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Commercio intra-industriale: il modello di Krugman
Lezione 4 Commercio intra-industriale: il modello di Krugman Giuseppe Celi IEG 2006
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Introduzione Già partire dagli anni ’60, alcuni lavori empirici (Balassa, 1963) segnalavano che il commercio internazionale tra paesi sviluppati non potesse essere spiegato dalle teorie tradizionali del commercio internazionale basate sul commercio internazionale. Questo perché l’evidenza empirica segalava 3 apparenti paradossi La gran parte del commercio mondiale è tra paesi con simili dotazioni fattoriali La gran parte del commercio mondiale è di tipo intra-industriale L’espansione del commercio mondiale nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale non si è accompagnato ad una drammatica riallocazione di risorse o a drammatici cambiamenti nella distribuzione del reddito Giuseppe Celi IEG 2006
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Introduzione A partire dalla fine degli anni ’70, un nuovo filone di studi teorici spesso denominato come “new trade theory, ha cercato di spiegare questi apparenti paradossi in un contesto di concorrenza imperfetta. Krugman è stato uno degli autori più rappresentativi di questo nuovo filone. Utilizzando un framework di concorrenza monopolistica alla Chamberlain e facendo riferimento alla funzione di utilità di Dixit-Stiglitz (1977) per modellare il lato della domanda, Krugman presenta un modello chiaro e compatto in cui i tre apparenti paradossi che emergono dall’evidenza empirica vengono spiegati e motivati analiticamente. La trattazione qui presentata del contributo di Krugman ripercorre il modello contenuto nell’articolo del 1981 sul JPE Giuseppe Celi IEG 2006
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Il modello di Krugman: le ipotesi riguardanti il lato della domanda
2 industrie (1 e 2), ognuna delle quali consiste di una grande varietà di prodotti diffrenziati. Il lato della domanda è modellato assumendo una funzione di utilità del tipo (1) Giuseppe Celi IEG 2006
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Il modello di Krugman: le ipotesi riguardanti il lato della domanda
Dove c1,i rappresenta il consumo dell’i-esimo prodotto dell’industria 1 e c2,j del j-esimo prodotto dell’industria 2. N1 e N2 rappresentano il numero dei potenziali prodotti di ciascuna industria. Non tutte le potenziali varietà saranno prodotte. Il numero effettivo di varietà prodotte sarà n1 e n2 (< N1, N2) La funzione di utilità ha le seguenti proprietà: Essa assicura che metà del reddito degli individui sarà speso nei prodotti dell’industria 1 e l’altra metà nei prodotti dell’industria 2. Essa presuppone che ciascun produttore fronteggi una curva di domanda ad elasticità costante pari a Come vedremo, essa permette di trattare gli effetti di welfare associati al commercio internazionale in modo semplice Il lato della domanda presuppone, quindi, due industrie produttrici di un numero di beni (varietà) che sono imperfetti sostituti l’uno dell’altro Giuseppe Celi IEG 2006
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Il modello di Krugman: le ipotesi riguardanti il lato dell’offerta
Il lato dell’offerta presuppone due fattori di produzione: lavoro di tipo 1 e lavoro di tipo 2. Entrambi sono specifici a ciascuna industria ma perfettamente sostituibili all’interno di ciascuna industria. (2) l1, i rappresenta il lavoro usato nel produrre la i-esima varietà dell’industria 1 ed x1,i l’output relativo a quella varietà (analogamente per l’industria 2). Per passare dagli input di lavoro ai costi nominali nelle due industrie bisogna moltiplicare per i saggi salariali dei due tipi di lavoro, w1 e w 2. E’ evidente che la (2) introduce nel modello le economie di scala Giuseppe Celi IEG 2006
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Il modello di Krugman: le ipotesi riguardanti il lato dell’offerta
Assumendo il pieno impiego dei fattori produttivi, abbiamo: (3) Si assume, quindi, che la forza lavoro totale sia uguale a 2. Il parametro z governa la proporzione dei fattori. Giuseppe Celi IEG 2006
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L’equilibrio in economia chiusa
Pervenire all’equilibrio del modello significa determinare: Il numero di varietà prodotte in ciascuna industria (e quindi il numero di imprese, dato che ogni varietà è prodotta da una singola impresa) L’output relativo a ciascuna varietà I prezzi dei prodotti I salari relativi In primo luogo la fissazione del prezzo di ciascun impresa rappresentativa sarà guidata dalla massimizzazione del profitto. In un contesto non concorrenziale, ciò implica applicare un markup al costo marginale (4) Giuseppe Celi IEG 2006
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L’equilibrio in economia chiusa
Inoltre, se si assume che i profitti delle imprese rappresentative nelle due industrie sono dati da (5) e se si fa l’ipotesi di libertà di entrata e quindi di profitti nulli: è possibile derivare, utilizzando la (4) e la (5), la dimensione di equilibrio delle imprese rappresentative: Giuseppe Celi IEG 2006
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L’equilibrio in economia chiusa
(6) A questo punto, il numero delle imprese può essere determinato dalla condizione di pieno impiego (vedi la (3)) (7) Giuseppe Celi IEG 2006
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Equilibrio in economia chiusa
Assumendo che ciascuna industra riceva lo stesso ammontare di spesa, sotto l’ipotesi di profitti nulli, tutti i guadagni saranno incamerati dai lavoratori: w1L1= w2L2 . Pertanto, è facile determinare il salario relativo: (8) Siamo pervenuti all’equilibrio della nostra economia a due settori caratterizzata da concorrenza monopolistica. Il range dei potenziali prodotti effettivamente realizzati in ciascuna industria è indeterminato. I parametri z e θ sono cruciali nel determinare rispettivamente il salario relativo e il grado di sostituibilità dei prodotti all’interno di ciascuna industria. Il grado si sostituibilità segnala la presenza di economie di scala non pienamente sfruttate Giuseppe Celi IEG 2006
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Proporzione dei fattori e commercio internazionale
Paesi con differenti dotazioni fattoriali intratterranno relazioni commerciali di tipo inter-settoriale (Heckscher-Ohlin). Invece, quanto più le dotazioni fattoriali saranno simili, tanto più il commercio tenderà ad essere di tipo intra-industriale. Per analizzare questo punto, il parametro da considerare è z, il parametro che governa la proporzione dei fattori. Preliminarmente, però, è utile dare una definizione di commercio intra-industriale (per esempio, utilizzando l’indice di Grubel-Lloyd): (9) Giuseppe Celi IEG 2006
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Proporzione dei fattori e commercio internazionale
L’indice è pari a zero quando il grado di sovrapposizione tra esportazioni e importazioni in ciascun settore è nullo: si esporta e si importa in settori diversi. In questo caso, il commercio inter-industriale predomina. L’indice è pari a 1 quando il grado di sovrapposizione tra esportazioni e importazioni in ciascun settore è totale: in ogni settore le esportazioni controbilanciano perfettamente le esportazioni. In questo caso, il commercio intra-industriale predomina L’indice di Grubel-Lloyd si conforma bene al presente modello. Vediamo come. Introduciamo nell’analisi un secondo paese. Il paese estero (contrassegnato da asterisco) è identico all’economia nazionale tranne che per la proporzione dei fattori: la proporzione dei fattori del paese estero è speculare a quella dell’economia nazionale: Giuseppe Celi IEG 2006
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Proporzione dei fattori e commercio internazionale
(10) E’ evidente che, in questo modo, il parametro z può essere opportunamente manipolato al fine di pervenire a similarità o dissimilarità tra paesi della dotazione relativa dei fattori. Quando il parametro z è uguale a 1, i paesi avranno identiche dotazioni fattoriali. Partendo da 1, man mano che z diventa più piccolo, la differenza tra paesi nelle dotazioni fattoriali relative si allarga. La stessa relazione può essere visualizzata attraverso la scatola di Edgeworth Giuseppe Celi IEG 2006
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Proporzione dei fattori e commercio internazionale
0* L2 L*2 ●E L1 L1 Giuseppe Celi IEG 2006
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Proporzione dei fattori e commercio internazionale
Nella scatola di Edgeworth, i punti sulla diagonale 00* indicano stessa dotazione relativa dei fattori nei due paesi. I punti sull’altra diagonale indicano che i due paesi hanno la stessa dimensione ma, nello stesso tempo, segnalano una situazione di “specularità” : il parametro z governa la posizione di E; come z varia da 0 a 1, il punto E si sposta dall’angolo in basso a destra verso il centro della scatola. Una volta introdotto il secondo paese, determiniamo l’equilibrio in free trade. Come in precedenza, determiniamo prezzi, grandezza e numero delle imprese, salari relativi. In aggiunta, possiamo determinare il volume del commercio. Giuseppe Celi IEG 2006
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Equilibrio in economia aperta
(11) (12) Giuseppe Celi IEG 2006
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Equilibrio in economia aperta
(13) (14) Giuseppe Celi IEG 2006
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Equilibrio in economia aperta
L’apertura al commercio internazionale porta all’equalizzazione del prezzo dei fattori. La struttura della produzione resta immutata. Determiniamo ora la struttura del commercio. Partiamo dall’ipotesi che la spesa venga divisa equamente tra le due industrie e che ogni consumatore spenda lo stesso ammontare di reddito per ciacun prodotto all’interno di ciascuna industria. Allora, per esempio, si avrà che la quota di reddito destinata all’acquisto di prodotti esteri dell’industria 1 sarà uguale a Sapendo che che il numero di prodotti è proporzionale alla forza lavoro e assumendo che Y sia il reddito del paese nazionale (uguale a quello del paese estero), avremo che: Giuseppe Celi IEG 2006
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Equilibrio in economia aperta
(15) Le equazioni (15) hanno importanti implicazioni. Le esportazioni complessive dell’economia nazionale sono pari a X1 + X2 = 1/2Y. Ciò significa che il volume degli scambi commerciali è indipendente dal parametro z: indipendentemente dal grado di dissimilarità/similarità nelle dotazioni fattoriali, i paesi commerciano. Quindi anche paesi simili hanno elevati livelli di interscambio commerciale. Giuseppe Celi IEG 2006
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Equilibrio in economia aperta
La seconda implicazione della (15) è che se noi la sostituiamo nell’indice di Grubel-Lloyd perveniamo al seguente importante risultato L’indice di intra-industry trade è uguale all’indice di similarità delle dotazioni fattoriali Giuseppe Celi IEG 2006
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Gli effetti di welfare del commercio internazionale
L’ultimo punto da affrontare è quello del problema distributivo associato al commercio internazionale. Solitamente, si sostiene che il commercio intra-industriale, essendo un interscambio tra paesi con simili dotazioni fattoriali, implica effetti riallocativi e redistributivi meno severi rispetto al commercio inter-settoriale. Verifichiamo se, all’interno del modello fin qui esposto, è possibile dimostare questo punto. Diremo che il problema distributivo sarà meno severo se entrambi i fattori traggono vantaggio, in termini di benessere, dal commercio internazionale. Preliminarmente, è utile focalizzare l’attenzione sul modo in cui l’utilità dipende dalle variabili del modello. Se un individuo dispone di un salario pari a w, egli spenderà un ammontare pari a w/2 per acquistare i prodotti di ciascuna industria (dividendo poi la spesa w/2 in modo equiproporzionale tra i prodotti all’interno di ciascun industria). Ciò significa che la sua utilità dipenderà dal suo salario, dai prezzi dei prodotti rappresentativi di ciascuna industria e dal numero di prodotti disponibili: Giuseppe Celi IEG 2006
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Gli effetti di welfare del commercio internazionale
(17) (18) Giuseppe Celi IEG 2006
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Gli effetti di welfare del commercio internazionale
La (17) inserisce prezzi e salario nella funzione di utilità iniziale. La (17) ha il vantaggio che tutti gli effetti associati alle variabili entrano additivamente: come si vede, l’utilità dipende dal salario reale in termini di prodotti rappresentativi di ciascuna industria e dalla varietà. La (18) precisa la (17) esprimendo l’utilità relativamente a ciascun lavoratore rappresentativo di ciascuna industria (i due pedici associati alla variabile w indicano il settore di appartenenza del lavoratore e il prodotto in base al quale viene misurato il salario reale). Siamo in grado, ora, di misurare gli effetti di welfare associati al commercio. Supponiamo di passare da una situazione di autarchia ad una situazione di free trade. Si verificheranno due effetti. Il primo, di natura distributiva, scaturisce dall’equalizzazione del prezzo dei fattori Giuseppe Celi IEG 2006
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Gli effetti di welfare del commercio internazionale
Come si può facilmente verificare, il salario reale rimane lo stesso in termini del prodotto della propria industria di appartenenza, mentre crescerà o diminuirà in termini del prodotto dell’altra industria a seconda che il fattore sia abbondante o scarso. Nel nostro caso, ciò significa che i lavoratori dell’industra 1 saranno avvantaggiati dal commercio mentre quelli dell’industria 2 saranno svantaggiati. Il secondo effetto deriva dall’aumento della varietà associato alla crescita della dimensione del mercato. Questo effetto comporta un incremento di utilità generalizzato a tutti i lavoratori. Pertanto, i lavoratori dell’industria 1 saranno sicuramente favoriti dal commercio in termini di benessere. Nel caso dei lavoratori dell’industria 2, che rappresentano il fattore scarso, tutto dipende dal risultato netto dei due effetti. Analizziamo, pertanto, l’effetto netto provocato dal commercio sui lavoratori dell’industria 2 . La (19) indica la variazione di utilità nel passaggio dall’autarchia al free trade. Il primo termine della (19) indica l’effetto distributivo negativo, il secondo e il terzo termine indicano l’effetto positivo dovuta all’espandersi delle varietà dei prodotti. Si tratta, dunque, di vedere sotto quali condizioni gli ultimi due termini della (19) sovrastano il primo termine. La (20) è una manipolazione della (19) Giuseppe Celi IEG 2006
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Gli effetti di welfare del commercio internazionale
(19) (20) Giuseppe Celi IEG 2006
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Gli effetti di welfare del commercio internazionale
La (20) fornisce un risultato immediato: se θ<0.5, il fattore scarso trae vantaggio dal commercio (infatti, il primo termine è positivo e il terzo termine, positivo, sovrasta il valore negativo del secondo). Questo risultato ci segnala che, se i prodotti sono sufficientemente differenziati, entrambi i fattori traggono vantaggi dal commercio in termini di benessere. Se θ>0.5, il risultato di accresciuto benessere dipende da quanto pesa il commercio intra-industriale sui flussi totali, il chè significa appurare quanto le dotazioni fattoriali tra i paesi sono simili. Quando θ>0.5, la funzione (20) ha tre proprietà: Per z tendente a 1, la (20) tende a Per z tendente a 0 la (20) tende a meno infinito La (20) è strettamente crescente in z; questo significa che esiste un valore critico di z che rende nulla la (20). Quando z è maggiore di tale valore, entrambi i fattori traggono vantaggio dal commercio; quando z è minore, il fattore scarso viene penalizzato dal commercio. Giuseppe Celi IEG 2006
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Gli effetti di welfare del commercio internazionale dipendono dalla similarità delle dotazioni fattoriali U2’–U2 z 1 z Giuseppe Celi IEG 2006
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