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Interazione della radiazione con la materia

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Presentazione sul tema: "Interazione della radiazione con la materia"— Transcript della presentazione:

1 Interazione della radiazione con la materia
Radioattività e Interazione della radiazione con la materia Lino Miramonti Università degli Studi di Milano Facoltà di scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

2 IL NUCLEO ATOMICO Un nucleo atomico è caratterizzato da:
un numero atomico (Z), che indica il numero di protoni un numero di massa (A) che rappresenta il numero totale di nucleoni presenti nel nucleo atomico. Se indichiamo con N il numero di neutroni, possiamo scrivere: A=N+Z. Per nuclei leggeri la configurazione nucleare risulta stabile quando Z = N. Al crescere di Z il numero di neutroni necessari a garantire la stabilità aumenta. Tale andamento è ben descritto dalla così detta curva di stabilità Curva di stabilità dei nuclei atomici. Energia di legame per nucleone in funzione della massa atomica A

3 Emissione radioattiva di un nucleo instabile
Possiamo classificare i diversi modi di emissione radioattiva di un nucleo instabile nel seguente modo: Interazione nucleare forte Radioattività α Radioattività da protoni o neutroni differenziati Fissione spontanea Interazione nucleare debole Radioattività β Cattura elettronica (EC) Interazione elettromagnetica Isomeria nucleare Con il termine nuclide si indicano tutti gli isotopi conosciuti di elementi chimici Stabili: 279 Instabili: ~ 5000

4 Esempio di TABELLA DEGLI ISOTOPI
Isotopi Stabili

5 IL DECADIMENTO RADIOATTIVO
Consideriamo un nucleo instabile in un dato istante; questo si trasformerà in un nucleo stabile (dopo una o più trasformazioni) attraverso un dato processo radioattivo. E’ impossibile prevedere quando un dato nucleo si trasformerà; possiamo solamente definire una certa probabilità di trasformazione in un’unità di tempo data. Questa probabilità è la stessa per tutti i nuclei di un dato nuclide e si mantiene costante nel tempo. ESEMPIO: Un nucleo di 60Co: probabilità di 1/240 milioni di disintegrarsi in un secondo 238U: probabilità di 1/(2·1017) 219Rn: probabilità di circa 1/6 Questa probabilità di disintegrazione radioattiva spontanea per unità di tempo è detta costante radioattiva, si esprime in secondi-1 e si indica con λ Se indichiamo con N il numero di nuclei instabili, λN rappresenterà il numero di nuclei che decadono nell’unità di tempo. ESEMPIO: un grammo di 60Co contiene 1022 nuclei ognuno con una probabilità di 1/240 milioni di disintegrarsi per secondo, il che significa che ogni secondo nuclei si disintegreranno La quantità λN, esprime la velocità di disintegrazione di una quantità determinata di una data sostanza radioattiva (-dN/dt) ed è chiamata attività della sostanza.

6 LA LEGGE DEL DECADIMENTO RADIOATTIVO
Nell’intervallo compreso tra t e t+dt, il numero di nuclei che decadono (–dN) è proporzionale al numero di nuclei N presenti al tempo t: ed introducendo la constante radioattiva λ abbiamo: da cui: Periodo di dimezzamento τ½ di una sostanza radioattiva è il tempo necessario affinché questa si riduca della metà. ed integrando: Sia N0 il numero di nuclei presenti al tempo t=0, allora: Otterremo pertanto: e quindi: Moltiplicando per λ e ricordando che la quantità λN rappresenta l’attività della sostanza, che indicheremo con A, avremo: dove con A0 abbiamo indicato l’attività al tempo t = 0.

7 Sorgenti usate in laboratorio:
Unità di misura della radioattività L’unità di misura della radioattività fu proposta all’inizio del secolo scorso da Marie Curie come l‘attività di 1 g di radio. Nel 1950 la definizione di tale unità è stata modificata in modo da corrispondere esattamente a 37 miliardi di disintegrazioni al secondo; tale grandezza è chiamata curie (Ci) e corrisponde approssimativamente a circa 1 g di 226Ra. Attualmente l’unità che esprime la quantità di radioattività è misurata in becquerels (Bq) e corrisponde ad una disintegrazione al secondo. Sorgenti usate in laboratorio: ~ kBq Curie (Ci): attività di 1 g di 226Ra Becquerels (Bq): una disintegrazione al secondo Nella roccia (terreno) il contenuto di Uranio è dell’ordine del ppm (10-6 g/g) Quindi in 1 kg di roccia si hanno qualche decina di Bq! ESEMPIO: Un grammo di 60Co (τ = 5.27 anni) avrà un’attività di Bq Un grammo di 238U (τ = anni) avrà un’attività di Bq

8 Il rapporto di diramazione
Un radionuclide può disintegrarsi attraverso differenti vie. Così ad esempio un nucleo di 40K può decadere catturando un elettrone dall’orbita atomica (cattura elettronica) trasformandosi in questo modo in un nucleo di 40Ar, oppure decadere emettendo un elettrone (decadimento β-) dando così origine ad un nucleo di 40Ca. Ad ognuno di questi due processi corrisponde una costante di disintegrazione parziale λpar La probabilità totale λtot. = Σ. λparziale Definiamo ora il rapporto di diramazione (in inglese Branching Ratio (B.R.)) come il rapporto tra probabilità di decadimento in un dato canale e la probabilità di decadimento totale:

9 Il decadimento alfa Il primo decadimento radioattivo (da qui il nome alfa) fu scoperto da Rutherford nel Le particelle α sono nuclei di elio, cioè nuclei particolarmente stabili formati da due protoni e due neutroni (Z=2 ed A=4). Sono soprattutto i nuclei pesanti (A>200) e deficienti in neutroni ad essere interessati da questo processo nucleare. Esempio:

10 Riscriviamo la precedente nel seguente modo:
Imponendo le leggi della conservazione dell’energia e della quantità di moto (per semplicità consideriamo il nucleo padre a riposo) Riscriviamo la precedente nel seguente modo: Definiamo ora il Q valore come l’energia rilasciata nel decadimento e riscriviamo la precedente nel seguente modo: Sostituiamo le masse nucleari m con le masse atomiche M (potendo trascurare le energie di legame degli elettroni) Se esprimiamo M in unità di masse atomiche (amu) ed Q in MeV possiamo scrivere:

11 L’energia rilasciata nel decadimento si ripartisce tra energia cinetica del nucleo figlio TY ed energia cinetica della particella α Tα. Applicando il principio di conservazione della quantità di moto ed indicando con vY ed vα le velocità del nucleo figlio e della particella: elevando al quadrato e moltiplicando per ½ otteniamo: e quindi: da cui: essendo: Le energie cinetiche delle particelle α sono tipicamente dell’ordine del 98% del Q valore, mentre il restante 2% lo si ritrova sotto forma di energia cinetica del nucleo figlio (energia di rinculo). e quindi

12 Esistenza di una struttura fine dovuta al fatto che il nucleo figlio, anziché essere generato direttamente nel suo stato fondamentale, viene prodotto in uno dei sui possibili stati eccitati. Il nucleo figlio passerà poi dallo stato eccitato allo stato fondamentale emettendo uno o più raggi γ Un nucleo può decadere α anche quando non si trova nel suo stato fondamentale.

13 Il decadimento beta Col termine decadimento β intendiamo l’emissione spontanea da parte di un nucleo di un elettrone (decadimento β-) un positrone (decadimento β+) Oppure la cattura di un elettrone atomico (Cattura Elettronica o E.C.) Si tratta di un processo di interazione debole ed è preponderante tra i nuclei instabili. Se riscriviamo le precedenti in termini di nucleo atomico abbiamo: La trasformazione non comporta alcuna variazione del numero di massa A, e per questo motivo le trasformazioni sono dette trasformazioni isobariche.

14 La disintegrazione beta:
A differenza del decadimento α, che essendo un decadimento a due corpi emette la particella α sempre con la medesima energia (energia monocromatica), l’elettrone nel decadimento β- condivide la propria energia con il neutrino e quindi ne risulta uno spettro continuo con energia massima (a questo valore viene dato il nome di end-point). decadimento β-: avviene per quei nuclei in cui vi è un eccesso di neutroni decadimento β+: avviene per quei nuclei in cui vi è un eccesso di protoni β+ β- Spettro del decadimento β, nel caso di emissione di positroni ed elettroni

15 Cinematica del decadimento β-:
masse nucleari Masse atomiche Essendo: Se esprimiamo, M in unità di masse atomiche ed Q in MeV possiamo riscrivere la precedente equazione nel seguente modo: Condizione necessaria e sufficiente affinché un decadimento β- possa avere luogo é che la massa atomica del nucleo padre sia superiore a quella del nucleo figlio:

16 Cinematica del decadimento β+:
masse nucleari Masse atomiche Essendo: Se esprimiamo, M in unità di masse atomiche ed Q in MeV possiamo riscrivere la precedente equazione nel seguente modo: Condizione necessaria e sufficiente affinché un decadimento β+ possa avere luogo é che la differenza delle due masse atomiche dei nuclei padre e figlio sia superiore a due volte la massa dell’elettrone: .

17 Schema del decadimento β- del 60Co.
Attualmente non esistono più radionuclidi emettitori β+, ma possono essere prodotti artificialmente mediante reazioni nucleari. Unica eccezione è quella del 40K, il quale avendo un periodo di dimezzamento (τ = anni) confrontabile con l’età della terra (≈ anni) è “sopravvissuto” fino ai giorni nostri.

18 La cattura elettronica:
Se un nucleo presenta un eccesso di protoni ed ha un’energia di poco inferiore a 1022 keV, può catturare un elettrone della shell atomica. (generalmente dall’orbita K) I neutrini emessi durante il processo di cattura elettronica hanno tutti la stessa energia (neutrini monoenergetici). Schema di decadimento per cattura elettronica del 57Co.

19 L’emissione gamma Un nucleo formatosi in seguito ad un decadimento radioattivo può ritrovarsi nel suo stato fondamentale oppure trovarsi in uno dei suoi stati eccitati. Questo infatti dava ragione dell’esistenza di una struttura fine del decadimento α e β. Come avviene per l’atomo, anche il nucleo si porterà nella configurazione più stabile emettendo radiazione elettromagnetica corrispondente al salto energetico dei livelli interessati. A questa radiazione elettromagnetica viene dato il nome di emissione gamma (o raggi γ). La transizione dagli stati eccitati allo stato fondamentale può avvenire in una sola transizione dando in questo modo origine ad un fotone γ di energia Eγ pari al salto energetico tra il livello eccitato e lo stato fondamentale, o attraverso più transizioni intermedie, dando in questo modo origine a diversi fotoni γ in cascata. Il numero di fotoni emessi non rispecchia il numero di nuclei decaduti: non possiamo parlare di decadimento gamma

20 si parla in questo caso di isomeria nucleare.
Per l’emissione gamma, sia la massa atomica A che il numero atomico Z rimangono invariati; si parla in questo caso di isomeria nucleare. Anche l’emissione dei fotoni γ obbedisce alla legge del decadimento esponenziale, ma a differenza dei decadimenti α e β, i tempi in gioco sono dell’ordine di secondi. Esistono pero casi in cui il tempo di dimezzamento risulta essere superiore al millesimo di secondo, in questo caso si parla di stato metastabile (lo stato metastabile è detto anche stato isomerico) Esempio di stato metastabile: protoattinio metastabile 234mPa (τ = 1.17 minuti) nella catena naturale dell’238U. CONVERSIONE INTERNA (I.C:) (processo in competizione con l’emissione γ ) Un nucleo può diseccitarsi ritrovando il suo stato fondamentale trasferendo direttamente la propria energia in eccedenza direttamente agli elettroni atomici. Emissione di un elettrone energia di legame dell’elettrone orbitale energia di eccitazione

21 L’emissione di nucleoni
Per nuclei che si trovano lontano dalla valle di stabilità. Emissione di neutroni differiti Emissione di protoni differiti

22 L’origine della radiazione
Radiazione cosmica: Raggi cosmici primari Raggi cosmici secondari Radioattività naturale: Radionuclidi isolati Famiglie radioattive naturali Radioattività artificiale.

23 La radiazione cosmica Scoperta all’inizio del XX secolo. V.F. Hess nel 1912 con una camera a ionizzazione montata su un aerostato mostrò che la radiazione aumentava con l’altitudine invece di diminuire. Tale radiazione era esterna alla terra; un flusso di particelle raggiunge le regioni più esterne dell’atmosfera e interagisce con essa. A questa radiazione venne dato il nome di radiazione cosmica (o raggi cosmici), distinguendo tra raggi cosmici primari e raggi cosmici secondari; questi ultimi vengono creati dalla l’interazione dei raggi cosmici primari con l’atmosfera.

24 raggi cosmici primari protoni (~ 90%) nuclei di elio (~ 10%) nuclei pesanti (tracce) inoltre elettroni relativistici raggi X e gamma neutrini (solari, da SN) raggi cosmici secondari mesoni π e k muoni elettroni e positroni neutroni e protoni secondari radiazione elettromagnetica neutrini atmosferice

25 Radioattività naturale
Radionuclidi isolati Di origine terrestre (sono radioisotopi con tempo di dimezzamento confrontabile con l’età dell’Universo) Generati dalle interazioni dei raggi cosmici con l’atmosfera (es: 3H, 14C ed 7Be)

26 Famiglie radioattive naturali
Tre radionuclidi con tempo di dimezzamento confrontabile con quello della terra decrescono originando dei nuclei instabili che decadono a loro volta, creando, in questo modo, delle catene radioattive. Famiglia dell’238U (abbondanza isotopica = %) (τ = 4.49  109 anni) Famiglia del 232Th (abbondanza isotopica = 100 %) (τ =  1010 anni) Famiglia dell’235U (abbondanza isotopica = 0.72 %) (τ = 7.1  108 anni) Caratterizziamo l’evoluzione temporale dell’attività degli elementi di una famiglia radioattiva Il sistema di equazioni differenziali, dette equazioni di Bateman, che regola la sua evoluzione é il seguente: dove Ni(t) é il numero di nuclei dell’i-esimo elemento al tempo t, e λi é la costante di disintegrazione associata.

27 Nell’ipotesi che N0i = 0 per i = 2,3, .... N le soluzioni sono:
L’elemento i-esimo assente all’istante t = 0 si forma per decadimento degli elementi che lo precedono nella catena fino a raggiungere l’attività del padre per poi superarla, ed una volta raggiunta la condizione di regime t >> θ1, varia nel tempo con la vita media di quest’ultimo. L’i-esimo elemento, raggiunge l’equilibrio del padre, e si comporta come se avesse la stessa attività é quindi possibile capire come esistano radionuclidi naturali che hanno una vita media molto più piccola dell’età dell’Universo. Evoluzione temporale dell’attività

28 Torio 232 Uranio 238

29 Radioattività artificiale
Radionuclidi prodotti dall’attività umana, in seguito agli esperimenti nucleari negli anni cinquanta e sessanta, e per gli incidenti avvenuti alle centrali nucleari essenzialmente quelli di Three Mile Island e di Tchernobyl. Principali radionuclidi di origine artificiale

30 Interazione della radiazione con la materia
Nel seguito presenteremo l’interazione della radiazione con la materia distinguendo in base alla natura della radiazione stessa. In particolare raggruppiamo la radiazione nei seguenti quattro gruppi: Particelle cariche pesanti (α, p, deutoni, ioni pesanti...) Particelle cariche leggere (β-, β+, e-, e+) Particelle neutre (n) Radiazione elettromagnetica (γ, X)

31 Interazione delle particelle cariche pesanti
Energia dell’ordine da qualche MeV qualche decina di MeV, (piccola rispetto alla loro massa a riposo mpc2 ≈ 938 MeV), trattate in maniera non relativistica. Interagiscono principalmente con gli elettroni del mezzo! Gli elettroni posso quindi essere condotti a livelli superiori (eccitazione) o essere del tutto strappati all’atomo (o alla molecola) a cui appartengono (ionizzazione). Poco deviate dalla loro traiettoria iniziale. In prima approssimazione la traiettoria può essere considerata rettilinea.

32 Indichiamo con dE/dx la quantità di energia persa per unità di percorso; questa quantità può essere calcolata a partire dalla relazione seguente: forma semplificata della formula di Bethe, valida per Dove: e é la carica elementare, mec2 rappresenta l’energia a riposo dell’elettrone, z é il numero di cariche elementari della particella incidente, ρ rappresenta la densità del materiale nel quale l’interazione a luogo, A e Z sono rispettivamente la massa atomica ed in numero atomico del mezzo, NA è il numero di Avogadro I è una costante caratteristica del mezzo che rappresenta il potenziale medio d’eccitazione degli elettroni. La quantità –dE/dx è chiamata perdita d’energia per collisione e rappresenta il potere di rallentamento del mezzo per una particella data.

33 Rappresentiamo la perdita di energia in funzione dell’energia della particella:
presenta un minimo, detto minimo di ionizzazione, e poi risale lentamente fino a raggiungere una saturazione 1) 3) A basse energie domina il termine 1/β2 Minimo di Ionizzazione: 2-3 m0c2 Risalita relativistica 2) Il numero di coppie create per unità di lunghezza di percorso è proporzionale alla frazione dE/dx d’energia persa dalla particella. Quest’ultima aumenta man mano che l’energia della particella diminuisce passando per un massimo alla fine del percorso. Curva di Bragg 1 0.8 Ionizzazione specifica relativa 0.6 0.4 0.2 percorso

34 Percorso delle particelle pesanti
Definiamo percorso della particella la distanza che questa percorre all’interno del mezzo prima d’aver perso tutta la propria energia: Ogni particella possiede una traiettoria propria e tutte le particelle aventi la stessa energia iniziale hanno un percorso che le differenzia statisticamente le une dalle altre. Dispersione nel percorso La fluttuazione sul valore medio del percorso è detto straggling Percorso medio Rm Re percorso estrapolato Il percorso medio Rm è definito come lo spessore del mezzo assorbente necessario a ridurre a metà il numero di particelle iniziali I0

35 Formula empirica approssimata del percorso di una particella α di energia compresa tra i 4 MeV e i 10 MeV in aria: La regola di Bragg permette anche di stabilire il valore del rapporto dei percorsi di una data particella in due mezzi differenti; se indichiamo con A1 ed ρ1 la massa atomica e la densità del mezzo uno e con A2 ed ρ2 la massa atomica e la densità del mezzo due possiamo scrivere: Grazie alla precedente è possibile calcolare il percorso di una particella in un qualunque mezzo; infatti sapendo che la densità dell’aria é ρaria = g cm-3 e che Aaria ≈ 14.5 potremo scrivere: Esempio: α del 226Ra (4.78 MeV). In aria percorre ~ 3.3 cm Nel silicio percorre ~ 26 μm

36 Interazione delle particelle cariche leggere
Col termine particelle cariche leggere intendiamo gli elettroni (e- ed β-) ed i positroni (e+ ed β+). Interazione delle particelle cariche leggere Per le particelle cariche leggere, gli effetti relativistici non possono essere trascurati, avendo queste una massa a riposo molto più piccola delle rispettive particelle cariche pesanti. Le particelle cariche leggere sono soggette non solo alla collisione con gli elettroni atomici del mezzo in cui interagiscono, ma subiscono anche un secondo tipo di meccanismo di perdita di energia dovuto alla interazione coi nuclei atomici. Questo secondo tipo di interazione, importante per energie elevate dell’elettrone incidente, è detta perdita di energia per irraggiamento.

37 Perdita di energia per ionizzazione
La perdita di energia per unità di percorso è più fluttuante che nel caso delle particelle pesanti; la lunghezza della traiettoria subisce quindi una dispersione statistica più importante. La formula Bethe e Bloch è data per due domini di energia dell’elettrone incidente: Nel caso non relativistico il potere di rallentamento decresce in funzione dell’energia E dell’elettrone come avveniva per le particelle cariche pesanti, mentre nel caso relativistico il potere di rallentamento cresce lentamente con ln E.

38 Perdita di energia per irraggiamento
Per energie ancora più elevate, l’assorbimento degli elettroni cresce ancora più rapidamente La teoria di Maxwell prevede che una particella carica soggetta ad una accelerazione irraggi dell’energia sotto forma elettromagnetica. Per grandi energie, gli elettroni possono subire grandi perdite di energia passando nelle vicinanze di un nucleo pesante; qui gli elettroni deviano dalla loro traiettoria incidente; tale cambiamento di direzione equivale ad una accelerazione, rilasciando una certa quantità della loro energia sotto forma di radiazione elettromagnetica. L’emissione di fotoni attraverso questo processo è chiamato irraggiamento da frenamento o bremsstrahlung. è il raggio classico dell’elettrone che vale re = fm Confronto tra i due diversi processi di perdita di energia per gli elettroni: più importante per le alte energie più importante per le basse energie

39 Percorso delle particelle leggere
lunghezza reale percorsa Per gli elettroni la perdita frazionaria di energia è una quantità molto fluttuante (in confronto a quella delle particelle cariche pesanti) deviazioni importanti dalla sua direzione di movimento. distanza massima Relazione empirica che lega il percorso degli elettroni in funzione della loro energia: Il percorso è praticamente indipendente dalla natura dal mezzo in cui avviene l’interazione! Solo dalla densità!

40 Effetto Cerenkov Questo tipo di radiazione é possibile solo quando
Oltre ai processi di collisione e radiazione, un altro fenomeno di perdita di energia, che interessa le particelle cariche, nell’interazione con un mezzo materiale, é dato dall’effetto Cerenkov. Si tratta di una radiazione elettromagnetica emessa da particelle cariche che attraversano un mezzo trasparente con un velocità maggiore della velocità della luce in quel mezzo. equivalente del bang supersonico Velocità luce nel vuoto Indice di rifrazione Durante l’intervallo di tempo t l’onda si propaga di una distanza pari a e la particella si muove ad una distanza pari a Da queste due distanze si ottiene la direzione di propagazione dell’onda Cerenkov: θC é detto angolo di Cerenkov Questo tipo di radiazione é possibile solo quando

41 Interazione della radiazione elettromagnetica
I fotoni nell’attraversare un mezzo assorbente possono interagire sia con gli elettroni degli atomi sia con il nucleo atomico: Interazione con gli elettroni: Diffusione Compton Diffusione Rayleigh Effetto fotoelettrico Interazione col nucleo: Reazioni fotonucleari Produzione di coppie

42 A differenza delle particelle cariche i fotoni interagiscono con la materia in modo discontinuo e la loro intensità non viene mai ridotta a zero. dove μ è detto coefficiente di attenuazione (o di assorbimento) e dipende sia dall’energia del fotone sia dalle caratteristiche del mezzo attraversato. La lunghezza di attenuazione λ è definita come l’inverso del coefficiente di attenuazione μ: Indichiamo con σ la sezione d’urto che esprimeremo in cm2/atomi: rappresenta la probabilità che una data collisione tra due particelle avvenga. Essa ha le dimensioni di una superficie e spesso viene misurata in barn (1 barn = cm2).

43 Effetto fotoelettrico
Interazione di un fotone con un elettrone atomico. Durante l’interazione il fotone cede tutta la sua energia all’elettrone. L’effetto fotoelettrico è un effetto a soglia, potendosi verificare solo quando l’energia del fotone incidente è superiore all’energia di legame dell’elettrone. La sezione d’urto per effetto fotoelettrico, che indicheremo con σfoto risulta: costante di struttura fine Ricordando che

44 Effetto Compton Interazione di un fotone con un elettrone “libero”
La differenza di energia tra fotone incidente e fotone diffuso sarà impartita all’elettrone sotto forma di energia cinetica. A differenza dell’effetto fotoelettrico il fotone non cede tutta la sua energia in una sola interazione, ma rilascia solo una frazione della propria energia deviando rispetto alla direzione incidente. La sezione d’urto per l’effetto Compton (nella trattazione non relativistica) risulta: Raggio classico dell’e-

45 Calcoliamo la perdita di energia del fotone incidente in funzione dell’angolo di diffusione.
Sia γ il fotone (di frequenza ν) incidente su un elettrone a riposo Sia γ’ il fotone diffuso (di frequenza ν’) Sia e’ l’elettrone dopo l’urto Indichiamo θ l’angolo di diffusione Per la conservazione della quantità di moto abbiamo: ma Quindi

46 Per la conservazione dell’energia abbiamo:
ora Quindi esplicitando rispetto a :

47 Combinando le 2 equazioni si ottiene:
Sviluppando e ricordando che si ottiene è detta lunghezza d’onda Compton dell’elettrone e vale m. e quindi La conoscenza della lunghezza d’onda λ del fotone incidente (e quindi la sua energia E=hν) e l’angolo di diffusione θ permettono di calcolare il valore dell’energia cinetica impressa all’elettrone: Per θ=0° l’energia trasferita è nulla, e quindi l’energia del fotone è conservata. Per θ=180° il fotone è rimbalzato all’indietro ed l’energia trasferita è massimale e vale .

48 Produzione di coppie Un fotone si materializza creando una coppia elettrone-positrone: Tale processo può verificarsi solo se il fotone possiede un’energia maggiore della somma delle masse delle due particelle prodotte; ossia deve avere un’energia Eγ ≥ MeV L’eccesso di energia del fotone incidente verrà trasformato in energia cinetica del positrone e dell’elettrone: annichilazione del positrone: (due fotoni, di energia pari a 511 keV) La sezione d’urto per produzione di coppie vale:

49 Attenuazione dei fotoni
Il coefficiente di attenuazione totale μtot, è la somma dei coefficienti dei tre processi considerati, e cioè: Il numero di fotoni diffusi o assorbiti in uno spessore dx é proporzionale al flusso di fotoni incidenti Φ(x) e alla probabilità totale d’interazione μtot: Dopo aver attraversato uno spessore x, l’intensità del fascio é: Esempio: γ del 208Tl (2.61 MeV). Nel piombo μtot= /cm quindi λ = 2.1 cm

50 Bibliografia H. Henge, Introduction to nuclear physics, Addison-Wesley, London, 1970. R.D. Evans, The atomic nucleus, McGraw-Hill, New York, 1967. J.E. Turner, Atoms, Radiation, and Radiation Protection. 2nd ed. New York: John Wiley & Sons; 1995. L.Miramonti, Radioattività e Interazione della radiazione con la materia. Edizioni CUSL Milano 2001.


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