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PubblicatoLuciana Porcu Modificato 11 anni fa
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Degrazia Roberto Miseo Francesco Paolo Cataldo Pancrazio
GLI STRUMENTI DELL’ASTRONOMIA Degrazia Roberto Miseo Francesco Paolo Cataldo Pancrazio
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TELESCOPI Sferica Cromatica Telescopi spaziali Potere risolutivo
Radiotelescopi Parametri definizione Rifrattori TELESCOPI Telescopi ottici Riflettori Misti Problemi dei telescopi Aberrazione Coma Telescopi gamma e raggi X Diffrazione Sferica Cromatica Vignettatura
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Prima del telescopio Per migliaia di anni gli astronomi dell’antichità hanno scrutato il cielo ad occhio nudo, e con ottimi risultati. L’invenzione del cannocchiale nel XVII secolo ha tuttavia enormemente ampliato il campo delle possibili osservazioni. Se Tycho Brahe è da considerare l’ultimo grande astronomo del passato, Galileo Galilei è il primo astronomo moderno, poiché fa uso del cannocchiale. I moderni derivati del cannocchiale sono i telescopi ottici: strumenti che raccolgono, per mezzo dell’obiettivo, la luce proveniente dai corpi celesti, facendola convergere in un punto, il fuoco, dove si forma l’immagine che può essere osservata, ingrandita, attraverso un sistema di lenti detto oculare.
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Telescopio Il telescopio è un dispositivo che permette di osservare oggetti lontani e di debole luminosità, fornendone un’immagine ingrandita e più luminosa. Costituisce il principale strumento di indagine per la ricerca astronomica. Esistono diversi tipi di telescopio che oltre alla luce visibile raccolgono e rivelano tutte le altre radiazioni dello spettro elettromagnetico presenti nel cosmo: onde radio, microonde, raggi infrarossi, ultravioletti, raggi X e raggi gamma.
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Le fasce di visibilità dei telescopi
Uno schema dello spettro elettromagnetico e del relativo assorbimento atmosferico. Sono raffigurati i diversi tipi di telescopi operanti nelle diverse bande dello spettro.
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Parametri di definizione
I principali parametri che permettono di definire il potere di ingrandimento e la sensibilità di un telescopio sono la distanza focale, l’apertura e il rapporto di apertura. Il primo rappresenta la distanza tra uno specchio (o una lente) e il suo fuoco e influisce sul potere di ingrandimento dello strumento. Nel caso di un sistema ottico a due lenti, e quindi del telescopio, il potere di ingrandimento è dato dal rapporto tra le distanze focali delle due lenti. L’apertura rappresenta sostanzialmente il diametro della lente (o dello specchio) principale, ed è importante per definire la sensibilità dello strumento, vale a dire, la sua capacità di rivelare oggetti di debole luminosità: maggiore è l’apertura, maggiore è la sua capacità di raccogliere luce e di creare quindi immagini luminose e contrastate. In alcuni casi, le caratteristiche di un telescopio si esprimono anche mediante il rapporto di apertura (o apertura relativa), il rapporto tra la distanza focale e l’apertura dello strumento.
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Il potere risolutivo Si definisce potere risolutivo o potere separatore di uno strumento ottico la capacità dello strumento di distinguere, più propriamente risolvere, due oggetti che risultano molto vicini tra loro. Supponiamo di avere un’ apertura circolare di diametro d attraverso la quale passa la luce di due sorgenti distanti, non coerenti, di lunghezza d’ onda λ. Se l’apertura angolare delle loro direzioni è υ si può dimostrare che, per il primo minimo di diffrazione, la relazione tra , λ e d è simile all’equazione per la diffrazione da una fenditura singola ed estesa, a parte un fattore numerico dovuto alla simmetria circolare dell’ apertura:
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Se , il primo minimo della figura di diffrazione di una sorgente coincide con il massimo centrale dell’ altra. Si conviene attribuire all’ angolo il nome di angolo minimo di risoluzione, oltre il quale le due sorgenti saranno viste separatamente. Al diminuire di la sovrapposizione tra le due immagini diventa sempre più marcata. Questo criterio per valutare la risoluzione di due immagini è detto criterio di Rayleigh. Se vogliamo esprimere il valore in secondi d'arco, come si fa di solito, dobbiamo moltiplicare la formula precedente per , vale a dire per il numero di secondi contenuti in un radiante. E otteniamo:
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I telescopi ottici Il telescopio più diffuso è quello ottico, nato all’inizio del XVII secolo: mediante un sistema di lenti e specchi, raccoglie la luce visibile emessa dagli astri o riflessa dai pianeti e la fa convergere in un punto detto fuoco, dove è collocata una seconda lente o un altro dispositivo di rivelazione che restituisce l’immagine all’osservatore. Nella sua forma più semplice, un telescopio ottico è costituito da due lenti convesse poste alle estremità di un tubo o di una struttura rigida detta ragno, che le mantiene allineate e a debita distanza. La prima lente – l’obiettivo – produce un’immagine capovolta dell’oggetto osservato, mentre la seconda – l’oculare – ingrandisce l’immagine fornita dall’obiettivo. Questo particolare modello di telescopio prende il nome specifico di cannocchiale, telescopio rifrattore o telescopio diottrico. Nei cosiddetti telescopi riflettori o catottrici, invece, l’obiettivo non è una lente, ma uno specchio. Esiste poi un terzo tipo di telescopio ottico, detto catadiottrico, in cui la focalizzazione dell’immagine viene realizzata con un sistema combinato di lenti e specchi. In genere, i grandi telescopi astronomici sono del tipo riflettore. I telescopi ottici si dividono principalmente in due classi, i rifrattori e i riflettori. Osservatorio Castelgrande
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Telescopio a rifrazione
Il più semplice telescopio astronomico a rifrazione è composto da due lenti convesse: l’obiettivo e l’oculare. L'immagine reale e capovolta dell’oggetto prodotta dall'obiettivo all’interno del tubo del telescopio viene ingrandita dall'oculare. L’osservatore, guardando attraverso quest'ultimo, vede un’immagine reale ingrandita e capovolta. In un telescopio terrestre viene quindi inserita una terza lente in modo da raddrizzare l’immagine e consentire l’osservazione diretta di un oggetto lontano.
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Telescopio riflettore newtoniano
Il telescopio a riflessione newtoniano utilizza uno specchio a superficie curva per focalizzare il fascio di luce proveniente dagli oggetti celesti. I raggi luminosi, riflessi dallo specchio concavo, vengono diretti verso l’oculare da uno specchio diagonale piano. Tra i principali riflettori moderni ci sono il telescopio dell’osservatorio del monte Palomar (508 cm di diametro) e quello dell’osservatorio interamericano di Cerro Tololo nei pressi di La Serena, in Cile (400 cm di diametro).
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Telescopio Cassegrain
Il telescopio Cassegrain è costituito da due specchi: il primario sferico e parabolizzato ed il secondario ellittico iperbolizzato. Lo specchio primario è forato e l'osservazione della sorgente luminosa avviene dietro a questo. Il percorso luminoso segue in questo caso un doppio tragitto all'interno del tubo ottico, il che consente di avere focali lunghe in uno strumento abbastanza compatto. La maggior parte dei telescopi opera come un cassegrain (lunga focale, e un campo di vista più piccolo con maggiore ingrandimento) o newtoniano. Hanno uno specchio primario forato, un fuoco newtoniano, e un braccio meccanico per poter montare differenti specchi secondari. Una nuova era è stata inaugurata dall‘MMT, un telescopio ad apertura multipla composta da sei segmenti, che insieme vanno a formare uno specchio virtuale di 4,5 metri di diametro. Il suo esempio è stato seguito dal telescopio Keck, un telescopio segmentato da 10 metri. La generazione attuale di telescopi in costruzione ha uno specchio primario tra 8 e 10 metri. Gli specchi sono in genere molto sottili e deformabili, e sono tenuti nella loro posizione ottimale da una serie di attuatori (vedi ottica attiva). Grazie a questa tecnologia, stanno nascendo progetti per telescopi del diametro di 30, 50 e addirittura 100 metri.
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Cupola di un telescopio
I grandi telescopi sono in genere collocati all'interno di una cupola che li protegge dalle precipitazioni e dagli sbalzi termici. Nella maggior parte dei casi, la cupola, come quella dell'osservatorio cileno di Cerro Tololo, qui fotografata, possono ruotare in modo da consentire al telescopio di seguire il moto apparente delle stelle.
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Telescopio Keck Il telescopio a riflessione Keck, con il suo specchio gigantesco costituito da 36 elementi di 2 m ciascuno, è il telescopio ottico più grande del mondo. Si trova presso l'osservatorio Mauna Kea, situato sulla cima del vulcano hawaiano da cui prende il nome, lontano dall'inquinamento atmosferico e dalle sorgenti di luce che alterano normalmente le osservazioni del cielo notturno.
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Radio telescopio I radio telescopi sono antenne radio che, al pari degli specchi dei telescopi che lavorano in ottico, focalizzano la radiazione amplificandola nel fuoco geometrico dell'antenna (dove è posto il detector) che raccoglie il segnale radio. Le antenne sono a volte costituite da una griglia di fili conduttori, le cui aperture sono più piccole della lunghezze d’onda osservata. I radio telescopi sono spesso usati a coppie, o in gruppi più numerosi, per ottenere diametri "virtuali" proporzionali alla distanza tra i telescopi (vedi la voce sull‘interferometria). I gruppi più grandi hanno collegato telescopi sui lati opposti della Terra. I radiotelescopi lavorano sulle frequenze radio degli oggetti celesti, compiendo osservazioni in questo settore dell'astronomia che presenta il vantaggio di non dipendere (come nel settore ottico) né dalle condizioni meteorologiche, né dall'alternanza giorno-notte.
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Radiotelescopio di Arecibo
L'Osservatorio di Arecibo (Puerto Rico) ospita, in un anfiteatro naturale, il radiotelescopio più grande del mondo. Pur essendo fisso, il radiotelescopio capta le onde radio provenienti da una porzione sostanziale della volta celeste: la rotazione della Terra estende il campo da est a ovest, mentre lo spostamento del rivelatore sospeso al di sopra del riflettore parabolico permette di coprire una banda di 49° in direzione nord-sud. Le attività dell'Osservatorio sono coordinate dalla Cornell University di New York.
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Telescopio a raggi X Per osservare i corpi celesti che emettono raggi X sono necessari appositi telescopi orbitanti che operano al di sopra dell’atmosfera terrestre, dove l’effetto di assorbimento provocato dai gas atmosferici è trascurabile. Il comportamento ottico dei raggi X, diverso da quello della luce visibile, fa sì che la focalizzazione sul rivelatore non si possa ottenere mediante comuni lenti, ma tramite una serie di superfici riflettenti cilindriche coassiali leggermente convergenti, su cui i raggi X incidono ad angolo radente.
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Osservatorio a raggi X Chandra
Il fotomontaggio raffigura l'osservatorio a raggi X Chandra, lanciato nello spazio nel luglio 1999 mediante lo space shuttle Columbia. Dotato delle più sofisticate strumentazioni a raggi X disponibili al momento della missione, ha l'obiettivo di studiare le caratteristiche delle stelle esplose (nove e supernove) e delle pulsar. Il sistema ACIS (Advanced CCD Imaging Spectrometer) presente su Chandra fornisce immagini notevolmente più definite e significative rispetto a quelle provenienti da ROSAT (Rontgensatellite), il satellite artificiale che ha preceduto Chandra. Questo è il più grande satellite mai trasportato dallo shuttle; può registrare la radiazione di quasar distanti dieci miliardi di anni luce. Il nome Chandra fu scelto in onore di Chandrasekhara Venkata Raman, fisico indiano che nel 1930 vinse il premio Nobel.
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Telescopio spaziale Hubble
Il telescopio spaziale Hubble, in orbita intorno alla Terra dal 1990, permette l'osservazione delle zone più remote dell'universo. Le sue alte prestazioni si devono all'assenza di atmosfera, che sulla Terra limita la qualità delle immagini telescopiche con effetti di distorsione ottica.
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Telescopio spaziale Kepler
Il telescopio Kepler dovrà individuare pianeti extrasolari delle dimensioni della Terra in orbita intorno a stelle lontane nella nostra galassia. Kepler studierà la struttura e la diversità dei pianeti extrasolari mediante l'osservazione di un grande numero di stelle. Kepler individuerà indirettamente i pianeti in orbita intorno a stelle lontane, sulla base dell'occlusione momentanea della luce che questi producono nel momento in cui, orbitando intorno alla propria stella, transitano attraverso la linea di visuale tra l'osservatore ed (appunto) la stella. Questo momentaneo "black out" di luce emessa ha carattere periodico e tale "impronta" viene utilizzata per determinare specifiche caratteristiche del pianeta.
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Problemi dei telescopi ottici
Per raccogliere più luce possibile da corpi di debole luminosità, il telescopio deve essere dotato di lenti di notevoli dimensioni, che sono di difficile fabbricazione, perché devono essere prive di qualsiasi imperfezione superficiale. Inoltre queste lenti tendono a deformarsi nel tempo per il loro peso e assorbono molta luce poiché spesse nella parte centrale. Oltre a questi problemi, i telescopi presentano altri difetti come: il fenomeno dell’aberrazione ottica, sferica, cromatica, del coma, della vignettatura, diffrazione …
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Aberrazione ottica L'aberrazione ottica è una deformazione nella forma o nel colore di una immagine prodotta da un sistema ottico qualsiasi, composto da più lenti. È causata da imperfezioni o compromessi costruttivi e può essere ridotta o a volte eliminata utilizzando materiali migliori, lavorando in modo particolare le ottiche o accoppiando componenti diversi. In generale la correzione comporta un aumento dei costi di produzione. Elemento influenzante lo sviluppo dell'aberrazione è lo spessore del mezzo ottico attraversato dalla luce, dalla scomposizione di quest'ultima legata al fenomeno della rifrazione ed alla suddivisione nelle diverse lunghezza d’onda dei colori percepiti nel visibile.
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Aberrazione sferica L'aberrazione sferica è un difetto che in un sistema ottico con lenti sferiche porta alla formazione di una immagine distorta. È provocato dal fatto che la sfera non è la superficie ideale per realizzare una lente, ma è comunemente usata per semplicità costruttiva. I raggi distanti dall'asse vengono focalizzati ad una distanza differente dalla lente rispetto a quelli più centrali. Per evitare il fenomeno si utilizzano particolari lenti non sferiche, chiamate asferiche, più complesse da realizzare e molto costose. Il difetto può anche essere minimizzato scegliendo opportunamente il tipo di lente adatto all'impiego specifico; per esempio una lente piano-convessa è adatta per focalizzare un fascio collimato a formare un punto preciso, se usata con il lato convesso rivolto verso il fascio.
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Aberrazione cromatica
In ottica l'aberrazione cromatica è un difetto nella formazione dell'immagine dovuta al diverso valore di rifrazione delle diverse lunghezze d'onda che compongono la luce che passa attraverso il mezzo ottico. Questo si traduce in immagini che presentano ai bordi dei soggetti aloni colorati. È un difetto dal quale, in diversa misura, sono affetti tutti i sistemi ottici. In pratica succede che per radiazioni policromatiche le componenti con lunghezza d'onda più corta vengono rifratte maggiormente creando una dispersione dell'immagine sul piano focale. Per un raggio di luce monocromatico non ha senso parlare di aberrazione cromatica. L'aberrazione cromatica è un grosso problema per ogni apparecchio che voglia riprodurre un'immagine fedele, per esempio microscopi e telescopi. Tipicamente, l'aberrazione cromatica si manifesta come un alone attorno all'oggetto osservato, rosso da una parte e blu dall'altra. Questo perché rosso e blu sono ai due estremi dello spettro della luce visibile, e sono quindi i colori per i quali la differenza di rifrazione è maggiore.
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Coma(ottica) La coma è una aberrazione ottica che deriva il suo nome dal caratteristico aspetto a cometa delle immagini create dai sistemi ottici che presentano tale difetto. La coma si ha quando l'oggetto ripreso è spostato lateralmente rispetto all'asse del sistema di un angolo θ. I raggi che passano per il centro di una lente con distanza focale f, sono focalizzati alla distanza f tan θ. I raggi che passano in periferia sono focalizzati invece in un punto diverso sull'asse, più lontano nel caso della coma positiva e più vicino nella coma negativa. In generale, un fascio di raggi passanti per la lente ad una certa distanza dal centro, è focalizzato in una forma ad anello sul piano focale. La sovrapposizione di questi diversi anelli origina una forma a V, simile alla coda di una cometa (da cui il nome: in Latino coma = chioma). Come per l’aberrazione sferica, la coma può essere ridotta (e in alcuni casi eliminata) scegliendo opportunamente la curvatura delle lenti in funzione dell'uso.
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Vignettatura In fotografia e ottica, la vignettatura indica la riduzione della luminosità dell'immagine alla periferia rispetto al centro. È un difetto causato spesso da ottiche di non buona qualità o dall'uso di paraluce non idonei alla focale dell'obiettivo impiegato. A volte la vignettatura è usata per effetti creativi (ad esempio per attirare l'attenzione al centro dell'immagine). Può essere introdotta deliberatamente dal fotografo usando specifici filtri o delle tecniche di post-produzione.
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Diffrazione Quando un fascio luminoso attraversa una fenditura di dimensioni molto piccole, paragonabili alla lunghezza d'onda della luce, l'approssimazione geometrica non è più valida, e bisogna tenere conto degli effetti dei bordi della fenditura, che diventano a loro volta sorgenti di onde elementari, generando complessivamente un fronte d'onda sferico, fatto di numerose componenti elementari (diffrazione). Se la luce viene fatta passare attraverso una coppia di fenditure, i treni d'onda che si dipartono da ciascuna di esse si sovrappongono, dando luogo al fenomeno dell'interferenza: nei punti di sovrapposizione tra due creste d'onda l'intensità luminosa si somma producendo un massimo di luminosità (interferenza costruttiva); nei punti di sovrapposizione tra una cresta e un ventre, invece, l'intensità dell'una cancella quella dell'altra col risultato che sullo schermo si osserva un minimo di luminosità (interferenza distruttiva).
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