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IL PROBLEMA “BORDERLINE”
Quando il termine borderline é usato nel più ampio senso di spettro o di organizzazione di personalità, tutti i disturbi di personalità del gruppo B, così come quelli del gruppo A possono essere riassunti sotto la categoria generica di condizioni borderline.
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Come il disturbo borderline di personalità si inserisce nel quadro delle diagnosi contigue
STPD MDD Bip-II PTSD BPD ASDP SPD Gravità della disfunzione sociale NPD AVPD HPD
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Concezioni dei disturbi borderline
Schizofrenia borderline (Kety) PD schizotipico (Rado, Meehl) schizofrenia Disturbi affettivi Disturbi affettivi atipici (D.Kein) BDP Organizzazione borderline di personalità (Kernberg) Sindrome Borderline (Grinker) Nevrosi
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Evoluzione storica del termine “Borderline”
Il concetto di borderline cominciò a imporsi all’attenzione tra la fine degli anni trenta e la prima metà degli anni cinquanta. Allo sviluppo di tale concetto contribuì la comparsa di fenomeni clinici che fino ad allora non erano stati previsti. Ad alcuni analisti accadde infatti che pazienti da loro trattati secondo la tecnica tradizionale sviluppassero sintomi psicotici; sembrò pertanto plausibile pensare di trovarsi di fronte a casi di psicosi in cui un aspetto nevrotico potesse fingere da copertura. Ciò avveniva in totale disaccordo con i capisaldi teorici della nosografia psichiatrica che sosteneva l’esistenza di due assetti fondamentali: le nevrosi di transfert e le nevrosi narcisistiche, cioè le nevrosi e le psicosi. Il fenomeno nuovo che si presentava era appunto la possibilità che ci fossero psicosi travestite da nevrosi.
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Evoluzione del costrutto borderline
Stern Rorschach Hoch, Polatin 1949 Knight Rado, 1956 1955 Frosch 1964 Grinker 1968 Kernberg Kety 1968 Masterson 1972 Adler Gunderson 1975 Perry 1977 Spitzer 1979 1980 BDO BSz STDP BDP
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Evoluzione del termine
Anni ‘30-’40 Pazienti non così malati da essere etichettati come schizofrenici ma troppo disturbati per essere sottoposti a trattamento psicoanalitico classico “Schizofrenia pseudonevrotica” di Hoch e Polatin (1949): pannevrosi; panansietà; pansessualità.
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Robert Knight (1954) : alterazioni dell’Io
Incapacità di programmare realisticamente Incapacità di difendersi contro gli impulsi primitivi Predominanza dei processi di pensiero primario sui processi di pensiero secondario
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Cluster analisi su 53 pazienti
Grinker (1968) Cluster analisi su 53 pazienti 14 fattori Quattro gruppi di soggetti lungo un ideale continuum nevrotico-psicotico Versante psicotico Sindrome borderline Gruppo “come se” Versante nevrotico
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Tipo I: Versante psicotico
Comportamento inappropriato e disadattativo; Problemi con l'esame di realtà e il senso di identità; Comportamento negativo e rabbia espressa apertamente;
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Tipo II: Nucleo della sindrome borderline
a) Affettività negativa pervasiva b) Volubile coinvolgimento con altri c) Rabbia agita d) Inconsistente identità di sé
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Tipo III: Gruppo “come se”
Tendenza a imitare l'identità degli altri Comportamento più adattativo Relazioni carenti in spontaneità e genuinità
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Tipo IV: Versante nevrotico
a) Depressione anaclitica b) Ansia c) Aspetti nevrotici e narcisistici
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Denominatori comuni Rabbia come affetto principale Difettualità nelle relazioni personali Assenza di una consistente identità del Sé Depressione pervasiva
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Depressione Anaclitica pervasiva, rabbia agita, disturbo dell’identità
Grinker, 1968 Tipo IV Depressione Anaclitica Ansia Aspetti Nevrotici e Narcisistici Tipo II Affettività negativa pervasiva, rabbia agita, disturbo dell’identità NEVROSI PSICOSI Tipo III Tendenza a imitare l’identità altrui, relazioni carenti in spontaneità e genuinità Tipo I Comportamento inappropriato, labile esame di realtà, rabbia espressa apertamente
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Gunderson (1975-1990) Riesame della letteratura descrittiva
Affettività intensa di natura depressiva o rabbiosa Impulsività; Adattamento superficiale nelle situazioni sociali; Episodi psicotici transitori; Tendenza a perdere i nessi associativi in situazioni non strutturate (test proiettivi); Relazioni instabili (da dipendenza a superficialità).
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Osservazioni di Kernberg (1967-2001)
Caratteristiche descrittive: Ansia libera Fobie multiple Sintomi ossessivi Reazioni dissociative Preoccupazioni ipocondriache Sintomi di conversione Spunti paranoidei Sessualità perversa polimorfa Abuso di sostanze
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Caratteristiche strutturali
Debolezza dell'Io Scivolamento verso processi di pensiero primario Operazioni difensive specifiche Relazioni patologiche internalizzate
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1) Debolezza dell'Io Un aspetto del funzionamento dell'Io risiede nella capacità di posticipare la scarica degli impulsi e di modulare affetti (ansia). I pazienti borderline hanno una debolezza aspecifica e difficoltà sublimatorie: (a) mancanza di tolleranza dell'angoscia; (b) mancanza di controllo degli impulsi; (c) mancanza di canali sublimatori evoluti;
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2) Scivolamento verso processi di pensiero primario:
Pressione di affetti intensi; episodi in un contesto di intatta valutazione della realtà. Propensione a virare verso modalità di pensiero irrazionali, oniroidi, nel contesto di capacità di esame di realtà generalmente integre
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3) Operazioni difensive specifiche
Scissione e identificazione proiettiva (idealizzazione primitiva, onnipotenza, svalutazione, diniego) (a) espressione alternante di comportamenti e atteggiamenti contraddittori che il paziente considera con mancanza di preoccupazione e con blando diniego; (b) divisione in compartimenti di tutte le persone che fanno parte dell'ambiente in un settore 'tutti buoni' ed in un altro 'tutti cattivi', con frequenti oscillazioni di settore per un determinato individuo; (c) coesistono prospettive e immagini di sé (rappresentazioni di sé) contraddittorie che si alternano nel loro predominio di giorno in giorno e di ora in ora.
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4) Relazioni patologiche internalizzate
Gli altri vengono visti come dei o demoni. A causa della scissione gli altri non sono integrati ed é impossibile apprezzare il mondo interno dell'altro e (scissione del sé) una continuità della propria identità
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Il modello evolutivo di riferimento è legato ai nomi di Margaret Mahler e di Melanie Klein
Se il problema delle psicosi secondo la tradizione era nel 'non investimento' dell'oggetto, per la Mahler diviene un difetto nella formazione della differenza fra sè e non sè: non si stabilisce il confine. La nostra nascita psicologica non coincide con la nascita fisica ed il senso dell'identità individuale si consolida progressivamente nei primi diciotto mesi di vita emergendo da una fusione simbiotica. Secondo la Mahler, in particolare, il primo sviluppo avviene attraverso tre fasi fondamentali: Fase autistica (0-2 mesi) Fase simbiotica (2-6 mesi) Fase di separazione-individuazione (6- 36 mesi)
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Fase autistica (0-2 mesi)
Il bambino appare del tutto chiuso in sé ed interessato esclusivamente alla propria sopravvivenza più che alle relazioni oggettuali Fase simbiotica (2-6 mesi) Il bambino inizia ad avere una vaga consapevolezza dell’esistenza della madre (risposta del sorriso, segue visivamente il volto materno), ma percepisce la diade madre-bambino come unità duale più che due oggetti separati
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Fase di separazione-individuazione (6-36 mesi) suddivisa in:
Sperimentazione Riavvicinamento Costanza oggettuale Differenziazione Differenziazione (6-10 mesi): Il bambino è consapevole della separatezza della madre e ricorre a delle strategie per tollerare l’assenza della madre; è questo il periodo degli oggetti transizionali winnicottiani (copertina, succhiotto…) che servono proprio a “presentificare” la madre quando questa è assente Sperimentazione (10-16 mesi): il bambino inizia a esplorare il mondo esterno grazie allo sviluppo delle abilità locomotorie, ma torna periodicamente dalla madre per “ricaricarsi” e la utilizza pertanto come base sicura per l’esplorazione
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Riavvicinamento (16-24 mesi): il bambino acquista una maggiore consapevolezza della separatezza della madre e della sua dipendenza da questa; questa consapevolezza gli fa sperimentare l’angoscia di separazione e fa sì che durante il gioco il bambino controlli continuamente la presenza della madre Verso la costanza oggettuale (24 mesi in poi): il bambino si percepisce come un individuo separato; l’integrazione degli aspetti buoni e cattivi della madre e la conseguente formazione di un oggetto totale (posizione depressiva) gli consente l’interiorizzazione dell’oggetto come presenza interna emotivamente confortante che sostiene il bambino durante l’assenza della madre. Siamo alle soglie della fase edipica
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Se ricordiamo le teorie della Klein, possiamo pensare che queste tappe evolutive avvengano all'interno di dimensioni affettive 'colorate' da aspetti libidici o aggressivi: avremo due stati affettivi che permeano la fusione. Questi 'affetti' sono dimensioni di stati di gratificazione e di 'dolore' che divengono pulsione libidica e pulsione aggressiva.
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“Propongo l'ipotesi che lo sviluppo di relazioni oggettuali guidate dagli affetti - in altre parole, le relazioni interpersonali, reali e fantasticate, interiorizzate nel contesto delle interazioni affettive come un mondo complesso di rappresentazioni di sè e dell'oggetto - costituisca il fattore determinante della vita mentale inconscia e della struttura dell'apparato psichico Negli stati gratificanti ci sarà fusione con un ambiente gratificante, in quelli spiacevoli “intrappolamento” in un ambiente frustrante. In entrambe le condizioni non c'è distinzione tra il Sè e l'altro, tra il bambino e la madre” (M.Klein)
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Il primo compito è differenziare sè e altro
Se questo non si realizza, non può emergere un senso del Sè come entità separata e distinta, non può svilupparsi un confine affidabile tra interno e esterno nè una chiara distinzione tra la propria esperienza personale , la propria mente e l'esperienza e la mente altrui. Il fallimento nel realizzare questo primo compito evolutivo fondamentale è il precursore cruciale e decisivo degli stati psicotici. Tutti i sintomi schizofrenici - allucinazioni e deliri, frammentazione - derivano dal fondamentale fallimento nella differenziazione tra le immagine del Sè e quelle degli oggetti.
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Il secondo compito è il superamento della scissione
Cioé della attribuzione di volta in volta a oggetto e sè (a questo punto separati) di qualità estreme. Le immagini del sè buone e gratificanti e le immagini dell'oggetto pieno d'amore sono unite da un affetto positivo mentre la coppia opposta é unità da affetti negativi. Tale scissione normale dal punto di vista evolutivo viene superata con il raggiungimento di oggetti buoni sia buoni che cattivi e di un sè sia buono che cattivo.
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Ciò permette la contemporanea integrazione degli affetti corrispondenti che ora sono più integrati: amore e odio non più amore o odio ; l'intensità viene temperata. Il fallimento esita nella organizzazione borderline. In termini kleiniani é prevalente la posizione schizo-paranoide. In termini mahleriani i pazienti borderline possono essere considerati come se rivivessero continuamente una crisi precoce in cui temono che i tentativi di separarsi provocheranno la scomparsa della madre.
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In particolare dunque il problema è nella sottofase di riavvicinamento per:
Scarsa disponibilità materna; Eccesso di aggressività costituzionale o esperienziale. Nella organizzazione nevrotica sè e oggetto sono differenziati e integrati.
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Il terzo compito evolutivo è il superamento del conflitto tra pulsioni e difese (influenze freudiane). Il mancato superamento di questa fase genera il quadro psicopatologico della nevrosi; i nevrotici infatti sono in grado di percepire la separazione sé/altro da sé ed hanno superato la scissione, ma vivono il conflitto tra le pulsioni e le difese Kernberg utilizza la teoria evolutiva freudiana nella spiegazione delle patologie “evolutivamente” più mature, mentre ricorre a quella delle relazioni oggettuali e della Psicologia dell’Io per la spiegazione delle patologie più gravi ed “evolutivamente” più precoci
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L'organizzazione borderline di personalità é centrata sul mantenimento della differenziazione sè-oggetto. E' un criterio che si rivela ampio ed é stato per questo criticato. Vi apparterrebbe infatti circa il 10% della popolazione fra i 18 e i 45 anni. Nell'area più vasta presa in considerazione possiamo identificare due modalità di base, probabilmente correlate con introversione ed estroversione da considerarsi come aspetti temperamentali.
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Criteri DSM IV per Disturbo Borderline di Personalità (DSM IV, A. P. A
Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé, e dell’affettività con impulsività marcata, comparsa entro la prima età adulta e presente in vari contesti come indicato da almeno cinque dei seguenti criteri: 1) Sforzi disperati di evitare l’abbandono reale o immaginario (non includere i comportamenti automutilanti e suicidari considerati al punto 5); 2) Modalità di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate da alternanza fra gli estremi di iper-idealizzazione e svalutazione;
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3) Disturbo dell’identità: l’immagine di sé o il senso di sé sono marcatamente e persistentemente instabili; 4) Impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto quali spendere, sesso, uso di sostanze, guida spericolata, abbuffate (non includere i comportamenti automutilanti e suicidari considerati al punto 5); 5) Ricorrenti minacce, gesti o comportamenti suicidari, o comportamento automutilante;
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6) Instabilità affettiva causata da marcata reattività dell’umore (ad esempio, intensa disforia episodica, irritabilità o ansia che di solito dura poche ore e soltanto di rado supera pochi giorni); 7) Sentimenti cronici di vuoto; 8) Rabbia immotivata e intensa o mancanza di controllo della rabbia (ad esempio, frequenti accessi di ira, rabbia costante, ricorrenti scontri fisici); 9) Gravi sintomi dissociativi o transitoria ideazione paranoide correlata a eventi stressanti.
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Una Spiegazione dei Criteri DSM-IV per il Disturbo Borderline di Personalità (Tratto da Gunderson, J.G., La personalità Borderline, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2003) Relazioni instabili e intense Questo criterio descrive le manifestazioni interpersonali di una scissione intrapsichica. Una caratteristica distintiva della patologia borderline è l’incapacità di vedere gli altri significativi se non in quanto idealizzati, quando gratificano, o svalutati, quando frustrano. A Otto Kernberg si deve il riconoscimento dell’importanza del costrutto kleiniano di scissione per il BPD. La sua teoria collega la scissione alla rabbia incontrollata, inizialmente rivolta ai caregiver sentiti come ancora necessari. In tal senso, questo criterio è strettamente legato a quello dell’abbandono.
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Impulsività Studi empirici hanno trovato che l’impulsività dei pazienti borderline è diversa rispetto a quella riscontrata in pazienti maniacali o antisociali, in virtù delle sue manifestazioni auto-lesionistiche. Pertanto, il soggetto con BPD che faccia abuso di sostanze avrà una maggiore possibilità di ricaduta se arrabbiato con il proprio tutor di AA, a causa di un’assenza o della sua mancanza di disponibilità. Il criterio dell’impulsività assimila a sintomi del BPD manifestazioni che altrimenti sarebbero considerate disturbi distinti (bulimia, uso di sostanze). Non è inoltre infrequente che i pazienti borderline sostituiscano un pattern impulsivo con un altro per esempio passando dall’infliggersi dei tagli all’assunzione di purganti, all’abuso di droghe.
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Rabbia Kernberg per primo ha suggerito che l’origine della psicopatologia borderline andasse ricercata in un’aggressività eccessiva dovuta o ad un eccesso della dotazione temperamentale o alla reazione del bambino ad un ambiente troppo frustrante. Il risultato è una rabbia estrema che causa successivi problemi quali la scissione e i comportamenti autodistruttivi. La rabbia del paziente può rilevarsi nella raccolta anamnestica da parte del clinico oppure mediante un’indagine attiva sulla rabbia: molti pazienti borderline sono consapevoli di sentirsi arrabbiati la maggior parte del tempo anche se esprimo tale rabbia solo di rado.
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Instabilità affettiva
La presenza di questo sintomo ha suggerito che la patologia di base dei pazienti borderline fosse riconducibile ai disturbi dell’umore, depressione o disturbo bipolare tipo II. Marsha Linehan e altri clinici di orientamento cognitivo-comportamentale hanno adottato il concetto di disregolazione affettiva quale nucleo essenziale della psicopatologia dei soggetti borderline suggerendo che le emozioni intense determinino i problemi comportamentali. A partire da questi presupposti, c’è stato un forte stimolo a sperimentare l’efficacia di farmaci per i disturbi dell’umore su pazienti borderline (SSRI). Le successive modificazioni di questo criteri a partire dal DSM III sono andati nella direzione di considerare tali fluttuazioni dell’umore come maggiormente reattive e meno durevoli di quelle che si osservano nei disturbi dell’umore.
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Senso di vuoto I primi analisti (Freud, Abraham) hanno concepito una fase orale dello sviluppo che, se completata senza successo, produce una disposizione adulta alla depressione e alla dipendenza, un legame oggettuale rabbioso. Questa concettualizzazione è stata modificata dai teorici delle relazioni oggettuali i quali hanno suggerito che le carenze nelle primissime cure parentali si risolvono nell’impossibilità di introiettare un “altro rassicurante” con una conseguente incapacità di autoconsolarsi o di evocare rappresentazioni di altri rassicuranti. Questa assenza interiore lascia il bambino vulnerabile e si è ipotizzato che ciò si manifesti nell’esperienza soggettiva del vuoto interiore. Il senso di vuoto è un sentimento viscerale, localizzato solitamente nell’addome o nel petto. Il senso di vuoto è inoltre un criterio esemplare nel discriminare il BPD da altri tipi di depressione e nel collegare l’esperienza soggettiva dei borderline a supposte carenze affettive.
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Paure abbandoniche Questo criterio rivela il fondamentale contributo di Masterson al costrutto borderline. E’ necessario distinguere questo criterio dalle più comuni e meno patologiche ansie da separazione. Sebbene i pazienti borderline siano abbastanza consapevoli dei timori abbandonici, alcuni sono talmente abituati all’acting out in relazione a tali timori che non riconoscono queste paure. Masterson ha ricondotto questo tratto ad un fallimento della sottofase di riavvicinamento (16-24 mesi) anche se questo criterio è attualmente considerato sintomo di un attaccamento precoce insicuro.
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Scompensi nell’esame di realtà
Questo criterio ha fatto la sua comparsa nel DSM IV ed è un derivato della prima letteratura clinica che parlava di un transfert psicotico e del potenziale scompenso psicotico del paziente borderline all’interno di setting non strutturati (test di Rorschach/ psicoanalisi).
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Comportamenti suicidari o automutilanti
Ricorrenti tentativi, atti o minacce di suicidio e comportamenti automutilanti rappresentano la peculiarità comportamentale del paziente borderline.
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Disturbo dell’identità
Questo criterio deriva dal concetto di Organizzazione Borderline di Personalità proposto da Kernberg, in particolare dalla “dispersione dell’identità” che l’Autore identifica come elemento chiave di tale organizzazione. A partire dal DSM-III questo criterio ha subito alcune modifiche e rielaborazioni per differenziarlo dalle problematiche di identità che sono elementi normali dello sviluppo psichico, soprattutto in adolescenza. In particolare, questo criterio si riferisce alla patologia del Sé cioè al fatto che individui borderline adulti presentino valori, abitudini, atteggiamenti dominati da chiunque stia con loro, fino al punto di percepirsi senza alcuna identità.
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Depressivo-masochistico Isterico Ossessivo-compulsivo
Meno grave Depressivo-masochistico Organizzazione di personalità nevrotica Isterico Ossessivo-compulsivo Dipendente Ciclotimico Organizzazione di personalità borderline “alta” Istrionico Sado-masochistico Narcisistico Narcisismo maligno Ipomaniacale Organizzazione di personalità borderline “bassa” Paranoide Ipocondriaco SCHIZOIDE Antisociale BORDERLINE Schizotipico Organizzazione di personalità psicotica Psicosi atipiche Più grave Introversione Estroversione
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