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PubblicatoFederico Corradi Modificato 11 anni fa
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Vedere i raggi cosmici Progetto LAUREE SCIENTIFICHE
ORIENTAMENTO E FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI di FISICA Unità Operativa di Bologna Vedere i raggi cosmici Responsabili: G. Sartorelli, M. Spurio, L. Patrizii Supervisori Laboratori: H. Menghetti, M.Selvi, M. Garbini, D.Di Ferdinando, S. Manzoor, V.Togo
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La loro origine è sia galattica che extragalattica.
I Raggi Cosmici I Raggi Cosmici sono particelle che bombardano costantemente la Terra da ogni direzione. Le energie di queste particelle ricoprono un vasto intervallo fino ad arrivare oltre 1020 eV. La loro origine è sia galattica che extragalattica. Si pensa che i Raggi Cosmici nella nostra galassia siano prodotti e accelerati in seguito alle esplosioni di Supernovae. Una esplosione di Supernova produce una fortissima onda d’urto che si propaga nel gas interstellare ed è in grado di accelerare le particelle e i nuclei anche ad energie molto elevate come quelle che vediamo nei Raggi Cosmici.
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I Raggi Cosmici I Raggi Cosmici sono principalmente protoni, ma includono anche molti altri nuclei, con una composizione fatta di oltre 400 isotopi (dai nuclei di Idrogeno a quelli di Uranio): componente primaria. Tali particelle arrivano sulla sommità dell’atmosfera e, interagendo con essa, generano sciami di particelle più leggere, quali elettroni, muoni, pioni e neutrini: componente secondaria. Per misurare la componente primaria occorre “andare in quota”. A livello del mare si rivela la componente secondaria dei Raggi Cosmici. Il flusso di particelle cariche che incide su una superficie orizzontale al livello del mare è di circa 200 particelle/(m2 s).
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Rivelazione di particelle
particella Una particella elementare può essere vista se, attraversando la materia, perde energia interagendo con gli atomi che costituiscono la materia stessa. L’energia persa nel materiale può provocare fenomeni diversi (ionizzazione, emissione di luce, ecc.). I rivelatori di particelle sono realizzati in modo da sfruttare al meglio tali fenomeni. Un rivelatore di particelle al CERN
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Le interazioni In generale due aspetti principali caratterizzano il passaggio delle particelle cariche attraverso la materia: Collisioni inelastiche con gli elettroni atomici della materia -> perdita di energia Collisioni elastiche con i nuclei -> deviazione della traiettoria della particella Durante una collisione inelastica vi è un trasferimento di energia dalla particella all’atomo, con una conseguente ionizzazione o eccitazione dell’atomo.
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Le interazioni I processi fisici che ci permettono di rivelare le particelle sub-nucleari sono molteplici: Le particelle cariche sono rivelate attraverso la loro interazione elettromagnetica con gli elettroni atomici dei mezzi attraversati I fotoni sono rivelati indirettamente attraverso gli elettroni che producono per effetto fotoelettrico, diffusione Compton o produzione di coppie I neutroni possono avere interazioni “forti” con i nuclei dei materiali producendo particelle secondarie cariche oppure possono essere catturati da nuclei ed emettere altre particelle rivelabili. Le particelle più difficili da rivelare sono i neutrini che possono avere solo interazioni deboli con i nuclei o gli elettroni. Anche in questo caso la rivelazione avviene per mezzo delle particelle cariche secondarie generate nelle interazioni.
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Scintillatori
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Scintillatore Uno scintillatore è un materiale che emette luce quando è attraversato da una particella carica. 1. la particella carica cede energia agli elettroni delle molecole dello scintillatore 2. gli elettroni degli atomi di uno scintillatore sono “eccitati” (acquistano energia) dalla particella che lo attraversa 3. dopo un certo tempo (da qualche nanosecondo a centinaia di nanosecondi), gli elettroni si “diseccitano” (perdono energia) emettendo luce (fotoni con l ~ 450 nm) . 1 E2 E1 elettrone Particella carica 3 2 luce
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Scintillazione L’emissione di luce di un materiale scintillante può avvenire immediatamente dopo l’assorbimento di energia (~10-8 s) -> fluorescenza. Se l’emissione è ritardata (stati eccitati metastabili) il tempo di ritardo fra l’assorbimento di energia e l’emissione di fotoni può variare da pochi microsecondi a ore (a seconda del materiale) -> fosforescenza. L’evoluzione temporale del processo di emissione è dato da : N = N0/td exp(-t/td) In generale si hanno due componenti: N = A exp(-t/tf)+B exp(-t/ts) tf=fast, ts=slow.
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Scintillatori La luce emessa è in buona approssimazione proporzionale all’energia depositata dalla particella ionizzante: L ~ DE In realtà, la risposta degli scintillatori dipende dall’energia e dal tipo di particella (particelle più pesanti possono perdere la loro energia con processi diversi dalla luminiscenza). Cristalli organici Liquidi organici Plastici Cristalli inorganici Gas Vetri
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Come misurare la luce di scintillazione?
Per misurare la luce di scintillazione occorre trasformarla in “qualcosa di misurabile”, cioè in una corrente elettrica Il fotomoltiplicatore: dispositivo che trasforma un piccolo segnale di luce in una corrente elettrica.
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Il Fotomoltiplicatore
Un fotomoltiplicatore è costituito da una successione di elettrodi a cui è applicata una differenza di potenziale (dinodi). I fotoni della luce di scintillazione che arrivano sul fotomoltiplicatore colpiscono il “fotocatodo” e , per effetto fotoelettrico, si ha emissione di elettroni (fotoelettroni). Successivamente attraverso la catena di dinodi, avviene la moltiplicazione dei fotoelettroni prodotti e la raccolta di tutti gli elettroni prodotti all’uscita del fotomoltiplicatore (anodo). Dall’anodo possiamo prelevare e misurare una corrente elettrica!
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Il Fotomoltiplicatore
Il guadagno del fotomoltiplicatore dipende dal numero di elettroni secondari emessi per dinodo e dal numero di dinodi presenti nel “moltiplicatore di elettroni” Il primo parametro dipende dalla tensione applicata ai dinodi: d=K Vd Il guadagno totale del fotomoltiplicatore è G = (d)n n=num. dinodi
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Efficienza quantica Il fotocatodo converte la luce incidente in fotoelettroni per effetto fotoelettrico: E=hn-F C’è un’energia di soglia Oltre a questa energia la probabilità di conversione dipende dalla fraquenza della luce incidente e dal materiale che costituisce il fotocatodo Efficienze 10%-30%
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Scintillatore e Fotomoltiplicatore
Per costruire uno scintillatore occorre quindi accoppiare un materiale scintillante ad un fotomoltiplicatore (PM). PM Scintillatore Guida di luce Problemi: raccolta di luce trasporto di luce
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Riflessione La luce emessa in un punto dello scintillatore può viaggiare in ogni direzione e solo una frazione raggiunge direttamente il fotomoltiplicatore. Parte della luce si dirige verso le superfici esterne del materiale scintillante dove può essere riflessa e/o trasmessa. Si ha riflessione totale per fotoni che incidono sulla superficie del materiale con angoli maggiori dell’angolo di Brewster: qB = sin -1 (nout/nscint) n = indice di rifrazione = c/v PM
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Riflessione e Rifrazione
q2 n2 Rifrazione -> Legge di Snell: n1sinq1 = n2sinq2 n1 q1 q3 Riflessione: q1 = q3 Riflessione interna totale per q2=90º, quindi per q1 = arcsin (n2/n1) e con n1 > n2
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Riflessione Aggiunta di materiali a riflessione totale sulle superfici esterne dello scintillatore (fogli di plastica alluminata) PM
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Guida di luce Le guide di luce servono a realizzare un buon accoppiamento ottico fra scintillatore e fotomoltiplicatore. Esse solitamente sono fatte in plexiglass ed hanno una geometria tale da ottimizzare la riflessione interna totale.
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Quindi... Scintillatore -> Guida di luce -> Fotomoltiplicatore
Materiale riflettente Rivestimento nero per evitare che al fotomoltiplicatore arrivi luce diversa da quella di scintillazione
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Lunghezza di attenuazione
La luce emessa dal materiale scintillante può essere riassorbita dal materiale stesso. La lunghezza di attenuazione è la distanza rispetto al punto di produzione alla quale l’intensità della luce si riduce di un fattore 1/e. L(x)=L(0)exp(-x/latt) Se latt è più piccola delle dimensioni dello scintillatore si ha una perdita di fotoni.
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Un telescopio di muoni
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Setup sperimentale Due scintillatori plastici accoppiati a fotomoltiplicatori ad entrambe le estremità. Misura del flusso di raggi cosmici Misura della lunghezza di attenuazione di uno scintillatore
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Misura del flusso di Raggi Cosmici
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Misura del flusso di Raggi Cosmici
Si osserverà come il passaggio di raggi cosmici possa essere “visto” dagli scintillatori Determinazione della tensione di lavoro del fotomoltiplicatore. Il passaggio delle particelle nello scintillatore produce una corrente elettrica (segnale) se al fotomoltiplicatore è applicata la “giusta” differenza di potenziale. Osservazione del segnale. Il segnale prodotto può essere visto su un oscilloscopio. Oscilloscopio
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Misura del flusso di Raggi Cosmici
Conteggio delle particelle che incidono su entrambi gli scintillatori -> discriminazione segnale/rumore. Per discriminare il passaggio di una particella “vera” dal rumore elettronico è necessaria la coincidenza di segnali da scintillatori o fotomoltiplicatori diversi. Scintillatore Fototubo Fototubo Guida di luce Guida di luce Fototubo Scintillatore Fototubo Coincidenza dei segnali in più scintillatori = passaggio di particelle!
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Coincidenza Conversione segnale analogico in segnale digitale standard NIM (-800 mV) -> Discriminatore Dal discriminatore all’ unità di coincidenza per definire una coincidenza -> sovrapposizione di segnali standard
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Moduli di elettronica
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Misura del flusso di Raggi Cosmici
Scintillatore Segnale analogico Fototubo Discriminatore Guida di luce Rivelatore Amplificatore Analizzatore particella Segnale digitale Unità di coincidenza
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Misura del flusso di Raggi Cosmici
Definita la particella, possiamo misurare il numero di particelle che attraversano entrambi gli scintillatori. In particolare misureremo come cambia il numero di particelle misurate in funzione della distanza fra i due scintillatori -> angolo solido!
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Angolo solido Nel piano -> Angolo piano: a=s/R
Nello spazio tridimensionale -> Angolo solido: W=a/R2 a R L’unità di misura dell’angolo solido è lo steradiante Angolo solido che sottende una sfera: 4p
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Flusso vs Distanza Conteggi Distanza (cm)
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Misura della lunghezza di attenuazione
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Misura della lunghezza di attenuazione
Per poter utilizzare un rivelatore in esperimenti è prima necessario calibrare il rivelatore, ossia determinarne le caratteristiche principali. In questi casi si possono utilizzare: sorgenti radioattive fasci di particelle note di energia definita (fasci di test) i raggi cosmici, fonte naturale e costante di particelle. sci scint organici danno piu` luce, ma sono piu` lenti, quelli organici sono veloci, ma danno meno luce. Per il nostro esperimento utilizzeremo i RAGGI COSMICI
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Lunghezza di attenuazione
Per poter misurare la lunghezza di attenuazione di uno scintillatore occorre misurare il numero di fotoni generati a varie distanze dal fotomoltiplicatore X1 Come facciamo a selezionare le particelle che passano solo ad una certa distanza dal fotomoltiplicatore ? X2
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Lunghezza di attenuazione
Il numero di fotoni che incide sul fotocatodo è proporzionale al numero di elettroni in uscita dal fotomoltiplicatore e quindi alla carica contenuta nel segnale analogico -> area del segnale! Per misurare l’ampiezza del segnale si utilizza l‘ADC (Analog to Digital Converter).
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L(x)=L(0)exp(-x/latt)
Lunghezza di attenuazione I dati dell’ADC possono essere registrati sul computer ed essere elaborati per poter determinare la carica media e quindi il numero medio di fotoni che arrivano sul fotomoltiplicatore in funzione della distanza. L(x)=L(0)exp(-x/latt) latt=1/(0,021)
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Extra
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Oscilloscopio Esistono due grandi famiglie di oscilloscopi: quelli analogici e quelli digitali. Gli oscilloscopi analogici sfruttano un principio di funzionamento piuttosto semplice, basato sul particolare pilotaggio del loro tubo catodico. Le griglie dell'asse Y del CRT sono pilotate dal segnale di ingresso che si desidera mostrare, mentre le griglie dell'asse X sono pilotate da un generatore a dente di sega con frequenza impostabile dall'utente (la base dei tempi). Il dente di sega fa procedere il pennello a velocità costante lungo l'asse orizzontale, da sinistra verso destra; nel mentre le variazioni del segnale fanno salire o scendere il pennello, che così disegna l'andamento del segnale in funzione del tempo. Questa operazione è ripetuta per ogni dente di sega; sul video si sovrappongono tante "spazzolate", che grazie alla persistenza dei fosfori dello schermo (e delle immagini sulla retina) formano un'immagine. Per mostrare in modo stabile un segnale periodico è necessario che tutte le spazzolate si sovrappongano perfettamente fra di loro, il che equivale a dire che la frequenza del dente di sega deve essere un multiplo o sottomultiplo della frequenza del segnale periodico; questo si può ottenere agendo manualmente sulla regolazione fine della base dei tempi, oppure utilizzando un particolare circuito (detto "trigger") che permette di sincronizzare i denti di sega direttamente con il segnale di ingresso.
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Applicazioni dei rivelatori a scintillazione
I rivelatori a scintillazione hanno diverse applicazioni: 1. misure di energia: con gli scintillatori si può realizzare un calorimetro, che è un rivelatore che permette di misurare l’energia persa dalla particella mentre lo attraversa (se la particella si ferma al suo interno, ne viene misurata tutta l’energia). 2. misure di tempo di volo, cioè del tempo impiegato da una particella per attraversare un certo spazio (lo spazio tra due rivelatori per esempio): se ne ricava la velocità della particella. 3. rivelatori traccianti: utilizzando le fibre scintillanti (di sezione molto piccola) si possono costruire dei rivelatori a scintillazione che forniscono con precisione il punto di passaggio della particella e permettono di ricostruirne la traiettoria (traccia). 4. contatori di trigger/veto: quando la presenza di un segnale in uno o piu` rivelatori serve per selezionare o scartare un evento prima che esso venga acquisito dai circuiti elettronici e memorizzato dai computer sci scint organici danno piu` luce, ma sono piu` lenti, quelli organici sono veloci, ma danno meno luce.
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Requisiti del rivelatore
La valutazione di alcune caratteristiche del segnale prodotto dal rivelatore (ampiezza, tempo) permette di determinare il valore di alcune quantita` della particella (energia ceduta, tempo di arrivo). L’ efficienza di un rivelatore è il rapporto tra il numero di particelle segnalate dal rivelatore e il numero di particelle incidenti sul rivelatore. Il rumore è dato dai segnali prodotti dal rivelatore che non corrispondono ad un evento fisico (una particella) ma sono dovuti a fluttuazioni intrinseche del sistema (per es. rumore elettronico). sci scint organici danno piu` luce, ma sono piu` lenti, quelli organici sono veloci, ma danno meno luce. Alcuni requisiti dei rivelatori: Alta efficienza (~ 100%) Basso rumore Piccola risoluzione (cioè alta precisione) per tutte le grandezze fisiche misurate. Stabilità delle prestazioni nel tempo. Facilità di calibrazione.
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Effetto fotoelettrico
Fotoni Effetto fotoelettrico Produzione di coppie Compton scattering
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Rivelatori Nucleari a Tracce
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Rivelatori nucleari a tracce
Alcuni materiali (plastiche, vetri, minerali ecc.) hanno la proprietà di conservare traccia delle particelle cariche che li attraversano. Un materiale molto usato è un polimero, il CR39, utilizzato commercialmente per la produzione di occhiali da sole. Le particelle cariche che attraversano un pezzo di CR39 rompono le catene polimeriche in una regione cilindrica (Ø 100 Å) contenuta attorno alla traiettoria della particella. Questo danno può essere amplificato e reso visibile ad un microscopio ottico attraverso un processo di attacco chimico (“chemical etching”)
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45 h, NaOH 6N,70o C Dalla geometria del cono si risale (previa opportuna calibrazione) alle caratteristiche della particella !
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Rivelatori nucleari a tracce: fisici per un giorno!
Esposizione di un campione ad una sorgente di particelle alfa Preparazione della soluzione e attacco chimico del campione Visualizzazione al microscopio delle tracce delle particelle alfa Conteggio attivita’ della sorgente
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Rivelatori nucleari a tracce: fisici per un giorno!
Misura delle aree delle tracce con sistema automatico di un campione esposto a raggi cosmici su un pallone sulla sommità dell’atmosfera (componente primaria dei raggi cosmici) Distribuzione delle aree distribuzione in carica
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