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La disciplina della stampa
Maria Romana Allegri - Corso a. a Lezioni di diritto dell’informazione La disciplina della stampa Evoluzione storica e normativa
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La fase pre-costituente
Antecedenti storici La fase pre-costituente
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La tutela della libertà di stampa si afferma all’epoca dello Stato liberale (in Inghilterra nel 17esimo secolo, negli Stati Uniti e in Francia nel 18esimo) Art. 12 della Costituzione della Virginia, 1776: The freedom of the press is one of the great bulwarks of liberty, and can never be restrained but by despotic governments. Primo emendamento della Costituzione americana del 1787, poi confluito nel Bill of Rights del 1791: Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances Art. 11 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, 1789: La libre communication des pensées et des opinions est un des droits les plus précieux de l'Homme : tout Citoyen peut donc parler, écrire, imprimer librement, sauf à répondre de l'abus de cette liberté dans les cas déterminés par la Loi
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Il Regno d’Italia Statuto albertino, art. 28: La Stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo. _________________________________ Concezione liberale e giuspositivistica Riserva di legge = delega in bianco in favore delle maggioranze parlamentari
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Editto sulla Stampa (r. d. 69/1848)
No censura preventiva Sequestro facoltativo a discrezione del solo giudice, nei confronti di tutti gli stampati contro cui venga iniziata l’azione penale Obbligo per la stampa comune di deposito di copia dello stampato presso l’autorità giudiziaria Obbligo per la stampa periodica di comunicare alla segreteria di Stato per gli affari interni l’inizio delle pubblicazioni, la loro natura, la tipografia, il proprietario Obbligo di indicare un gerente responsabile per la stampa periodica (responsabile penalmente a titolo personale per gli articoli anonimi e a titolo di complicità con l’autore per quelli firmati) Reati a mezzo stampa relativi soprattutto alla contestazione della forma di Stato e di governo e all’apologia di reato Inoltre reati di ingiuria e diffamazione
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Leggi di polizia: 1859, 1865, 1889 Tendenza ad interpretare la comunicazione dell’avvio della pubblicazione come autorizzazione Tendenza ad utilizzare il sequestro indipendentemente dall’accertamento di responsabilità penali Tendenza ad estendere la responsabilità penale anche all’editore 1859: introduzione della licenza di polizia per l’esercizio dell’arte tipografia e dell’affissione 1889: la polizia può sequestrare direttamente affissioni offensive del buon costume, della pubblica decenza, della morale, dei privati cittadini (si attribuiva così alla polizia un potere di sequestro amministrativo preventivo)
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Distensione in epoca giolittiana
Legge 278/1906 Il giudice può autorizzare il sequestro degli stampati solo dopo l’accertamento della responsabilità penale e l’emanazione di una sentenza di condanna a carico del responsabile Sequestro preventivo, sempre ordinato dal giudice, solo per stampati contrari al buon costume o non depositati Abolita la licenza di polizia per l’esercizio dell’arte tipografica (resta solo quella per l’affissione e distribuzione di stampati)
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Recrudescenza durante il primo conflitto mondiale
Legge 83/1915 e r. d. 675/1915 L’esecutivo può vietare la pubblicazione di ogni notizia di carattere militare Il Prefetto può sequestrare le pubblicazioni non rispettose divieto Facoltà di sottoporre preventivamente gli stampati al Prefetto al fine di evitare il sequestro gradatamente ciò venne interpretato come un obbligo e si avviò quindi una forma di censura preventiva
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Il periodo fascista Tendenza ad interpretare restrittivamente tutti i diritti di libertà Tendenza al controllo da parte del governo di ogni attività Graduale acquisizione della consapevolezza del nesso fra comunicazione e politica D. l. 3288/1923 convertito in legge 2309/1925: Il gerente responsabile deve essere direttamente coinvolto nella gestione del periodico (direttore o uno dei principali redattori); la sua nomina è sottoposta a riconoscimento prefettizio ed è revocabile dal Prefetto; egli non deve essere un parlamentare (per evitare che fosse protetto dall’istituto dell’immunità parlamentare). Il gerente aveva responsabilità oggettiva per stampa periodica e responsabilità sussidiaria per stampa non periodica. (segue ...)
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Il periodo fascista (segue dalla slide precedente)
D. l. 1081/1924 convertito in l. 2307/1925: Ampi poteri discrezionali all’autorità di P. S. in materia di sequestro; possibilità per il Prefetto di diffidare il gerente responsabile, di revocarlo e di rendere impossibile la nomina di un nuovo gerente, determinando così la chiusura della testata. Legge 2307/1925 e r. d. 384/1928: Istituzione dell’Albo dei giornalisti. L’Ordine non venne mai istituito e le sue funzioni furono esercitate dal sindacato nazionale fascista dei giornalisti Con la legge 1307/ il gerente viene sostituito dal direttore responsabile, nominato dalla Corte d’Appello responsabilità oggettiva per fatto altrui
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Il periodo fascista: i reati a mezzo stampa
Il Codice Rocco (1930) ingloba tutti i reati a mezzo stampa (prima erano in parte nel Codice Zanardelli e in parte nell’Editto sulla Stampa). La responsabilità oggettiva grava sul direttore responsabile dei periodi e sull’autore (o, se ignoto, sull’editore o stampatore) delle pubblicazioni non periodiche. Arricchimento delle fattispecie criminose nelle quali la stampa costituisce elemento essenziale del reato o circostanza aggravante: tali reati, ad eccezione di quello di “diffamazione” sono considerati lesivi della “personalità interna e internazionale dello Stato (vilipendio, istigazione, apologia etc.) e di fatto servivano a reprimere ogni forma di dissenso politico. Leggi di pubblica sicurezza del 1926 e del 1931: recuperata la licenza per l’esercizio dell’arte tipografica; istituita licenza di polizia per affissioni cinematografiche e per comunicazioni parlate; possibilità per l’autorità di pubblica sicurezza di operare il sequestro preventivo in modo totalmente discrezionale, a prescindere dall’accertamento giudiziario della responsabilità penale o persino della sua presunzione.
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Il periodo fascista: gli interventi di sostegno economico
Sostegno economico alle imprese editoriali attraverso l’Ente nazionale cellulosa e carta (legge 1453/1935): contribuiti dapprima alle case editrici per l’acquisto di carta, poi anche alle cartiere nazionali. Nel 1935 viene istituito il ministero per la Stampa, che nel 1937 diventa Ministero per la Cultura popolare. Nel 1940 viene istituito l’Ente Stampa, alle dipendenze del Ministero, per la comunicazione politica del regime (garantire l’omogeneità e il coordinamento fra i mezzi di informazione) _____________________________________ Finalità: Sostegno all’industria nazionale nel periodo autarchico Controllo della stampa periodica e della comunicazione politica
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L’immediato dopoguerra (periodo costituzionale transitorio)
D. l. 727/1943: limitazioni ai passaggi di proprietà di imprese editoriali beneficiarie di sovvenzioni statali (per scoraggiare l’ingresso nell’editoria di soggetti contrari al mutamento di regime) D. l. 13/1944: obbligo di previa autorizzazione prefettizia per le pubblicazioni periodiche riportanti notizie o opinioni politiche. Violazioni sanzionate con il sequestro e con il divieto di proseguire la pubblicazione. D. l. 561/1946: abolito il sequestro preventivo ad opera dell’autorità di p. s. (sequestro solo repressivo, per decisione del giudice, solo per comprovata commissione di un reato a mezzo stampa); il sequestro preventivo resta solo per violazioni al buon costume e propaganda mezzi anticoncezionali. Con vari interventi legislativi fra il 1944 e il 1946 viene abolito il Ministero per la cultura popolare e viene istituito presso la Presidenza del Consiglio il Sottosegreteriato per la stampa e l’informazione.
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La disciplina della stampa nella Costituzione italiana
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La stampa ex art. 21 Cost. Divieto di interventi preventivi:
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Sequestro solo come strumento repressivo e riserva di legge: Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. Sequestro effettuato dalla polizia solo in casi urgenti, con convalida giudiziaria successiva: In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto. Pubblicità sul finanziamento dei periodici e riserva di legge: La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Limiti e riserva di legge: Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
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Cosa si intende per “stampa”?
Qualsiasi prodotto dell’attività editoriale (giornali, riviste, manifesti, volantini etc.). La legge sulla stampa (n. 47/1948) definisce come stampato «tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione». Comunque, in generale la normativa fa una distinzione fra stampa periodica e stampa non periodica (ad esempio in relazione all’obbligo di registrazione oppure al sostegno economico pubblico).
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Cosa si intende per “autorizzazione”? Cosa si intende per “censura”?
AUTORIZZAZIONI = provvedimenti preventivi che, rimessi al potere discrezionale dell’autorità amministrativa, potrebbero eventualmente impedire la pubblicazione degli scritti destinati al pubblico, come ad esempio di giornali e i periodici (Corte costituzionale, sentenza n. 31/1957). Cosa si intende per “censura”? CENSURA = istituto tipo del diritto pubblico, secondo cui gli organi dello Stato [...] esercitano autoritativamente un controllo preventivo sulla stampa, adottato con provvedimento contenente un giudizio sulla manifestazione del pensiero rimesso alla Pubblica Amministrazione (Corte costituzionale, sentenze n. 159/1970 e 93/1972). Entrambi sono provvedimenti di tipo preventivo, a differenza del sequestro, che è un provvedimento successivo. Il divieto di autorizzazioni e censure è costituzionalmente garantito per la sola stampa, e non per gli altri mezzi di comunicazione.
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La giurisprudenza costituzionale su autorizzazioni e censure
Nelle sentenze n. 159/1970 e n. 93/1972 la Corte ha esaminato la questione della c. d. “censura degli edicolanti”: «la cernita imposta ai rivenditori di giornali [...] non realizza certamente una forma di censura costituzionalmente illegittima. [...] i rivenditori di pubblicazioni periodiche non sono tenuti all’esame integrale e dettagliato delle stesse, prima di esporle in vendita, ma soddisfano il precetto loro imposto qualora, anche in rapporto al carattere della singola pubblicazione, ne esaminino almeno i titoli e le immagini più appariscenti ...». Nella sentenza n. 31/1957 la Corte ha stabilito che l’obbligo per la stampa periodica di registrazione presso il Tribunale non è assimilabile all’autorizzazione amministrativa vietata dall’art. 21 Cost. in quanto «la registrazione é disposta in seguito all'accertamento della rispondenza tra una situazione di fatto e le norme legislative. Ma non vi é margine di discrezionalità per l'organo competente ad emettere il provvedimento, poiché, come si é ricordato, l'autorità giudiziaria verificata la regolarità dei documenti, ordina l'iscrizione». Nella sentenza n. 38/1961 la Corte ha stabilito che la licenza di polizia per l’esercizio dell’arte tipografica non è assimilabile ad una autorizzazione vietata ex art. 21 Cost. poiché «oggetto dell'autorizzazione é non già la diffusione del proprio pensiero con i mezzi offerti dall'arte tipografica e dalle arti affini, ma l'esercizio di queste arti, delle quali é oggetto soltanto la riproduzione in numero illimitato di esemplari che contengano la manifestazione di un'opinione o di un pensiero quale si voglia».
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Il sequestro Strumento soltanto successivo (repressivo), sottoposto a riserva di giurisdizione e a riserva di legge assoluta e rinforzata, poiché è applicabile solo in due casi: nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi; nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. Il riferimento ai “delitti” significa che non si può procede a sequestro per motivi civilistici (Corte costituzionale, sentenze n. 122/1970 e 60/1976). I casi in cui si può procede a sequestro sono previsti da varie leggi (non una sola): artt. 3 e 16 della legge 47/1948: violazione delle norme sulla registrazione e sull’indicazione dei responsabili; d. l. 561/1946: stampati osceni o contrari alla pubblica decenza; art. 8 della l. 645/1952: stampa periodica che faccia apologia del fascismo. Art. 161 l. 633/1941 sul diritto d’autore: opere che violino il diritto di utilizzazione. La procedura urgente (4° comma art. 1 Cost.) è applicabile solo nel caso di stampa periodica e non di stampati non periodici.
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La giurisprudenza costituzionale sul sequestro
Sent. n. 122/1970 (sequestro operato al fine di far cessare l’abuso di immagine altrui): Nel caso in esame, il sequestro preventivo é ammissibile solo quando la pubblicazione dell'immagine attraverso la stampa integri la fattispecie prevista dall'art. 528 c.p. (pubblicazioni oscene), perché solo in tal caso si tratterebbe di un delitto per il quale espressamente la legge vigente autorizzi il provvedimento. Sent. n. 82/1975 (sequestro di pellicola cinematografica oscena): Il sequestro, quale strumento di prevenzione diretto a tutelare il buon costume, può trovare fondamento costituzionale nell'art. 21, u.c., Cost. quando venga disposto prima di una sentenza di proscioglimento oppure quando sia tenuto fermo in caso di sentenza di condanna, ma non ha più ragione d'essere e va quindi revocato se la decisione emessa dal giudice, sebbene gravata d'appello, abbia accertato l'assenza di antigiuridicità nella condotta dell'imputato e la non oscenità del bene sequestrato. Sent. n. 4/1972 (sequestro per apologia di fascismo): La formula dell'articolo 21 (legge sulla stampa) non é così univoca da potersene argomentare la volontà di introdurre una riserva qualificata di legge, potendo invece venire interpretata come indicativa del complesso delle norme riguardanti la materia, anche all'infuori della loro riunione formale in unica sede. Stesse conclusioni nella sent. n. 60/1976 (sequestro per violazione di norme sul diritto d’autore).
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La trasparenza delle fonti di finanziamento (art. 21 Cost., V)
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. In origine, i costituenti erano preoccupati del rischio di introduzione di inammissibili poteri di controllo da parte dello Stato sulle fonti di entrata dei giornali. Inoltre, la trasparenza delle fonti di finanziamento era percepita come possibilità per il cittadino di comprendere i condizionamenti economici cui le testate giornalistiche erano sottoposte e quindi la loro linea editoriale. Più recentemente, la norma è stata utilizzata come fondamento per la disciplina antitrust dei mezzi di comunicazione, intesa come garanzia del loro pluralismo.
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Obbligo di deposito di copie dello stampato presso la Prefettura.
La legge 8 febbraio 1948, n. 47 Emanata dall’Assemblea costituente prima del suo scioglimento. Avrebbe dovuto essere la “legge sulla stampa” di cui all’art. 21 Cost., ma costituisce solo un’attuazione iniziale del progetto. Obbligo di indicare nello stampato luogo, anno, generalità dello stampatore, dell’editore e del direttore responsabile. Rimane la figura del direttore responsabile, ma non è più necessario il riconoscimento prefettizio (vedi slide successiva). Obbligo di deposito di copie dello stampato presso la Prefettura. E’ reato solo l’omissione della registrazione e dell’indicazione dei responsabili (editore, stampatore, direttore): questi sono i delitti di cui parla l’art. 21 Cost.
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La legge 8 febbraio 1948, n. 47 (segue)
Abolizione dell’autorizzazione prefettizia, ma solo obbligo di registrazione presso il tribunale competente per territorio dei quotidiani e periodici. La registrazione ha solo fine certificativo e il Tribunale non ha poteri discrezionali, ma accerta solo la regolarità della documentazione presentata (Corte costituzionale, sentenza n. 13/1957). Mancata revisione della disciplina penalistica dei reati a mezzo stampa. Presenti alcune disposizioni integrative dell’art. 528 c. p. su tutela dei minori da pubblicazioni oscene o raccapriccianti. Introdotto l’istituto della rettifica, da compiersi entro termini brevi e con lo stesso rilievo tipografico della notizia.
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Excursus: la responsabilità del direttore della testata
Corte costituzionale, sentenza n. 3/1956: Quesito: la responsabilità del direttore di giornale, quale la configura l'art. 57, n. 1, c. p., rappresenta un caso di responsabilità personale oppure un caso di responsabilità per fatto altrui? Infatti, l’art. 27 Cost. precisa che «la responsabilità penale è personale». Soluzione: il direttore risponde per fatto proprio a titolo di colpa (omissione di controllo) e quindi la sua responsabilità viene meno per caso fortuito, forza maggiore, costringimento fisico o errore invincibile. (segue ...)
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La responsabilità del direttore della testata (segue)
Legge n. 127/1958, che ha modificato l’art. 57 c.p., che ora recita: «Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo dalla pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo». La stessa legge ha introdotto anche l’art. 57 bis c. p.: «Nel caso di stampa non periodica, le disposizioni di cui al precedente articolo si applicano all'editore, se l'autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l'editore non è indicato o non è imputabile». Secondo l’art. 58 c. p., inoltre, rubricato “stampa clandestina”: « Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche se non sono state osservate le prescrizioni di legge sulla pubblicazione e diffusione della stampa periodica e non periodica».
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La procedibilità dei reati a mezzo stampa (art. 58 bis c. p.)
«Se il reato commesso col mezzo della stampa è punibile a querela, istanza o richiesta, anche per la punibilità dei reati preveduti dai tre articoli precedenti è necessaria querela, istanza o richiesta. La querela, l'istanza o la richiesta presentata contro il direttore o vice- direttore responsabile, l'editore o lo stampatore, ha effetto anche nei confronti dell'autore della pubblicazione per il reato da questo commesso. Non si può procedere per i reati preveduti nei tre articoli precedenti se è necessaria una autorizzazione di procedimento per il reato commesso dall'autore della pubblicazione, fino a quando l'autorizzazione non è concessa. Questa disposizione non si applica se l'autorizzazione è stabilita per le qualità o condizioni personali dell'autore della pubblicazione».
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La disciplina dei reati a mezzo stampa
La disciplina del t. u. di pubblica sicurezza (1931) e del codice penale sui reati a mezzo stampa restava invariata. Azione riformatrice della Corte costituzionale: Dichiarato illegittimo l’art. 553 c. p. che puniva la propaganda di pratiche anticoncezionali (sent. 49/1971), basandosi sul concetto di evoluzione del costume. Varie sentenze (a partire dalla 9/1965) che circoscrivono il concetto di buon costume alla sfera del pudore sessuale. Ritenuto conforme a costituzione l’istituto dell’autorizzazione all’esercizio dell’arte tipografica: è legato all’esercizio di un’attività economica e non alla libera manifestazione del pensiero (sent. 38/1961). Ora abrogato dall’art. 16 del d.lgs. 112/1998. Dichiarato illegittimo l’art. 272 c.p. nella parte in cui puniva la propaganda diretta a distruggere o a deprimere il sentimento nazionale (sent. 87/1966): «Non trattasi quindi di propaganda che ha finalità illecite, e pertanto qualsiasi limitazione di essa contrasta con la libertà garantita dall'art. 21 della Costituzione».
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La disciplina dei reati a mezzo stampa (segue)
Sono rimasti a lungo nel codice penale varie fattispecie di reati (anche) a mezzo stampa: - Diffamazione - Propaganda antinazionale e sovversiva - Divulgazione di notizie coperte da segreto di Stato - Offesa e vilipendio delle pubbliche istituzioni - Offese al sentimento religioso - Apologia di reato - Istigazione a delinquere e a disubbidire alle leggi Molti di questi reati sono qualificati “contro l’ordine pubblico”, concetto estraneo alla Costituzione, anche se “salvato” in alcune pronunce della Corte come “ordine legale su cui poggia la convivenza sociale”. La l. 205/1999 ha abrogato varie fattispecie di reati di opinione, fra cui quello di “pubblica istigazione e apologia” e quello di “eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi o degli atti dell’Autorità”. Altri reati di opinione sono stati abrogati dalla l. 85/2006, fra cui le offese al sentimento religioso, oppure puniti più lievemente. Le pene, in alcuni casi, sono aggravate se il reato è commesso “pubblicamente”, cioè ad esempio a mezzo stampa (art. 266 c. p., u. c.)
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Attenzione alla differenza fra “reati di stampa” e “reati a mezzo di stampa”!!
I “reati di stampa” possono essere esclusivamente commessi da colui che scrive, trattandosi per lo più di violazioni della legge sulla stampa (es. il reato di stampa clandestina, le false dichiarazioni nella registrazione dei periodici, l’asportazione, la distruzione ed il deterioramento degli stampati). Si tratta generalmente di reati a contenuto omissivo. I “reati a mezzo di stampa”, invece, sono reati che possono essere commessi da chiunque, non esclusivamente attraverso la stampa (es. la diffamazione, che può essere perpetrata sia parlando con gli amici sia scrivendo sulle colonne di un periodico). Se però sono commessi attraverso la stampa, ciò ne rappresenta una aggravante. La distinzione rileva ai fini dell’individuazione della responsabilità penale del direttore della testata e anche agli effetti della forma del procedimento penale (ex art. 21 della l. 47/1948 è per i reati a mezzo della stampa quella del rito direttissimo, ove il pubblico ministero cita a giudizio l’imputato senza dover passare attraverso il filtro dell’udienza preliminare).
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La stampa come attività economica
La stampa non è solo un mezzo di manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost., ma anche un’attività economica ex art. 41 Cost.: L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. In base a questo si giustifica la normativa: che tutela il giornalista nei confronti dell’indirizzo editoriale del direttore di testata; che prescrive la responsabilità penale dell’editore; che prevede forme di sostegno economico alle imprese editrici; che detta regole antitrust per il sistema dei mezzi di comunicazione.
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Il sostegno economico alla stampa
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Il sostegno economico alla stampa
Negli anni immediatamente successivi all’entrata in vigore della Costituzione, permane il meccanismo di integrazione del prezzo della carta (legato all’istituto del prezzo amministrato dei quotidiani) ad opera dell’Ente nazionale cellulosa e carta (istituito con l. 1453/1935), e si aggiungono altre agevolazioni fiscali e riduzioni tariffarie alle imprese editoriali. L’Ente cellulosa e carta è stato posto in liquidazione con l. 595/1994. Tale impostazione non muta con la l. 168/1956 (Provvidenze per la stampa). Muta invece con la l. 1063/1971 (Provvidenze a favore dell’editoria giornalistica): oltre all’integrazione del prezzo della carta, spettano alle imprese editrici anche contributi straordinari finanziati dal bilancio statale, assegnati in modo inversamente proporzionale alla quantità di carta utilizzata l’anno precedente (così vengono agevolate le imprese editoriali minori); inoltre, forme di credito agevolato per le imprese editoriali.
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Il sostegno economico alla stampa con la legge 172/1975
Si inizia a comprendere il nesso fra sostegno alla stampa e pluralismo dell’informazione! Potenziamento delle forme di credito agevolato; allargamento dei soggetti beneficiari del contributo statale straordinario (es. anche agenzie di stampa, giornali italiani all’estero, periodici non quotidiani di vario contenuto); istituzione di commissione tecnica incaricata di verificare la sussistenza dei requisiti per accedere al contributo statale; obbligo di trasparenza finanziaria (bilancio-tipo) per le imprese che intendono accedere ai contributi; creazione del Registro nazionale della stampa quotidiana e periodica e delle agenzie di stampa.
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Il sostegno economico alla stampa con la legge 416/1981, con modifiche ed integrazioni successive
(leggi n. 67/1987, 250/1990, 595/1994, 549/1995, 650/1996) L’obiettivo che si intende raggiungere è quello di porre il settore della stampa in una condizione economica di autosufficienza nel giro di cinque anni, riducendo progressivamente l’erogazione di contributi diretti a carattere assistenzialistico e sviluppando, invece, il sistema della contribuzione indiretta.
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Il sostegno economico alla stampa: i contributi diretti
Contributi diretti alle imprese editoriali, a carattere transitorio e legati alla permanenza per altri 5 anni del prezzo amministrato dei quotidiani: - contributo fisso per ogni copia stampata, decrescente con l’aumento della tiratura; - contributo a favore delle imprese editrici di periodici, inversamente proporzionale alla quantità di carta utilizzata; - contributo per le pubblicazioni di elevato valore culturale (apposita commissione, che si basa sui criteri formulati dal Governo); - contributo per le pubblicazioni italiane all’estero (ripartito con criteri decisi dal Governo); contributo per le agenzie di stampa. Il prezzo amministrato dei quotidiani era stato deciso nel 1947 come misura transitoria, prorogata varie volte. La l. 67/1987 ha decretato la fine dell’istituto a partire dal 1988. La l. 67/1987 ha anche stabilito l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di destinare il 50% delle spese sostenute per la pubblicità ai quotidiani e periodici.
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I contributi diretti: segue
Con le leggi 67/1987 e 250/1990 si riduce l’area dei beneficiari dei contributi diretti. Ora possono usufruirne solo: - imprese “di particolare valore” (cioè es. quelle senza fini di lucro oppure legate a minoranze linguistiche oppure che editano quotidiani o periodici organi di forze politiche rappresentate in Parlamento); (oltre al contributo fisso, spetta loro un contributo variabile calcolato sulla tiratura media giornaliera e un rimborso di una certa percentuale dei costi risultanti in bilancio) - imprese che editano giornali e riviste italiani pubblicati e/o diffusi all’estero (contributo annuo complessivo di 2 milioni di euro); imprese che editano pubblicazioni “di particolare valore culturale”, con scarsi introiti pubblicitari (2 milioni di euro annui); - imprese editrici costituite come cooperative giornalistiche, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro.
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I contributi diretti: le critiche alla disciplina vigente
Il parametro “imprese cooperative senza scopo di lucro” è effettivamente idoneo per individuare le imprese meritevoli di sostegno? Infatti, esso lascia fuori le piccole imprese locali che però perseguono scopo di lucro. In base a quali criteri si può stabilire l’elevato valore culturale delle pubblicazioni? Il finanziamento ai giornali di partito (oggi è possibile un solo periodico ufficiale per ciascun partito) non rischia piuttosto di tradursi in una forma di finanziamento pubblico ai partiti politici?
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I giornali di partito (1)
Fin dalla legge 25 febbraio 1987, n. 67 , viene corrisposto un contributo "alle imprese editrici di quotidiani o periodici che attraverso esplicita menzione riportata in testata risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento". Con le modifiche intervenute con la Finanziaria del 1999, secondo l'art. 3 legge 7 agosto 1990, n. 250 , i contributi sono corrisposti "alle imprese editrici di quotidiani o periodici che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o nel Parlamento europeo avendo almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano, nell'anno di riferimento dei contributi nei limiti delle disponibilità dello stanziamento di bilancio”.
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I giornali di partito (2)
Con la Finanziaria del 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388), per accedere ai contributi diretti gli organi di partito o movimento politico debbono: costituirsi in cooperative, il cui oggetto sociale sia costituito esclusivamente dalla edizione di quotidiani o periodici organi di movimenti politici; far certificare il bilancio da una società di revisione, editare testate con una diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva se nazionali ovvero almeno al 40 per cento se locali; prevedere nello statuto il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei cinque successivi. Ovviamente, gli organi di partito hanno accesso anche ai contributi indiretti previsti per tutti gli altri giornali e periodici.
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Il sostegno economico alla stampa: i contributi indiretti
Contributi indiretti per imprese impegnate in ristrutturazione tecnico- economica: - contributi in conto interesse derivanti da Fondo speciale istituito presso la Presidenza del Consiglio, concessi su deliberazione di un comitato di nomina governativa; finanziamenti agevolati mediante un apposito fondo governativo per le agevolazioni di credito; credito di imposta pari al 10% della spesa sostenuta per l’acquisto della carta; - agevolazioni tariffarie (telefono, posta ...) e agevolazioni fiscali (dal 1995, IVA al 4%), da cui però sono escluse le pubblicazioni pornografiche e quelle che includono pubblicità per più del 45% dello stampato (compresa pubblicità redazionale o inserti separati); - mutuo agevolato per imprese editrici di elevato valore culturale mediante un apposito fondo ministeriale; accesso alla Cassa integrazione guadagni e speciale indennità integrativa di fine rapporto per dipendenti delle imprese editoriali che perdono il posto a causa di crisi dell’impresa.
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I contributi indiretti (segue)
Dal 1990 l’entità dei contributi indiretti è aumentata, l’area dei beneficiari è stata allargata (anche editoria libraria) ed è scomparsa la distinzione fra pubblicazioni di particolare valore culturale e le altre. Parallelamente è stato stabilito un tetto massimo per gli introiti pubblicitari (vedi slides successive).
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Il sostegno economico alla stampa con la legge 62/2001
Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali La legge istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento per l’informazione e l’editoria) un apposito fondo per le agevolazioni di credito (finanziamenti decennali) per imprese editoriali impegnate in ristrutturazione economico-produttiva. Porzioni del fondo sono specificamente destinate ad imprese di piccole dimensioni, ad imprese in forma cooperativa, ad imprese impegnate nella diffusione della lettura in Italia o delle opere italiane all’estero. La legge prevede anche regole relative alla trasparenza degli assetti societari delle imprese editoriali. Inoltre, la legge fornisce una nuova definizione di prodotto editoriale: «... il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici» (art. 1, comma 1).
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La legge 62/2001 e le pubblicazioni telematiche
La nuova definizione di prodotto editoriale comporta l’estensione anche all’editoria on-line delle norme sulle indicazioni obbligatorie e sull’obbligo di registrazione delle testate, come pure la disciplina del sequestro degli stampati. L’art. 1, comma 3 della legge, infatti estendeva l’obbligo di registrazione e di indicazione dei responsabili anche al prodotto editoriali on-line «diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto». Problemi: 1) Come identificare la periodicità per le pubblicazioni on-line? 2) Come fare per le indicazioni obbligatorie, ad es. il luogo di pubblicazione? 3) Come considerare l’informazione on-line libera, cioè di natura non professionale/professionistica? Chi sarebbe ad esempio, in tal caso, il direttore responsabile? Quindi, il d. lgs. 70/2003 (art. 7) stabilisce che la registrazione delle testate editoriali telematiche è obbligatoria solo per coloro che intendono avvalersi dei contributi della l. 62/2001 (cioè credito agevolato e credito di imposta).
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Il d. lgs. 112/2008 (art. 44) e la legge di conversione (n. 133/2008)
Prevede il riordino, con un regolamento di delegificazione, della disciplina di erogazione dei contributi all'editoria. Cosa cambia: il tetto massimo di spesa per l’erogazione di contributi sarà quello previsto nel bilancio dello Stato. Pertanto quello che prima era un diritto soggettivo delle imprese ad accedere ai contributi, di anno in anno verrà limitato (e in ipotesi, potrebbe perfino essere "cancellato") per esigenze di bilancio pubblico; per accedere ai contributi, sarà richiesta la prova dell'effettiva distribuzione e messa in vendita della testata (al posto dell'attuale dichiarazione relativa alla tiratura), che non dovrà essere inferiore al 15 per cento per i giornali nazionali e al 30 per quelli locali; la clausola sull'"adeguata valorizzazione dell'occupazione professionale" viene attuata imponendo che le cooperative che accedono ai contributi siano costituite da soli giornalisti.
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Il decreto “milleproroghe” (d.l. n. 247/2008, art. 41 bis)
elimina il requisito della rappresentanza parlamentare per i giornali organi di partito per i quotidiani che avevano maturato il diritto ai contributi al 31 dicembre 2005; introduce il principio che le risorse stanziate nel bilancio dello Stato per i contributo all'editoria vadano prioritariamente destinate ai contributi diretti.
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La repressione dei reati commessi tramite pubblicazioni on-line
L’art. 17 del d. lgs. n. 70/2003, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 2000/31/CE sulla società dell’informazione nel mercato interno, in materia di responsabilità dei fornitori di servizi nella società dell’informazione stabilisce che «il prestatore non e' assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, ne' ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite». Tuttavia, «il prestatore e' comunque tenuto: a) ad informare senza indugio l'autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della società dell'informazione; b) a fornire senza indugio, a richiesta delle autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l'identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite». Infine, «il prestatore e' civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui, richiesto dall'autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l'accesso, non ha provveduto ad informarne l'autorità competente».
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Il ruolo delle Regioni nel settore della stampa
Accanto al sostegno statale alla stampa, si moltiplicano le forme di intervento regionali, dopo che la Corte costituzionale ha riconosciuto le loro competenze in materia di informazione, anche in assenza di espliciti riferimenti nella Costituzione e negli Statuti. (sentenze 348/1990 e 29/1996). Infatti, l’informazione non è stata considerata una materia, ma una “precondizione” per il corretto esercizio delle funzioni politiche da parte delle istituzioni a tutti i livelli. Con la riforma costituzionale del 2001, la materia “ordinamento della comunicazione” figura fra quelle di competenza concorrente fra Stato e Regioni (art. 117 Cost., comma 3). Del ruolo delle Regioni nel settore dell’informazione si parlerà in una lezione successiva.
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La distribuzione e la vendita di quotidiani e periodici
In Italia non sono esistiti per lungo tempo sistemi di distribuzione alternativi a quello della vendita (es. posta o distribuzione porta a porta) nelle edicole autorizzate. Quindi i quotidiani hanno diffusione più scarsa che in altri paesi, dove non esistono vincoli amministrativi del genere. La legge 416/1981 stabilisce l’obbligo per le rivendite autorizzate di garantire a parità di condizioni il servizio a tutte le testate che ne facciano richiesta. Spetta alle Regioni la definizione di indirizzi generali per la localizzazione dei punti vendita e ai Comuni la loro effettiva localizzazione. La legge 108/1999 (Nuove norme in materia di punti vendita per la stampa quotidiana e periodica) sperimenta per la prima volta altri possibili punti vendita non esclusivi (librerie, bar, benzinai ...) e contiene una delega al Governo per il riordino della materia. Il d. lgs. 170/2001 (Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica) stabilisce che spetta alle Regioni rilasciare le autorizzazioni per punti vendita esclusivi (le edicole) e non esclusivi (gli altri). Il rilascio delle autorizzazioni deve avvenire in base alla densità della popolazione, delle caratteristiche urbane e sociali della zona, dell’entità delle vendite, dall’esistenza di altri punti vendita.
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La normativa antitrust
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CONTROLLO e COLLEGAMENTO (art. 2359 c. c.):
Per comprendere il disposto della l. 67/1987 (e la normativa antitrust dettata dalle leggi successive) occorre riferirsi alla nozione di: CONTROLLO e COLLEGAMENTO (art c. c.): Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Ai fini dell'applicazione dei nn. 1 e 2 del l° comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi. Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.
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Per comprendere il disposto della l
Per comprendere il disposto della l. 67/1987 (e la normativa antitrust dettata dalle leggi successive) occorre riferirsi anche alla nozione di: POSIZIONE DOMINANTE Si dice che un’impresa detiene una posizione dominante quando può comportarsi in modo significativamente indipendente dai concorrenti e dai consumatori. Ciò avviene, in genere, quando essa possiede quote elevate sulle vendite in un determinato mercato e quando, a causa delle caratteristiche economiche di quel mercato, nonché, eventualmente, di vincoli istituzionali, le possibilità di reazione degli altri concorrenti, effettivi o potenziali, sono limitate (definizione dell’AgCom).
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La normativa antitrust per l’editoria
La legge 67/1987 (Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria) rappresenta il primo esempio di norme anticoncentrazionistiche per uno specifico settore economico. All’art. 3 definisce la nozione di posizione dominante nel mercato editoriale: editore/controllore di società editrici di quotidiani che nell’anno precedente hanno avuto tiratura superiore al 20% della tiratura complessiva nazionale ... ... oppure superiore al 50% della tiratura complessiva di una regione o di una delle quattro aree interregionali; titolare di collegamenti con società editrici di quotidiani con tiratura superiore al 30% della tiratura complessiva nazionale. Le posizioni dominanti sono vietate di per sé e, se raggiunte, devono essere eliminate con provvedimenti del Garante (sulla figura del Garante si veda lezione sul sistema radiotelevisivo), i cui poteri però non sono sufficientemente incisivi.
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La normativa antitrust (segue)
Per poter controllare l’eventuale raggiungimento di posizioni dominanti, le imprese editoriali sono soggette ad obblighi: di trasparenza (degli assetti proprietari, degli assetti societari e dei loro eventuali mutamenti); (la trasparenza delle fonti di finanziamento è richiamata nel comma 5 dell’art. 21 Cost.) di iscrizione al Registro nazionale della stampa (ora, dal 1997, Registro degli operatori della comunicazione); di comunicare il trasferimento di azioni, partecipazioni, quote di proprietà (se superano il 10% del capitale sociale); di redigere un bilancio consolidato di gruppo.
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La normativa antitrust (segue)
Editoria e pubblicità Analoghi obblighi gravano sulle imprese concessionarie di pubblicità. Esse inoltre non possono operare in esclusiva per quotidiani la cui tiratura superi il 30% di quella nazionale (o il 20%, se c’è rapporto fra controllato e controllante).
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La “zona franca” Va sottolineato che per i giornali periodi diversi dai quotidiani, come pure per la stampa non periodica, non esiste alcuna regolamentazione anticoncentrazione!!!!
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A partire dalla l. 223/1990 (legge Mammì) la normativa anticoncentrazione nel settore della stampa si intreccia strettamente con quella relativa al settore della radiodiffusione, per cui la comune disciplina verrà trattata congiuntamente nelle lezioni successive.
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Grazie per l’attenzione!
Fine Grazie per l’attenzione!
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