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PubblicatoNilda Pavan Modificato 10 anni fa
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Stili enunciazionali Forme della distanza e della vicinanza tra giornale e lettori Ricerca delle tracce enunciative: Destinatari espliciti / impliciti Pronomi Lessico Polifonia
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Espressività e costruzione della vicinanza
Due accezioni: Ricorso a forme oralizzanti: Mimesi del parlato Stile colloquiale “spinto o finto-conversazionale” (Dardano) Spazio del DD e dell’intervista Componente letteraria Figure di parola Traslati e metafore Dardano e Trifone (1997) contrappongono testi pragmatici e testi letterari (stile referenziale e stile espressivo) Tuttavia oggi non è più possible una rigida separazione, non solo sul fronte della scrittura giornalistica ma anche su quello della scrittura letteraria Vedi il caso di Roberto Saviano, Gomorra, 2006
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Semplicità e leggibilità
Testa, Lo stile semplice, Einaudi, 1997 “La semplicità espressiva, intesa come adozione di una lingua narrativa media e per quanto possibile uniforme, è a sua volta riconducibile al principio, retorico e stilistico, della leggibilità” Al centro dell’orbita descritta dallo stile semplice, assunto come figura del verosimile del romanzo e come forma testuale dell’opzione per una lingua media e comunicativa, sta come polo d’attrazione, il parlato-scritto, ovvero la mimesi letteraria del registro orale della lingua. L’influsso del parlato, che privilegia l’accostamento, la giustapposizione, rispetto alla concatenazione porta a privilegiare la modalità paratattica, con coordinazione sindetica (congiuntiva o avversativa) oppure asindetica (con virgola).
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Ibridità Diffusa presenza della componente espressiva nei testi giornalistici Mescolanza di testi e stili diversi Dardano parla di “testi misti”, testi nei quali avviene una mescolanza A) di forme proprie del parlato (parlato-scritto proprio dei giornali) (nella struttura delle frasi: paratassi, dislocazione a sinistra, sospensioni, autocorrezioni, ridondanza e ripetizioni, uso di particolari connettivi e formule allocutive ecc.) Sul piano lessicale: gergalismi e regionalismi B) di tecniche discorsive: citazioni, discorso riportato C) di campi di conoscenze e relativi modelli di azione: tipi testuali tendono a fondersi in tipi ibridi
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Forme di vivacizzazione
Dardano, La lingua dei media, in Castronovo e Tranfaglia, La stampa italiana nell’età della Tv, 1994: Indicazione di personaggi famosi con il semplice nome o con varie qualifiche (Giulio, Silvio, l’Avvocato, il Cavaliere) Congiunzione giornalistica iniziale (E, Ma, Poiché) Traslati e metafore sportive. Dopo le elezioni, palla al centro; un dribbling con la vita; processo Parmalat ai calci di rigore Titoli obliqui-ironici vs titoli sostanziali-referenziali
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Scelte espressive nel lessico
Incremento dello stile nominale Anafore e catafore (riprese e rinvii in avanti) Ampio spazio concesso al discorso diretto Ripetizioni, sul piano sintagmatico (epifora, anafora, simplochè) e sul piano paradigmatico (citazioni) Messa in scena Dislocazioni
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E e Ma all’inizio del titolo
E quella notte scomparve l’Urss Ma la Borsa argentina vola (La Repubblica ) Ma i falchi del Cavaliere ora agitano lo spettro del ‘94 (la Repubblica, ) E lunedì scioperano i bancari E adesso si salvi chi può (Il manifesto ) E in Italia vacilla il secondo pilastro (La Repubblica, Affari e finanza ) Ma in questa crisi ha fallito lo Stato
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E e Ma all’inizio di un periodo svolgono la funzione di congiunzioni testuali (Sabatini 1997:127): artificio retorico volto a stabilire una continuità del detto con il non detto (Contini 1968:279). A prima vista sembra mirato a vivacizzare e svecchiare le forme stilistiche. In realtà ha un risvolto strutturale e ideologico (Loporcaro 2005:67): “equivale a segnalare, testualmente, adesione all’idea della notizia come mito”, come “racconto che intrattiene e rinarra sempre la stessa storia, entro un flusso continuo”. Lule (2001:191): “In quanto mito, le storie dei notiziari perlopiù servono a preservare l’ordine sociale”
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News e features Cfr. Papuzzi, Professione giornalista, p. 105:
Negli Stati Uniti la nascita delle features risponde all’esigenza di vivacizzare il linguaggio della stampa: conseguenza della diffusione del mezzo televisivo; caratteristiche delle features: Maggiore energia creativa Libertà stilistica Sollecitazione dell’emozione Unione di informazione e intrattenimento Proiezione del lettore dentro la notizia
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New Journalism Movimento americano degli anni sessanta:
Truman Capote Gay Talese Tom Wolfe Introduzione di un criterio estetico nel giornalismo e creazione di una nuova forma letteraria: journalistic novel (termine introdotto da Capote; es. A sangue freddo); non fiction novel (Wolfe) Wolfe, The new journalism: eliminare la voce del giornalista per far parlare solo i fatti; dare al lettore l’impressione di essere sulla scena; narrare attraverso il punto di vista di persone coinvolte nella vicenda, impadronendosi della lingua, della cultura e dello stile dei soggetti coinvolti nella vicenda narrata Obiettivo: incuriosire ed emozionare il lettore
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Tecniche Costruzione della vicenda attraverso un montaggio di scene che esclude la voce del narratore Dialoghi che riproducono il parlato dei personaggi Punto di vista interno alla storia e moltiplicazione dei punti di vista Descrizioni realistiche dei dettagli, degli ambienti e degli stili di vita (autopsia sociale)
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Vs scrittura oggettiva (modello classico):
Scrittura soggettiva Atmosfera psicologica Emozioni Spettacolarizzazione Scrittura persuasiva Ambiguità (è il giornalista che parla o dà voce ai personaggi?) Punto di vista interno Prospettiva dei protagonisti o dei testimoni Vs scrittura oggettiva (modello classico): chiarezza e precisione dati, fonti Distanza dall’argomento: debrayage Punto di vista esterno
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Scrittura soggettiva e oggettiva
Due tecniche fondamentali di esposizione dei fatti: Oggettiva: i fatti sono oggettivati dall’esterno, il giornalista li riferisce al lettore dal suo punto di vista (es. Montanelli a Budapest nel 1956); distinzione tra giornalista e lettore, nessun rischio di identificazione; oggettività = dichiarazione di parzialità Soggettiva: i fatti sono esposti attraverso un punto di vista interno (es. Fallaci, Guerra del Golfo, 1991); la sua narrazione punta ad annullare la mediazione del giornalista per creare una identificazione tra giornalista e lettore nel teatro degli eventi; sollecitazioni di emozioni, sentimenti, dubbi; scrittura visiva (cinematografica): la percezione soggettiva del giornalista diviene quella del lettore Cfr. Papuzzi, Professione giornalista, Donzelli, 2010
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Stile sincopato Periodare monoproposizionale, giustapposizione di periodi brevissimi (andamento brachilogico e serrato). Mortara Garavelli parla di “triturazione sintattica”. È causato: dalla ricerca di chiarezza e incisività tipica della scrittura giornalistica (finalità denotativa), cioè da esigenze di focalizzazione dell’informazione e di valorizzazione di contenuti informativi Da finalità espressive, connotative
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Stile nominale Il linguaggio giornalistico fa ampio uso di frasi nominali, cioè senza verbo in posizione di predicato, che consentono brevità, incisività, pregnanza semantico-informativa. Più diffuse nei titoli, ma anche in apertura di un articolo, soprattutto di cronaca e di sport. Meno presenti nei brani argomentativi. Sciopero degli universitari contro il ministro Gelmini Colpite le postazioni italiane a Bassora Rientrano nello stile nominale le nominalizzazioni, cioè la preferenza per sostantivi astratti al posto di frasi verbali (frequente negli articoli di economia)
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Tendenza alla dissoluzione dei confini
Tra informazione e intrattenimento Tra giornalista e pubblico Tra giornalista e personaggi
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Forme colloquiali e gergali
Da sballo, il sesso elettronico / Ma vuoi mettere quello vero (Il Giornale, ) La voce narrante della informazione assume spesso il punto di vista dello spettatore: E adesso passiamo alla cronaca, e purtroppo dobbiamo dire che è successo ancora: qualcuno ha investito un passante ed è fuggito senza prestare soccorso (Tg1 h 20.00, E con l’estate tornano a tormentarci le zanzare tigre (Tg1 h20.00, )
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Identificazione del giornalista con il pubblico
Il Noi inclusivo: voce della comunità; costruzione di un soggetto collettivo (fallacia nazionalistica: es. “noi italiani”). Fusione fra l’istanza narrante e il pubblico in un tutto indistinto che è l’opposto di quanto si richiederebbe per una informazione referenziale (Loporcaro 2005:126). Discorso complice e non critico (Calabrese e Volli, I telegiornali:istruzioni per l’uso, 1995: ) Obiettivo: ribadire vincoli affettivi e ideologici
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Io, Tu La coppia io/tu possiede una speciale correlazione: la correlazione di soggettività. Io e Tu istituiscono la persona nel discorso, Egli (Ella) rapresenta un’invariante non personale (Benveniste, Struttura delle relazioni di persona nel verbo, in Problemi di linguistica generale I, pp. 269 sgg.)
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Noi Nei pronomi personali, il passaggio dal singolare al plurale non implica una semplice pluralizzazione: noi non è una molteplicità di oggetti identici, ma un congiungimento tra l’io e il non-io; in noi è sempre io che predomina in quanto non vi è noi che a partire da io, e questo io, per la sua qualità trascendente, si assoggetta l’elemento non-io. La presenza dell’io è costitutiva del noi. Noi si dice in un modo per me+voi (forma inclusiva) e in un altro per me+loro (forma esclusiva). In ognuna delle due forme ciò che predomina è una persona, io nell’esclusivo (che comporta il congiungimento con la non-persona, tu nell’inclusivo (che comporta il congiungimento della persona non soggettiva con io implicito… in noi inclusivo, che si oppone a lui, loro, è il tu a essere messo in rilievo, mentre nel noi esclusivo che si oppone a tu, voi, è sottolineato l’io (Benveniste, Struttura delle relazioni di persona nel verbo, in Problemi di linguistica generale I, pp. 278 sgg.)
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Noi come amplificazione
Noi non è un io quantificato o moltiplicato, è un io dilatato oltre la persona in senso stretto, accresciuto e nello stesso tempo con dei contorni vaghi…da un lato, con noi l’io si amplia in una persona più massiccia, più solenne o meno definita; è il noi maiestatico. Dall’altro, l’uso di noi smorza l’affermazione troppo decisa di io in un’espressione più larga e diffusa; è il noi dell’autore e dell’oratore (noi di modestia)…l’abituale distinzione di singolare e plurale deve essere, se non sostituita, almeno interpretata nell’ordine della persona da una distinzione tra persona ristretta (=singolare) e persona amplificata (=plurale) (Benveniste, ivi, p. 280)
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Applicazioni Nella comunicazione aziendale il ricorso alla I pers. plur. serve a enfatizzare gli sforzi degli amministratori e la positività dei risultati ottenuti, mentre i risultati meno positivi vengono presentati in modo impersonale (declinazione della responsabilità). L’uso della II pers. serve invece a stimolare un senso di appartenenza nel destinatario L’uso del passivo crea un’impressione di oggettività e di non responsabilità degli agenti (frequente nelle cronache sportive) oppure segnala un maggior distacco del narratore (giornalista) (cfr. Santulli, Il potere delle parole, le parole del potere, Angeli, 2005: 110)
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Nel giornalismo: Fairclough (1989:127-8) segnala la frequenza della forma inclusiva del noi negli editoriali politici. Implicazioni: il giornalista ha l’autorità di dar voce ai cittadini; rafforzamento dell’ideologia collettiva che enfatizza l’unità anziché la rappresentazione di prospettive specifiche. Loporcaro: Il noi nel Tg è indicatore di complicità tra giornalista e spettatatore; il notiziario mira a presentarsi come voce della comunità, costruzione di un soggetto collettivo (noi inclusivo), manifestazione di un patto di reciproca appartenenza tra emittente e destinatario. Strategia che serve a ribadire vincoli affettivi e ideologici.
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