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PubblicatoFaustino Papi Modificato 11 anni fa
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FISMO – Assemblea Elettiva 2008 Ara Pacis, Roma 7 Aprile
GLI ITALIANI E LE SPESE IN ABBIGLIAMENTO Ufficio Economico – Confesercenti nazionale FISMO – Assemblea Elettiva 2008 Ara Pacis, Roma 7 Aprile
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Gli italiani e gli acquisti di abbigliamento e calzature
Intervistato dal 17 al 19 di marzo da SWG per conto di FISMO Confesercenti, un campione di 800 soggetti rappresentativi dell’universo di maggiorenni residenti in Italia rivela una serie di crescenti difficoltà ad appagare i propri desideri con riferimento alle spese di abbigliamento e calzature. 8 su 10 gli italiani considerano gli acquisti nel campo dell’abbigliamento una cosa a cui tengono molto, ma il 40% compra meno cose rispetto a qualche anno fa.
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Le spese in abbigliamento: tra austerity e agiatezza
la quota di italiani che nel corso degli ultimi anni ha ridotto il proprio budget di spesa per abiti e scarpe è del 36% e risulta correlata sia all’età che al reddito degli intervistati, colpendo in primo luogo casalinghe e pensionati. Circa un terzo degli intervistati ha invece mantenuto invariato il proprio volume di acquisti in vestiario e calzature e oltre il 20% di loro lo ha aumentato.
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I gruppi di spesa: agiati e equilibristi
GLI AGIATI, quelli che non presentano particolari problemi di spesa o di tenuta del proprio potere d’acquisto, e che sono composti dai seguenti target: comprano e spendono più di prima (20%); comprano uguale ma spendono di più (17%) GLI EQUILIBRISTI, quelli che, pur senza grandi capacità di reddito, hanno saputo trovare un equilibrio tra le proprie disponibilità economiche e i propri acquisti: comprano e spendono come prima (12%); comprano meno ma spendono uguale (4%)
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I gruppi di spesa: ingegnosi, in difficoltà e in austerity
GLI INGEGNOSI, ovvero quelli che, presentando qualche difficoltà economica, riescono a trovare delle soluzioni per spendere di meno senza rinunciare alla quantità. Sono composti dai seguenti target: comprano uguale e spendono meno (5%);comprano di più e spendono uguale/di meno (3%) IN DIFFICOLTA’, ovvero quelli che pur avendo tagliato sugli acquisti non riescono a risparmiare e si sentono prigionieri dei prezzi imposti dal mercato: comprano meno ma spendono di più (9%) IN AUSTERITY, ovvero quelli che si sono visti costretti a stringere i cordoni della borsa:comprano e spendono meno (30%)
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Gli stili di consumo: qualità, quantità, prezzo
tra quantità e qualità, 7 italiani su 10 scelgono la seconda, preferendo ‘investire’ su capi che, grazie ad una migliore fattura, siano in grado di garantire una certa durata nel tempo la qualità risulta vincente persino sulla moda e sul prezzo; fattore quest’ultimo, che raccoglie comunque un terzo delle citazioni.
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Si riducono le spese e si aspettano i saldi
La compressione dell’investimento nel campo dell’abbigliamento è dovuta principalmente a fattori di tipo economico. Non è un caso che oltre 6 italiani su 10 aspettino i saldi per effettuare i propri acquisti più importanti, sempre più non solo per i capi invernali ma anche per gli estivi. I saldi rappresentano una quota importante - in media il 26% - del fatturato annuo degli esercizi al dettaglio di abbigliamento e calzature.
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Un mercato da 70 miliardi di euro. La metà al Nord Italia
Nel 2007, per la verità, i conti nazionali ISTAT hanno rilevato una timida ripresa della spesa per vestiario e calzature, già osservata nel 2006 e quantificabile a prezzi correnti in un + 3%. Nel triennio precedente la spesa era aumentata solo dello 0,8% all’anno. In valore assoluto la spesa delle famiglie per vestiario, calzature e pellicceria ammonta a circa 70 miliardi di euro. Geograficamente la spesa risulta così ripartita: 49,5% al Nord; 19% al Centro e 31,5% Sud-Isole.
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La spesa mensile in abbigliamento
Nei bilanci delle famiglie italiane la spesa destinata all’acquisto di vestiario e calzature nel 2006 è stata in media di 158 € al mese. Le differenze tra le diverse zone dell’Italia non sono rilevanti in valore assoluto (152 € al Centro; 150 € al Sud; 162 € al Nord). La famiglia tipo (coppia con 1 o 2 figli; 38% delle famiglie italiane) spende ogni mese per vestiti e scarpe 224 euro. Quella con capofamiglia un professionista o imprenditore (3% delle famiglie italiane) spende in media 324 euro. Quella di un pensionato non raggiunge i 100 euro.
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Chi spende di più per vestirsi Fonte:ISTAT
(% sul totale delle famiglie) % su spesa totale Spesa media mensile in euro per abbigliamento Coppia con 3 + figli (5%) 8,0% 242 € Coppia giovane senza figli (2%) 6,4% 168 € Coppia con 1 o 2 figli (38%) 7,3% 224 € Professionisti/imprenditori 8,4% 324 € Pensionato 4,6% 95 €
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I negozi di vestiario, tessuti e calzature
I negozi di abbigliamento, tessuti e calzature in Italia sono circa 180 mila, il 23,3% del totale dei negozi al dettaglio in Italia. La Campania e la Lombardia sono le regioni con il maggior numero di negozi. I negozi dell’abbigliamento con titolare donna sono nella media uno su tre. I negozi di abbigliamento sono , calzature: e tessuti: (Osservatorio del commercio,2007) Il 10% dei negozi di abbigliamento - ovvero circa 13 mila attività - opera con la formula del franchising.
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I negozi di abbigliamento per forma distributiva e stima quote di mercato
Numero Stima quota p.v mercato Negozi indipendenti 57% % Catene 15% % Grandi magazzini, ipermercati e GSS 2% % Ambulanti 25% % Altri (tra cui outlet) 1% %
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La struttura della distribuzione nell’abbigliamento per categoria
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La natimortalità delle imprese dell’abbigliamento
Quasi 30 mila punti vendita e circa 60 mila occupati in meno nei negozi di abbigliamento, tessuti e calzature nel corso degli anni ’90. Dal 2000 ad oggi la tendenza si è invertita e i negozi sono aumentati in media del 2-3% all’anno, con andamenti molto diversi tra i settori e le formule organizzative. Meno punti vendita nel tessile e netta crescita delle unità locali nelle calzature e nell’abbigliamento. Aumentano i punti vendita delle catene monomarca (+20% l’abbigliamento esterno) e si riducono invece quelli dei negozi multimarca (-18%). Crescono i punti vendita di intimo, sia indipendenti che catene; mentre per sport e bambino la crescita riguarda solo le catene.
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Punti vendita indipendenti e catene
Fonte: elab. da Largo Consumo 1/1/2001 1/1/2007 Var. % Mercerie 17.400 13.800 -20.7% Negozi indipendenti specializzati intimo 5.580 7.100 +27,2% Catene monomarca abbigliamento intimo 1.900 2.600 +36.8% Negozi abbigliamento bambino indipendenti 4.000 3.700 -7.5% Catene monomarca abbigliamento bambino 1.260 2.100 +66,7% Negozi abbigliamento sportivo indipendenti 4.150 3.800 -8.4 % Catene abbigliamento sportivo 550 640 +16.4%
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Aperture e subingressi nell’abbigliamento, 2007
Nuove Aperture Esercizi Mq Mq. per esercizio Vicinato Medio Grande Subingressi Vicinato Medio Grande Fonte: elab. su dati Osservatorio nazionale commercio
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Lo sviluppo delle grandi superfici
A partire dagli anni ’90 si è osservato un forte sviluppo delle grandi superfici: grandi superfici specializzate nell’abbigliamento, reparti di ipermercato, Factory Outlet Center (FOC). La dimensione media di un negozio di abbigliamento è di 78 metri quadri. Le medie superfici invece occupano in media 700 mq e le grandi circa 1500 mq, a parte i FOC. I FOC sono strutture commerciali da circa 20 mila mq, con circa 100 punti vendita, prevalentemente dell’abbigliamento.
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Punti vendita Outlet realizzati e in progetto
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I Factory Outlet Center
Con altre 8 nuove aperture programmate per il , i FOC in Italia diventeranno 24, con una superficie di vendita che supererà i 550 mila metri quadri e con circa punti di vendita, ciascuno da circa 200 mq. I nuovi FOC sono più grandi (30 mila mq) e con più punti vendita di quelli attuali (110 pdv per FOC). In Veneto e Friuli Venezia Giulia si concentra l’11% del totale della spesa nazionale in vestiario e calzature e una capacità di spesa elevata; e questo li rende mercati particolarmente appetibili per lo sviluppo dei Factory Outlet. Apriranno difatti in queste regioni 4 degli 8 nuovi FOC previsti nel 2008, con ca mq totali di nuova superficie di vendita.
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I Factory Outlet Center (2)
Attualmente i FOC sono presenti in 14 province: nove al Nord (Aosta, Alessandria, Novara, Bergamo, Brescia, Milano, Mantova, Bologna, Parma); tre al Centro (Arezzo, Firenze, Roma) e due al Sud (Bari, Cagliari). Le nuove otto aperture sono in prevalenza al Nord (Cuneo, Udine, Treviso, Venezia), ma anche una al centro (Roma) e due al Sud (Caserta e Pescara).
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