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PubblicatoTeodoro Simone Modificato 10 anni fa
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LICEO SCIENTIFICO STATALE “LEONARDO da VINCI” di FIRENZE
CORSO SPERIMENTALE F DOCENTE Prof. Enrico Campolmi MALATTIE CARDIOVASCOLARI
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Le malattie cardiovascolari (principalmente infarto e ictus) costituiscono la principale causa di morte in Italia e negli altri paesi industrializzati, con circa il 43% dei decessi totali Esse costituiscono quindi un problema sanitario di primaria importanza Infarto: necrosi di un tessuto per ischemia, ovvero grave deficit di flusso sanguigno L’infarto è dovuto all’occlusione improvvisa di un’ arteria da parte di un coagulo che blocca il flusso sanguigno. Trombo: è un coagulo che si forma nell’arteria stessa che ostruisce Embolo: è un coagulo che si forma altrove e che è portato nella zona di ostruzione dal flusso sanguigno
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L‘infarto miocardico, che interessa il cuore e l‘infarto cerebrale (responsabile dell'80% dei casi di ictus) sono le forme di gran lunga più importanti. Altre tipologie di infarto sono più rare e meno gravi, poiché molti distretti sono irrorati da più arterie, cosa che permette al vaso non interessato di supplire efficacemente al deficit di sangue. Ictus (dal latino colpo): è un evento cerebrale acuto, che può essere di natura infartuale o emorragica Al fine di attuare un’efficace prevenzione primaria sono stati individuati una serie di fattori di rischio, su alcuni dei quali si può e si deve intervenire già a partire dall’adolescenza
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FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI
FATTORI DI RISCHIO PARZIALMENTE MODIFICABILI FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI Fumo di sigarette Ipertensione arteriosa Età Abuso di alcool Diabete Mellito Sesso Dieta ricca di grassi saturi, ipercalorica Ipercolesterolemia Basso colesterolo HDL Fattori genetici e predisposizione familiare Inattività Fisica Obesità Storia personale di malattie cardiovascolari
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FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI
Età La frequenza della malattia coronarica aumenta progressivamente con l’età in entrambi i sessi, anche in assenza di fattori di rischio L’incremento diventa significativo dopo i 60 anni: l’età media in cui compare il primo attacco di cuore è 65.8 anni per gli uomini e 70.4 anni per le donne. Gli uomini si ammalano di coronaropatia aterosclerotica circa 10 anni prima delle donne
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Sesso Le malattie cardiovascolari sono più frequenti nell’uomo rispetto alla donna in età fertile (protezione esercitata dagli estrogeni). In menopausa la differenza si annulla In menopausa nella donna diventa maggiore l’espressività di fattori di rischio quali l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia, il diabete o la ridotta tolleranza ai carboidrati e l’obesità
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Predisposizione familiare
Il verificarsi di episodi di cardiopatia ischemica precoce (prima dei 55 anni per gli uomini e prima dei 65 anni per le donne) tra i familiari consanguinei si associa ad un rischio incrementale (indipendentemente dai fattori di rischio). Il rischio è influenzato dalla precocità dell’evento, dal vincolo di parentela (la malattia in uno dei genitori conferisce un rischio maggiore) e dal numero di parenti colpiti dalla malattia coronarica.
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Storia personale di malattie cardiovascolari
Quando la malattia si è manifestata si devono prevenire le recidive e/o ridurre la sua progressione prevenzione secondaria La correzione dei fattori di rischio modificabili deve essere più aggressiva Tenere nella dovuta considerazione i Fattori di Rischio non modificabili è comunque molto importante, perchè può motivare paziente e medico ad intervenire più energicamente sugli altri fattori di rischio modificabili
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FATTORI DI RISCHIO PARZIALMENTE MODIFICABILI
Alcune patologie, che possono insorgere anche indipendentemente da quelle cardiovascolari, possono influire pesantemente su queste ultime Si ritengono solo parzialmente modificabili, in quanto spesso sono predisposte da fattori genetici oppure sono legate ad altre cause di difficile risoluzione
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Ipertensione arteriosa
Mantenere una pressione superiore a 140/90 arreca numerosi problemi all’apparato cardiovascolare Il cuore incontra resistenza a pompare il sangue nelle arterie in cui la pressione sanguigna è elevata I vasi sanguigni sottoposti per lungo tempo ad elevata pressione sanguigna si rompono più facilmente La pressione elevata favorisce il distacco di coaguli dalla placca aterosclerotica delle arterie
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Diabete mellito Gruppo di patologie di varia origine, che si caratterizzano per un livello elevato ed instabile della glicemia L’eccesso di glucosio del sangue favorisce la formazione della placca aterosclerotica, aumentando il rischio di infarti ed ictus Il restringimento delle arterie e dei capillari arteriosi può comportare danni anche a carico del rene, della retina o degli arti inferiori
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Ipercolesterolemia - Bassi livelli di HDL
Colesterolo: lipide presente nelle membrane cellulari degli animali (cui conferisce flessibilità), è inoltre il precursore di alcuni ormoni e della bile Viene assunto con la dieta (uova, burro, fegato, cervello) o sintetizzato dal fegato a partire dai lipidi Sostanza lipofila, viene trasportato nel plasma impacchettato da proteine, con le quali forma complessi lipoproteici Proteine Colesterolo
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LIPOPROTEINE LDL HDL COLESTEROLO CATTIVO COLESTEROLO BUONO
Low Density Lipoprotein. I lipidi prevalgono sulle proteine, abbassando la densità del complesso High Density Lipoprotein. Le proteine prevalgono sui lipidi, alzando la densità del complesso Attraversano la parete arteriosa e si accumulano nella placca aterosclerotica Contribuiscono a rimuovere il colesterolo dalla placca aterosclerotica ed hanno un’azione protettiva COLESTEROLO CATTIVO COLESTEROLO BUONO Valori plasmatici devono essere inferiori a 130 mg/dL Valori plasmatici devono essere superiori a 35 mg/dL
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Come ridurre il colesterolo
Modificare le abitudini alimentari: eliminare o almeno limitare i cibi ricchi di colesterolo (uova, burro, carne rossa, formaggi) e l’assunzione di alcool Praticare regolarmente attività fisica aerobica, che permette di incrementare i livelli di colesterolo HDL, ridurre il sovrappeso ed i livelli di colesterolo LDL Trattamento farmacologico: se le misure precedenti non sono soddisfacenti nel ridurre la concentrazione di colesterolo LDL ai valori desiderati, in particolare se il rischio globale d’infarto è elevato
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Obesità Le statistiche epidemiologiche rilevano negli obesi un significativo aumento delle malattie cardiovascolari. Più che la massa adiposa totale, sembra avere influenza negativa il grasso presente nella regione addominale Negli obesi l’ipertensione è circa tre volte più frequente che nelle persone di peso normale L’eccesso di adipe nel torace e nell’addome altera i movimenti respiratori e quindi gli scambi gassosi L’obesità frequentemente predispone e si associa a diabete ed ipercolesterolemia
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FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI
Fumo di sigaretta Miscela eterogenea di oltre 4000 sostanze gassose e corpuscolari, originate dalla combustione del tabacco Le più dannose per l’organismo sono: Nicotina (responsabile della dipendenza) Monossido di Carbonio Sostanze irritanti e ossidanti Benzopirene e altre sostanze cancerogene. Danneggia l’endotelio vasale facilitando, il processo di aterosclerosi
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Aumenta la pressione arteriosa
Aumenta i livelli plasmatici di colesterolo Il CO, ostacolando il trasporto dell’ossigeno nel sangue, obbliga il cuore ad un maggior lavoro L’effetto del fumo è sinergico con altri fattori di rischio, in particolare ipercolesterolemia e ipertensione Il danno è tanto più grave quanto più alto è il numero delle sigarette fumate e quanto più giovane è l’età di inizio dell’abitudine tabagica
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Abuso di alcool L’uso eccessivo di alcool provoca aritmie (disturbi della frequenza del battito cardiaco) Deprima la contrattilità del muscolo cardiaco ed aumenta la pressione sanguigna Il consumo moderato (un bicchiere) durante i pasti di bevande a basso contenuto alcolico (vino) ha invece effetto benefico Inibisce l’aggregazione delle piastrine, ostacolando la formazione di coaguli, ed innalza le HDL
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Dieta ipercaloria e ricca di grassi saturi
Una dieta ipercalorica favorisce l’obesità L’uso eccessivo di grassi saturi (animali) favorisce l’ipercolesterolemia
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Attività fisica L’esercizio fisico aerobico (corsa, ciclismo, nuoto) moderato ma costante nel tempo, riduce il rischio cardiovascolare in quanto: aiuta a mantenere un peso ideale riduce i valori di pressione arteriosa e di colesterolo LDL aumenta i valori di colesterolo HDL e migliora l’utilizzazione dei carboidrati potenzia la capacità dei muscoli di utilizzare l’ossigeno tonificando il cuore, riduce la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa durante sforzo, riducendo il consumo di ossigeno del cuore
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LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI
L’aterosclerosi Malattia infiammatoria cronica delle grandi e medie arterie, che consiste in un ispessimento (placca aterosclerotica) del loro strato più interno per un accumulo di materiale lipidico e la proliferazione del tessuto connettivo Ciò determina un restringimento (stenosi) dell’arteria che riduce il flusso sanguigno Dalla placca si possono staccare frammenti che generano emboli e trombi
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Anche il cuore, come ogni altro organo, deve essere continuamente irrorato da sangue arterioso, ricco di ossigeno e povero di anidride carbonica. Questo compito è svolto dalle arterie coronarie che, avvolgendo il cuore a mo’ di corona, lo riforniscono di sangue ossigenato. Se le coronarie sono sane, il cuore può aumentare rapidamente il proprio rifornimento di ossigeno, quando ne aumenta la richiesta (ad es. durante attività fisica).
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Se la placca aterosclerotica si forma nelle coronarie, il flusso sanguigno al cuore si riduce. In presenza di una piccola ostruzione (stenosi), tuttavia, la quantità di sangue che arriva al cuore ne consente ancora un normale funzionamento ed il soggetto può non percepire alcun sintomo. Man mano che la placca si ispessisce, la coronaria si restringe. Il flusso sanguigno al cuore diviene così parzialmente ostacolato e il soggetto può percepire i sintomi dell’angina pectoris, dolore toracico che compare quando una parte di tessuto muscolare cardiaco soffre a causa di una temporanea carenza di ossigeno (ischemia transitoria).
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Infarto del Miocardio L’infarto miocardico é dovuto all’occlusione di un’arteria coronarica. La conseguenza é la necrosi del tessuto a valle, che diventa elettricamente e meccanicamente inerte e viene sostituito da tessuto di cicatrizzazione fibroso. Tra i 40–70 anni l’infarto miocardico colpisce maggiormente i maschi, mentre oltre i 70 anni non vi sono più differenze di sesso. La malattia è più frequente sopra i 45 anni, tuttavia alcuni gruppi particolari (consumatori di cocaina, pazienti con diabete mellito, ipercolesterolemia o con predisposizione genetica) possono esserne colpiti anche in età giovanile.
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Può essere presente storia di angina pectoris, ma l’infarto è spesso la prima manifestazione della cardiopatia ischemica. Il principale obiettivo per il trattamento dell’infarto miocardico acuto è l’identificazione rapida dei pazienti da sottoporre alla riapertura dell’arteria coronaria (riperfusione). La riperfusione si può ottenere mediante l’utilizzo di sostanze che provocano la dissoluzione del trombo oppure meccanicamente, attraverso la riapertura del vaso con l’angioplastica coronarica, L’angioplastica coronarica consente, senza un vero e proprio intervento chirurgico, di dilatare le coronarie totalmente o parzialmente occluse dalle placche aterosclerotiche mediante un catetere a palloncino posizionato nell’arteria chiusa.
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La riapertura dell’arteria chiusa deve essere effettuata in tempo, così da limitare i danni provocati dal mancato apporto di ossigeno al miocardio. Il muscolo cardiaco e’ in grado di sopravvivere in mancanza di ossigeno circa 4 ore (4-6 ore). Superato questo intervallo, se non si ristabilisce l’apporto normale, i danni diventano irreversibili. E’ possibile oggi applicare nel lume del vaso un particolare supporto metallico denominato “stent”, capace di ridurre la probabilita’ di riocclusione dell’arteria coronaria, che può verificarsi in circa il 35% dei casi senza la sua applicazione.
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Uno stent è una piccola struttura di metallo, una specie di “retina cilindrica” montata su un catetere a palloncino utilizzato per l’inserimento. Quando si trova nell’area ristretta dell’arteria, il palloncino viene gonfiato e lo stent espanso, fino a che non si adatta alla parete interna del vaso, conformandosi ai suoi contorni. Il catetere a palloncino viene sgonfiato e rimosso dall’arteria e lo stent resta permanentemente in posizione.
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Nel caso di patologia coronarica, oltre all’ angioplastica coronarica, è possibile creare nuovi canali per il trasporto di sangue attorno alle aree bloccate delle arterie mediante l’intervento di bypass coronarico. In anestesia generale, il chirurgo prende una parte di un piccolo vaso sanguigno della gamba o dal petto, per utilizzarlo come nuova “arteria di bypass” dall’aorta all’altra estremità dell’arteria coronaria, oltre l’area ristretta. Il sangue dall’aorta defluisce quindi attraverso il nuovo vaso al muscolo cardiaco, “bypassando” il blocco nell’arteria coronarica.
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