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Da Lamarck al DNA, così il cerchio si stringe
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L’EVOLUZIONE 1809 il naturalista francese jean-baptiste Lamarck pubblica la philosophie zoologique, trattato con cui introduce l’idea che le specie viventi si trasformano per adattarsi agli ambienti che mutano nel tempo. L’ipotesi di lamarck è che specie simili di animali siano imparentate fra loro e che la lenta trasformazione tra una specie e l’altra avvenga per eredità di caratteri acquisiti.
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Per Lamarck in tutti gli esseri viventi c’è una spinta interna verso il cambiamento, che li fa diventare più complessi, che si manifesta attraverso l’uso più o meno intenso di determinati organi, portandoli al loro sviluppo o alla loro regressione in rapporto alle esigenze ambientali. I caratteri acquisiti in tale modo vengono trasmessi ai discendenti. Gli esseri viventi cambiano, mirando ad un fine che rappresenta sempre un miglioramento rispetto al passato. Per Lamarck, alla base dell’evoluzione c’è la tendenza verso il progresso, in nome di quel principio teologico di cui le scienze fisiche, al contrario delle biologiche, sono riuscite a liberarsi fin dai tempi di Galilei.
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Per Darwin, invece, i caratteri si sviluppano indipendentemente dall’ambiente, che non causa la loro comparsa, ma si limita a selezionarli: sono trasmessi ereditariamente non perché acquisiti ma perché già posseduti da chi viene selezionato. La straordinaria complessità e funzionalità, per esempio di un insetto non è il risultato di un progetto mirato, ma di milioni di anni di prove ed errori pagati con l’estinzione. Per Darwin la storia della vita non tende necessariamente al progresso; il processo evolutivo, riunendo il caso (variabilità) e la necessità (selezione), non ha né un fine né una fine.
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1962 l’ americano Watson e gli inglesi Crik e Wilkinz ricevono il premio nobel per essere riusciti a capire la struttura delle molecole del DNA che forma i cromosomi e quindi i geni. La decifrazione del codice genetico porta lo studio dell’ evoluzione al livello molecolare e consente di misurare con precisione come gli organismi viventi siano imparentati fra loro, condividendo una parte più o meno grande del loro DNA.
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1977: I paleontologi inglesi Stephen Jay Gould e Niles Eldredge attaccano la convinzione che l’ evoluzione avvenga secondo un processo continuo e graduale. Con la teoria degli “equilibri punteggiati” Gould ed Eldrege affermano che ci sono periodi, in cui l’ evoluzione accelera rapidamente, mentre di solito procede ad un ritmo lentissimo. Senza catastrofi, la vita sulla terra sarebbe molto meno varia
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