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Teoria degli intermediari finanziari

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Presentazione sul tema: "Teoria degli intermediari finanziari"— Transcript della presentazione:

1 Teoria degli intermediari finanziari
Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

2 L’esistenza degli intermediari finanziari ….
I rapporti finanziatore-impresa sono caratterizzati da incompletezza e asimmetria dell’informazione. Gli strumenti e gli operatori finanziari sono meccanismi, più o meno costosi, disegnati per risolvere i problemi informativi e allineare gli incentivi di chi chiede e chi dà risorse finanziarie in prestito. Asimmetria informativa ex ante: selezione avversa Asimmetria informativa ex post: azzardo morale Incompletezza dell’informazione: diversa valutazione 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

3 L’esistenza degli intermediari finanziari ….
Imperfezioni nel funzionamento dei mercati finanziari Esistenza e funzioni degli intermediari finanziari e bancari Fallimenti nel funzionamento degli intermediari finanziari Regolamentazione degli intermediari finanziari 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

4 L’esistenza degli intermediari finanziari ….
La giustificazione dell’esistenza degli intermediari finanziari è nella loro capacità di mobilizzare le risorse finanziarie (e reali) in maniera più economica e efficiente rispetto ai mercati finanziari. Le imperfezioni che caratterizzano gli scambi diretti (non intermediati) sui mercati finanziari riguardano: i costi di transazione; i costi di informazione L’esistenza degli intermediari finanziari è economicamente conveniente quando i costi dello scambio diretto tra risparmiatore e investitore sono maggiori della somma dei costi dello scambio tra risparmiatore e intermediario e tra intermediario e intermediario e imprenditore. 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

5 L’esistenza degli intermediari finanziari ….
In altre parole, per spiegare l’esistenza degli intermediari occorre dimostrare che: TC1 + TC2 = TCI < TC Risparmiatori Intermediari Imprese TC2 TC1 TC 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

6 L’esistenza degli intermediari finanziari ….
Questa diseguaglianza può essere rispettata se: gli intermediari hanno capacità professionali e una tecnologia di scambio così efficiente da consentire di effettuare le singole transazioni a costi inferiori rispetto a quanto potrebbero fare risparmiatori e imprenditori. gli intermediari diversificano il loro portafoglio in misura tale da: ridurre i costi di transazione legati alla diversificazione del rischio e consentire una soluzione più economica delle asimmetrie informative che caratterizzano il lato degli impieghi e/o della raccolta. 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

7 Le tipologie di intermediari finanziari
Gli intermediari finanziari possono essere distinti in due categorie: gli intermediari che non operano una trasformazione qualitativa dei titoli che compaiono nel loro attivo: brokers/dealers fondi comuni, fondi pensione. gli intermediari che operano una trasformazione qualitativa dei titoli che compaiono nel loro attivo: fondi chiusi/venture capitalists/business angels banche 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

8 Gli intermediari bancari
La banca è un intermediario che emette passività di qualità (scadenza e rischio) differente rispetto a quella delle attività finanziarie che acquista. L’unicità del credito bancario discende dal carattere monetario delle passività emesse e dal contenuto riservato dell’informazione impiegata nella relazione di credito. Le funzioni delle banche sono: Facilitare la gestione dei rischi. rischio di liquidità rischio di credito (diversificazione, selezione e controllo delle imprese) Allocare le risorse finanziarie. selezione della clientela Controllare il management dell’impresa. allineare gli incentivi del management e ridurre i costi di agenzia esercitare la “voce” 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

9 Il modello di Diamond (1984) …
Supponiamo che un imprenditore debba finanziare un progetto di investimento del valore di 1 euro. Vi sono n investitori ciascuno dotato di 1/n euro. Per svolgere l’investimento l’imprenditore deve dunque contattare tutti i risparmiatori. Gli investitori possono investire le loro risorse in un’attività priva di rischio che offre un rendimento lordo pari a R. Tutti gli operatori sono neutrali nei confronti del rischio. Pertanto, l’imprenditore deve assicurare a ciascun risparmiatore un rendimento almeno pari R/n. Con probabilità p il progetto di investimento ha successo e rende H euro. Con probabilità (1 – p) il progetto di investimento non ha successo e rende L ≤ 1 euro. In media il progetto di investimento è in grado di assicurare il pagamento di R ossia, pH + (1 – p)L > R + K. Ciò significa che, in assenza di altre difficoltà, i risparmiatori sarebbero disposti a finanziare il progetto. 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

10 Il modello di Diamond (1984) …
Il risultato del progetto è osservato solo dall’imprenditore che può, pertanto, sempre dichiarare L anche quando si è verificato H. I risparmiatori anticipano questo risultato e, poiché L ≤ 1, non saranno disposti a cedere le loro risorse agli imprenditori per un contratto di partecipazione agli utili di tipo azionario. Tre possibili soluzioni. Controllo da parte dei risparmiatori Disegno di un contratto che incentiva gli imprenditori a non mentire Delega del controllo a un terzo soggetto 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

11 Il modello di Diamond (1984) …
Controllo da parte dei risparmiatori Supponiamo, che i costi del controllo siano sufficientemente piccoli K < (1 – p)L. Ciascun risparmiatore controlla i risultati del progetto. Se l’azione del controllo impone l’impiego di K risorse allora il costo complessivo dello scambio sarà: TC = nK 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

12 Il modello di Diamond (1984) …
Soluzione contrattuale Contratto di debito standard: L’imprenditore si impegna a pagare a ciascun risparmiatore una cifra fissa F/n. Nel caso in cui l’imprenditore dichiari di non essere in grado di pagare si avvierà una procedura di bancarotta e le attività dell’impresa gli verranno sottratte. Poiché i risparmiatori non sono in grado di gestire in prima persona l’impresa, il valore delle attività si azzera. Questo contratto è in grado di spingere l’imprenditore a non mentire. Infatti, se si verifica lo stato H e dichiara lo stato L egli dovrà cedere tutte le sue attività, mentre se ammette che il progetto ha avuto successo e paga quanto promesso egli otterrà H – F > 0. Poiché i risparmiatori sono neutrali al rischio e si fanno concorrenza fra loro, il rendimento atteso dal finanziare l’impresa dovrà essere uguale al rendimento dell’attività priva di rischio: pF/n = R/n F = R/p Il costo sociale degli scambi finanziari con contratti di debito standard sarà pari alle risorse sprecate nelle procedure di bancarotta: S = (1 – p)L 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

13 Il modello di Diamond (1984) …
Delegare il controllo a un intermediario finanziario Una terza possibile soluzione è cedere i risparmi a un intermediario e delegare a questo il controllo sull’imprenditore. Naturalmente, resta il problema, per i risparmiatori, del controllo dell’intermediario. Ovviamente, non conviene mai il controllo diretto perché replicherebbe i costi che verrebbero sostenuti per controllare l’impresa. Per cui il contratto con i depositanti è un contratto di debito standard mentre con gli imprenditori e un contratto con monitoring. Definiamo i costi del controllo da parte dei depositanti come costi della delega D. L’intermediazione finanziaria è una soluzione economicamente conveniente se: K + D(m) < min[nK, S] dove m è il numero dei progetti finanziati dall’intermediario. I costi della delega possono essere interpretati come i costi di bancarotta legati al fallimento degli intermediari causato dal fallimento degli imprenditori finanziati. 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

14 Il modello di Diamond (1984) …
Se l’intermediario finanziasse un unico imprenditore, la sua presenza non sarebbe mai economicamente conveniente. Infatti: D(m=1) = S = (1 – p)L K + D(m=1) > min[nK, S] Supponiamo che l’intermediario finanzi m>1 progetti identici. Sia f /n >(=) R/n il pagamento promesso dall’intermediario ai risparmiatori (il tasso di interesse passivo) e F il pagamento delle imprese all’intermediario (iltasso di interesse attivo). La probabilità che si verifichi un fallimento della banca è (1 – p)z* dove z* è il numero di fallimenti delle imprese che a sua volta determina il fallimento della banca ossia tale per cui (1-(1 – p)z* )(m- z*)F + (1 – p)z* [z*L] = mf + mK. 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

15 Il modello di Diamond (1984) …
Per la legge dei grandi numeri, nel caso di eventi indipendenti, al crescere del numero delle prove, le frequenze osservate tendono a coincidere con le frequenze relative. Per cui, per m che tende all’infinito, il rendimento del portafoglio della banca per unità di finanziamento tende con certezza a [pH + (1 – p)L] > R + K. Ciò significa che con certezza la banca sarà in grado di far fronte agli impegni con i risparmiatori e che i, quindi, i costi della delega tendono a zero: D(m= ∞) = 0 K + D(m= ∞) < min[nK, S]. Poiché dD/dm <0 e, per ipotesi, K < (1 – p)L, ciò significa che esisterà un valore di m, m*, al di sopra del quale l’intermediazione finanziaria rappresenta la soluzione socialmente più conveniente. 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche

16 Il modello di Diamond (1984): limiti.
Il monitoring avviene sempre (alternativa: monitoring stocastico). Il contratto con gli imprenditori (prestiti) non è un contratto di debito standard. La soluzione ottimale è un intermediario monopolista. 16 aprile 2007 Prof. Alberto Zazzaro Università Politecnica delle Marche


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