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Istituzioni di Economia prof. Leonardo Ditta

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Presentazione sul tema: "Istituzioni di Economia prof. Leonardo Ditta"— Transcript della presentazione:

1 Istituzioni di Economia prof. Leonardo Ditta
La fissazione del prezzo in oligopolio: il principio del costo pieno Facoltà di Giurisprudenza Università di Perugia

2 Caratteristiche dell’oligopolio :
- i beni offerti sono molto simili tra loro - alte barriere all’entrata da cui: interdipendenza delle decisioni delle imprese. Es: petrolio greggio, alcuni elettrodomestici, automobili, …

3 Oligopolio vs Concorrenza perfetta
Il processo decisionale delle imprese e la fissazione del prezzo. (Hall&Hitch, Oxford Economic Papers 1939) Il costo pieno ( Sylos Labini 1956) Rigidità dei prezzi in Oligopolio: la curva di domanda “spezzata” (Sweezy,1939)

4 Oligopolio vs Concorrenza perfetta…
Ricordiamo i caratteri della Concorrenza Perfetta che consentono di ridurre i problemi dell’impresa alle semplici questioni di scelta visti in precedenza: L’impresa, price-taker, deve scegliere la q da produrre al prezzo dato; Il prodotto è omogeneo e la data gamma di tecniche ai vari prezzi dei fattori è disponibile per tutte le imprese Lungo periodo visto come espansione di quello breve, senza alcun problema di strategie di espansione, di prezzo, di qualità del prodotto; problemi che invece caratterizzano l’impresa moderna e la cui soluzione riflette la capacità individuale dell’imprenditore.

5 Fattori Istituzionali: il modello della curva di domanda spezzata
L’impresa oligopolista non è price-taker. Ma agendo in un mercato ristretto deve tener conto della reazione delle altre imprese. Perciò la curva di domanda le appare “spezzata in corrispondenza del prezzo vigente.

6 Reazione delle imprese concorrenti
Se, ad esempio, l’impresa aumentasse il prezzo del 10% la quantità domandata diminuirebbe da yo a yo’

7 Reazione delle imprese concorrenti…
Se, invece, l’impresa riducesse il prezzo del 10% la quantità domandata aumenterebbe da yo a yo’’

8 Reazione delle imprese concorrenti…
Questi risultati implicano che ciascuna impresa tenda a mantenere invariato il prezzo in quanto: se lo diminuisse, nel tentativo di aumentare la propria quota di mercato, le altre imprese la seguirebbero e, pertanto, l’incremento di domanda sarebbe contenuto; se lo aumentasse, per accrescere il proprio profitto, le altre imprese non la seguirebbero; ne deriverebbe una brusca contrazione della domanda, tale da provocare una riduzione del ricavo totale.

9 Il principio del costo pieno
Il modello illustrato spiega dunque la tendenza alla stabilità del prezzo in oligopolio, ma non come il prezzo si sia formato. Partiamo dall’uguaglianza contabile tra ricavi da un lato e somma dei costi e del profitto dall’altra: pY = CF + CV + Π Dove: Y: quantità prodotta; p : prezzo unitario; C F= K: costo fisso (quote di ammortamento e spese di amministrazione); CV: costo diretto o costo variabile (costituito dal costo del lavoro, delle materie prime e dell'energia impiegata); Π : volume del profitto

10 Il principio del costo pieno…
Trasformiamo questa identità in valori unitari dividendo per Y: p = k + v + r k, v e r sono, rispettivamente: il costo fisso medio o unitario, il costo variabile medio e il profitto medio. Indichiamo adesso con m': la % necessaria a coprire il costo fisso, tale che m' v = k m'': percentuale per ottenere il profitto netto r, tale che m''v =r Il prezzo risulta essere la somma di tutti questi elementi: p = v + m’ v + m” v ponendo m = m’ + m”, otteniamo p = (1 + m)v. Il principio del costo pieno afferma appunto che il prezzo viene fissato applicando un margine (mark-up) al costo variabile medio.

11 Il principio del costo pieno…
Poiché le grandezze considerate sono tutte note possiamo ottenere lo stesso risultato calcolando il rapporto tra la somma di profitti e costi fissi medi, e il costo variabile medio. La somma dei profitti e dei costi medi sono una data proporzione del costo variabile medio. Questa proporzione viene denominata ricarico o margine.   (k + r) / v = m , ovvero k + r = vm Di conseguenza possiamo esprimere il prezzo come p = v + k + r = v + m v = v(1+m)

12 Da una identità contabile ad una teoria
Naturalmente quella finora esposta non è una teoria: non abbiamo spiegato perché il prezzo è quello che è. Abbiamo solo manipolato un’uguaglianza contabile. Il principio in questione diviene una teoria se ipotizziamo che il margine m rimanga costante a fronte di mutamenti dei costi. La ragione di ciò consiste nell’idea che l’impresa, in mancanza di informazioni sul comportamento delle altre imprese concorrenti, continui a perseguire la stessa strategia, ovvero ad applicare lo stesso margine, ipotizzando che le altre imprese reagiscano più o meno tutte allo stesso modo al mutare dei costi.

13 Dal costo pieno… alla distribuzione
Secondo Kalecki questo modello può essere applicato all’economia nel suo complesso, ottenendo una teoria della distribuzione del reddito. Consideriamo un sistema economico senza rapporti con l’esterno; allora l’unico costo che le imprese nel loro insieme devono sopportare è quello per l’acquisto dei servizi di lavoro (l’unica spesa che devono effettuare al di fuori del loro stesso settore). Il monte salari rappresenta così l’unico esborso delle imprese. Il prezzo viene fissato in base al principio del costo pieno; i costi diretti medi nel nostro caso sono costituiti soltanto dal costo del lavoro. Il valore del mark-up, ovvero del margine di profitto lordo sui costi, dipende dal potere di mercato delle imprese ( il grado di monopolio, che misura la concentrazione del mercato). Determinato il prezzo, resta determinata anche la distribuzione del reddito, ossia le quote rispettive dei profitti e dei salari sul prodotto nazionale.

14 Dal costo pieno… alla distribuzione
Vediamo come ciò avviene. Sia w il salario monetario, il prodotto medio per lavoratore, N il numero dei lavoratori occupati, Y il prodotto e m il margine di profitto che il potere di monopolio consente alle imprese di fissare. I costi totali sono rappresentati dal totale dei salari pagati, ovvero da wN. Ciò significa che dato m -il margine di profitto che le imprese sono in grado di fissare- il valore del prodotto per ogni lavoratore occupato dev’essere pari al costo (cioè il salario pagato al lavoratore) maggiorato dello stesso margine: w(1+m). Da questa espressione si può ottenere :

15 Dal costo pieno… alla distribuzione
se moltiplichiamo e dividiamo il membro a sinistra per N otteniamo: Poiché rappresenta la quota dei salari sul reddito nazionale, ecco che le imprese, nel fissare il proprio margine di profitto, stabiliscono anche la distribuzione del reddito tra quota dei salari e quota dei profitti. Dato che il prodotto nazionale si divide tra salari e profitti, è facile ricavare anche la quota dei profitti R , infatti: Y = W + R e R = Y - W , quindi


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