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Danno da nascita indesiderata.
Cass. Civ. Sez. III, 11 maggio 2009, n
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PREMESSE ARGOMENTATIVE Definizione
Il danno da nascita indesiderata è una fattispecie rientrante nel più ampio novero delle responsabilità mediche per condotte professionali (omissive o commissive) che durante la gravidanza provocano danni alla salute del nascituro ed eventualmente anche ai suoi genitori.
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Questo danno può derivare da:
Prescrizioni di farmaci con proprietà teratogene; Errata o mancata diagnosi prenatale circa la salute del feto.
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Natura della responsabilità
La responsabilità del ginecologo deriva dall’inadempimento ad una obbligazione di natura contrattuale – consistente nel rilevare le condizioni del feto e formulare la corrispondente diagnosi, impiegando in ciò la diligenza e perizia richieste. L’inadempimento espone il medico a responsabilità per i danni che ne derivano (ex art c.c.)
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Parti P. (marito), V. (moglie) in proprio e n.q. di genitori esercenti la potestà sul figlio F (divenuto maggiorenne nelle more del giudizio di Cassazione); Prof. A. : responsabile del Centro Abate a cui si era rivolta la donna; Dott. C. : medico curante di V. presso il centro Abate (al quale era permesso di ricevere i pazienti nella sola giornata di sabato, usando però ricettali suoi personali)
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Fatto La V. a causa di problemi di annidamento non poteva avere figli; per questo si rivolgeva al Centro Abate in cui veniva affidata alle cure di C. e R. Le venivano prescritti due cicli di Clomid ( medicinale contenente Clomifene), all’insorgere della gravidanza il C. sostituiva la terapia con una diversa.
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La V. partoriva in un reparto della Clinica (omissis), riservato alle partorienti in cura presso il Centro Abate, un bambino (di nome F.) gravemente malformato.
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Giudizio di I° grado P. e V. convenivano in giudizio il Centro Abate, nella persona del prof. A, nonché il dott. C e collaboratore, lamentando di non essere stati adeguatamente informati dei potenziali rischi derivanti dall’uso del Clomifene e di non aver potuto assumere una scelta consapevole circa il trattamento sanitario. Mirando ad ottenere una declaratoria di responsabilà per fatti in questione, con condanna al risarcimento dei danni patiti a causa della somministrazione del Clomifene.
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Fonti di Prova: Due consulenze medico-legali di ufficio, le quali hanno accertato con dati statistici incontrovertibili la teratogenicità del Clomifene, somministrato durante le prime 6 settimane di gravidanza. Dati che i medici non potevano ignorare in quanto già evidenziati dalla letteratura medica al tempo della relativa somministrazione a V.; Prove testimoniali; Documentazione Varia.
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Sentenza di I° grado L’adito tribunale dichiarava la responsabilità esclusiva del Prof. A. in ordine al mancato esercizio di una corretta informazione circa le proprietà teratogene del farmaco e in ordine alla determinazione del danno fisico al bambino. Lo condannava quindi al pagamento in favore del P. e della V., quali genitori di F., della somma di L , nonchè in favore della V. in proprio della somma di L e del P. in proprio della somma di L , oltre interessi e spese di lite; rigettava la domanda nei confronti del C.
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Giudizio di appello Proponeva appello l’A contestando che vi fosse prova della prescrizione alla V. di due cicli di Clomid e deduceva che l’unica prescrizione di tale farmaco era avvenuta in epoca lontana dalla gravidanza. Contestava inoltre gli effetti teratogeni del Clomifene e che non era possibile prevedere eventuali malformazioni del feto in tempo utile per ricorrere all’aborto terapeutico. Contestava inoltre la mancata declaratoria di responsabilità del dott. C. , il tasso dei relativi interessi e la condanna alle spese della lite.
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Si costituiva C. contestando la natura teratogena del Clomid e affermando che le malformazioni non potevano essere rilevate in tempo utile per praticare un aborto terapeutico. Si costituivano P. e V. proponendo appello incidentale, con il quale chiedevano la declaratoria di responsabilità di C., censurando anche la liquidazione dei danni effettuata in I° grado.
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Sentenza di Appello La Corte di Appello accoglie parzialmente l’appello principale e incidentale dei coniugi P. e V., dichiarando anche il dott. C. responsabile dei danni subiti dai precedenti coniugi e dal loro figlio e condannandolo in solido con A. al pagamento delle somme già liquidate dal tribunale di I° grado a titolo di danni.
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Ricorso in Cassazione Ricorso di A. Censure:
1- L'obbligazione di curare è stata esattamente e diligentemente adempiuta. I medici non hanno prescritto un farmaco erroneo, e dunque, sotto questo riguardo, non sono responsabili nè verso i genitori nè verso il minore".
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2-In ordine alla ritenuta somministrazione del Clomid in due cicli, gli attori non hanno fornito alcuna prova (al di fuori della sola dichiarazione resa dalla V. al consulente tecnico d'ufficio). 3-La sentenza impugnata omette di motivare intorno al titolo di risarcimento accordato al minore. Posto che esso non è riconducibile all'inadempimento del dovere informativo, è altresì da escludere che discenda da violazione del diritto a non nascere.
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Ricorso di C. Censure: 1-Manca agli atti il benchè minimo elemento per ritenere che il C. non avesse provveduto ad informare la paziente in ordine ai rischi potenziali dell'utilizzazione del farmaco e, stante la natura extracontrattuale dell'asserita responsabilità verso gli attori di tale medico collaboratore dell' A., l'onere della prova incombeva ai coniugi P. 2-La Corte d'Appello, pur individuando la fonte della responsabilità dei medici unicamente nell'asserita omissione dell'informativa alla paziente sui rischi dell'utilizzazione del farmaco, ha poi disposto la condanna al risarcimento anche in favore del minore per le malformazioni con cui è nato, quasi che le stesse potessero ritenersi cagionate dall'omessa informativa".
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Decisioni della Corte La responsabilità dei medici:
-violazione del dovere di informazione -prescrizione di un farmaco con proprietà teratogene
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Consenso informato Fonti: -Codice deontologico dei medici;
-Artt. 13 e 32 Cost.; -L. 833/1978. La violazione degli obblighi informativi comporta il risarcimento del danno.
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Effetti protettivi del contratto
“… sia il contratto che la paziente pone in essere con la struttura sanitaria e sia il contratto della stessa con il singolo medico risultano produttivi di effetti, oltre che nei confronti delle stesse parti, anche di ulteriori effetti, “protettivi”, nei confronti del concepito e del genitore, come terzi …”
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“ciò in quanto… l'efficacia del contratto, che si determina in base alla regola generale ex art c.c. ovviamente tra le parti, si estende a favore di terzi soggetti in virtù della lettura costituzionale dell'intera normativa codicistica in tema di efficacia e di interpretazione del contratto, per cui tale strumento negoziale non può essere considerato al di fuori della visione sociale (e non individuale) del nostro ordinamento, caratterizzato dalla centralità della persona.
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Il rapporto madre-medico produce effetti protettivi nei confronti del padre.
Precedente: Cass. Civ. sez. III, 10 maggio 2002, n.6735. Fatto. Nascita di un bambino gravemente malformato. Tali malformazioni potevano essere rilevate dal ginecologo. Si imputa al medico di aver reso una prestazione diversa da quella che ci si sarebbe potuti attendere – prestazione consistita nel non aver dato alla gestante l’esatta informazione circa le condizioni del feto ed il rischio della nascita di un figlio menomato.
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La Cass. con la sentenza n
La Cass. con la sentenza n. 6735/2002 produceva un allargamento dell’area di risarcibilità dei danni causati da cattiva prestazione sanitaria prenatale, ricomprendendo tra i soggetti potenzialmente danneggiati, accanto alla paziente, suo marito.
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Motivazioni “Il tessuto dei diritti e dei doveri che secondo l’ordinamento si incentrano sul fatto della procreazione – quali si desumono sia dalla legge 194 del 1978; sia dalla Costituzione (artt. 29 e 30) e dal codice civile (artt. 143, 147, 261 e 279 c.c.), quanto ai rapporti tra coniugi ed agli obblighi dei genitori verso i figli – spiega perché anche il padre rientri tra i soggetti protetti dal contratto ed in confronto del quale la prestazione del medico è dovuta.”
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↓ “Ne deriva che l’inadempimento si presenta tale anche verso il padre ed espone il medico al risarcimento dei danni, immediati e diretti (ex art c.c.), che pure al padre possono derivare dal suo comportamento.”
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↓ “Non rileva che l’uomo possa essere coinvolto dalla donna nella decisione circa l’interruzione della gravidanza, ma non chiederla.” “La madre, pur informata, può scegliere di non interrompere la gravidanza: l’ordinamento non consente al padre di respingere da sé tale eventualità …”
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Sottratta alla donna la possibilità di scegliere, gli effetti negativi di questo comportamento si inseriscono in una relazione col medico cui non è estraneo il padre.
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Soggettività giuridica del nascituro
Premesse argomentative: 1- pluralità delle fonti (principi di decodificazione e depatrimonializzazione); 2- formazione della c.d. giurisprudenza normativa
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Il concepito è dotato di autonoma soggettività giuridica perché titolare sul piano sostanziale di alcuni diritti inviolabili. La nascita è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in giudizio a fini risarcitori (sulla base dei due presupposti della fuoriuscita del feto dall'alveo materno ed il compimento di un atto respiratorio). Il nascituro ha, dunque, il diritto a nascere sano, in virtù, in particolare, degli artt. 2 e 32 Cost.
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Obiter dictum Nel nostro ordinamento non è configurabile il diritto a non nascere se non sano. Fattispecie relativa all’interruzione volontaria di gravidanza.
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Nesso di causalità 1-Principio del più probabile che non.
2-Comparazione tra il comportamento dei medici e quello basato sulla “diligenza rafforzata” “ il comportamento omissivo ha impedito alla V. di acconsentire al trattamento (o di negarlo) in piena consapevolezza dei rischi connessi; la prescrizione del Clomid, sulla base di un'evidente e grave negligenza (per quanto accertato dalla Corte territoriale), ha determinato le lesioni e le malformazioni in oggetto.”
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Onere probatorio -Responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.
-Teoria del “contatto sociale” (Cass. Civ. sez. III, 22 gennaio 1999, n.589) “il paziente ha l'onere di allegare l'inesattezza dell'adempimento non la colpa nè tanto meno la gravità della colpa.”
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