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PubblicatoElisabetta Fadda Modificato 10 anni fa
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L’editing. Parametri formali per la revisione di un testo scritto
I formati del carattere I formati del menabò Le norme interpuntorie Le norme ortodattilografiche
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Maiuscolo iniziale Principio di periodo Principio di citazione diretta
Principio di tratto di testo indipendente Principio di una battuta di dialogo Principio di ogni voce di una lista verticale Titoli di qualsiasi livello Nomi propri
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La scelta maiuscolo/minuscolo deve essere fatta tenendo conto del contesto linguistico, preferendo in linea di massima la scrittura minuscola. Quando una denominazione complessa richiede l’uso del maiuscolo iniziale è possibile scegliere tra due possibilità: Ogni nome maiuscolo (e minuscole le preposizioni): Es. Dipartimento di Studi di Filosofia Solo il primo nome maiuscolo: Es. Dipartimento di studi di filosofia Se la denominazione genera un acronimo, è preferibile la prima soluzione: Es. Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
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Maiuscolo esteso I riferimenti a scritte che compaiono in maiuscolo su supporti ai quali il testo si riferisce. Es. premere il pulsante ON... Frasi di linguaggi che prevedono il solo uso del maiuscolo. Es. il telegramma dice «TORNO PRESTO» Sigle o acronimi, senza punti, in alternativa al maiuscoletto o alla scrizione M/m. Es. UNESCO, o UNESCO, o Unesco
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Il maiuscoletto Il maiuscoletto, che ha caratteri maiuscoli di altezza uguale a quelli minuscoli, si usa per lo più per evidenziare: Titoli di sezioni, di capitoli o di paragrafi. Titoli di illustrazioni, di tavole o di tabelle. Nomi di autori in bibliografie.
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Il corsivo Il corsivo viene utilizzato per evidenziare la loro presenza nel testo (mentre gli apici ne evidenziano il contenuto). I principali impieghi sono: I termini tecnici I termini stranieri (non entrati comunemente nell’uso) I titoli di libri o saggi Le parole intese come tali L’enfasi (da limitare accuratamente)
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Gli apici “doppi” Vengono usati per evidenziare una parola o una frase in relazione al loro contenuto. Gli usi più diffusi sono: Parole o frasi riportate. Termini che evidenziano un significato. Linguaggio figurato. Ironia. Traduzione aggiunta (in alternativa all’apice singolo). Titoli di saggi (e non di libri) nel testo e nelle bibliografie. Periodici (quotidiani o riviste)
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Gli apici ‘singoli’ In concorrenza con gli apici doppi, si usano per lo più per evidenziare: Un significato particolare. Una parola o una frase che indica un pensato. Una evidenziazione all’interno di apici doppi.
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Le virgolette basse (i «caporali» o «sergenti»)
I caporali si usano per evidenziare: Citazione di brani più corti di tre o cinque righe. Discorso diretto.
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Le virgolette <ad uncino>
Le virgolette ad uncino si usano per evidenziare: URL di siti web. Trascrizioni grafematiche. Traduzioni, in presenza del testo originale.
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La bibliografia Un libro: N. COGNOME, Titolo, Luogo, Editore, data, pagine (eventuali). (es.: C. VIGHY, L’ultima estate, Roma, Fazi, 2009). Un saggio in un libro dello stesso autore: N. COGNOME, Titolo, in IDEM, Titolo, Luogo, Editore, data, pagine (es.: C. BOLOGNA, Le Satire, in IDEM, La macchina del Furioso, Torino, Einaudi, 2006, pp. 7-79). Un saggio in un libro di altro autore: N. COGNOME, “Titolo”, in N. COGNOME (o AA. VV.), Titolo, Luogo, Editore, data, pagine. (es.: R. STRAMPELLI, “Le norme interpuntorie”, in AA. VV., L’editing, Roma Nuova cultura, 2004, pp ). Un saggio in un libro curato da altro autore: N. COGNOME, “Titolo”, in N. COGNOME (a cura di), Titolo, Luogo, Editore, data, pagine. (es.: S. MARTANI, “Scrivere di cinema”, in S. STRAMPELLI (a cura di), Parole sullo schermo, Roma, Bulzoni, 1999, pp Un libro o un saggio già citato nel proprio testo, ma non per ultimo: N. COGNOME, op. cit., pagine. (es.: C. VIGHY, cit. p. 12). Un libro già citato per ultimo: ivi, pagine. Stesso libro, stessa pagina citata: ibidem. Un articolo in un periodico: N. COGNOME, Titolo, in ”Periodico”, numero o data, pagine. (es.: M. N. DE LUCA, Utile, divertente, retribuito. Il boom del servizio civile, in “Repubblica”, 20 maggio 2009, p. 39).
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NB: Un titolo in un titolo va tra apici (doppi o singoli). La virgola che separa le coordinate bibliografiche può essere sostituita da un punto. Il nome dell’autore può essere un’iniziale puntata o essere posposto al cognome. Il luogo e l’editore possono essere scambiati di posto: in tal caso, non va la virgola tra il luogo e l’anno. Se non si cita un luogo preciso ma solo l’opera come riferimento, anteporre vedi o cfr o confronta. Sempre più spesso si può trovare il sistema autore-data, o bibliografia all’americana: COGNOME, (o:) ANNO e in appendice una bibliografia-legenda.
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I formati del menabò Per menabò si intende uno schema di impaginazione, vuoto di testo, precostituito. Se una volta la definizione del menabò era sempre di competenza del grafico, gli attuali sistemi informatici consentono all’autore stesso di impaginare da solo il suo testo. Fermo restando che esistono realtà che necessitano del lavoro del grafico (editoria cartacea o web), gli stili grafici devono svolgere efficacemente una funzione guida all’identificazione delle macro e microsezioni testuali.
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L’impaginazione Passo e interlinea
Il passo (o track) è la distanza tra due caratteri, l’interlinea è la distanza tra due righe. Ci si può servire dei parametri proposte dal programma o personalizzare il testo. Lunghezza di riga Dalla lunghezza di riga, cioè dal numero di caratteri, può dipendere la leggibilità grafica di un testo. Una lunghezza ottimale è intorno ai 70 caratteri. E’ sempre proporzionale al passo adottato. Chiusura delle righe Il termine delle righe di un testo impaginato può essere allineato o meno al margine destro: si parla di testo giustificato o sbandierato. Occorre evitare le righe isolate a inizio o a fine pagina (“orfane” e “vedove”). Inizio di capitolo Normalmente un capitolo inizia un po’ più in basso delle altre pagine (mozza), di tre righe o talvolta di più. Inizio di capoverso E’ bene usare sempre ad inizio di capoverso un “rientro paragrafo” compreso tra 0.5 e 1 cm.
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La check list: correttezza formale e uniformità grafica
Gli errori ortografici ed interpuntori sono stati eliminati? Gli stili grafici sono stati rispettati in tutto il documento? Svolgono la loro funzione di guida all’identificazione delle macro e microsezioni testuali? I titoli di pari livello sono caratterizzati dall’uso di un medesimo carattere nello stesso corpo? La gerarchia dei titoli ha un analogo tipografico? Tutti i parametri del corpo del testo presentano la medesima formattazione (carattere, corpo, rientri, spaziatura)? Elenchi puntati e numerati e tabelle hanno un aspetto uniforme? Nei formati del carattere le convenzioni editoriali sono rispettate? Ci sono righe isolate?
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Il font Font a bastoni 14 pt Font con le grazie 14 pt
Le colline blu di windows come screensaver Le colline blu di windows come screensaver Font con le grazie 14 pt
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Con le grazie o a bastoni in un testo narrativo
In una mattina d’estate del 1941 io stavo sul poggiolo esterno di legno della casa di mia madre. Il sole dolce e forte del Friuli batteva su tutto quel caro materiale rustico. Sulla mia testa di beatnik degli anni 40, diciottenne; sul legno tarlato della casa e del poggiolo appoggiati al muro granuloso che portava dal cortile al granaio: al camerone. Il cortile, pur nella profonda intimità del suo sole, era una specie di strada privata, perché vi aveva diritto di passaggio, fin dagli anni precedenti alla mia nascita, la famiglia dei Petròn; il cuoi casolare era là, illuminato dal suo sole, un poco più misterioso, dietro un cancelletto dal legno più tarlato e venerando di quello del poggiolo; e si intravedevano sempre in cuore a quel sole altrui, i mucchi di letame, la vasca, la bella erbaccia che circonda gli orti: e lontano, in fondo, se si tira il collo, come in un quadro del Bellini, ancora intatte e azzurre le Prealpi. Di cosa si parlava, prima della guerra, prima cioè che succedesse tutto, e la vita si presentasse per quello che è? (Pier Paolo Pasolini, Empirismo eretico, Milano, Garzanti, 1972, p ). In una mattina d’estate del 1941 io stavo sul poggiolo esterno di legno della casa di mia madre. Il sole dolce e forte del Friuli batteva su tutto quel caro materiale rustico. Sulla mia testa di beatnik degli anni 40, diciottenne; sul legno tarlato della casa e del poggiolo appoggiati al muro granuloso che portava dal cortile al granaio: al camerone. Il cortile, pur nella profonda intimità del suo sole, era una specie di strada privata, perché vi aveva diritto di passaggio, fin dagli anni precedenti alla mia nascita, la famiglia dei Petròn; il cuoi casolare era là, illuminato dal suo sole, un poco più misterioso, dietro un cancelletto dal legno più tarlato e venerando di quello del poggiolo; e si intravedevano sempre in cuore a quel sole altrui, i mucchi di letame, la vasca, la bella erbaccia che circonda gli orti: e lontano, in fondo, se si tira il collo, come in un quadro del Bellini, ancora intatte e azzurre le Prealpi. Di cosa si parlava, prima della guerra, prima cioè che succedesse tutto, e la vita si presentasse per quello che è? (Pier Paolo Pasolini, Empirismo eretico, Milano, Garzanti, 1972, p ).
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Le fasi della scrittura
La produzione di un testo funzionale è un processo. Deve portare alla risoluzione di un problema – comunicare funzionalmente informazioni, convincere, indurre ad intraprendere un’azione.
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Le norme interpuntorie
La punteggiatura ha la funzione di esprimere le relazioni che esistono al livello sintattico, e di segnare le pause della lettura. Per molti versi, l’uso della punteggiatura è soggettivo; tuttavia esistono criteri di impiego fondamentali dei vari segni di punteggiatura che ne determinano un uso forzato.
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La virgola , La virgola indica la più piccola interruzione possibile nel discorso. Nella scrittura del testo la virgola segue immediatamente il carattere precedente ed è seguita da uno spazio bianco. L’uso della virgola è abbastanza soggettivo, e in genere è suggerito da motivi di leggibilità del testo; in linea di massima un uso troppo scarso della virgola rende difficile la lettura e talvolta ambiguo quanto scritto, e per contro il suo impiego eccessivo frammenta inutilmente il nostro discorso. All’interno di una proposizione soggetto-predicato-oggetto la virgola non deve mai separare il soggetto dal predicato e il predicato dal suo oggetto (es: «Lo scrittore scrive un racconto» e non «Lo scrittore, scrive un racconto» oppure «Lo scrittore scrive, un racconto»). È invece possibile inserire un inciso racchiuso tra due virgole (es: «Lo scrittore, ispirato, scrive un racconto»).
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Un uso molto particolare della virgola è la funzione olofrastica (detta anche rematica o emotiva) per separare un solo termine che logicamente abbia funzione di frase (es: «Camminava, solo, nella strada buia», dove quel «solo» deve essere marcato per conferirgli appunto maggiore significazione); La virgola può inoltre essere utilizzata per segnalare una discontinuità logica o grammaticale nella costruzione del discorso, come nei casi di contrazione (es: «A Paolo piace molto leggere, a Giovanni poco») e di falsa correlazione (es: «Che sarà, sarà»).
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Il punto e virgola ; Il punto e virgola indica un’interruzione nel discorso maggiore di quella segnalata dalla virgola. Nella scrittura del testo il punto e virgola segue immediatamente il carattere precedente ed è seguito da uno spazio bianco.
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Il punto. Il punto indica un’interruzione di carattere conclusivo e di entità superiore a quella degli altri segni interpuntori. Nella scrittura del testo il punto segue immediatamente il carattere precedente ed è seguito da uno spazio bianco. Il punto segna la conclusione di un periodo, e il carattere successivo deve essere maiuscolo (cfr parte dedicata al maiuscolo). Può seguire un’abbreviazione (es: «Egr. Dott. Bianchi»).
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Una serie di tre punti può essere usata per indicare una sospensione del discorso, e il testo successivo è sempre preceduto da uno spazio bianco (es:«Desidero… la felicità!») oppure essere associata ad un altre segno di interpunzione (es: «Cosa desidero?... Fammici pensare…»). Quando la sospensione termina il periodo, i punti possono restare tre o diventare quattro: l’essenziale è seguire un uso coerente all’interno di uno stesso testo. La serie di tre punti può indicare omissione, ma in questo caso è preferibile metterla tra parentesi tonde o quadre.
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Il punto interrogaqtivo (?)
Il punto interrogativo indica un’interruzione con tono di domanda. Nella scrittura del testo il punto interrogativo segue immediatamente il carattere precedente ed è seguito da uno spazio bianco. I suoi usi sono in casi di interrogazione diretta o di dato incerto.
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Il punto esclamativo! Il punto esclamativo indica un’interruzione con tono enfatico o imperativo. Anche esso segue immediatamente il carattere precedente ed è seguito da uno spazio bianco. Può sottolineare un ordine, un avvertimento (es: «Attento! Vieni qui subito!» o conferire enfasi («Mamma mia, che paura!»).
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I due punti: I due punti indicano un’interruzione con tono sospensivo, la cui entità sia minore a quella del punto. Anche in questo caso nella scrittura del testo seguono immediatamente il carattere precedente e sono seguiti da uno spazio bianco. I due punti possono introdurre un elenco (es: «le nostre specialità: pasta al ragù, risotto agli scampi, bollito misto»), possono introdurre una frase che spieghi ampli o concluda il discorso precedente (es: «Ormai era evidente: tutto l’organico della ditta voleva le dimissioni del direttore»), possono introdurre un’enunciazione diretta («Ecco cosa voglio: una macchina nuova») o una prosecuzione grammaticale della frase precedente enfatizzandola (es: «Nessuna nuova: buona nuova»).
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I due punti, inoltre, possono essere usati per introdurre tratti di testo fortemente distinti dal testo corrente, quali citazioni, esempi, formule, elenchi. Nelle trascrizioni di dialoghi, i due punto introducono le battute dei diversi personaggi (es: «Amleto: Fragilità, il tuo nome è donna»).
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