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PubblicatoEnzo Berti Modificato 11 anni fa
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A: parchi ed isole pedonali B: zone ad alta densità abitativa
D.M 15 Aprile 1994 D.M 15 Aprile 1994 A: parchi ed isole pedonali B: zone ad alta densità abitativa C: aree ad elevato traffico D: periferia ed aree suburbane
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Disciplina di tipo preventivo, di carattere tecnico
IGIENE DEL LAVORO Ha il fine di salvaguardare e tutelare la salute fisica e psichica di qualsiasi prestatore d’opera. Cerca di puntualizzare le condizioni e le cause attraverso cui una certa attività lavorativa può giungere a compromettere l’integrità fisica o psichica del lavoratore con lo scopo di eliminarle. Disciplina di tipo preventivo, di carattere tecnico EFFETTI NEGATIVI sulla salute dei singoli lavoratori Possono derivare: Dalle caratteristiche dell’immobile dove viene svolto il lavoro; Dalle condizioni fisiche negli ambienti legate al tipo di lavoro; Dagli agenti inquinanti gli ambienti di lavoro; Dall’età e stato di salute del lavoratore; Dall’organizzazione del lavoro MALATTIA E INFORTUNIO Rappresentano la conseguenza del sommarsi di 20 o più di tali cause Trascuratezza e/o negligenza con cui sono utilizzati, o fatti utilizzare, sia i mezzi personali di protezione sia gli accorgimenti tecnici atti a bonificare gli ambienti di lavoro. Inoltre il mancato intervento dei titolari o la mancata collaborazione dei singoli lavoratori per modificare abitudini comportamentali e, non ultimo, una mancata informazione dei rischi presenti, sono elementi in grado di influire sui provvedimenti di bonifica.
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RISCHI PER LA SALUTE CONNESSI CON LA PRODUZIONE
E DISTRIBUZIONE DI ALIMENTI NUTRIZIONE ALIMENTAZIONE SALUTE
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NUTRIZIONE ALIMENTAZIONE Copertura del fabbisogno QUANTITATIVO
QUALITATIVO QUALITA’ NUTRIZIONALI E ORGANOLETTICHE SICUREZZA CHIMICA E MICROBIOLOGICA
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CONDIZIONI DI INSALUBRITÀ DEGLI ALIMENTI
contaminazione da agenti patogeni trasmissibili (protozoi, batteri, virus, prioni) o da tossine da questi elaborati; 1) 2) infestazione da macroparassiti (Taenia solium, T. saginata, Trichinella spiralis, Echinococcus granulosus, Anisakis spp.,etc); 3) alterazioni (acidificazione, decomposizione, putrefazione, ammuffimento, etc), provocate dalla moltiplicazione della comune flora microbica ambientale, per impropria conservazione delle derrate (Sgombroide, Micotossicosi); 4) ciguatera, PSP, NSP, DSP,ASP e altre sindromi tossiche da fenomeni di eutrofizzazione algale); accumulo di sostanze chimiche o veleni che inquinano l’habitat naturale esposto ad inquinamento (sindrome di Minamata, tossicità da cadmio, cobalto, etc., pesticidi, residui radioattivi); 5) 6) contatto con materiali (stoviglie, contenitori, utensili) che rilasciano sostanze tossiche; processi di trasformazione (cottura) 7) provenienza da animali trattati con antibiotici, ormoni e altre sostanze a scopo auxinico; 8) presenza di veleni fisiologici (funghi tossici morfologicamente somiglianti a quelli eduli; alcuni pesci e molluschi in determinati periodi stagionali); 9) concentrazione in eccesso di un additivo (monossido glutammato, ac. nicotinico o niacina, etc.) per mancata ripartizione in modo uniforme nella massa durante la preparazione della specialità alimentare, o per errato dosaggio.
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Malattie derivate da alimenti
PERICOLI LEGATI ALL’APPROVVIGIONAMENTO ALIMENTARE Malattie derivate da alimenti Allergie Infezioni Intossicazioni Allergeni Invasive Tossinfezioni Microrganismi Mucosa intestinale Piante o animali naturali OGM Micotossine Sistemiche Tossine Batteriche Tossine algali Sostanze chimiche tossiche Xenobiotiche Additivi Neurotossine Enterotossine
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PERCHE’ AUMENTO? Metodiche analitiche più affidabili e veloci
Migliore individuazione degli episodi epidemici (sistemi di sorveglianza) Allevamenti intesivi Aumentata mobilità di cibi e persone PERCHE’ AUMENTO? Aumentata popolazione suscettibile Anziani sopra i 65 anni Soggetti immunocompromessi (AIDS, tumori) Minore immunizzazione naturale Nuovi patogeni Patogeni emergenti Antibiotico-resistenza Regimi dietetici Variazioni genetiche Cambiamenti nelle abitudini alimentari Maggior consumo di cibi freschi e refrigerati Maggior richiesta di cibi a basso contenuto di zuccheri o grassi Minore concorrenza vitale per eccessiva sanificazione
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distribuzione ristorazione preparazioni casalinghe produzioni
PERICOLI ATTUALI (stime da dati USA) All’anno: 76 milioni di casi di tossinfezioni ospedalizzazioni 5.000 morti Costo da 8 a 23 miliardi di dollari Distribuzione: distribuzione ristorazione preparazioni casalinghe produzioni industriali
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Più comuni fonti di contaminazione con microrganismi che provocano intossicazioni ed infezioni alimentari capelli, ferite e mucose feci uomo Salmonella typhi Shigella Clostridium perfringens Vibrio cholerae Escherichia coli Virus Staphylococcus aureus utensili superfici contenitori Feci in vita; macellazione terreno animale Alimenti acqua Clostridium botulinum Clostridium perfringens Bacillus cereus Funghi Salmonelle di enterite Campylobacter Brucella Virus Parassiti
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Shigella, C. perfringens,
UOMO MALATO o PORTATORE S. aureus, S typhi, Shigella, C. perfringens, V. cholerae, E. coli Virus ANIMALE MALATO o PORTATORE Salmonelle, Campylobacter Brucelle, Virus, Parassiti Ambiente C. botulinum, C. perfringens, B. cereus AMBIENTE acqua, aria, suolo, utensili, superfici, contenitori manipolazione materie prime ALIMENTI
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PREVENZIONE Controllo materie prime. Separazione cibi freschi e cibi cotti. Manipolazione igienicamente corretta. Pulizia accurata di ambienti e attrezzature. CONTAMINAZIONE Infezioni TEMPO: preparare e servire rapidamente. Refrigerare immediatamente. Conservare per breve tempo. TEMPERATURA: scongelamenti o congelamenti rapidi. Cottura completa. Mantenimento catena del freddo. Mantenimento elevate temperature. Tossinfezioni CONSERVAZIONE
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DECRETO LEGISLATIVO 26 MAGGIO 1997, N. 155
(G.U. 13 GIUGNO 1997, N. 136, S.O.) Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CEE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari Art.2: Definizioni Igiene dei prodotti alimentari; tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salubrità dei prodotti alimentari in tutte le fasi successive alla produzione primaria che include, tra l’altro, la raccolta, la macellazione e la mungitura e, quindi, la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione, la vendita o fornitura, compresa la somministrazione al consumatore; Industria alimentare: ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che esercita una o più delle attività sopra menzionate; Alimenti salubri: quelli idonei al consumo umano dal punto di vista igienico; Responsabile dell’industria alimentare: il titolare ovvero il soggetto specificamente delegato; Art. 3: Autocontrollo Il responsabile dell’industria deve garantire che la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione, la vendita o fornitura, compresa la somministrazione al consumatore, dei prodotti alimentari siano effettuati in modo iginico; Il responsabile dell’industria deve individuare, nella propria attività, ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti e deve garantire che siano individuate, applicate, mantenute ed aggiornate le adeguate procedure di sicurezza avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici HACCP . il responsabile dell’industria deve tenere a disposizione dell’autorità competente preposta al controllo tutte le informazioni concernenti la natura, la frequenza ed i risultati relativi alla procedura di cui al comma 2 qualora a seguito dell’autocontrollo di cui al comma 2, il responsabile dell’industria constati che i prodotti possano presentare un rischio immediato per la salute provvede al ritiro dal commercio degli stessi e di quelli ottenuti in condizioni tecnologiche simili informando le autorità competenti sulla natura del rischio e fornendo le informazioni relative al ritiro degli stessi; il prodotto ritirato dal commercio deve rimanere sotto la sorveglianza e la responsabilità dell’autorità sanitaria locale fino al momento in cui, previa autorizzazione della stessa, non venga distrutto od utilizzato per fini diversi dal consumo umano o trattato in modo da garantire la sicurezza; le spese sono a carico del titolare dell’industria alimentare le industrie alimentari devono attenersi alle disposizioni di cui all’allegato; Art. 4: Manuali di corretta prassi igienica Art. 5 Controlli (D.Lgs 123/93) Art. 6 Educazione sanitaria in materia alimentare Il Ministero della Sanità, d’intesa con Regioni, Province autonome e Aziende Sanitarie Locali, promuove campagne informative dei cittadini sull’educazione sanitaria in materia di corretta alimentazione anche d’intesa col Ministero della Pubblica istruzione, nelle scuole di ogni ordine e grado, con la partecipazione di docenti di materie scientifiche e di educazione fisica, nell’ambito delle attività previste dalla programmazione annuale.
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(Hazard Analysis and Critical Control Points)
HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) Analisi di potenziali rischi per gli alimenti Individuazione di punti in cui possono verificarsi dei rischi per gli alimenti Decisioni da adottare riguardo ai punti critici individuati, cioè a quei punti che possono nuocere alla sicurezza dei prodotti Individuazione ed applicazione delle procedure di controllo e di sorveglianza dei punti critici Riesame periodico, ed in occasione di variazioni di ogni processo e della tipologia di attività, dell’analisi dei rischi, dei punti critici e delle procedure di controllo e di sorveglianza
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ANALISI DEL PERICOLO (HAZARD ANALYSIS)
Termini proprietà biologica, chimica, fisica in grado di rendere l’alimento non salubre per il consumo Pericolo (Hazard) Rischio (Risk): la probabilità Gravità (Severity): la dimensione in termini sanitari dell’evento Quali pericoli considerare Quelli la cui riduzione e/o eliminazione è essenziale per produrre alimenti salubri Quali pericoli non considerare Quelli di minimo rischio e/o di minima gravità Le azioni da fare 1 – VALUTARE in ogni step del processo i pericoli significativi 2 – IDENTIFICARE il pericolo ed assegnare rischio e gravità 3 – INDIVIDUARE le misure preventive
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PUNTO CRITICO DI CONTROLLO (Critical Control Point – CCP)
DEFINIZIONI PUNTO DI CONTROLLO (Control Point – CP) Ogni punto, fase o procedura a livello della quale sia possibile tenere sotto controllo qualsiasi fattore biologico, fisico o chimico di rischio PUNTO CRITICO DI CONTROLLO (Critical Control Point – CCP) Ogni punto, fase o procedura nell’ambito del processo produttivo a livello della quale sia possibile applicare manovre di controllo e prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi per la sicurezza alimentare. Un punto critico di controllo è la fase “eliminatoria” in cui i batteri sono uccisi dalla cottura o la fase “di controllo”che previene o rallenta la loro crescita, come lo stoccaggio appropriato in ambiente refrigerato o la conservazione a caldo
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ANALISI DEL RISCHIO CONTROLLO VALUTAZIONE COMUNICAZIONE ESPERTI PUBBLICO
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ANALISI DEL RISCHIO VALUTAZIONE DEL RISCHIO CONTROLLO DEL RISCHIO
Identificazione del pericolo Caratterizzazione del pericolo Valutazione dell’esposizione Stima del rischio CONTROLLO DEL RISCHIO Identificazione delle azioni Valutazione e scelta delle azioni Verifica dei risultati Monitoraggio e revisione COMUNICAZIONE DEL RISCHIO OBIETTIVI STRATEGIE I livello - Informazione II livello - Dibattito III livello - Confronto
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VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Epidemiologia frequenza e distribuzione dei casi fattori di rischio vie di diffusione VALUTAZIONE DEL RISCHIO Identificazione del pericolo Caratterizzazione del pericolo Valutazione dell’esposizione Stima del rischio Microbiologia Tossicologia patogenicità fattori predisponenti Resistenza/persistenza Monitoraggio ambientale Diffusione e distribuzione di agenti patogeni o indicatori Contesto procedure, percorsi, materiali
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VALUTAZIONE DEL RISCHIO
PUBBLICO Basata sulla percezione Soggettiva Ipotetica Emotiva Irrazionale ESPERTI Basata sull’evidenza Oggettiva Analitica Scientifica Razionale
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Pericolo, rischio e preoccupazione
proprietà intrinseca ad un fattore (attività, materiale, ambiente) di produrre un danno PERICOLO probabilità matematica che il fattore provochi il danno RISCHIO timori e paure del pubblico su un pericolo, che non necessariamente derivano da evidenze scientifiche né sono correlate al grado di rischio PREOCCUPAZIONE
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DETERMINANTI DELLA PREOCCUPAZIONE
Involontario Smaltimento rifiuti Produzione di vaccini Artificiale Bioterrorismo (Uffici postali) Allevamenti Sconosciuto BSE Salmonelle Terrorizzante SARS Influenza Controllato da altri Manipolazione di prodotti animali Laboratori di microbiologia Sfiducia nella fonte Datore di lavoro Sindacato Popolazioni vulnerabili Familiari Lavoratori Prevenibile o riducibile HBV HCV Rispondenza (delle istituzioni) Chiusura, distacco, contrasto Trasparenza, cortesia, comprensione Attenzione dei media
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VALUTAZIONE DEL RISCHIO
PUBBLICA VALUTAZIONE DEL RISCHIO ESPERTI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO Paura del nuovo Incertezza sul tipo di rischio Sovrastima dei piccoli rischi Percezione del rischio basata sulla valutazione Percezione del rischio basata su errori cognitivi e sulla preoccupazione Percezione del rischio basata sulla consapevolezza e su valori Ruolo non legittimato nel controllo del rischio Ruolo legittimato nel controllo del rischio
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EFFETTI DELLA PREOCCUPAZIONE
Il pubblico presta più attenzione quando è preoccupato Attivisti e media traggono profitti dalla preoccupazione I cittadini preoccupati non ascoltano i dati oggettivi sul rischio Il pubblico risponde più alla preoccupazione che al rischio La preoccupazione può distrarre dai veri pericoli EFFETTI DI UNA CORRETTA COMUNICAZIONE Se il pericolo è basso, la comunicazione dovrebbe diminuire la preoccupazione presentando il rischio come volontario, noto e giusto e le decisioni condivise con la collettività Se il pericolo è elevato, la comunicazione dovrebbe stimolare la giusta percezione del rischio.
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CONTROLLO DEL RISCHIO MISURE COLLETTIVE
Tecnologie a minore dispersione Processi a ciclo chiuso Automazione Procedure di lavoro a minore rischio di esposizione ESPERTI CONTROLLO DEL RISCHIO Identificazione delle azioni Valutazione e scelta delle azioni Verifica dei risultati Monitoraggio e revisione MISURE INDIVIDUALI Dispositivi di protezione: Guanti Mascherine Schermi Indumenti
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CONTROLLO DEL RISCHIO PUBBLICO LAVORATORI
Adozione di corretti comportamenti e procedure di lavoro Uso dei DPI Misure igieniche EDUCAZIONE FORMAZIONE LAVORATORI
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Progetto formativo Istituzioni sanitarie Cultura sociale del rischio
Precedenti convinzioni Precedente percezione Famiglia/Amici Contesto della comunicazione del rischio (fonti di informazione, canali, ecc.) Comunità Progetto formativo Messaggio della comunicazione del rischio Giudizio di efficacia dell’azione preventiva Convalida del messaggio Accettazione del messaggio Consapevolezza e percezione del rischio Persona Condizioni di esposizione Convinzioni e pregiudizi sul rischio Decisione dell’azione preventiva Controllo individuale del rischio Caratteristiche individuali (cultura, età, sesso, risorse, interesse,ecc.) Comportamento di riduzione del rischio
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POSSIBILI OBIETTIVI DI UN PROGRAMMA DI COMUNICAZIONE DEL RISCHIO
Informazione – educazione del pubblico sui rischi e loro valutazione Es: Comparazione di dati statistici sul rischio da diverse tecnologie Modifiche comportamentali ed azioni protettive per la personale riduzione del rischio Es: Uso di segnaletica per indicare aree a rischio ed uso di DPI Informazioni e direttive per il comportamento in disastri ed emergenze Es: Avvisi di allarme per incidente in laboratorio Soluzione di problemi collettivi e di conflitti, coinvolgendo il pubblico nelle decisioni su questioni controverse Es: Assemblee pubbliche per informare i cittadini sull’installazione di impianti di smaltimento
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SETTE REGOLE PER LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO (EPA, modif.)
PROGETTAZIONE E VALUTAZIONE ATTENZIONE ED ASCOLTO PER LE PREOCCUPAZIONI PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO ONESTA’ , FRANCHEZZA, TRASPARENZA CHIAREZZA ED EMPATIA AZIONE COORDINATA DI VARIE FONTI USO ADEGUATO DEI MEDIA
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Educazione sanitaria Modifica degli atteggiamenti Adozione di comportamenti Epidemiologia Acquisizione delle conoscenze
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