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La storiografia di età imperiale
L'età augustea ebbe i suoi oppositori anche in ambito storiografico: l'antica classe dirigente fece appello alla libertas senatoria contro il regime del solo princeps. Questa produzione è andata quasi del tutto perduta, cancellata dall'intolleranza imperiale. Si ricordano i casi di Tito Labieno, la cui opera fu fatta bruciare da Augusto nel 12 d.C., mentre l'autore stoicamente si lasciava morire d'inedia nella tomba di famiglia; di Cassio Severo, che venne esiliato a Creta da Augusto e poi a Serifo nelle Cicladi da Tiberio, dove morì nel 32 d.C.; di L. Anneo Seneca padre, che nelle Historiae, perdute, dalle guerre civili ai suoi tempi (fino alla morte di Tiberio) considera l’età di Augusto quale la vecchiaia di Roma; di Cremuzio Cordo, ancora sotto i Giulio-Claudii , che nei suoi Annali dalla guerra civile tra Cesare e Pompeo fino almeno al 18 a.C. aveva esaltato i cesaricidi e che per tale motivo venne processato da Seiano nel 25 d.C. e si suicidò mentre i suoi libri venivano bruciati (una copia salvata dalla figlia Marcia venne pubblicata sotto Caligola e la sua opera appare nota a Seneca il vecchio ed a Plinio).
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Favorevoli al nuovo regime appaiono personalità come quelle di
*Velleio Patercolo, discendente di una famiglia campana, ufficiale devoto di Augusto e Tiberio, scrive le Historiae Romanae ad M. Vinicium (dalla guerra di Troia al principato di Tiberio), a noi giunte quasi nella loro interezza (ne manca l’inizio) *Valerio Massimo, cui si deve l'opera di carattere scolastico Factorum et dictorum memorabilium libri IX, serie di exempla, pubblicata forse dopo il 31, che palesa la volontà dell'autore di lodare Tiberio e di riconoscersi nell'ideologia imperiale In greco: *Flavio Giuseppe, testimone della repressione giudaica del 70; condotto a Roma da Tito, scrisse la Guerra giudaica e le Antichità giudaiche, cercando da un lato di giustificare la sua collaborazione col vincitore, dall'altro proponendosi come garante del mantenimento dei valori nazionali.
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Lo storico non distingue più tra repubblica e principato, ma tra principe e principe.
*Cornelio Tacito, nato forse verso il 55 d.C., aveva sposato la figlia di un personaggio noto valoroso e integerrimo come Giulio Agricola; pretore nell'88 e XVvir sacris faciundis, svolse parte della carriera sotto Vespasiano. Si ritirò dalla vita politica durante gli ultimi anni del regno di Domiziano, per riprenderla poi sotto Nerva e Traiano: fu console nel 97 e proconsole d'Asia verso il Oltre alle due monografie, Agricola (biografia del suocero, con aspra denuncia contro Domiziano) e Germania (descrizione dei costumi dei Germani, in parallelo ai troppo civili costumi dei romani, ormai in decadenza), sono conservate parzialmente le sue due opere maggiori: Historiae, sugli eventi dalla morte di Nerone a quella di Domiziano (dal 69 al 96 ), forse in 14 ll., di cui restano i primi 4 e parte del 5, relativi agli aa Annales, sugli eventi dalla morte di Augusto a quella di Nerone (dal 14 al 69), forse in 16 ll., di cui restano i ll. 1-6 e 11-16, mutilo in fine (regni di Tiberio, di Claudio dal 47 e di Nerone fino al 66)
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*Gaio Suetonio Tranquillo, nato verso il 70 forse in Africa, grammatico di professione, percorse una carriera tra le più alte riservate ai cavalieri, fino a divenire segretario personale (magister memoriae) di Adriano; dalla corte fu allontanato, e nella sua opera si palesa tra le righe il tono talvolta di pettegolezzo, di eccessiva familiarità che di tale allontanamento fu causa. Resta il suo De vita Caesarum, biografia dei primi 12 imperatori (da Cesare a Domiziano). Nell'opera segue un costante e piatto modello narrativo: vizi e virtù, vita privata e vita pubblica; privo di vera originalità, ha fatto uso di fonti "ostili", sottolineando gli aspetti negativi dei sovrani, dando luogo all'immagine negativa di molti di essi. Nulla della visione problematica di Tacito. *Cassio Dione, senatore d'età severiana è da considerarsi tra le fonti più valide: ha scritto una grande storia di Roma in 80 ll. dalle origini al 229 d.C.; restano i ll (dal 68 a.C. al 47 d.C.) ed ampi riassunti del resto ad opera di Xifilino e di Zonara, d'età bizantina (questi storici in alcuni passi hanno copiato quasi alla lettera il testo dioneo).
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*Erodiano, del quale si hanno poche notizie biografiche, di lingua greca e forse nativo dell'Asia Minore, non senatore, scrisse intorno alla metà del III sec.d.C. (anni di Filippo l'Arabo) la Storia dopo Marco, in 8 ll., dalla morte di Marco Aurelio al 238 d.C. Egli avverte i tempi drammatici del regno di Massimino il Trace, la crisi sociale e quella militare ed afferma come la forma ideale di governo sia l'impero, poiché l'aristocrazia garantisce la supremazia dei migliori. Di Mario Massimo, che scrisse una serie di biografie da Nerva ad Elagabalo non rimane quasi nulla. Ancora nel III-IV sec. si hanno diverse compilazioni: *Origo gentis Romanae *Liber de Caesaribus di Sesto Aurelio Vittore *Epitome de Caesaribus Compendi basati sull'opera di Livio a cura di Eutropio, Orosio e Floro, Giulio Ossequente (sui prodigi).
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*L'opera più caratteristica della biografia romana tardo imperiale è l'Historia Augusta (serie di biografie da Adriano a Carino -a. 285-, con una lacuna dal 244 al 251, ma con presenza anche di vite di usurpatori), i cui autori ufficiali sono Elio Sparziano, Giulio Capitolino, Volcacio Gallicano, Elio Lampridio, Trebellio Pollione, Flavio Vopisco. Forse l'opera è stata compilata sotto il regno di Diocleziano-Costantino, ma successivamente ha subito delle manipolazioni (poiché vi si trovano allusioni anche ad eventi del V secolo) L'opera si muove nell'ambito della tradizione senatoria, per cui la valutazione dei singoli imperatori risente dell'atteggiamento che questi ebbero con il senato; manca in essa qualsiasi polemica storico-religiosa o riferimento al problema barbarico. *Ammiano Marcellino, greco di Siria, è l'ultimo grande storico che scrive in latino. Egli si propone in ogni senso come continuatore dell'opera di Tacito, anche agganciandosi alle sue Historiae, scrivendo gli Annales, che narrano gli eventi dal 96 al 378 (morte dell'imperatore Valente). L'opera in 31 ll., dei quali i primi 14 sono andati perduti (conservati gli eventi dal 353 al 378). Egli segue la linea fondamentale della tradizione storiografica romana, proponendo sempre il passato come modello per il presente. Egli visse l'esperienza militare, partecipando alle spedizioni lungo il confine danubiano di Costanzo II, al soggiorno di Giuliano ad Antiochia ed alla sua spedizione in Persia nel 362; visse anche a Roma, dove fu in contatto con esponenti dell'aristocrazia senatoria.
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