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PubblicatoGiampaolo Corso Modificato 11 anni fa
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FEDRO 11 LA VITA Fedro (20 AC - 50 DC) stato un favolista latino attivo sotto Tiberio, Caligola, e Claudio. Nel quadro della letteratura della prima età imperiale, è stato uno dei pochissimi autori di nascita non libera: era infatti schiavo trace e nei manoscritti delle sue opere e citato come libertus Augusti, poiché sembra che sia stato liberato dall'imperatore. LE OPERE Fedro scrisse cinque libri di Fabulae (il titolo integrale è: Phaedri Augusti liberti fabulae Aesopiae), ma, di esse, ne restano appena novantatré : troppo poche, in verità, data anche la limitata estensione della maggior parte di esse, per pensare che potessero formare davvero un complesso di cinque libri. Si sospetta, perciò, a ragione, che ogni libro (specialmente il II e il V) sia stato sottoposto, attraverso i secoli, a tagli immeritati per ragioni didattiche e moralistiche, dal momento che il testo di Fedro divenne, presto, lettura di scuola. Non pare che questo umile favolista abbia ottenuto un notevole successo, almeno presso il pubblico dotto, ma i suoi testi, riscoperti nel XV secolo, furono ripagati da notevole fortuna in età moderna. Il favolista Jean de La Fontaine gli deve molto e le favolette di Fedro, per il loro stile semplicissimo e i loro contenuti moraleggianti, ebbero notevole impiego nell'insegnamento scolastico del latino. Nel prologo del IV libro egli dichiara che le sue favole sono “esopie”, cioè seguono il genere di Esopo, ma non “esopiche”, perché molte di esse si ispirano a soggetti nuovi («novis rebus»), non trattati dal «gobbo frigio». Tali sono, ad esempio, tutte quelle di ambiente romano, suggerite dalla dura realtà della vita, da fatti, costumi e personaggi dell' epoca, che entrano a far parte di quel variopinto mondo animalesco nel quale pare rispecchiarsi tutta L'umanità, con le sue tendenze e i suoi difetti, con i suoi istinti e i suoi peccati. La prepotenza, L'astuzia e L'ipocrisia, L'ingordigia e la rapacità, la vanagloria, la servilità, la ferocia, la crudeltà, la vendetta e quant'altro simile trovano espressione allegorica nel leone, nel lupo, nella volpe, nel cane, nell' aquila, nel pavone, nel corvo, nella pantera, nel coccodrillo, nel serpente: non c'è animale domestico e selvatico dei più comuni che non figuri nella ricca galleria fedriana, a rappresentare un certo tipo di umanità, a richiamare la riflessione moralistica (spesso amara!) dello scrittore Fedro. 11/25/11
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Lupus et agnus il lupo e l’ agnello
22 Lupus et agnus il lupo e l’ agnello Ad rivum eundem lupus et agnus venerant siti compulsi; superior stabat lupus longeque inferior agnus. Tunc fauce improba latro incitatus iurgi causam intulit. «Cur» — inquit — «turbulentam fecisti mihi aquam bibenti?». Laniger contra timens: «Qui possum, quaeso, facere, quod quereris, lupe? A te decurrit ad meos haustus liquor». Repulsus ille veritatis viribus: «Ante hos sex rnenses male, ait, dixisti mihi». Respondit agnus: «Equidem natus non eram». «Pater hercle tuus, ille inquit, male dixit mihi». Atque ita correptum lacerat iniusta nece. Haec propter illos scripta est homines fabula, qui fictis causis innocentes opprimunt. IMMAGINE 11/25/11
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Un lupo e un agnello, erano giunti al medesimo ruscello spinti dalla sete; il lupo era superiore (in un luogo più alto) l’agnello di gran lunga in basso. Allora il brigante sollecitato dalla sua insaziabile fame suscitò un pretesto per litigare. «Perché», disse, « mi hai reso torbida l’acqua che bevevo?». L’agnello, timoroso, di rimando : «In che modo posso di grazia fare ciò che ti lamenti, lupo? L’acqua scorre da te alle mie labbra». Quello spinto dalla forza della verità: «Hai sparlato di me, sei mesi fa». L’agnello rispose: «In verità non ero nato». «Tuo padre in verità, quello aveva sparlato di me». E così afferra l’agnello e lo sbrana per un’ingiusta morte. Questa favola è stata scritta per quegli uomini, che opprimono gli innocenti con finti pretesti. 11/25/11
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IL LEONE INVECCHIATO, IL CINGHIALE, IL TORO E IL SOMARO
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Oramai distrutto dalla vecchiaia e senza più forze, un vecchio leone, giaceva al suolo ed a malapena riusciva a respirare , quando un cinghiale si avvicinò e con un colpo, vendicò un torto subito anni prima. Fu poi la volta di un toro, che, con una cornata lo trafisse, ed infine, un somarello, accortosi che il leone si lasciava colpire senza reagire, gli ruppe, a furia di calci, la fronte. Privo di sensi ed oramai in fin di vita, pare che il leone abbia pronunciato queste parole:"lasciarmi insultare dai forti, l'ho tollerato, anche se a malincuore, ma essere costretto a sopportare Te, o somarello, e' come se morissi due volte". Morale: colui che prima o poi perde il prestigio, diventa facile bersaglio persino dei codardi (insomma il giorno del "caione" viene per tutti). 11/25/11
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RISCRITTURA DELLA FAVOLA …
Oramai distrutto dalla vecchiaia e senza più forze, un vecchio Filippo, giaceva al suolo ed a malapena riusciva a respirare , quando un Adolfo si avvicinò e con un colpo, vendicò un torto subito anni prima. Fu poi la volta di una nonna (Alberto, ovvero Maria),che con una cornata lo trafisse, ed infine, una Marta e Sara Landi, accortasi che il Macino si lasciava colpire senza reagire, gli ruppe, a furia di calci, la fronte. Privo di sensi ed oramai in fin di vita, pare che il Macino abbia pronunciato queste parole:"lasciarmi insultare dai forti, l'ho tollerato, anche se a malincuore, ma essere costretto a sopportare Te, o Smartarella , e' come se morissi due volte". Morale: colui che prima o poi perde il prestigio, diventa facile bersaglio persino dei codardi (insomma il giorno del "caione" viene per tutti). 11/25/11
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