per i 2 prodotti che derivano dal polo in basso); questa modalità di segregazione è chiamata segregazione adiacente (a destra nella diapositiva); il risultato della segregazione alternata è che a entrambi i poli migrano un cromosoma normale e un cromosoma con la traslocazione.
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Comportamento in meiosi delle mutazioni cromosomiche (I divisione meiotica): fusioni centriche in eterozigosi Segragazione con non disgiunzione secondaria: si formano coppie di gameti sbilanciati con nullisomie e disomie complementari Segregazione corretta: si formano coppie di gameti bilanciati: 2 con i cromosomi normali e 2 con il cromosoma fuso A B C A B C A B C A B C A B C A B C Poiché l’appaiamento tra gli omologhi è preciso, il cromosoma metacentrico derivato dalla fusione e i 2 omologhi telocentrici normali si appaiano in un’unica struttura, un trivalente, in cui ogni regione cromosomica è appaiata alla propria regione omologa. Se, durante la 1° divisione meiotica segregano allo stesso polo i 2 cromosomi acrocentrici (i 2 cromosomi rossi) e, al polo opposto, il cromosoma metacentrico (azzurro), i 4 prodotti della meiosi che ne risultano saranno tutti bilanciati (a sinistra, nella diapositiva). Se, invece, segregano allo stesso polo il cromosoma metacentrico (azzurro) e uno dei 2 cromosomi acrocentrici (rossi), i 4 prodotti della meiosi che ne risultano saranno tutti sbilanciati e complementari (una nullisomia e una disomia del cromosoma con B e C, nello schema al centro e una nullisomia e una disomia del cromosoma con A, nello schema a destra).
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Effetti genetici delle mutazioni cromosomiche in eterozigosi
1) INVERSIONI: soppressione dei prodotti del crossing over entro la regione invertita; riduzione della fecondità. 2) TRASLOCAZIONI, FUSIONI E FISSIONI CENTRICHE: pseudoassociazione fra i geni dei cromosomi coinvolti; riduzione della fecondità. 1) Inversioni: la soppressione del crossing over nella regione invertita deriva dal fatto che, quando questo crossing over si realizza, i suoi prodotti non sono vitali e non dsnno luogo a una progenie vitale. Questa è anche la causa della riduzione della fecondità. 2) Traslocazioni: per le traslocazioni, solo la segregazione adiacente produce spore o gameti bilanciati; quando si realizza questo tipo di segregazione, i due cromosomi normali, che derivano dallo stesso genitore, vanno allo stesso polo, mentre al polo opposto vanno i 2 cromosomi coinvolti nella traslocazione, che derivano dall’altro genitore; così gli alleli che si trovano sui due cromosomi normali segregano sempre insieme, nella segregazione alternata, come se fossero sullo stesso cromosoma; lo stesso ovviamente avviene per gli alleli che si trovano sui cromosomi coinvolti nella segregazione; per questo si parla di pseudo-associazione. Il fatto che la segregazione adiacente produca gameti o spore sbilanciati giustifica la riduzione della fecondità. 3) Fusioni: la pseudoassociazione riguarda gli alleli presenti sui 2 cromosomi telocentrici omologhi al cromosoma metacentrico derivato dalla fusione; infatti l’unica modalità di segregazione bilanciata è quella per cui il cromosoma metacentrico va a un polo e i 2 cromosomi telocentrici all’altro. Il fatto che talvolta un cromosoma telocentrico migra allo stesso polo del cromosoma metacentrico giustifica la riduzione di fecondità. 4) Delezioni: la soppressione del crossing over nella regione deleta deriva dal fatto che non ci può essere né appaiamento né crossing over se manca una delle 2 regioni omologhe. La pseudodominanza consiste nell’espressione di alleli recessivi, che quindi si comportano come se fossero alleli dominanti, presenti nel cromosoma omologo normale nella regione corrispondente alla delezione: infatti nel cromosoma con delezione mancano i corrispondenti alleli dominanti capaci di ipedire l’espressione degli alleli recessivi presenti sul cromosoma omologo. 3) DELEZIONI, MONOSOMIE: soppressione del crossing over entro la regione deleta; pseudodominanza (la delezione di un allele dominante consente l’espressione di un allele recessivo)
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Mutazioni Geniche Mutazione genica: evento per cui un gene si trasforma da una forma allelica ad un’altra e il nuovo allele è ereditato secondo le leggi di Mendel. Retromutazione: mutazione da un allele anormale ad un allele standard. Mutazione morfologica: mutazione che si esprime in un’alterazione della forma dell’organismo. Mutazioni letali,subletali, detrimentali: mutazioni che determinano la morte, la bassissima sopravvivenza o il danneggiamento dell’organismo. Mutazioni condizionali: mutazioni il cui fenotipo si manifesta solo in particolari condizioni ambientali. Mutazioni biochimiche: mutazioni che determinano la perdita o il cambiamento di un passaggio biochimico. Mutazioni nutrizionali: mutazione per cui microrganismi passano da un genotipo standard con cui è possibile la crescita con terreno minimo (prototrofi) a un nuovo genotipo in cui è richiesta la somministrazione supplementare di specifiche sostanze (auxotrofi). Mutazioni per resistenza: mutazioni che determinano la capacità di resistere a sostanze tossiche o a organismi patogeni cui invece il genotipo standard è sensibile. Mentre le mutazioni cromosomiche producono una modificazione nel numero o nella posizione dei geni, ma non provocano la comparsa di nuovi alleli, il risultato delle mutazioni geniche è proprio la comparsa di nuovi alleli. La classificazione delle mutazioni geniche presentata in questa diapositiva è operativa e non corrisponde a classi effettivamente diverse di mutazioni, che invece verranno definite nella sezione 4. La presente classificazione delle mutazioni geniche è relativa soprattutto agli effetti fenotipici che esse determinano. Di particolare importanza sono le mutazioni nutrizionali e per resistenza che consentono di selezionare i rari mutanti nei microrganismi; infatti sia nelle muffe che nei batteri e nei virus raramente si manifestano fenotipi morfologicamente riconoscibili (forma delle colonie o delle placche di lisi: vedere sezione 2); molto più facile è studiare un fenotipo semplice: la capacità o meno di sopravvivere, proliferare e produrre colonie in un terreno selettivo. Se, per esempio, un ceppo batterico non è capace di produrre l’aminoacido lisina, essenziale per la sopravvivenza, perché sopravviva è necessario che cresca su un terreno contenente lisina; un simile batterio è un mutante nutrizionale, detto anche auxotrofo, perché normalmente i batteri sono in grado di produrre da soli la lisina. Se però si seminano questi batteri mutanti in un terreno selettivo privo di lisina, capace di selezionare i rari retromutanti capaci di produrre lisina, quindi capaci di crescere in un terreno “minimo” (glucosio, sali, acqua; questi batteri sono detti prototrofi), solo questi ultimi sono in grado di crescere e formare colonie. La stessa procedura riguarda la resistenza (a virus, sostanze nocive); un esempio classico è la resistenza agli antibiotici: un terreno contenente streptomicina è un terreno selettivo in grado di selezionare i rari mutanti resistenti alla streptomicina in una popolazione batterica normale, sprovvista di questa resistenza. Sono questi i tipi di mutazioni, e gli alleli che ne sono derivati, che hanno consentito di mappare i cromosomi batterici attraverso la coniugazione e la traduzione (vedere credito 2).
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L’analisi dei mutanti nei batteri: il piastramento in replica
Per potere effettuare mappe dei cromosomi batterici mediante la frequenza di ricombinazione, è necessario disporre tecniche semplici e efficaci di selezione di nuovi alleli, originati per mutazione (vedere serie 3). La maggioranza dei fenotipi studiabili nei batteri consistono nella capacità di crescere in condizioni “restrittive”, cioè con un nutrimento impoverito o in presenza di agenti tossici. Normalmente i batteri sono in grado di costruire tutte le molecole biologiche utili: basta una scorta di glucosio e sali minerali (terreno di coltura “minimo”). Alcuni mutanti, detti “nutrizionali”, non sono più in grado di costruirsi una data sostanza necessaria; quindi non riescono più a crescere su terreno minimo e richiedono un terreno arricchito della sostanza che non riescono più a produrre. Normalmente i batteri non sono in grado di crescere in presenza di antibiotici. Alcuni mutanti, detti “di resistenza”, riescono a distruggere la molecola di antibiotico e sono quindi in grado di crescere in un terreno che contiene l’antibiotico. Una semplice tecnica che ha consentito di isolare e studiare i batteri mutanti è il piastramento in replica; si fanno crescere numerose colonie batteriche in un terreno non selettivo; alla fine della crescita ogni colonia occupa una posizione precisa nella piastra di coltura. A questo punto si passa un tampone di velluto sterile sulla piastra piena di colonie, ciascuna delle quali rilascerà, in una posizione precisa e riconoscibile, alcuni batteri; si trasferisce quindi il tampone su diverse piastre contenenti invece un terreno selettivo; i batteri raccolti dal tampone si poseranno, almeno in parte, sul terreno di coltura, nelle stesse posizioni che avevano sul tampone e, quindi, nella piastra originale. Ma solo i batteri che derivano dalle rare colonie mutanti, presenti nella piastra originale, saranno in grado di crescere e formare nuove colonie nel terreno selettivo (colonie rosse). È immediatamente possibile verificare se l’identificazione della colonia mutante nella colonia originale era corretta: basta prendere alcuni batteri di quella colonia con un ago da microbiologia e seminarli su una piastra che contiene lo stesso terreno selettivo; se questi sono in grado di crescere e di formare colonie, l’identificazione della colonia mutante era corretta. Come controprova si tenta di seminare su una piastra che contiene lo stesso terreno selettivo qualche batterio di una colonia non mutante (colonie azzurre) che ci si aspetta che non crescano. Terreno non selettivo Terreni selettivi
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Il test di fluttuazione sull’origine delle mutazioni
Numerosità iniziale in ogni provetta: batteri Tasso di mutazione: 1 ogni 107 batteri per generazione Frequenza attesa di provette in cui la mutazione è avvenuta alla 4°generazione: 8 su 100 Frequenza attesa di provette in cui la mutazione è avvenuta alla 2° generazione: 2 su 100 frequenza attesa di mutanti in quelle provette alla 5° generazione: 2 frequenza attesa di mutanti in quelle provette alla 5° generazione: 8 Il test di fluttuazione è stato progettato circa a metà del secolo scorso da Luria e Delbruck per rispondere a una domanda cruciale sulla natura delle mutazioni, in particolare delle mutazioni geniche. La domanda è la seguente: quando si seminano i batteri in un terreno selettivo e si vedono comparire colonie di batteri mutanti, in grado di crescere in condizioni restrittive, l’azione delle condizioni restrittive (p. es. la presenza di streptomicina) consiste nella selezione dei mutanti preesistenti, originatisi casualmente per mutazione durante le precedenti generazioni, oppure nell’induzione di nuove mutazioni, per cui i nuovi mutanti costituiscono una reazione adattativi alle condizioni ambientali avverse. Se è vera la prima risposta, la variabilità genetica dovuta alle mutazioni preesiste alle condizioni ambientali avverse, che semplicemente selezionano i genotipi mutanti, in quanto più adatti. Si tratta della classica teoria evolutiva darwiniana. Se è vera la seconda risposta, la variabilità genetica dovuta alle mutazioni è causata dalle condizioni ambientali avverse, che inducono i genotipi mutanti, che sono in grado di sopravviverein quanto più adatti. Si tratta della classica teoria evolutiva lamarkiana. Se è vera la prima risposta, ci si aspetta che le mutazioni siano avvenute con uguale probabilità in tutte le generazioni cellulari precedenti la semina sul terreno selettivo. Se è vera la seconda risposta, ci si aspetta che le mutazioni siano avvenute tutte dopo la semina sul terreno selettivo. Ammettendo un tasso di mutazione di una mutazione ogni 10 milioni di batteri per ogni generazione, seminando inizialmente centomila batteri per provetta, se è vera la prima risposta, cioè se le mutazioni avvengono con uguale probabilità in tutte le generazioni cellulari precedenti la semina sul terreno selettivo, ci si aspetta una mutazione ogni 100 provette alla generazione 1, 2 ogni cento alla generazione 2 (i batteri sono raddoppiati di numero), 4 ogni 100 alla terza (batteri quadruplicati) 8 ogni 100 alla quarta (batteri ottuplicati). Le provette in cui la mutazione è avvenuta alla generazione 1 presentano16 mutanti alla generazione 5; le provette in cui la mutazione è avvenuta alla generazione 2 presentano 8 mutanti alla generazione 5; le provette in cui la mutazione è avvenuta alla generazione 3 presentano 4 mutanti alla generazione 5; le provette in cui la mutazione è avvenuta alla generazione 4 presentano 2 mutanti alla generazione 5. Quindi, se è vera la prima risposta, cioè se le mutazioni avvengono con uguale probabilità in tutte le generazioni cellulari precedenti la semina sul terreno selettivo, ci si aspettano poche provette con molti mutanti e molte provette con pochi mutanti. Ammettendo le stesse condizioni iniziali (centomila batteri per provetta, tasso di mutazione di una mutazione ogni 10 milioni di batteri per ogni generazione), se è vera la seconda risposta, cioè se le mutazioni avvengono tutte dopo la semina sul terreno selettivo, non ci si aspettano mutazioni nelle generazioni precedenti la semina su terreno selettivo e, se la semina su terreno selettivo avviene alla quinta generazione, ci si aspettano 16 mutazioni ogni 100 provette; in queste provette ci si attende di trovare, sempre nella generazione 5, 1 mutante. Quindi, se è vera la seconda risposta, cioè se le mutazioni avvengono solo in corrispondenza con la semina sul terreno selettivo, ci si aspettano solo molte provette con pochi mutanti. Il risultato sperimentale ottenuto è stato conforme a quanto atteso in base alla veridicità della prima risposta: poche provette con molti mutanti e molte provette con pochi mutanti; quindi le mutazioni preesistono al trattamento con il terreno selettivo, quindi le mutazioni non sono adattative. Questo risultato è uno dei più alti tra quelli che hanno portato il sostegno della genetica allo studio delle teorie evolutive, segnando la definitiva vittoria del darwinismo Si è effettivamente verificato che poche provette avevano molti mutanti (mutazioni precoci) e molte avevano pochi mutanti (mutazioni tardive) Dunque le mutazioni preesistono al trattamento, che quindi non le induce ma le seleziona soltanto: le mutazioni non sono adattative Numerosità finale in ogni provetta: 1,6x106 batteri
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Test di mutagenesi: i loci specifici
Trattamento mutageno aabbccdd AABBCCDD X ABCD gameti normali (999) abcd gameti (1000) AaBbCcDd AbCD gamete mutato (1) I test di mutagenesi servono a mettere in evidenza l’eventuale effetto mutageno di agenti fisici, chimici o biologici, eventualmente di mettere in evidenza la relazione fra la dose dell’agente studiato e la frequenza delle mutazioni indotte e il meccanismo di azione dell’agente considerato. Oggi esiste una vasta gamma di test di mutagenesi, su esseri viventi diversi (batteri come Escheirichia coli o Salmonella typhimurium; funghi come il lievito o Neurospora crassa; piante come il mais, la cipolla, la fava; animali come Drosophila, le cavallette, i topi, i ratti; cellule animali coltivate in vitro come i linfociti umani) con metodi diversi (analisi genetica della progenie, osservazione al microscopio dei cromosomi) per vedere mutazioni diverse (mutazioni geniche e cromosomiche). Nella presente diapositiva è presentato il test dei loci specifici, che si fonda sull’analisi genetica di un incrocio in cui un maschio omozigote dominante per diversi geni (AABBCCDD nella diapositiva) viene trattato con un agente mutageno che può indurre sporadicamente alcune mutazioni geniche nella linea germinale (c’è una mutazione da B a b in 1 gamete su 1000); quindi si incrocia questo individuo con femmine omozigoti recessive per gli stessi geni (aabbccdd nella diapositiva). I 999 gameti ABCD, fecondando gameti abcd, danno vita a 999 zigoti, e quindi a 999 individui, AaBbCcDd, che hanno lo stesso fenotipo del padre (testa larga, orecchie corte, colore celeste, zampe nere), mentre il gamete AbCD, fecondando gameti abcd, danno vita a 1 zigote, e quindi a 1 individuo, AabbCcDd, che ha lo stesso fenotipo del padre per 3 caratteri (testa larga, colore celeste, zampe nere) e quello della madre per 1 carattere (orecchie lunghe). Osservando il rapporto 999:1 nella progenie possiamo affermare che il trattamento mutageno ha indotto 1 mutazione su 1000 gameti per il gene B; poiché non si sono osservate mutazioni per gli altri 3 geni, possiamo dire, più in generale, che che il trattamento mutageno ha indotto 1 mutazione su 4000 gameti in generale. Ripetendo l’esperimento con dosi diverse dell’agente mutageno, si può osservare una diversa frequenza di gameti mutanti, e quindi definire la relazione dose/effetto mutageno; nel grafico in basso a destra nella diapositiva è descritta una relazione dose/effetto lineare (la frequenza di mutazioni indotte è direttamente proporzionale alla dose somministrata). Il test dei loci specfici viene utilizzato nei topi, in Drosophila, nel mais. % mutant i AabbCcDd Dose mutageno
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EFFETTI BIOLOGICI DELLE MUTAZIONI: 1 mutazioni germinali
Le mutazioni che insorgono in meiosi o dopo o che vi passano senza subire variazioni, determinano nella progenie i seguenti effetti: 1) MUTAZIONI GENICHE: il loro effetto dipende dalla dominanza e dal tipo di selezione cui sono sottoposte. 2) MUTAZIONI CROMOSOMICHE SBILANCIATE (delezioni, duplicazioni, aneuploidie): sono dannose in eterozigosi e ancora più dannose in omozigosi. 3) MUTAZIONI STRUTTURALI BILANCIATE (inversioni, traslocazioni, fusioni-fissioni centriche): producono un difetto di fecondità negli eterozigoti Numerose sono le mutazioni geniche note nell’uomo che hanno un effetto negativo o letale, che diano origine ad alleli dominanti (nanismo acondroplastico, corea di Huntington, neurofibromatosi) o recessivi (xeroterma pigmentoso, anemia falciforme, distrofia muscolare di Duchenne, emofilia). Alcune mutazioni che riguardano i geni dell’emoglobina (anemia falciforme, talassemia) hanno un effetto letale o subletale in omozigosi (anemia falciforme, morbo di Cooley), mentre, in eterozigosi (falcemia, talassemia minor), sono vantaggiose nelle regioni malariche perché rendono i portatori più resistenti alla malaria. Complessivamente circa l’1,2% dei nati vivi è portatore di una nuova mutazione genica, mentre lo 0,61 è portatore di una nuova mutazione cromosomica; tra queste le mutazioni cromosomiche strutturali bilanciate (0,16%), le aneuploidie dei cromosomi sessuali, cioè la sindrome di Turner - X0, la sindrome di Klinefelter – XXY (0,18%) e la trisomia del cromosoma 21, sindrome di Down (0,12%) sono particolarmente frequenti. Le mutazioni cromosomiche pesano moltissimo nel determinare la mortalità prenatale dovuta agli aborti spontanei: circa il 15% dei concepimenti riconosciuti, cioè in cui si è realizzato l’anidamento dela blastocisti, si risolve in un aborto spontaneo; la metà degli aborti spontanei è dovuta a mutazioni cromosomiche, tra cui vi sono le mutazioni cromosomiche strutturali strutturali (3% degli aborti spontanei), le triploidie e le tetraploidie (11%), le trisomie di quasi tutti i cromosomi (26%), la monosomia del cromosoma X – XO – che nei nati vivi da la sindrome di Turner (9%). 4) AUTOPOLIPLOIDIE: sono mal tollerate negli animali, ben tollerate nelle piante ma del tutto sterili. 5) ALLOPOLIPLOIDIE: sono ben tollerate nelle piante e del tutto feconde.
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EFFETTI BIOLOGICI DELLE MUTAZIONI: 2 mutazioni precoci e somatiche
Mutazioni precoci: determinano i loro effetti specifici in settori del corpo tanto più ampi quanto più precoce è la mutazione; sono una delle cause del mosaicismo. Mutazioni somatiche: il rischio più rilevante è il cancro, che viene indotto da mutazioni che coinvolgono geni connessi al controllo della proliferazione cellulare attraverso diversi meccanismi: espressione di nuovi alleli dovuti a mutazione genica; effetto di posizione in inversioni e traslocazioni, per cui un gene modifica la sua espressione in funzione dei geni adiacenti; alterazione del dosaggio genico in seguito a mutazioni cromosomiche sbilanciate pseudodominanza, per cui si manifestano alleli recessivi in seguito alla perdita dei corrispondenti alleli dominanti in seguito a delezione o monosomia. I mosaici sono organismi in cui sono presenti cloni di cellule geneticamente diverse fra loro in seguito a una mutazione precoce. Più precoce è la mutazione, più ampio è il clone mutato. L’effetto biologico del mosaicismo dipende dal gene mutato e dall’estensione del clone mutato. L’origine genetica del cancro è ormai accertata: in alcuni casi il meccanismo scatenante consiste nell’ativazione eccessiva o nell’inattivazione di geni connessi con il controllo della proliferazione cellulare; per la maggior parte dei casi si tratta di mutazioni geniche o cromosomiche, numeriche o strutturali. La cellula mutata prolifera senza più controllo e costituisce un clone tumorale.
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EFFETTI EVOLUTIVI DELLE MUTAZIONI
1) MUTAZIONI GENICHE: danno origine a nuovi alleli, sono quindi la fonte primaria della variabilità genetica; il loro effetto dipende dal tipo di selezione cui sono sottoposte. 2) DUPLICAZIONI: possono dare origine a nuovi geni, consentendo il cambiamento nel tempo e la complessificazione delle specie. 3) INVERSIONI, TRASLOCAZIONI, FUSIONI-FISSIONI: la riduzione di fecondità degli eterozigoti favorisce l’isolamento riproduttivo e la nascita di nuove specie. Le mutazioni sono la fonte primaria della variabilità genetica delle popolazioni che, negli eucarioti, viene enormemente amplificata dalla ricombinazione (vedere sezione 2). La variabilità genetica fornisce il materiale su cui agisce la selezione (vedere sezione 5) e le altre forze che agiscono sull’evoluzione. La variabilità genetica assicura la versatilità adattativi alle popolazioni che la posseggono e favorisce la loro evoluzione. Complessivamente le mutazioni forniscono nuovi alleli (mutazioni geniche), nuovi geni (duplicazioni, allopoliploidia) e favoriscono la nascita di nuove specie (traslocazioni, inversioni, fusioni centriche e allopoliploidia). 4) ALLOPOLIPLOIDIA: può dare origine a molti nuovi geni, avendo un intero genoma “in eccesso”; gli allopoliploidi costituiscono nuove specie, dato che gli ibridi fra l’allopoliploide e le specie da cui origina è del tutto sterile;
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