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La tassazione di dividendi e plusvalenze LEZIONE 2
Tassazione internazionale delle società - PARTE II Clamep Economia della tassazione e della regolazione dei mercati finanziari-Clamfim 4 crediti – 30 ore
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Utili societari I dividendi possono essere soggetti a doppia imposizione Vi sono buone motivazioni per “sistema classico”? Sistemi di integrazione più rigorosi (ma di difficile applicazione) Partnership approach Tassazione dividendi in via ordinaria in capo al socio e plusvalenze da utili trattenuti alla maturazione Sistemi di integrazione più frequentemente adottati tassazione utili trattenuti con imposta societaria credito di imposta o, più recentemente, attenuazione tassazione in sede personale (aliquote di ridotta entità o solo parziale inclusione nella base imponibile imposta personale) tassazione agevolata anche per plusvalenze
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Dividendi: funzionamento del credito di imposta
Obiettivo, se piena integrazione su utili distribuiti: T= Tp +Ts= tpDIV L’imposizione complessiva coincide con l’imposta sul socio; si ha piena integrazione fra le due imposte. L’imposta societaria (funge da “acconto” dell’imposta personale. Es. utili tutti distribuiti a un solo azionista: UD=U(1-ts), dove ts = aliquota imposta societaria Tp = tp(UD+ts/(1-ts) UD) - ts/(1-ts) UD, dove tp = aliquota imposta personale Tp = tpUD/(1-ts) -UD ts/(1-ts) = (tp-ts)UD/(1-ts) Tp = U(tp-ts) T = Tp+Ts =tpU-tsU+tsU= tp U NB se il socio è società di capitali tp=ts; Tp = 0, non c’è doppia (o multipla) tassazione a fronte di diversi passaggi societari. Se tp<ts: rimborso!
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Credito di imposta ai dividendi
Credito totale (in Italia opzionale per partecipazioni non qualificate) completa eliminazione della doppia imposizione tassazione dei dividendi solo con PT (es.Irpef) l’imposta societaria funge da acconto Sistema abolito in Italia (2004) e anche in altri paesi europei, perché incompatibile con i principi del Trattato dell’UE, se limitato ai residenti e ai dividendi di fonte interna Sentenze della ECJ Soluzioni diverse nei vari paesi, ma nessuno ha esteso il credito
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Integrazione fra imposte personali e societarie in Italia
Occorre distinguere fra partecipazioni qualificate e non: Qualificate: 2% dei diritti di voto in assemblea ordinaria e 5% del capitale se società quotate; 20% dei diritti di voto o 25% del capitale se non quotata Tassazione dei dividendi in capo a un socio persona fisica: Dal 1978 al 2004: credito di imposta ai dividendi (opzionale al 12,5% per partecipazioni non qualificate). La misura del credito variava al variare dell’aliquota, in modo da rendere il credito totale. Dal 2004: esenzione parziale, o cedolare (12,5%) se non qualificate. Non elimina la doppia imposizione Tassazione delle plusvalenze azionarie: Fino al 1990 sostanzialmente esenti Solo dal 1998 tassazione uniforme e generalizzata Problema della tassazione alla realizzazione o alla maturazione
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Tassazione dei soci in Italia (da 2004)
Situazione dal 2004: Tassazione dei dividendi e delle plusvalenze azionarie in capo a un socio persona fisica: Partecipazioni qualificate: inclusione del 49,72% dei dividendi nell’imponibile Irpef. La % è stata aumentata dal 40% al 49,72% a seguito della riduzione dell’aliquota Ires dal 33% al 27,5% Partecipazioni non qualificate: 12,5% Tassazione delle plusvalenze alla realizzazione
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Esercizio (1) 1. Nel 2003 l’aliquota Irpeg era il 36% e il credito di imposta i 9/16 dei dividendi netti. Le aliquote Irpef erano le seguenti: Fino a euro: 23% da a 29000: 29% da a 32600: 31% da a 70000: 39% oltre 70000: 45%. Descrivere il funzionamento del credito e ricavare l’imposizione complessiva sul socio e sulla società, nell’ipotesi di piena distribuzione degli utili e per diverse tipologie di azionisti. Calcolare se e se si quando poteva convenire ad un azionista con partecipazioni non qualificate optare per il credito, invece che per la tassazione definitiva del 12,5%.
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Esercizio (2) 2. Nel 2004 l’aliquota Ires è il 33% e un socio qualificato deve includere il 40% dei dividendi in Irpef. Le aliquote Irpef sono le seguenti: Fino a euro: 23% da a 33500: 33% da a : 39% oltre : 43% Calcolate se e se si quando il nuovo regime è più conveniente del precedente (usate nel confronto le nuove aliquote Irpef e ricalcolate il credito di imposta ai dividendi sulla base della nuova aliquota Ires del 33%) Calcolate la tassazione complessiva sui dividendi per un socio qualificato, ipotizzando che l’aliquota Ires sia il 27,5% e la percentuale di inclusione dei dividendi in Irpef sia il 49,72% Calcolate la tassazione complessiva sui dividendi nell’ipotesi di partecipazioni non qualificate
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Tassazione relativa di interessi, dividendi e plusvalenze azionarie
Interessi: deducibili (con limiti) in capo alla società; tassati con 12,5%-27% in capo al creditore Dividendi: tassazione in capo alla società + 12,5% o 49,72% nella base Irpef Plusvalenze: idem, ma alla realizzazione Anche considerando le imposte personali, il sistema tributario discrimina a favore del debito
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Confronto fra regimi: credito e parziale esenzione
Esercizio: rifare gli stessi calcoli con nuova aliquota Ires del 27,5% e aumento percentuale inclusione
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Imposta sui profitti e scelte di investimento e finanziamento (1)
Hp: prescindiamo da ammortamenti e, inizialmente, anche da imposte Un’impresa che massimizza i profitti impiega i fattori produttivi fino a che la produttività marginale uguaglia il loro costo. Le imposte introducono un “cuneo” fra questi due valori Questo “cuneo” è una misura da cui dipendono gli effetti distorsivi dell’imposta
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Imposta sui profitti e scelte di investimento e finanziamento (2)
Fk, r Assenza di imposte Fk B r Costo opportunità K0 K
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Imposta sui profitti e scelte di investimento e finanziamento (3)
Hp: imposta sui profitti con interessi deducibili. Finanziamento con debito L’imposta è neutrale (ma attenzione non stiamo considerando gli ammortamenti!)
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Imposta sui profitti e scelte di investimento e finanziamento (3)
Hp: imposta sui profitti. Finanziamento con capitale proprio L’imposta è distorsiva sulle scelte di investimento
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Imposta sui profitti e scelte di investimento e finanziamento (2)
Fk, r) Imposta sui profitti Fk Cuneo B r Costo opportunità K1 K0 K
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Conclusioni L’imposta sui profitti (con interessi deducibili e ammortamento uguale al vero ammortamento economico): è neutrale se il finanziamento è con debito è distorsiva se il finanziamento è con capitale proprio Distorce le scelte di finanziamento (incentivo a indebitarsi) Precisazioni/estensioni: Ammortamenti fiscali e “vero” ammortamento economico Imposte personali (ma abbiamo visto che in Italia non compensano la discriminazione in capo alla società) Inflazione (contribuisce ad avvantaggiare il debito)
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Tassazione delle plusvalenze
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Tassazione delle plusvalenze (CG): aspetti problematici (1)
Alcuni CG sono imputabili a variazioni nel livello dei prezzi: andrebbero tassate solo le plusvalenze reali (difficilmente si corregge per l’inflazione). In alcuni casi, es. zero coupon bond, le variazioni patrimoniali non si discostano dal reddito: andrebbero tassate come il relativo reddito es. interessi); così è in molti ordinamenti tra cui il nostro I CG possono essere di origine speculativa: vi è generalmente consenso che questi debbano essere tassati più onerosamente di altri CG, ma è difficile distinguere (in alcuni casi si fa riferimento al periodo di detenzione) Se i CG derivano da utili trattenuti e già tassati in capo alla società si pone problema di doppia imposizione I CG dovrebbero essere tassati al netto delle eventuali minusvalenze (solitamente le minusvalenze sono deducibili dai redditi di uguale natura per evitare comportamenti elusivi)
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Tassazione delle plusvalenze (CG): aspetti problematici (2)
Tassazione alla maturazione o al realizzo? Equità: secondo un concetto di reddito entrata andrebbero tassate alla maturazione Efficienza: la tassazione alla maturazione evita il fenomeno del lock in effect Elusione: la tassazione alla maturazione elimina l’interesse a trasformare altri redditi in plusvalenze, per beneficiare dei vantaggi del differimento, e a realizzare subito le minus, posticipando il realizzo delle plus Controindicazioni della tassazione alla maturazione: Difficoltà di conoscenza del prezzo di mercato del titolo (per titoli non quotati e per soggetti non tenuti alla contabilità a prezzi di mercato) Possibili vincoli di liquidità per il contribuente
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Tassazione retrospettiva delle plusvalenze maturate
Possibile applicazione: Si tassano le plusvalenze alla realizzazione Si corregge la tassazione per tener conto del vantaggio del differimento dell’imposta Se non si conosce il valore del titolo alla fine di ogni periodo (ossia il CG maturato di periodo in periodo) si può presumere un certo sentiero di maturazione delle plusvalenze Le imposte dovute su tali incrementi maturati (veri o presunti) vengono capitalizzate attraverso un opportuno tasso di interesse (ad esempio di un paniere di titoli rappresentativi) Un correttivo di questo tipo è stato introdotto con la riforma 1998 (equalizzatore). Abolito nel 2001
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Tassazione retrospettiva delle plusvalenze Hp: r=5%; t=10%; titolo acquistato 1/1/2001 al prezzo p=1000 e venduto il 31/12/2003 al prezzo di 1500 CG maturato Relativa imposta capitalizzata CG imputato (es. 1/3) 31/12/2001 200 0,10*200*(1+0,05)2 =22,05 166,67 0,10*166,67*(1+0,05)2 = 18,37 31/12/2002 100 0,10*100*(1+0,05) = 10,5 0,10*166,67*(1+0,05) =17,50 31/12/2003 0,10*200= 10 0,10*166,67 =16,667 Totale 500 52,55 52,54
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Riforma 1998: principali obiettivi
Prima della riforma: le plusvalenze erano generalmente escluse dal prelievo. Tassate solo se derivanti da titoli partecipativi (azioni o quote di società) con regimi sostitutivi fortemente agevolativi (tassazione sospesa per titoli quotati) Obiettivo riforma 1998: introdurre un sistema generale e omogeneo su tutti i redditi delle attività finanziarie. Finalità: Equità: evitare che redditi di uguale natura siano tassati in modo difforme; Efficienza: evitare di distorcere le scelte allocative; Efficacia antielusiva: se il sistema non è generale e uniforme si apre la possibilità di arbitraggi volti a sfruttare il differenziale di tassazione.
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Riforma 1998: principali caratteristiche
Principali caratteristiche della riforma 1998: Progressiva uniformità delle aliquote: ne permangono due (12,5% e 27%, tuttora in vigore) ma l’obiettivo era unificazione al 19% o 20% (come la prima aliquota Irpef di allora) Generalità della tassazione (soprattutto con la tassazione generalizzata delle plusvalenze e dei derivati) Tassazione delle plusvalenze alla maturazione Ampio coinvolgimento degli intermediari nell’accertamento e nel prelievo dell’imposta. Tre regimi di prelievo: Risparmio amministrato Risparmio gestito Regime della dichiarazione Con i primi due sistemi è centrale il ruolo degli intermediari. E’ garantito anche l’anonimato.
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Regime del risparmio amministrato
Risparmio amministrato: il risparmiatore tiene i propri titoli, quote o certificati in custodia o amministrazione presso intermediari, senza affidarne loro la gestione. La tassazione di interessi e dividendi avviene con le imposte sostitutive descritte in precedenza. Sulle plusvalenze l’intermediario effettua il prelievo del 12,5% sulla singola operazione. Le minus possono essere dedotte dalla plus nell’anno in corso o nei quattro successivi. Il prelievo avviene in forma anonima a carico dell’intermediario L’opzione per questo regime non è ammessa per le partecipazioni qualificate
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Regime del risparmio gestito (1)
Risparmio gestito: il risparmiatore affida a un intermediario la gestione di parte o di tutto il proprio patrimonio. E’ il sistema più innovativo della riforma 1998. Si applica con alcuni adattamenti anche ai fondi comuni e alle Sicav. In questo modo gestioni collettive e individuali del risparmio hanno lo stesso trattamento fiscale (il fisco è neutrale…) la tassazione dei redditi di capitale (interessi e dividendi) e dei redditi diversi (plusvalenze e proventi da derivati) è unitaria e contestuale la base imponibile, infatti, è il risultato netto di gestione: Valore del patrimonio al termine del periodo meno Valore del patrimonio all’inizio del periodo più prelievi meno conferimenti e altri redditi (es. i redditi tassati al 5%, ad eccezione depositi c/c bancari la cui giacenza media non ecceda il 5% dell’attivo gestito…. )
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Regime del risparmio gestito (2)
Sono dunque comprese nel risultato netto di gestione: Tutte le plusvalenze, I proventi dei prodotti derivati I redditi tassati al 12,5% Gli interessi sui c/c bancari la cui giacenza media non superi il 5% dell’attivo Il risultato netto di gestione: è tassato al 12,5% se negativo può compensare il risultato positivo dei periodi successivi, ma non oltre il quarto I CG sono tassati alla maturazione Il prelievo avviene in forma anonima Le minusvalenze e le altre perdite sono deducibili anche da redditi di diversa natura (es. interessi e dividendi tassati al 12,5%). Importante vantaggio rispetto agli altri regimi.
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Regime della dichiarazione
Regime della dichiarazione: opzionale ai primi due e obbligatorio nel caso il risparmiatore non si affidi ad un intermediario per la custodia o gestione delle proprie attività patrimoniali. I redditi di capitale (interessi e dividendi) sono assoggettati alle imposte sostitutive descritte in precedenza. Il regime non è anonimo ed è soggetto a monitoraggio
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Tassazione delle plusvalenze nei tre regimi
Riforma 1998: per equiparare la tassazione delle plusvalenze alla maturazione nel caso di risparmio gestito, con quella al realizzo, nel caso di dichiarazione e risparmio amministrato si applicava un correttivo chiamato equalizzatore. Equalizzatore abolito nel 2001 Adesso vi è un regime misto, che crea distorsioni Le plusvalenze realizzate nell’ambito del risparmio gestito sono tassate alla maturazione Le altre sono tassate al realizzo Discriminazione fra fondi comuni interni ed esteri (tassati al realizzo) Legge delega di riforma fiscale n. 80/2003 prevedeva il ritorno generalizzato ad un sistema di tassazione delle plusvalenze al momento del realizzo.
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Proposte di riforma: unificazione delle aliquote
Precedente governo: unificazione dell’aliquota al livello intermedio tra 12,5% e 27%. Sistema coerente di imposizione diretta tipo Dit Nordica Legge delega 80/2003: unificazione al 12,5%. Dibattito su opportunità innalzamento aliquota del 12,5% (tra le più basse nella UE, ma i confronti internazionali sono difficili) La differenza tra 12,5% e 27% non è giustificabile sia sotto il profilo dell’equità, sia sotto quello dell’efficienza Il livello a cui decidere di uniformare le aliquote dipende da molti fattori, ma soprattutto deve essere deciso congiuntamente alla tassazione del reddito di impresa e degli altri redditi, inclusi quelli di lavoro. Come abbiamo visto la tassazione dei redditi di capitale è un tassello centrale nel definire il sistema di imposizione diretta
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Effetti dell’unificazione delle aliquote
Un aumento generalizzato dell’aliquota del 12,5% potrebbe avere effetto controproducenti, come si nota dalla seguente tabella, che tiene conto anche dell’imposta societaria (Ires, ad aliquota del 33%) Occorre tenere conto dei riflessi dell’imposta societaria! L. F prevede riduzione Ires dal 33% al 27,5% e aumento percentuale inclusione in Irpef: cosa cambia? (rifare confronti).
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Proposte di riforma Governi di centro sinistra in genere favorevoli a aliquota intermedia tra 12,5% e 27% e tassazione delle plusvalenze alla maturazione (equalizzatore), ma con molte differenze che hanno impedito attuazione riforma; d.d.l. delega 2006 (non approvato) rinviava l’uniformità delle aliquote e prevedeva: Fondi comuni: tassazione alla realizzazione con equalizzatore (anche per fondi esteri); Tassazione alla maturazione (come adesso) per regime di risparmio gestito individuale (es. gestioni patrimoniali); Tassazione alla realizzazione per risparmio amministrato (come adesso), ma con equalizzatore e con possibilità di dedurre minusvalenze anche da redditi di capitale Governi di centro destra (es. legge delega 80/2003): favorevoli a unificazione aliquote al 12,5% e ritorno generalizzato ad un sistema di tassazione delle plusvalenze al momento del realizzo. Vedremo ….
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Proposte di riforma: principi
Il livello a cui decidere di uniformare le aliquote dipende da molti fattori, ma soprattutto deve essere deciso congiuntamente alla tassazione del reddito di impresa e degli altri redditi, inclusi quelli di lavoro. Come abbiamo visto la tassazione dei redditi di capitale è un tassello centrale nel definire il sistema di imposizione diretta
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Proposte di riforma: problemi
Timori che un aumento dell’aliquota del 12,5% possa rivelarsi un boomerang, con effetti negativi sul gettito: Costituisca in larga parte una partita di giro, per gli interessi sui titoli del debito pubblico. Argomentazione: per collocare i titoli più tassati lo stato dovrebbe aumentare il rendimento lordo; a fronte delle maggiori entrate vi sarebbero maggiori spese per interessi Obiezione: non vi può essere traslazione completa (i soggetti interessati all’aumento dell’aliquota detengono meno di un quarto dei titoli in circolazione) Possa provocare una fuga di capitali. Argomentazione: si preferirebbe investire all’estero per evitare la maggiore imposta. Obiezione: non vi è perfetta mobilità di capitali (ad es. home bias); vi è monitoraggio e soprattutto direttiva UE sullo scambio di informazioni. Tuttavia, la concorrenza fiscale può giustificare la non inclusione in Irpef (vedi motivazioni Dit Nordica) e t relativamente bassa.
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Riferimenti bibliografici
M.C. Guerra, Lettura 3, La tassazione dei dividendi Lettura 4, Tassazione delle plusvalenze Lettura 5 La tassazione delle attività finanziarie in Italia dopo la riforma Visco Approfondimenti: Ministero dell’Economia e delle finanze, Commissione di studio sulla tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, Relazione finale, Tributi, SSEF, G. Ricotti, A. Sanelli, Conti finanziari e fiscalità: un’analisi storica, presentato al Convegno “I conti finanziari: la storia, i metodi, l’Italia, i confronti internazionali”, Perugia, SADIBA, Banca d’Italia, 1-2 dicembre 2005.
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