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Sensazione e Percezione

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Presentazione sul tema: "Sensazione e Percezione"— Transcript della presentazione:

1 Sensazione e Percezione
Eleonora Bilotta

2 Sommario In questa lezione si affronteranno i seguenti argomenti:
I processi sensoriali Introduzione alla psicofisica Il riconoscimento degli oggetti Le leggi dell’organizzazione percettiva

3 La sensazione La funzione degli organi di senso è registrare i cambiamenti che avvengono nell’ambiente e trasmetterli al cervello. Per esempio il sistema visivo è sensibile alla luce riflessa da un oggetto (energia elettromagnetica) e, quindi i diversi sistemi sensoriali devono tradurre in impulsi nervosi. Ogni organo di senso è in grado di registrare solo una determinata forma di energia fisica.

4 La trasduzione sensoriale
Ogni senso comporta la trasduzione, o modificazione di stato, di un tipo di energia presente nel mondo esterno (onde luminose o sonore, ad esempio) in segnali neuronali, un altro tipo di energia. Gli impulsi nervosi è l’unico linguaggio che il cervello è in grado di compredere.

5 5. Cerebral cortex receives input and produces the sensation and perception 4. Thalamus processes and relays the neural response Energy contains information about the world 3. Sensory nerve transfers the coded activity to the central nervous system Il talamo è la stazione di scambio per i percorsi che portano dalla e alla corteccia. In quest’area giungono i fasci nervosi che trasportano la sensibilità generale e le sensibilità specifiche (acustica, visiva, gustativa), dalla periferia alla corteccia cerebrale. Il talamo contiene la maggior parte dei corpi cellulari che inviano informazioni alla corteccia Adattamento sensoriale. 1. Accessory structure modifies energy 2. Receptor transduces energy into a neural response

6 Il processo di trasduzione
I sensi non devono rispondere solo alla stimolazione di una particolare forma di energia, ma devono anche rispondere in modo differenziato alle variazioni di tale energia. Ogni forma di energia può variare secondo due dimensioni: quantitativa e qualitativa. Per tutti i sensi il processo di trasduzione avviene in modo tale che l’informazione relativa alla quantità e alla qualità dell’energia si conserva nel pattern dei potenziali d’azione inviati al cervello (codificazione). Dimensione quantitativa: quantità o intensità dell’energia convogliata dallo stimolo. Un suono o una luce può essere forte o debole. Dimensione qualitativa: riguarda il tipo di energia che costituisce lo stimolo. Luci di lunghezza d’onda differenti, come i suoni di frequenza diversa, sono considerati qualitativamente differenti.

7 La relazione psicofisica
Essa rappresenta la relazione tra lo stimolo fisico esterno che questo provoca. Lo studio delle relazioni che si instaurano fra l'intensità dell'energia che colpisce gli organi di senso e l'intensità dell'esperienza sensoriale del percipiente, cioè "il rapporto fra il mondo degli stimoli fisici e quello delle esperienze psicologiche da essi prodotte" (Fechner, ). Mette in contatto variabili fisiche (stimoli) e variabili psicologiche (sensazioni interne). Uno stimolo è costituito da ogni tipo di energia o evento fisico che sia in grado di suscitare una risposta a livello dei recettori. Il modificarsi della quantità di energia che colpisce gli organi di senso non produce una modificazione equivalente della sensazione. (Es. lampadina da 10W+ una seconda da10W, non produce una sensazione di luminosità raddoppiata).

8 Limiti degli organi di senso
Nella fase di registrazione i nostri organi di senso vincolati da alcuni limiti. Il primo è legato al fatto che ogni sistema è sensibile solo ad un particolare tipo di energia. Ciò comporta che molti altri stimoli sono presente nell’ambiente ma noi non possiamo avvertirli, perché il nostro sistema sensoriale non è capace di rilevarli. (ad es. non vediamo il movimento troppo veloce della luce, o quello troppo lento della terra…) Per esempio noi sappiamo che esistono le onde elettromagnatiche perché permettono il funzionamento del cellulare.

9 Le soglie Un altro limite è l’intensità dello stimolo.
Questo vuol dire che qualsiasi stimolo fisico deve raggiungere un livello minimo per suscitare una sensazione. Questo livello, chiamato soglia assoluta, segna il confine fra gli stimoli che vengono recepiti dall’organismo (stimoli sovraliminari) e gli stimoli che, pur essendo presenti, non sono avvertiti dall’organismo (stimoli infraliminari). Sono criteri di misura delle sensazioni.

10 La soglia assoluta La soglia assoluta di uno stimolo è il valore dello stimolo in corrispondenza del quale può essere evocata una sensazione nel 50% dei casi. Uno stimolo di intensità pari a 6 è capace di evocare la risposta “si” nel 50% dei casi. Gli stimoli di intensità superiore saranno percepiti sempre, quelli con valori inferiori non saranno avvertito, mentre quelli con i valori soglia saranno avverti una volta su 2.

11 La soglia differenziale
La soglia differenziale è la minima differenza tra due stimoli che possa essere colta. La differenza minima di intensità che due stimoli devono avere per essere avvertita nel 50% dei casi. Se uno stimolo soprasoglia ci genera una sensazione e subito dopo lo stesso stimolo (suono) viene aumentato di un decibel saremo oppure non in grado di differenziare i due suono riconoscendoli come diversi? Questo è l’oggetto di studio della soglia differenziale.

12 Misurazione della soglia differenziale
Come per la soglia assoluta ma presentando ogni volta due stimoli: Stimolo standard – costante. Stimolo di confronto – variabile. La risposta consiste nel segnalare quando si “sente” la differenza. La soglia differenziale si ha quando il soggetto capta la differenza nel 50% dei casi.

13 Legge di Weber e di Fechner
La differenza appena percepibile è una costante, che ha un valore specifico per ogni modalità sensoriale (Costante di Weber), e che misura l'intensità di uno stimolo dicendoci di quanto esso deve variare per essere percepito come diverso da un altro. Ad esempio per la pesantezza è 0.02. Se il peso iniziale è gr.40 la differenza appena percepibile sarà di 0.02X40, cioè 0.8 gr., se il peso iniziale è gr.400, la differenza appena percepibile sarà di 0.02X400, cioè 8gr. Se ci viene posto un oggetto di 40gr sulla mano e subito dopo un altro identico ma di diverso peso e ci viene chiesto di giudicare se i due oggetti sono di peso uguale o diverso, per poter rilevare una diversità il secondo oggetto deve essere di almeno 8gr. La legge di W dimostra che più grande è uno stimolo maggiore la differenza necessaria rispetto ad un altro stimolo affinché possa essere rilevata.

14 Legge di Weber e di Fechner
Fechner scoprì che tra l'intensità dello stimolo e quella della sensazione vi è una relazione per cui dall'una si può ricavare l'altra. “Perché l'intensità di una sensazione cresca in progressione aritmetica, lo stimolo deve accrescersi in progressione geometrica” (Fechner, ). Relazione espressa dalla formula: S = k logI (S= sensazione; k costante specifica per modalità sensoriale; log, logaritmo; I intensità dello stimolo). Quando siamo fermi ad un semaforo per aspettare il verde e ad un tratto sentiamo il suono di un clacson lo avvertiamo in maniera molto netta (ci provocherà una sensazione molto intensa). Se a questo primo si aggiunge un secondo clacson non ci provocherà una sensazione di intensità doppia rispetto alla precedente. Questa sensazione è data dal fatto che mentre l’intensità dello stimolo aumenta in modo geometrico (equivale alla stimolazione), la sensazione corrispondente a quello stimolo aumenta in progressione aritmetica (successione di numeri). Pertanto la sensazione S si accresce con il logaritmo dell'intensità dello stimolo.

15 Legge di Weber e di Fechner
Come si può vedere, aumenti graduali e costanti del peso fisico si accompagnano ad aumenti via via sempre più deboli della sensazione di pesantezza Detto diversamente, aumenti costanti della sensazione di pesantezza si ottengono con valori sempre maggiori del peso fisico sollevato.

16 Introduzione alla percezione
Gli organi di senso rappresentano la base biologica della percezione. Nell’uomo concludono la loro maturazione entro i primi 4-5 mesi di vita. Le informazioni registrate dagli organi di senso, specie-specifiche, vengono integrate attraverso il processo percettivo, che a sua volta funziona in modo pre-programmato in base alle sue caratteristiche biologiche. Nelle slide precedenti abbiamo visto che esistono dei limiti.

17 Problema Quale fiducia dare agli organi di senso e alla percezione, che si fonda sui dati da essi rilevati? Sappiamo che i dati sensoriali non sono sempre veridici, ci sono infedeltà percettive, distorsioni, mancate corrispondenze. Questa constatazione può condurre ad una svalutazione dell'attività percettiva a causa di una falsa impostazione del problema: ritenere cioè che lo scopo della percezione sia la registrazione accurata di ciò che è presente nel mondo.

18 Risoluzione del problema
Il problema si risolve a favore della fiducia nella percezione (specie-specifica) se la si considera come un complesso meccanismo, preposto alla raccolta ed elaborazione, in tempi molto brevi, di una grande quantità di informazioni utili e/o necessarie al sistema cognitivo e a quello motorio per raggiungere i loro obiettivi, prima di tutto quello della sopravvivenza. Non sarebbe "economico" che la percezione fosse un passivo meccanismo di registrazione fedele di dati. Dal punto di vista cognitivista, attenzione e percezione sono i primi processi cognitivi che fanno da interfaccia tra ambiente e individuo:

19 La percezione La percezione visiva ha come oggetto di studio l'esperienza percettiva, ovvero ciò che noi vediamo, così come lo vediamo. Ciò che noi vediamo, così come lo vediamo, può essere chiamato fenomeno. Detto altrimenti, la percezione visiva studia l'organizzazione dello spazio percettivo, data una certa configurazione di stimoli limitata nel tempo e nello spazio. Wertheimer parla di come noi viviamo direttamente l’esperienza percettiva nel mondo esterno, come noi percepiamo gli oggetti che si presentano alla nostra esperienza; non voleva capire come avviene l’esperienza percettiva utilizzando l’arbitrarietà delle nostre facoltà percettive.

20 Realismo ingenuo e percezione
Realismo ingenuo: la percezione è una fotocopia della realtà: quello che percepiamo nel mondo fisico (percetto) corrisponde alla realtà percepita (fenomenico). NON E’ PROPRIO COSI’ Si può verificare il fenomeno dell’assenza dell’oggetto fenomenico: quello che esiste nel mondo fisico non compare a livello percettivo (figure mascherate o nascoste: mimetismo) Si può verificare il fenomeno dell’assenza dell’oggetto fisico: quello che percepiamo sul piano fenomenico non esiste sul piano fisico (figure anomale). Si può verificare una discrepanza fra oggetto fisico e fenomenico (illusioni ottiche).

21 Elaborazione dell’informazione che si conclude con la percezione
Input Ambientale (Stimolo Distale) Registro Sensoriale (Stimolo Prossimale, Organi di Senso) Selezione Tramite Attenzione Selettiva dell’input Interessante Percezione-Riconoscimento La Gestalt si è occupata di descrivere i processi visivi primari che svolgono il compito di individuare e descrivere le proprietà fisiche dello stimolo visivo. La psicologia cognitiva si occupa invece di descrivere i processi di elaborazione cognitiva riguardanti come le conoscenze presenti in memoria permettono di arrivare a riconoscere un determinato oggetto.

22 La catena psicofisica Perché abbia luogo una percezione si devono dare 3 condizioni: un pezzo di mondo che emetta e/o rifletta qualche tipo di energia (stimolo distale). un tipo di energia (fisica, chimica, meccanica ecc.) che sia in grado di modificare gli organi sensoriali (questa stimolazione che ricevono gli organi di senso viene detta stimolo prossimale). un sistema di elaborazione che sia in grado di decodificare e interpretare le modificazioni che l'energia ha prodotto negli organi di senso (dà luogo al percetto).

23 La catena psicofisica 7 2, 3 6 1 5 4 1 - La luce che viene riflessa dall’oggetto arriva all’occhio dell’osservatore, 2 - forma un’immagine sulla retina 3 - e genera impulsi elettrici nei recettori; 4 - gli impulsi nervosi viaggiano attraverso le fibre nervose, 5 - raggiungono il cervello 6 - dove vengono “elaborati” 7 - e il percettore vede l’oggetto

24 Catena psicofisica: l’esempio della vista
Trasmissione neurale: vie tra la retina e il cervello. L’informazione visiva si dirige verso la corteccia visiva (lobo occipitale). Incrocio nel chiasma ottico: la metà destra del campo visivo si proietta sulla metà sinistra di ogni retina. Occhi frontali, con buona visione stereoscopica (profondità). Nell’occhio troviamo due tipi di fotorecettori: i coni (si trovano nella fovea), che consentono la visione nitida e a colori degli oggetti in condizioni di luce vivida; i bastoncelli (distribuiti su tutta la retina) che consentono la visione quando la luce è debole.

25 Le aree della corteccia occipitale
L'area V1 invia informazioni a molte aree visive secondarie a cui sono stati attribuiti svariati nomi ( V2, V3, V4, V5...).

26 Esperimento Coprite l’occhio sinistro e, tenendo il foglio alla distanza di 30 cm circa dagli occhi, fissate la croce e contemporaneamente avvicinate lentamente il foglio al viso finché l’immagine del punto scomparirà. Ripetete la prova con l’occhio destro coperto: fissando il punto nero scomparirà la croce. Il test visivo che dimostra l’esistenza del punto cieco. Il cervello cerca di riempire lo spazio vuoto con lo sfondo più probabile, prendendolo in prestito dai contorni dell’area che non può essere osservabile. Osservate infatti l’immagine seguente per rendervi conto di questo fenomeno

27 Esperimento In questo caso la “x” viene sostituita dalla barra nera.
Il sistema nervoso visivo compensa in qualche modo questo punto cieco e lo fa corrispondere a quello che lo circonda.  In questo caso la “x” viene sostituita dalla barra nera.

28 Elaborazione bottom-up e top-down
La prima prospettiva ipotizza una modalità di elaborazione guidata dai dati sensoriali, ossia dalle singole parti dello stimolo. La seconda ipotizza che la percezione sia guidata dalla conoscenza o guidata dai concetti cioè basata sulle rappresentazioni contenute in memoria. Es.: possiamo riconosciamo un’automobile a partire dalla proprietà fisiche oppure partendo dal concetto di automobile. Poi alla fine siamo in grado di assemblare le varie parti e arrivare a riconoscere l’automobile. Oppure possiamo partire dal concetto di automobile presente in memoria e poi analizzare se le varie parti che la compongono confermano questa prima percezione. Le modalità con le quali avviene il confronto è un tema molto dibattuto e per ora non ci sono prove convincenti che permettano di optare per una o per l’altra delle due ipotesi proposte (bottom-up e top-down) che vedremo più avanti.

29 Elaborazione bottom-up e top-down
Il problema “top-down o bottom-up o entrambi” nasce quando si desidera assegnare una struttura a dei dati secondo qualche principio top-down: si usano i principi per predire i dettagli dei dati (struttura degli oggetti per predire le disparità retiniche) bottom-up: si usano i dati per predire le strutture a livello più alto (disparità retiniche per struttura oggetti) Differenti modalità di predizione: qual è la migliore? le sole considerazioni computazionali non permettono di decidere quale modalità adotta un sistema cognitivo necessità di prove empiriche bottom-up: il sistema funziona senza conoscenze di alto livello top-down: il sistema funziona quando i dati sono degradati

30 La teoria della percezione di Gibson
Rifiuto della teoria cognitivista dell’elaborazione delle informazioni: le informazioni sono già presenti nella stimolazione e possono essere colte direttamente. Teoria della percezione diretta. Sensi = sistemi percettivi diretti con la funzione di cogliere le invarianti strutturali disponibili nell’ambiente. Ad esempio, l’informazione raccolta dall’occhio è quella necessaria per la percezione visiva. È la teoria più decisamente a favore del processo bottom-up rispetto a quello top-down.

31 La teoria della percezione di Gibson
“Ask not what is inside the observers head, but what the observers head is inside of.” È impossibile studiare processi percettivi e cognitivi indipendentemente dal contesto e dal tipo di implementazione. Nesso organismo-ambiente (= ciò che circonda l’organismo). Ambiente non corrispondente all’ambiente fisico. Nell’ambiente c’è: un mezzo (atmosfera) che ci permette di spostarci e di percepire le sostanze, delle sostanze (rocce, suolo, minerali, piante, animali, ecc.), delle superfici che riflettono la luce, hanno una forma, una tessitura, variano. Non bisogna chiedere ciò che è nella testa di un osservatore, piuttosto cosa ciò che sta intorno a me stimola il pensiero. L’ambiente varia: vita e morte degli organismi.

32 La teoria della percezione di Gibson
Quando ci muoviamo in un ambiente statico, la luce entra nell’occhio in movimento dell’osservatore, subendo modificazioni continue e sistematiche: il flusso ottico. Da assetto ottico, statico -> a flusso ottico, dinamico. Nel mutamento aspetti che restano invarianti: es. rigidità degli oggetti. Il movimento è essenziale per la visione. Il movimento dell’osservatore nel flusso produce trasformazioni nel flusso ottico. Nasce l’importanza del rapporto tra percezione-azione.

33 La teoria della percezione di Gibson: le affordances
Per Gibson, le informazioni hanno senso per l’organismo che le coglie direttamente dalla stimolazione in quanto affordances presentate dall’ambiente in relazione al valore evolutivo che hanno per l’organismo.

34 La teoria della percezione di Gibson: le affordances
L’ambiente si offre al soggetto. Es. mela. Le affordances riguardano SIAla percezione che l’azione. Le affordances sono SIA soggettive che oggettive Le affordances riguardano SIA l’ambiente che gli individui. Applicazioni della nozione di affordance: ergonomia cognitiva. Es. elettrodomestici e vari artefatti Progettazione che faciliti l’uso.

35 La teoria della percezione di Gibson: le affordances
Le affordances sono variabili. Variabilità e soggettività della affordances sono rapportate alle dimensioni degli individui. Artefatti: abbiamo modificato l’ambiente per modificare quello che ci offre.

36 La posizione di Neisser
L’individuo possiede degli schemi cognitivi che lo orientano e lo guidano nella esplorazione percettiva (e selezione) degli stimoli, attraverso un meccanismo di assimilazione. Nel caso in cui gli elementi ambientali siano incongruenti (o nuovi e sconosciuti) rispetto agli schemi posseduti dal soggetto, gli schemi stessi verranno modificati (accomodati) in funzione dei feedback ambientali. La posizione di Neisser (1976) media tra i due estremi.

37 Ciclo percezione-azione di Neisser

38 La teoria di Marr Marr (1982): "Vision is a process that produces from images of the external world a description that is useful to the viewer". Elementari: distribuzione nello spazio dell’intensità della luce che colpisce la retina. Strutturali: legate alle relazioni tra le parti consentono di riconoscere lo stimolo. Anche se variazioni delle proiezioni retiniche, ricostruiamo la stessa struttura dell’oggetto. Caratteristiche ELEMENTARI e STRUTTURALI di una stimolazione. Sistema visivo: struttura a strati, che opera per stadi.

39 La teoria di Marr Marr(1982) propone 4 livelli di rappresentazione:
Immagine Sketch primario Sketch a 2 ½D Sketch a 3D Ogni forma di rappresentazione ha un insieme di primitivi-

40 La teoria di Marr Immagine – rappresenta l’intensità della luce
Abbozzo (sketch) Primario. Rappresenta i cambiamenti di intensità. Primitivi: linee, contorni, angoli. Abbozzo a 2D Rappresenta le superfici visibili.½. Primitivi: superfici con diverso orientamento. Primal sketch estrae dal pattern delle primitive (chiazze, terminazioni, discontinuità di linee ecc.) che vengono raggruppate a formare un abbozzo primitivo. Si costituisce un abbozzo a due dimensioni e mezzo (2 1/2D), che costituisce una descrizione degli orientamenti delle superfici dell’oggetto rispetto all’osservatore (alla camera)

41 La teoria di Marr Modello a 3D rappresenta la struttura 3D – Primitivi: cilindri con orientamento – Risolve il problema della visione di livello alto: riconoscimento degli oggetti. Costanza dell’oggetto: non cambia con il punto di vista. Implica un quadro di riferimento basato sull’oggetto La fase ultima è quella della rappresentazione del modello a 3D, con la costruzione di un nuovo sistema di coordinate, questa volta centrato sull’oggetto.

42 Riconoscere gli oggetti
Partiamo dalla seguente domanda: come facciamo a riconoscere una lettera o una parola nonostante le diverse forme nelle può essere scritta? Riconoscere una configurazione visiva significa fare un confronto tra gli stimoli in arrivo e le informazioni presenti in memoria.

43 Comparazione tra sagome
Questa teoria parte dal presupposto che nella nostra memoria sarebbe archiviato un numero enorme di sagome, ossia tutte quelle forme di oggetti che possiamo riconoscere. Oggetto = comparazione tra le sagome presenti in memoria e quelle presenti nell’ambiente. Il risultato di questo processo è il riconoscimento dell’oggetto.

44 Comparazione tra sagome
Mentre nella realtà esistono strumenti in grado di utilizzare questi sistemi di confronto (es. codici a barre). Ogni oggetto è caratterizzato da un particolare codice. La nostra memoria non può contenere un archivio con un enorme numero di configurazioni tali da permetterne il riconoscimento. Poi occorre tenere conto che lo stesso stimolo esterno, per il es. ilo volto di un ns amico, può variare “sagoma” a seconda della luce, della lunghezza dei capelli, della barba, ecc. Non è cognitivamente economico stivare un così alto numero di sagome. In definitiva questa teoria può essere valida solo per il riconoscimento di configurazioni semplici ma non di configurazioni complesse.

45 Teoria dei prototipi Questa teoria prevede che il confronto avvenga tra lo stimolo esterno ed un prototipo interno che contiene le proprietà più frequenti e più tipiche di un certo insieme di oggetti. Un prototipo non ha le proprietà di una sagoma, ma è una rappresentazione astratta della configurazione. In sostanza non deve essere identico ma occorre solo che condivida alcune delle proprietà della configurazione.

46 Teoria dei prototipi Questo significa che saremo in grado di conoscere il nostro amico anche se ha la barba più lunga. Oltretutto noi siamo in grado di formarci dei nuovi prototipi di oggetti pur non avendoli mai visti prima, integrando le caratteristiche di una determinata configurazione. Il problema è che questa teoria non spiega come si formano nella nostra memoria i prototipi e le modalità secondo le quali sono archiviati.

47 Teoria delle caratteristiche
Secondo questa teoria il confronto avverrebbe tra alcune caratteristiche delle stimolo esterno e le proprietà archiviate in memoria. Il riconoscimento avverrebbe per stadi successivi, ossia: Rilevata così come appare sulla retina. La configurazione sarebbe sezionata analizzandone le proprietà che la costituiscono. L’assemblaggio delle proprietà dello stadio precedente darebbe vita al riconoscimento cognitivo. Nello stadio cognitivo possiamo riconoscere le proprietà di un oggetto in base alla sua configurazione. Quindi riusciamo a distinguere un 13 dalla lettera B

48 Teoria delle caratteristiche
Gli stimoli visivi sono riconosciuti comparando le proprietà che contengono con le caratteristiche presenti in memoria. Siamo in grado di riconoscere gli stimoli che contengono il maggior numero di caratteristiche contenute anche in memoria. Rispetto alle altre teoria questa è supportata da evidenze empiriche.

49 Il completamento amodale
La percezione costruisce la realtà di cui abbiamo esperienza. Nella figura la parte nascosta della striscia nera è presente nella nostra coscienza anche se non è fisicamente visibile.

50 L’articolazione figura-sfondo (Rubin, 1915)
È la prima segmentazione del flusso delle stimolazioni: non c’è figura senza sfondo e viceversa. Nella figura a lato riusciamo a riconoscere uno sfondo come figura all’interno della configurazione in cui la figura ha una sua forma mentre lo sfondo ne è privo? Sagome incluse Area minore Assi cartesiani Eppure lo sfondo è presente, anche se la sua forma è priva di significato i confini sono ben delineati dalle due sagome che vediamo e che percepiamo come figura. La difficoltà deriva dal fatto che è più semplice riconoscere la con configurazione che viene inclusa-circoscritta, nel ns caso le due sagome, ecc. La segmentazione figura-sfondo non avviene in modo casuale ma è guidata da una serie di fattori che di solito appartengono alla figura e non allo sfondo.

51 L’articolazione figura-sfondo
Nella comune osservazione visiva, gli spazi vuoti tra gli oggetti non vengono notati. Noi vediamo gli oggetti come entità dotate di forma, mentre gli spazi intermedi ne sono privi, salvo quando esercitiamo un certo sforzo e riusciamo a vedere i vuoti come figure.

52 L’articolazione figura-sfondo
Proprietà Orientamento L’area minore è percepita come figura Diventa figura la regione con gli assi orientati secondo le direzioni principali dello spazio percettivo, verticale e orizzontale

53 L’articolazione figura-sfondo
Fu Rubin (1921) ad individuare le condizioni che favoriscono l’articolazione di certe zone del campo visivo come figure e di altre come sfondo. La regione inclusa-circoscritta è percepita come figura Diventa figura la regione convessa (favorisce l’emergere della figura), rispetto a quella concava (tende a provocare la percezione di sfondo)

54 Esempio di loghi che usano l’organizzazione figura-sfondo

55 Dalla figura-sfondo alle figure reversibili
Non sempre, la relazione figura-sfondo risulta completamente determinata dalle caratteristiche dello stimolo visivo. Quando gli indizi presenti nella scena sono scarsi oppure ambigui, incontriamo delle difficoltà nel decidere a quale forma attribuire il significato di figura e a quale il significato di sfondo. Questo fenomeno è detto figura reversibile, vale a dire figure nelle quali si ha una inversione tra la figura e lo sfondo.

56 Figure reversibili o instabili
Quando nessuna di queste condizioni privilegia una parte del campo visivo rispetto alle altre, si ha una situazione di instabilità e una continua reversibilità del rapporto figura/sfondo. Il fenomeno delle figure reversibili mette in luce: Instabilità percettiva Impossibilità di percepire i due stimoli contemporaneamente

57 Figure bistabili Nel caso delle figure bistabili assume rilevanza anche l’impostazione soggettiva dell’osservatore, che determina la segregazione figura/sfondo sulla base di uno spostamento dell’attenzione (Kanizsa, 1975). Anatra o coniglio

58 La Psicologia della Gestalt: i principi dell’organizzazione percettiva
L’informazione che noi percepiamo sta in questa organizzazione. Di fatto, Gestalt in tedesco significa “insieme organizzato”, “configurazione armonica” e secondo i fautori di questo approccio, la vera unità fondamentale per lo studio della percezione sta nella Gestalt dello stimolo sensoriale, non nei singoli elementi che lo compongono.

59 La Psicologia della Gestalt: i principi dell’organizzazione percettiva
Questo processo di organizzazione intrinseca è regolato da alcuni fattori o leggi gestaltiche. Grazie a questi fattori le parti di un campo percettivo vengono a costituire delle totalità coerenti e strutturate (Gestalten) come figure sullo sfondo, come oggetti dotati di proprie caratteristiche (colore, movimento, ecc.). In questa prospettiva la percezione costituisce un processo primario che conduce alla segmentazione del campo fenomenico in unità distinte con le loro proprietà e relazioni immediate ed evidenti (Kanizsa, 1980). L’esperienza passata non può modificare le leggi di organizzazione strutturale, ma può imporre dei vincoli che fanno emergere alcune organizzazioni invece che altre.

60 La Psicologia della Gestalt: i principi dell’organizzazione percettiva
Nella teoria formulata dalla Gestalt il sistema nervoso è predisposto a rispondere ai pattern degli stimoli sensoriali con meccanismi innati, che agiscono in base ad alcune regole fondamentali, definite principi dell’organizzazione percettiva: (Koffka, 1935; Wertheimer, 1923): Vicinanza, somiglianza, chiusura, continuità, movimento comune, simmetria, esperienza passata. Raggruppamento percettivo: cogliamo la realtà non come insieme di sensazioni slegate ma come unità significative

61 Vicinanza Tendiamo a vedere gli elementi di uno stimolo visivo tra loro vicini come parti dello stesso oggetto, e quelli distanti come parti di oggetti differenti. Questo ci permette di separare un vasto insieme di elementi in un insieme meno numeroso di oggetti. Vediamo tre insiemi anziché singoli punti

62 Somiglianza Tendiamo a vedere gli elementi di uno stimolo fisicamente simili come parti dello stesso oggetto, e gli elementi diversi come parte di oggetti differenti. Siamo in grado di distinguere tra due oggetti diversi in base alle differenze visive. Poiché raggruppiamo insieme gli elementi simili, in questa figura distinguiamo forme separate

63 Somiglianza dovute al colore
La similarità del colore fa sì che una serie di punti neri e grigi venga percepita come una serie di quadrati neri che si alternano a quadrati grigi.

64 Chiusura Tendiamo a vedere le forme come delimitate da un contorno continuo e a ignorare le eventuali interruzioni di tale continuità. Questo ci aiuta a percepire le forme come complete anche quando sono parzialmente nascoste da altri oggetti. Vediamo un rettangolo sopra un cerchio. Nessuno ci dice con certezza che la sagoma è quella di un cerchio, ma è la ns percezione che la completa fino a farla diventare un cerchio parzialmente nascosto. Si parla in questo caso di completamento amodale, ossia la presenza di parti nascoste si realizza comunque: esse sono presenti percettivamente anche se non esiste un corrispettivo fisico.

65 Continuità Quando varie linee si intersecano, tendiamo a riunire i segmenti in modo da formare linee il più possibile continue, col minimo cambiamento di direzione. Questo ci permette di attribuire una certa linea a un particolare oggetto quando due o più oggetti si sovrappongono. In questa figura vediamo due linee continue ab e cd piuttosto che quattro segmenti o due linee spezzate. Fili del computer

66 Movimento comune Quando gli elementi di uno stimolo si muovono nella stessa direzione e alla stessa velocità, tendiamo a vederli come parti di un unico oggetto. Questo ci aiuta a distinguere un oggetto in movimento dallo sfondo. Se le frecce si spostassero in gruppo nella stessa direzione, li vedremmo come un unico oggetto

67 Simmetria Il sistema percettivo cerca di produrre percezioni il più possibile eleganti: semplici, ordinate, simmetriche, regolari e prevedibili. Il nostro sistema percettivo organizza gli stimoli nella forma più semplice possibile. Grazie alla sua simmetria la figura di sinistra ha più probabilità di quella al centro di essere vista come un unico oggetto. È più probabile che quest’ultima venga interpretata come due oggetti separati, come mostra più chiaramente il disegno a destra.

68 Esperienza passata Wertheimer ha aggiunto anche un fattore empirico: la segmentazione del campo avverrebbe, a parità delle altre condizioni, anche in funzione delle nostre esperienze passate, in modo che sarebbe favorita la costituzione di oggetti con i quali abbiamo più familiarità, che abbiamo già visto, piuttosto che di forme sconosciute o poco familiari. In un’accezione più moderata, i gestaltisti consideravano che l’esperienza passata non influisse sui processi di base ma che influisse sull’orientare tali processi in particolari direzioni rispetto ad altre. L’esperienza passata non può modificare le leggi di organizzazione strutturale, ma può imporre dei vincoli che fanno emergere alcune organizzazioni invece che altre.

69 Le illusioni ottiche A volte i nostri processi percettivi, a causa di condizioni visive inadeguate, possono indurci in errore. La tendenza a percepire i pattern visivi e gli oggetti come insiemi organizzati è così forte che in alcuni casi il sistema percettivo aggiunge elementi mancanti, creando delle vere illusioni ottiche (percezione falsa o distorta della realtà). Nello studio della percezione, un posto speciale occupano le illusioni ottiche, la cui spiegazione teorica è ancora dibattuta, benché siano note fin dall’antichità (p.e. Gregory, 1998). In questa sede, ne riportiamo alcune, allo scopo di favorire il superamento del realismo ingenuo, basato sull’assunto che la percezione, così come l’osservazione, sia una registrazione semplice e fedele della realtà.

70 Le illusioni ottiche Nel campo delle illusioni, possiamo distinguere quattro differenti tipi di illusioni visive: figure ambigue figure paradossali figure fittizie distorsioni

71 Le illusioni ottiche: figure paradossali
Se osserviamo attentamente la figura notiamo che non può esistere come oggetto tridimensionale. Il nostro sguardo ripercorre incessantemente la figura, come se andasse alla ricerca di una chiave di soluzione, di un indizio di stabilità, ma è uno sforzo vano perché è impossibile trovare una soluzione. Lo sguardo vagherà senza scopo, cercando di trovare una qualche configurazione a ciò che non ne possiede, dato che i lineamenti dell’immagine non possono esistere in natura.

72 Le illusioni ottiche: figure fittizie
I contorni del triangolo non sono fisicamente presenti, pur essendo percettivamente colti. Si tratta di contorni anomali e illusori, generati dalla distribuzione e dall’organizzazione degli elementi della stimolazione. Nel caso di queste figure non si tratta di un errore percettivo dovuto a un’osservazione superficiale, poiché più a lungo fisserete l’intero stimolo e più vi convincerete che un margine netto separa davvero il triangolo dallo sfondo, cioè il triangolo apparirà più bianco dello sfondo.

73 Le illusioni ottiche: distorsioni
I segmenti convergenti ci dicono che la linea è più vicina a noi (a), quelli divergenti che è più lontana (b). Illusione di Müller-Lyer Illusione di Ponzo

74 Le illusioni ottiche: distorsioni
L’illusione di Müller-Lyer è stata spiegata nel modo seguente: quando i segmenti che si trovano alle estremità della linea convergono, la linea viene percepita come più corta rispetto a quando divergono. I segmenti convergenti ci dicono che la linea è più vicina a noi, quelli divergenti che è più lontana. Questa stessa spiegazione è stata applicata per spiegare anche l’illusione di Ponzo.

75 Movimento apparente Grazie a Wertheimer si è saputo molto del perché percepiamo immagini in movimento quando guardiamo un film, ad esempio Egli scoprì che alternando il tempo di illuminazione fra due fonti luminose vicine era possibile dare la sensazione di movimento Con intervalli di 50/100 ms si produceva un movimento apparente Con intervalli maggiori si aveva la sensazioni di vedere due stimoli stazionari

76 Movimento stroboscopico (Wertheimer 1912)
beta

77 Movimento stroboscopico (Wertheimer 1912)
phi puro

78 I meccanismi percettivi
I meccanismi delle illusioni percettive sono vari e vanno esaminati caso per caso. Il più delle volte si tratta di errori o disfunzioni nei meccanismi correttivi che il cervello mette in atto (come ad esempio nelle costanze) e che di solito hanno l’effetto di migliorare il processo percettivo. Nel caso del movimento apparente, invece, abbiamo a che fare con situazioni esterne che vanno oltre i limiti delle capacità percettive del sistema nervoso.

79 Percezione della lettura
La lettura è una complessa attività in cui entra in gioco la percezione, delle singole lettere, delle parole e delle frasi, ma la parte principale spetta alle funzioni superiori, in particolare al linguaggio. Il testo è esplorato a scatti, come l’immagine. In ogni fissazione si vede bene solo un piccolo tratto di riga (span percettivo). La percezione del testo è discontinua (l’esplorazione è a salti), selettiva (non tutto il materiale di una riga viene visto) e guidata dal cervello che si basa soprattutto sull’esigenza di acquisire significati. Il cervello integra i dati frammentari raccolti nell’esplorazione del testo basandosi essenzialmente sui significati.

80 Processamento umano dell’informazione
Nel processamento delle informazioni, possiamo identificare almeno sei importanti unità che sono attive mentre un individuo umano osserva un oggetto: recettori sensoriali, registri sensoriali, memoria permanente, processi di riconoscimento di configurazioni, attenzione e memoria di servizio. I recettori sensoriali nel processo visivo sono composti da milioni di cellule specializzate che rispondono per prime agli input ambientali. Essi rappresentano il primo gradino nel processamento di tutte le immagini provenienti dal mondo esterno.

81 I processi più importanti
Sono molti i processi che devono essere condotti sugli stimoli ambientali, per poterne derivare un significato. Ogni processo richiede del tempo. Poiché l’ambiente può cambiare rapidamente, e dato che uno stimolo può terminare prima del completamento del processo percettivo, potremmo attenderci che l'analisi di molti stimoli termini a metà, prima che ne sia determinato il significato.

82 I processi più importanti
Nei fatti la cosa non è frequente, in quanto noi siamo dotati di sistemi che trattengono per breve tempo una rappresentazione abbastanza completa degli stimoli, e così l’analisi percettiva può essere condotta a termine. Sono questi sistemi che costituiscono i registri sensoriali e sono la seconda componente importante di processamento delle informazioni (immagini).

83 Pattern recognition Dire che la percezione implica la determinazione del significato degli stimoli implica che gli individui abbiano un repertorio permanente di conoscenze sul loro mondo. E’ questo deposito che va consultato per determinare il senso di un dato evento. Nel modello presentato tale componente ha preso il nome di memoria permanente. E’ improbabile che gli stimoli esistenti nel nostro ambiente abbiano esattamente la stessa forma della conoscenza che possediamo del mondo e che abbiamo immagazzinato nella memoria permanente. Entrano allora in gioco numerosi processi di riconoscimento di configurazioni (pattern recognition).

84 Pattern recognition Le ricerche su questo tema indagano su come l’individuo riesce a determinare che un particolare insieme di linee e d’angoli è, per esempio, la lettera A, o un particolare insieme di linee curve rappresenti una certa immagine. In sostanza, il riconoscimento di configurazioni si occupa di come gli stimoli ambientali sono identificati con qualcosa già immagazzinato nella memoria dell’individuo. Per capire in poche parole cosa accade bisogna specificare cosa s’intende per concetto o schema. Questi termini si riferiscono a strutture mentali, ad unità organizzate delle conoscenze che l’individuo ha del mondo. Noi possediamo un ampio numero di schemi di questo tipo, per quel che sappiamo sui libri, fiori, gli alberi, ecc. Essi possono avere vari livelli di generalità, e possono essere legati ad altri schemi.

85 La memoria di servizio Il numero di stimolazioni ambientali ai quali un individuo potrebbe prestare attenzione è illimitato. Per esempio, abbiamo visto che vi sono milioni di sfumature di colore, d’effetti di contrasto, di forme che egli potrebbe analizzare e percepire. Ma poiché l’individuo ha limitate capacità di processamento allora egli deve decidere come distribuirle tra i vari compiti che potrebbe seguire. E’ questo il processo dell’attenzione. Un aspetto cruciale della capacità di processare informazioni risiede nella capacità dell’individuo di porre in una memoria di servizio alcuni aspetti delle funzioni cognitive.

86 La memoria di servizio Questo tipo di memoria è legato a quel che comunemente è detto consapevolezza. L’individuo diventa così capace di controllare o modificare alcuni processamenti che sta compiendo. Quest’aspetto consente anche di pianificare o di generare delle condizioni uniche d’informazioni in cui non si è mai imbattuto in precedenza (Moates & Schumacher, 1983). Le sei componenti costituiscono il fondamento in base al quale si può spiegare come un individuo faccia a trarre significati dalle immagini visive, a prestar loro attenzione ed a ricordarle.

87 La Computer vision La vista è il più importante sistema sensoriale dell’uomo, dal quale otteniamo il maggior numero d’informazioni sull’ambiente che ci circonda. Lo studio di questo settore rappresenta uno degli argomenti più importanti delle Scienze Cognitive e dell’Intelligenza Artificiale in quanto, per poter costruire macchine artificiali capaci di eseguire compiti adattivi complessi, in ambienti in continuo mutamento, sicuramente devono essere dotate di capacità visive. Il sistema visivo umano è molto complesso dal punto di vista neurofisiologico (Oatley, 1982), anche se il comportamento visivo è attuato in modo completamente automatico nei soggetti umani.

88 La Computer vision Infatti, l’azione del vedere non è soltanto una trasduzione di segnale, ma include anche l’interpretazione dell’immagine. Tale processo presuppone: l’estrazione d’informazioni parziali che riguardano l’individuazione di tutti gli oggetti presenti nell’immagine; la determinazione delle posizioni spaziali degli oggetti e delle loro dimensioni; la costruzione di una rappresentazione sintetica della scena a partire dall’immagine stessa.

89 I sistemi di visione artificiale
Il processo visivo, sia naturale sia artificiale, gestisce una rilevante quantità d’informazioni. Tale informazione sono codificate in una matrice bidimensionale, l’immagine, che rappresenta le misure della quantità di luce riflessa nell’occhio, o, per il sistema artificiale nella telecamera, da ogni punto della superficie degli oggetti tridimensionali presenti nella scena. Questo lavoro di registrazione dell’immagine nell’occhio umano è svolto da più di 100 milioni di recettori, presenti nelle due retine. Nel caso del sistema di visione artificiale, nella telecamera il numero d’elementi recettori è cento volte inferiore rispetto all’occhio umano.

90 I sistemi di visione artificiale
Tuttavia, poiché ogni punto dell’immagine è codificato con un numero d’otto cifre, la quantità d’informazioni presenti in ogni immagine è veramente imponente. Per imitare l’occhio umano è necessario che il sistema visivo artificiale sia in grado di processare almeno alcune immagini il secondo. Per cui, nella progettazione di tali sistemi è necessario prevedere la disponibilità di calcolatori con enorme capacità computazionale e di dispositivi dedicati per compiere il calcolo ad altissima velocità o in tempo reale. Nonostante tutta l’informazione che un calcolatore può stivare e computare per un’immagine, essa risulta insufficiente per il problema della proiezione del mondo tridimensionale sulla superficie bidimensionale dell’immagine, che determina una perdita d’informazione sulla profondità con la comparsa d’ambiguità interpretative.

91 La tridimensionalità Come si passa dalla realtà tridimensionale della scena al mondo bidimensionale dell’immagine è un argomento che fu affrontato per la prima volta dagli artisti del Rinascimento, che, per superare il problema della realizzazione d’opere pittoriche realistiche, inventarono un modello prospettico di formazione dell’immagine, attualmente utilizzato anche per la visione artificiale (Kruger, 1990). Secondo tale modello, l’immagine di una scena tridimensionale, vista dall’angolazione dell’osservatore, si ottiene come intersezione con un piano dei raggi luminosi congiungenti i punti della scena con il punto di vista scelto (Mangili e Musso, 1992)

92 La visione artificiale
Analizzando invece alcuni processi della visione artificiale, ci si rende conto che il compito che deve svolgere la macchina è rovesciato, rispetto agli artisti rinascimentali: mentre l’artista ha l’obiettivo di costruire un’immagine, a partire dal mondo reale, il sistema di visione artificiale deve invece, partendo dall’immagine, ricostruire o interpretare il modello tridimensionale. Le metodologie studiate per affrontare questo problema sono di due tipi: l’approccio monoculare e quello binoculare.

93 La visione artificiale
Il primo approccio analizza le scene basandosi su immagini singole, mentre il secondo seguendo una strategia di tipo umano, sfrutta la cooperazione e la concatenazione di più immagini di una scena ripresa da più punti di vista, per ricostruire la stessa scena. La differenza tra le due alternative si coglie se si fa il paragone con la visione umana, quando si utilizza un solo occhio e quando si utilizzano due occhi. Nel primo caso, visione con un solo occhio, sia la profondità sia le proporzioni fra gli oggetti presenti in una scena sono molto difficili da percepire.

94 Conclusioni Il nostro sistema visivo opera continuamente confronti e mette in relazione gli stimoli percepiti in modo da riconoscerli e semmai dargli un significato Ogni cosa quindi ha una funzione: il colore, il movimento, gli indici propriocettivi, gli indici di profondità, la relazione fra gli elementi, la segmentazione figura sfondo, ecc. Queste informazioni (parallele) che vengono continuamente integrate ci permettono di vivere in un ambiente, anche a costo di interpretare l’ambiente come in realtà non è.

95 c Conclusioni Le informazioni vengono continuamente integrate in base a quello che noi già sappiamo del mondo (top-down) e a quello che recepiamo (bottom-up), in modo da rientrare comunque in uno schema. L’integrazione di questi elementi e delle nostre conoscenze apprese e ri-elaborate ci permettono di dare un senso ai pattern visivi, come quello della figura. c

96 Percorso di autoverifica
La sensazione La psicofisica Elaborazione delle informazioni e riconoscimento degli oggetti Cosa si intende per percezione e le principali teorie L’articolazione figura-sfondo La teoria della Gestalt Figure reversibili e bistabili Le leggi o principi dell’organizzazione percettiva


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