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Ilaria Fontanin Policoro 14 maggio 2010

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Presentazione sul tema: "Ilaria Fontanin Policoro 14 maggio 2010"— Transcript della presentazione:

1 Ilaria Fontanin Policoro 14 maggio 2010
CISL Ilaria Fontanin Policoro 14 maggio 2010 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

2 Legge Biagi L.30/2003 Contratti di inserimento Job on call Job sharing
Lavoro a progetto Lavoro in somministrazione Legge Biagi L.30/2003 Part time Apprendistato La legge di riforma del mercato del lavoro, la cosiddetta legge Biagi, e i decreti attuativi sono considerati una vera rivoluzione epocale o quanto meno certamente di notevole importanza. Lo scopo di questa legge è modernizzare il mercato del lavoro introducendo nuovi strumenti di gestione delle risorse umane. Tutto ciò da un lato porterà: maggiori opportunità di lavoro per i giovani (e non solo) più facilità nell'ingresso del mondo del lavoro consentirà alle imprese di avere una più moderna e ricca batteria di strumenti gestionali È un passo avanti verso una "maggior flessibilità" La gestione delle risorse umane è il primo settore che verrà condizionato da questa innovazione. L'H.R.O. acquisirà sempre di più un ruolo di primissimo ordine a condizione che sappia interpretare al meglio tutti gli strumenti che gli vengono forniti dalla riforma in questione, in modo tale da consentire all'impresa di essere - sotto il profilo delle risorse umane - estremamente flessibile e quindi dinamica, oltre ad essere pronta ad ogni mutamento del mercato. Con un ruolo sempre più strategico quindi tutto sarà nelle mani dei responsabili delle risorse umane e del personale. E sarà centrale nella loro attività la capacità di utilizzare in maniera efficace gli istituti introdotti dalla legge per ottimizzare la propria struttura organizzativa. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

3 Articoli ed oggetto della legge
Il Decreto Legislativo 276/2003, attuativo della L. 30 consta di ben 86 articoli, suddivisi in 9 Titoli a seconda dell'oggetto : 1) disposizioni generali; organizzazione e disciplina del mercato del lavoro; 3) somministrazione di lavoro, appalto di servizi, distacco; 4) disposizioni in materia di gruppi di impresa e trasferimento di azienda; 5) tipologie contrattuali a orario ridotto, modulato o flessibile; 6) apprendistato e contratto di inserimento; 7) tipologie contrattuali a progetto e occasionali; 8) procedure di certificazione; disposizioni transitorie e finali. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

4 Lavoro a progetto Il decreto riconduce le co.co.co. ad una fattispecie di tipo negoziale, trasformandole in contratti di lavoro a progetto, per limitarne l’abuso Il lavoratore è autonomo nell’esecuzione della prestazione Deve essere riconducibile ad un: progetto specifico programma specifica fase Nel contratto SCRITTO sarà specificata: durata indicazione del progetto programma/fase Corrispettivo, tempi e modalità di pagamento eventuali forme di coordinamento/autonomia criteri scelti Il lavoro a progetto, è distinto dal lavoro occasionale I contratti di collaborazioni coordinate e continuative vengono sostituiti dal lavoro a progetto come prevede la recente riforma del mercato del lavoro. La vera novità introdotta con la nuova fattispecie contrattuale riguarda la necessaria riconducibilità del rapporto di lavoro ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, che dovranno essere analiticamente indicati nel contratto di collaborazione. Il committente dovrà determinare, e indicare con precisione nel contratto, uno o più progetti specifici, programmi di lavoro o fasi di esso per la realizzazione dei quali ha deciso di avvalersi del collaboratore. Se non c’è un progetto specifico , la prestazione è riconducibile al lavoro subordinato! (oppure il lavoratore in co.co.co. potrà decidere di diventare lavoratore autonomo a tutti gli effetti), sulla base di determinati limiti relativi alla durata della prestazione (max 30 giorni nell’anno solare con lo stesso committente) e all’ammontare complessivo del compenso (max €/ anno solare) Il collaboratore, per quel che lo riguarda, gestirà autonomamente in funzione del risultato quanto determinato dal committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività lavorativa. Non tutte le attività possono essere ricondotte nello schema del lavoro a progetto. Restano, infatti, escluse da tale tipologia contrattuale: le prestazioni occasionali, quelle intellettuali per l'esercizio delle quali occorre l'iscrizione in appositi albi, le collaborazioni rese in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche, i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società i partecipanti a collegi e commissioni coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia I rapporti di collaborazione instaurati antecedentemente alla riforma del mercato del lavoro, alla luce delle novità introdotte, restano efficaci e non possono essere ricondotte ad un progetto o ad un programma di lavoro o fase di esso fino alla loro scadenza e, in ogni caso, per non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del decreto attuativo. E' fatta salva, comunque, la possibilità di concordare termini diversi, anche superiori l'anno: in tali casi, però, la legittimità dell'accordo è subordinata all'intervento delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Quanto alla forma del contratto, questa deve essere scritta. In altre parole, non sarà possibile provare l'esistenza del contratto attraverso la testimonianza orale, salvo il caso in cui il contraente che intenda darne la prova abbia perduto, senza sua colpa, il documento, così come previsto dall'art cod. civ. Inoltre, il contratto dovrà contenere esplicitamente i seguenti elementi: l'indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro; l'indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo contenuto caratterizzante; il corrispettivo ed i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese; le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sull'esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa che, in ogni caso, non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nell'esecuzione dell'obbligazione lavorativa; le eventuali misure per la tutela della salute e della sicurezza del collaboratore a progetto. Novità importante è che la durata della prestazione di lavoro non deve essere specificamente determinata nel contratto, essendo sufficiente la sua "determinabilità" tramite il progetto o il programma di lavoro o fase di esso indicati nel contratto. Quanto alle modalità di determinazione del corrispettivo che deve essere dato al collaboratore, la legge di riforma prevede che deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto. Al riguardo, preoccupazione del legislatore è stata quella di reprimere e scongiurare fenomeni elusivi della disciplina di legge: infatti, qualora si cercasse di simulare rapporti di collaborazione a progetto attraverso la costituzione di rapporti di associazione in partecipazione resi senza un'effettiva partecipazione, il lavoratore avrà diritto ai trattamenti economici, retributivi e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione corrispondente del medesimo settore di attività. Per quel che concerne, infine, alcuni fra i diritti e gli obblighi previsti dalla legge in capo al lavoratore a progetto, appare opportuno segnalare che il collaboratore può svolgere la propria attività in favore di più committenti, salvo che tale attività non sia realizzata in un regime di concorrenza tra gli stessi committenti (a tal fine, però, è stato fatto divieto per il collaboratore di diffondere notizie o apprezzamenti attinenti i programmi e l'organizzazione dei committenti, nonché di compiere, in qualsiasi modo, atti pregiudizievoli alle attività di questi ultimi); inoltre, il lavoratore a progetto ha il diritto di essere riconosciuto autore dell'invenzione realizzata nello svolgimento del rapporto, nel rispetto delle leggi speciali in materia. Con questo strumento si è tentato di tipizzare una fattispecie di rapporto di lavoro che, in quanto ampiamente diffusa nel mondo del lavoro, ha dato adito a numerose controversie interpretative. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

5 Lavoro a progetto: diritti e doveri del collaboratore
Il contratto si risolve al momento della realizzazione del progetto Malattia, infortunio e maternità non comportano estinzione del contratto che rimane sospeso senza corrispettivo, salvo condizioni di miglior favore: il contratto non potrà essere annullato in anticipo, il collaboratore non ha diritto alla proroga del contratto né al corrispettivo salvo i casi su eplicitati. Il committente potrà recedere dal contratto se la “sospensione” di cui al punto precedente si protrae nel tempo (es. 1/6 del contratto o 30 gg.) In caso di gravidanza, il rapporto di collaborazione è prorogato di 180 giorni lavorativi – Tutela maternità (Dlgs 151/01) Anche al collaboratore si applicano le disposizioni relative alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (T.U. 81/2008) Si prevede copertura INAIL. Ruolo della Contrattazione 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

6 Job on call Il lavoratore viene chiamato in caso di bisogno (lavoro intermittente) Modalità di attuazione e indennità di disponibilità definite dai CCNL. E’ vietato : per sostituire personale in sciopero o licenziato (ultimi 6 mesi), per unità produttive in cui sia stato riscontrato il mancato rispetto della 81/2008 E’ rivolto: disoccupati con meno di 25 anni e/o più di 45 Il decreto attuativo della legge di riforma del mercato del lavoro, al Capo I del Titolo V (artt ), introduce nel nostro ordinamento una nuova tipologia di lavoro definita lavoro intermittente (c.d. lavoro a chiamata o job on call). Così come disposto dall'art. 33 del decreto in commento, mediante la stipulazione di un contratto di lavoro intermittente il lavoratore si pone a disposizione del datore di lavoro, che ne potrà utilizzare la prestazione lavorativa "chiamandolo" di volta in volta, a seconda delle necessità, nel rispetto di un periodo minimo di preavviso. I casi consentiti di ricorso al lavoro intermittente per lo svolgimento di prestazioni a carattere discontinuo o, appunto, intermittente, sono di due tipi: i primi, individuati direttamente dai contratti collettivi nazionali o territoriali o, in via provvisoriamente sostitutiva, da parte dello stesso Ministro del lavoro e delle Politiche sociali; i secondi, previsti in via sperimentale, caratterizzati da un requisito "soggettivo" del lavoratore. I contratti previsti in via sperimentale, infatti, potranno essere conclusi anche per prestazioni rese da quei soggetti: in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di età, da lavoratori con oltre 45 anni iscritti nelle apposite liste di mobilità e di collocamento. E' fatto assoluto divieto, invece, di ricorrere al contratto di lavoro intermittente nei seguenti casi: per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi; da parte di quelle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi, ex L. 626/94. Per la disponibilità resa in attesa di essere "utilizzato", è prevista una specifica indennità mensile in favore del lavoratore, la cui misura è rimessa alla contrattazione collettiva. L’indennità di disponibilità, il cui ammontare sarà stabilito dal contratto collettivo e non potrà essere inferiore alla misura fissata con decreto del Ministro del lavoro , spetta soltanto al lavoratore che risponda alla chiamata- se non risponde per cause indipendenti dalla sua volontà (es. malattia) riceverà comunque l’indennità L’indennità dovrà essere parametrata all’effettiva disponibilità del lavoratore (es. solo i fini settimana? O anche altri periodi?) Sull’indennità il datore paga i contributi previdenziali, ma l’indennità è esclusa dal computo del Tfr e delle mensilità aggiuntive (13ma e 14ma) I lavoratori sono computati nell’organico aziendale in proporzione all’orario effettivamente svolto. In caso di impossibilità del lavoratore a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, quest'ultimo dovrà essere tempestivamente informato dallo stesso lavoratore circa la durata dell'impedimento; in difetto di comunicazione, il lavoratore perderà il diritto all'indennità di disponibilità per un periodo prestabilito dal decreto pari a quindici giorni, salvo che sia stato diversamente pattuito. In ogni caso, durante il periodo di temporanea indisponibilità del lavoratore (ad esempio per malattia), non matura il diritto all'indennità di disponibilità Per quanto riguarda le modalità di costituzione del rapporto, il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta. Tale requisito è necessario ai fini della prova della sussistenza degli elementi richiesti per la validità del contratto stesso, quali l'indicazione della durata, il luogo in cui dovrà eseguirsi la prestazione, il trattamento economico e la relativa indennità di disponibilità (se prevista), nonché l'indicazione delle forme e delle modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione e le modalità di rilevazione della prestazione medesima. Quanto alle modalità di cui sopra, si potrebbe ipotizzare la legittimità di una richiesta del datore di lavoro effettuata tanto verbalmente quanto per iscritto (ad esempio a mezzo telegramma) A questo proposito si evidenzia come il decreto preveda che il periodo di preavviso della chiamata non possa essere inferiore ad un giorno lavorativo. Pertanto, tra il giorno in cui dovrà essere resa la prestazione ed il giorno in cui viene effettuata la chiamata, deve intercorre, come minimo, una giornata lavorativa. Da sottolineare, inoltre, il fatto che la risposta alla chiamata del datore di lavoro non è un obbligo inderogabile per il lavoratore: tale opzione, infatti, può essere esclusa dal contratto del quale, pertanto, non ne costituisce una condizione di validità. Nel caso in cui il lavoratore scelga (contrattualmente) di non obbligarsi a rispondere alla chiamata, perderà il diritto alla relativa indennità di disponibilità. Per il lavoratore che, invece, si sia obbligato contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, un rifiuto ingiustificato verrebbe visto come un inadempimento contrattuale che potrebbe dar luogo alla risoluzione del contratto. Non solo: il lavoratore potrebbe vedersi richiedere sia la restituzione della quota di indennità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, sia un'ulteriore somma da corrispondere in favore del datore di lavoro a titolo di risarcimento danni Il lavoro intermittente potrà essere, altresì, "programmato" per periodi predeterminati nell'arco della settimana (fine settimana), del mese (le ferie estive) o dell'anno (le vacanze natalizie o pasquali). In tali ipotesi, l'indennità di disponibilità sarà corrisposta al lavoratore solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro; ne consegue che in mancanza della chiamata, pur in presenza della disponibilità prestata dal lavoratore, a quest'ultimo non verrà corrisposta alcuna indennità Alla contrattazione collettiva è rimandata la previsione di ulteriori periodi predeterminati, rispetto a quelli sopra citati. In base al principio di non discriminazione, il lavoratore intermittente dovrà percepire, per i periodi lavorati ed a parità di mansioni svolte, un trattamento economico non inferiore a quello corrisposto ad altro lavoratore di pari livello. In ogni caso, la retribuzione dovrà essere proporzionata alla prestazione effettivamente eseguita dal lavoratore. Il principio di proporzione con l'attività effettivamente svolta dal lavoratore intermittente, deve essere, altresì, utilizzato ai fini del calcolo delle ferie, del periodo di comporto per malattia e dei congedi parentali. Ciò in quanto per tutto il periodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati. In detto periodo, infatti, il lavoratore intermittente non matura né alcun trattamento economico, salvo l'indennità di disponibilità se prevista, né alcun trattamento normativo. Per tale ragione, il lavoratore intermittente non è computato nell'organico dell'impresa ai fini dell'applicazione di normative di legge o di contratto collettivo. Il legislatore delega all’autonomia delle parti sociali l’individuazione delle esigenze aziendali per soddisfare le quali è legittimo ricorrere a prestazioni di lavoro discontinue ed intermittenti, limitandosi ad ammettere direttamente la possibilità di stipulare questo contratto (senza aspettare le contrattazione collettiva). Il datore di lavoro può chiedere la prestazione soltanto nei periodi già predeterminati dalla legge (vale a dire nel fine settimana, durante le ferie estive, nonché durante le vacanze natalizie e pasquali) Senza attendere gli esiti della contrattazione? 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

7 Job sharing È il contratto di lavoro subordinato a prestazioni ripartite La prestazione deve essere unica Ogni lavoratore assume l’obbligazione all’ultimazione del lavoro Si possono effettuare sostituzioni solo tra le parti Le dimissioni di uno dei due comporta lo scioglimento del contratto (se non ci sono accordi contrattuali differenti) Spetterà, comunque alla contrattazione tra le parti sociali definire in dettaglio la disciplina del nuovo istituto contrattuale. Il decreto di riforma del mercato del lavoro, al Capo II del Titolo V, definisce il contratto di lavoro ripartito come quel contratto mediante il quale due lavoratori assumono in solido l'adempimento di un'unica e identica obbligazione lavorativa (art. 41). In altre parole, ogni lavoratore è responsabile personalmente e direttamente dell'intera obbligazione di adempiere, senza che ciò impedisca che l'obbligazione possa essere estinta dall'adempimento di uno solo dei lavoratori coobbligati. Si tratta, dunque, di una tipologia nella quale l'oggetto del contratto è un'unica ed identica prestazione lavorativa condivisa da due lavoratori, legati tra loro da un vincolo di solidarietà. Tale vincolo rappresenta, senza dubbio, una garanzia per il datore di lavoro, il quale ha assicurato l'adempimento della complessiva obbligazione. Ciò avviene anche quando ricorrano situazioni per le quali sia oggettivamente impossibile fruire di entrambe le prestazioni lavorative (malattia, maternità, ecc.): in questi casi il lavoratore che sta svolgendo l'attività si accollerà per intero l'obbligazione assunta nei confronti del datore di lavoro. Il rapporto di lavoro risulterà sospeso (o si estinguerà ai sensi dell'art del codice civile) solo in caso di impossibilità a fornire la prestazione da parte di entrambi i lavoratori. All'atto pratico, tale vincolo di solidarietà bilancia la discrezionalità lasciata dal Legislatore ai due coobbligati i quali, in qualsiasi momento, potranno effettuare sostituzioni tra di loro e modificare consensualmente la distribuzione dell'orario di lavoro. Diversa ipotesi è quella riguardante la sostituzione di uno dei coobbligati con terzi estranei all'originario rapporto di lavoro; in questo caso la sostituzione sarà possibile solamente quando il datore di lavoro abbia fornito il proprio consenso. Ma non è tutto. Gli effetti della solidarietà tra i due lavoratori si manifestano anche in caso di estinzione del rapporto: sia nell'ipotesi di licenziamento che in quella di dimissioni, l'estinzione del rapporto riguarda entrambi i lavoratori contemporaneamente. È fatto salvo il caso in cui, se espressamente pattuito e su richiesta del datore di lavoro, l'altro lavoratore si renda disponibile ad adempiere l'obbligazione lavorativa integralmente o parzialmente. In tale ipotesi, il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un normale contratto di lavoro subordinato di cui all'art del codice civile (art. 41, comma 5°). Proseguendo l'analisi del decreto è opportuno rilevare il ruolo determinante assunto dai contratti collettivi e dalla contrattazione individuale. Com'era prevedibile, infatti, la regolamentazione del lavoro ripartito è demandata alla contrattazione collettiva nel rispetto delle previsioni contenute nel decreto legislativo emanato (art.41, 3° comma ed art. 43). Al riguardo, si sottolinea la volontà del Legislatore il quale - di proposito - ha lasciato alle parti sociali ampia libertà di disciplina dell'istituto, affinché le medesime possano individuare tipologie diversificate di contratti, il cui denominatore comune sia rappresentato dal vincolo di solidarietà sopra descritto. Merita inoltre di essere segnalato anche il principio di non discriminazione (art.44): il lavoratore che stipula un contratto di lavoro ripartito non potrà ricevere un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al prestatore di lavoro subordinato di cui all'art del codice civile. Infine, sempre in virtù di tale principio, ciascuno dei lavoratori avrà diritto di partecipare alle assemblee sindacali entro il limite complesso di dieci ore annue. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

8 Somministrati 1 E’ subentrato al lavoro interinale (da Pacchetto Treu)
La somministrazione di lavoro prevede il coinvolgimento di tre soggetti: somministratore (APL), utilizzatore (azienda) e lavoratore. La somministrazione di lavoro può essere svolta esclusivamente da quelle APL iscritte in apposito albo del Ministero del Lavoro e in regola con il versamento del 4% delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori e destinata al finanziamento della formazione, misure di carattere previdenziale e forme di sostegno al reddito in caso di licenziamento per i lavoratori a tempo indeterminato. NB. i contributi derivanti dal 4% confluscono in appositi Enti Bilaterali: Forma.Temp (per i lavoratori a tempo determinato) Ebiref (per i lavoratori a tempo indeterminato). Il Contratto commerciale di somministrazione di lavoro tra azienda e agenzia può essere: a tempo determinato a tempo indeterminato (staff leasing): cancellato con la L. 247/2007 e ripristinato con la recente Legge Finanziaria. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

9 UTILIZZO La somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore. Eventuali limiti quantitativi possono essere determinati nei contratti collettivi nazionali di lavoro. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

10 DIVIETI Il ricorso alla somministrazione di lavoro è in ogni caso vietato: per la sostituzione di lavoratori in sciopero; per le mansioni, individuate dai contratti collettivi, il cui svolgimento può rappresentare pericolo per la sicurezza del lavoratore o di altri soggetti; per le imprese che abbiano effettuato nei sei mesi precedenti licenziamenti collettivi riguardanti le figure professionali oggetto della fornitura; per le imprese in cui siano in corso interventi di integrazione salariale che interessano lavoratori adibiti alle mansioni oggetto della fornitura; per le imprese che non siano in regola con gli obblighi previsti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

11 Diritti e Doveri Il lavoratore ha il dovere di rispettare le norme di legge, di CCNL e regolamenti applicati ai lavoratori dipendenti Il lavoratore in somministrazione ha gli stessi diritti del lavoratore dipendente 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

12 Sommistrati: formazione
Fondi bilaterali per la formazione e l’integrazione del reddito alimentati con il 4% delle retribuzioni dei lavoratori “somministrati” sia tempo determinato che indeterminato le risorse vengono spese per: progetti di integrazione al reddito dei lavoratori nei periodi di inattività progetti di emersione lavoro nero e appalti illeciti piani individuali di inserimento dei lavoratori svantaggiati promozione, formazione e qualificazione dei lavoratori Il CCNL delle imprese di somministrazione definirà più in dettaglio le precedenti voci 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

13 Part time Il decreto limita drasticamente l’effetto autorizzatorio e/o limitativo del potere imprenditoriale sulle modalità di effettuazione del lavoro a part-time … PART TIME ORIZZONTALE: Variazione dell’orario di lavoro Con il consenso del lavoratore Secondo CCNL Convalidata dalla Direzione provinciale del lavoro Lavoro supplementare : è necessario il consenso del lavoratore interessato ove non previsto e regolamentato dal contratto collettivo … spetta alla contrattazione tra le parti stabilire il numero massimo delle ore effettuabili e le relative causali PART TIME “PART TIME MISTO e VERTICALE”: Lavoro a tempo pieno per settimane o mesi Periodi di non lavoro Lavoro straordinario: bisognerà ricorrere alle “clausole elastiche” Il decreto di riforma del mercato del lavoro interviene con l'articolo 46 sull'istituto del lavoro a tempo parziale, rivisitandone il regime attraverso l'abrogazione di alcuni vincoli che, secondo la valutazione del legislatore, frenavano l'utilizzazione di questa fattispecie contrattuale. Il legislatore, sostanzialmente, ha corretto alcune definizioni contenute nel d. lgs. 61/2000; modifiche che, essenzialmente, sono state effettuate al fine ad adeguare i riferimenti normativi contenuti nel decreto al mutato contesto legislativo. L'art. 2 del d. lgs 61/2000, in materia di forma e contenuto del contratto, non ha subito variazioni: il contratto di lavoro a tempo parziale, quindi, richiede sempre la forma scritta e deve contenere l'indicazione della durata della prestazione lavorativa, nonché della collocazione temporale dell'orario, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Modifiche significative riguardano, invece, la disciplina del lavoro supplementare: oltre a quanto già disposto dal d. lgs n. 100/2001, il decreto di riforma elimina il necessario intervento collettivo volto a stabilire il numero di ore supplementari effettuabili nell'anno e nella singola giornata lavorativa; in definitiva, i contratti collettivi potranno fissare la soglia massima di ricorso al lavoro supplementare in relazione ai periodi di riferimento che riterranno opportuni. Altra novità significativa concerne il c.d. part time trasformato: l'accordo scritto che attesta il passaggio dal tempo pieno al tempo parziale deve essere convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio, ma viene meno la soluzione alternativa consistente nell'assistenza sindacale nella fase di formazione dell'accordo modificativo. La disciplina del lavoro a tempo parziale in agricoltura viene ora equiparata con quella in vigore in tutti gli altri settori, poiché il d. lgs 276/2003 prevede l'abrogazione dell'art. 67 d. lgs 61/2000 contenente la disciplina speciale per il settore agricolo,. Infine, in materia di diritti sindacali, il decreto di riforma del mercato del lavoro abolisce la disposizione secondo la quale, al solo fine dell'applicabilità della disciplina prevista dal Titolo III della L. 300/1970 (attività sindacale), i lavoratori a tempo parziale si computano come unità intere, quale che sia la durata della loro prestazione lavorativa: ora, invece, viene affermata la computabilità degli stessi in proporzione alla quantità temporale di lavoro effettivamente svolto dal lavoratore a tempo parziale. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

14 Part time: Clausole elastiche:cosa sono?
Nel rapporto di part time verticale e misto il datore di lavoro può incrementare la prestazione del lavoratore ricorrendo al lavoro straordinario Spetterà alla contrattazione tra le parti definire in modo più appropriato le modalità di ricorso alle clausole elastiche Viene meno la facoltà del lavoratore di recedere dalla clausola (individuale). La rescissione della suddetta clausola potrà determinare la rescissione del contratto di lavoro ... L'intervento di maggior spessore è quello che riguarda le c.d. "clausole elastiche e flessibili". In conformità con i principi direttivi della legge delega, infatti, il decreto attuativo prevede la possibilità per il datore di lavoro di modificare il contenuto temporale della prestazione lavorativa non solo con riguardo alla sua collocazione temporale nell'arco del giorno, della settimana, del mese o dell'anno (clausole flessibili), ma anche in ordine alla sua estensione temporale (clausole elastiche). A garanzia del lavoratore, il legislatore ha espressamente attribuito alla contrattazione collettiva il compito di stabilire le condizioni e le modalità di operatività delle clausole elastiche, nonché i relativi massimi di variabilità. Ed ancora, il legislatore ha previsto un periodo di preavviso in favore del lavoratore, nell'ipotesi in cui il datore di lavoro decida di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa; in tal caso, il lavoratore avrà diritto a specifiche compensazioni dettate dai contratti collettivi. I contenuti formali e sostanziali del contratto a tempo parziale, invece, non hanno subito alcuna variazione. Viene meno la facoltà del lavoratore di recedere dalla clausola (individuale) con cui attribuiva al datore di lavoro il potere di variare la collocazione oraria della prestazione lavorativa, obbligandosi ad eseguire la prestazione negli orari liberamente scelti dal datore di lavoro. La rescissione della clausola potrà determinare la rescissione del contratto di lavoro ... 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

15 Apprendistato Giovani e adolescenti a partire dai anni l’obiettivo è una qualifica professionale Durata max 3 anni è commisurata al tipo di qualifica titolo di studio crediti professionali/formativi Giovani tra i 18 e i 29 anni con una finalità professionalizzante Durata è tra i 2 e i 6 anni (secondo i CCNL) Durata è fissata dalle Regioni e le organizzazioni datoriali territoriali e le università Nel contratto di apprendistato viene diversificata la ragione contrattuale a seconda degli obiettivi formativi: contratto di apprendistato “professionalizzante” , costituisce il tipo più simile all’apprendistato attuale, finalizzato al conseguimento di una qualificazione sul lavoro contratto di apprendistato “per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione” , finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale ex legge delega n. 53/2003 (Moratti) in materia di riordino dei sistemi di istruzione e formazione professionale contratto “per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione”, finalizzato al conseguimento di un diploma di scuola secondaria o integrato in percorsi di alta qualificazione Regole minime fissate dal decreto: n. max apprendisti = n. dipendenti qualificati e specializzati (deroga per le imprese artigiane : vale l’attuale disciplina) livello d’inquadramento contrattuale non inferiore per più di due livelli a quello della mansione ricoperta contratto redatto in forma scritta, e deve contenere anche il piano formativo personalizzato dell’apprendista no cottimo l’apprendista può essere “licenziato” solo in presenza di “giusta causa”/giustificato motivo e, ovviamente, a fine periodo d’apprendistato è possibile sommare l’apprendistato istruttivo-formativo a quello professionalizzante entro la durata max di 9 anni Gli artt del decreto legislativo 276/2003, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 9 ottobre scorso, apportano significative modifiche alla tipologia contrattuale dell'apprendistato. Nello specifico, l'apprendistato passa da un'unica fattispecie a tre tipologie contrattuali in grado di coniugare con diversa gradualità l'aspetto formativo a quello lavorativo. Il nuovo decreto attuativo, infatti, identifica tre distinte tipologie di contratto di apprendistato: quello per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, quello professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro ed un approfondimento tecnico-professionale, quello per l'acquisizione di un diploma o percorsi di alta formazione. Nonostante tali nuove tipologie, comunque, il decreto fa salve le disposizioni in materia di diritto-dovere di istruzione e di formazione, compresi - dunque - i percorsi della c.d. "formazione in alternanza" individuati dalla riforma Moratti. 1. Ma veniamo, ora, alle principali caratteristiche della prima tipologia contrattuale di apprendistato, ossia quello per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione (art.48). Innanzitutto, possono essere assunti con tale contratto solamente i giovani che abbiano già compiuto i quindici anni di età. A questo proposito si segnala che, con l'entrata in vigore della riforma Moratti, il contratto di apprendistato potrebbe divenire l'unica forma di lavoro possibile tra i quindici ed i diciotto anni. Ulteriore novità consiste nella possibilità di utilizzare tale forma di apprendistato in tutti i settori di attività, purché sia finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale e purché non abbia una durata superiore ai tre anni. Con particolare riferimento alla durata del contratto, il decreto fornisce puntualmente i criteri per la sua determinazione. Infatti, tale durata dovrà essere definita in funzione: della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l'impiego o dai soggetti privati accreditati. Per quel che riguarda la forma del contratto, poi, il Legislatore ha disposto che il medesimo dovrà essere scritto e dovrà contenere necessariamente l'indicazione della prestazione lavorativa oggetto dell'apprendistato e del piano formativo individuale, nonché l'individuazione della qualifica che potrà essere acquisita dall'apprendista al termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale ed extra-aziendale. 2. Affrontiamo, ora, la seconda tipologia contrattuale di apprendistato: quello professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro. Con tale contratto, possono essere assunti, in tutti i settori di attività, i giovani di età compresa fra i diciotto e i ventinove anni; la durata del contratto sarà stabilita dalla contrattazione collettiva, ma non potrà in ogni caso essere inferiore a due anni e superiore a sei. Anche per questa fattispecie contrattuale è prevista la forma scritta del contratto, ma, a differenza della prima, è previsto un monte ore di formazione di almeno 120 ore per anno, effettuabili sia in azienda sia con modalità di formazione a distanza (viene così meno il principio previsto dalla legge n.196/1997). E' rimesso alla contrattazione collettiva, poi, il compito di definire le modalità di svolgimento della formazione, sia interna sia esterna all'azienda, e viene ribadita la necessaria presenza di un tutor aziendale nonché la registrazione sul libretto di lavoro della formazione effettuata. 3. Con la terza tipologia contrattuale, cioè quella di apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, possono essere assunti, in tutti i settori di attività, i soggetti di età compresa fra i diciotto e ventinove anni. La regolamentazione presente nel decreto è volutamente scarna e rinvia alle Regioni, alle quali è riservato il compito di stabilire le modalità di svolgimento e di durata del percorso formativo, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro, le Università e le altre istituzioni formative. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

16 Apprendistato: regole minime fissate dal decreto
n. max apprendisti = n. dipendenti qualificati e specializzati livello d’inquadramento contrattuale non inferiore per più di due livelli a quello della mansione ricoperta contratto redatto in forma scritta, e deve contenere il piano formativo personalizzato dell’apprendista no cottimo l’apprendista può essere “licenziato” solo in presenza di “giusta causa” e a fine periodo d’apprendistato è possibile sommare l’apprendistato istruttivo-formativo a quello professionalizzante entro la durata max 9 anni 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

17 Apprendistato: Chi può stipulare i contratti d’inserimento?
Enti pubblici economici e loro consorzi Gruppi di imprese Associazioni professionali, socio-culturali e sportive Fondazioni Enti di ricerca pubblici e privati Organizzazioni ed associazioni di categoria I lavoratori assunti con contratto d’inserimento non vengono computati per l’applicazione di norme ed istituti dipendenti dal n. addetti- es. articolo 18 - (i CCNL potranno decidere diversamente) 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

18 Contratti di inserimento
Sono in luogo dei contratti di formazione lavoro Viene utilizzato come mezzo per un primo inserimento o un reinserimento I progetti devono essere individuali Le parti sociali definiranno la % massima di lavoratori assumibili con contratto d’inserimento Art. 54 definisce il contratto di inserimento come quale contratto di lavoro diretto a realizzare mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro. Quanto ai soggetti che possono essere assunti con tale tipologia di contratto di lavoro, l'accordo stabilisce che per "si intendono coloro che, dopo aver perso un posto di lavoro o aver cessato un'attività di lavoro autonomo, siano alla ricerca di una nuova occupazione da più di dodici mesi. Sono ammesse le seguenti categorie di persone: soggetti di età compresa fra i 18 e 29 anni; disoccupati di lunga durata da 29 fino a 32 anni; lavoratori con più di 45 anni di età che siano privi di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; lavoratori che desiderino intraprendere o riprendere un'attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni; donne di qualsiasi età residenti in un'area geografica in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore al 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile; persone riconosciute affette da un grave handicap fisico, mentale o psichico. Con la riforma del mercato del lavoro il contratto di formazione e lavoro viene definitivamente sostituito dal c.d. contratto d'inserimento. Di fatto, nonostante il vecchio CFL contenesse nella forma un'articolata componente formativa, all'atto pratico tale "progetto formativo" è stato poche volte rispettato. Per questo motivo, dunque, il legislatore ha ritenuto opportuno ridisegnare lo schema teorico del CFL, prevedendo una nuova tipologia contrattuale che nella sostanza soddisfa le esigenze di inserimento (o reinserimento) di alcune categorie di lavoratori nel mercato del lavoro. Ecco spiegata, quindi, la ratio del contratto di inserimento. I contratti d'inserimento potranno essere stipulati dai seguenti soggetti: enti pubblici economici, imprese e loro consorzi; gruppi d'imprese; associazioni professionali, socio - culturali, sportive; fondazioni; enti di ricerca, pubblici e privati. Restano, comunque, applicabili (qualora siano più favorevoli) le norme di cui all'art. 20 della legge 23 luglio 1991, n. 223, in materia di contratto di reinserimento dei lavoratori disoccupati. Perché il datore di lavoro possa ricorrere ai contratti d'inserimento è necessario che il medesimo abbia mantenuto in servizio almeno il sessanta per cento dei lavoratori il cui contratto d'inserimento sia venuto a scadere nei diciotto mesi precedenti. Al riguardo, non si computano i lavoratori: che hanno rassegnato le dimissioni, quelli licenziati per giusta causa quelli che hanno rifiutato la proposta di rimanere in servizio con contratto di lavoro a tempo indeterminato; i contratti risolti nel corso al termine del periodo di prova i contratti non trasformati in rapporti a tempo indeterminato in misura pari a quattro contratti La disposizione avrà efficacia ex nunc, a partire da ora, e dunque non riguarderà la conversione dei contratti di formazione caduti nel regime transitorio. Perno del contratto d'inserimento è il c.d. piano d'inserimento professionale. Condicio sine qua non per l'assunzione di un lavoratore con contratto d'inserimento è la previsione, ad opera delle parti, di un progetto individuale d'inserimento, atto a garantire l'adeguamento delle competenze professionali del lavoratore stesso al contesto lavorativo. Per ciò che riguarda le modalità di definizione dei piani d'inserimento (o di reinserimento), esse saranno determinate dai contratti collettivi nazionali, i quali dovranno prevedere in quali termini dovrà realizzarsi il predetto "progetto di inserimento". In mancanza di disciplina collettiva sul punto, e in via provvisoriamente sostitutiva, sarà compito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali colmare la lacuna normativa, intervenendo con apposito decreto da emanarsi d'intesa con la conferenza Stato - Regioni. Il medesimo decreto legislativo ha affidato alle associazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale la stipulazione di accordi interconfederali per la messa a regime del decreto stesso, anche con riferimento al regime transitorio ed all'attuazione dei previsti rinvii alla contrattazione collettiva. Ed è proprio nell'ambito di questa delega che le organizzazioni sindacali di categoria, con l'accordo interconfederale dell'11 febbraio 2004, hanno stabilito una disciplina transitoria dell'istituto del contratto d'inserimento, che definisce gli elementi essenziali per consentire ai datori di lavoro di tutti i settori produttivi una prima fase di applicazione dei contratti di inserimento. Con riferimento alle sanzioni in caso di gravi inadempienze nella realizzazione del progetto individuale d'inserimento, il decreto attuativo ha stabilito che il datore di lavoro sarà tenuto a versare la quota dei contributi agevolati maggiorati del cento per cento. In sostanza, il contratto d'inserimento viene equiparato al contratto di lavoro a termine (da cui si differenzia per la presenza di un progetto d'inserimento), tant'è che è prevista l'applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. 368/2001, in quanto compatibili. L'accordo in commento, efficace dall'11 febbraio u.s., durerà fino a quando non sarà sostituito dall'apposita disciplina definita dalla contrattazione collettiva ai vari livelli. Vediamo ora il contenuto dell'accordo. Il contratto d'inserimento dovrà essere stipulato in forma scritta, con indicazione specifica del progetto individuale d'inserimento. In mancanza di forma scritta il contratto è nullo e il lavoratore si intenderà assunto a tempo indeterminato. Allo stesso modo, il contratto di inserimento non è rinnovabile tra le stesse parti ed eventuali proroghe sono ammesse unicamente nel limite massimo di durata. Il contratto deve indicare: la durata che va da un minimo di 9 mesi ad un massimo di 18 (36 per i portatori di gravi handicap). i contratti collettivi potranno prevedere una durata massima inferiore ai 18 mesi nel caso di reinserimento di lavoratori con professionalità compatibili con il nuovo contesto organizzativo; il progetto specifico da definire col consenso del lavoratore, che deve indicare la qualificazione da conseguire; deve anche essere indicata la formazione, da impartire per adeguare le capacità professionali del lavoratore, con un minimo di 16 ore teoriche, con nozioni di antinfortunistica e di disciplina del rapporto di lavoro; il periodo di prova eventualmente previsto in base al contratto collettivo applicato; l'orario di lavoro determinato in base al contratto collettivo applicato, nell'ipotesi di tempo pieno o tempo parziale; l'inquadramento che non può essere inferiore di più di due livelli rispetto a quello spettante, secondo il contratto collettivo applicato, ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al cui conseguimento è preordinato il progetto; il trattamento di malattia ed infortunio non sul lavoro secondo quanto previsto in materia di contratti di formazione e lavoro o, in assenza, da accordi collettivi in materia. Ai lavoratori assunti con tale contratto spettano i servizi aziendali quali la mensa ed il trasporto, laddove previsti dal Ccnl, o le relative indennità sostitutive. Essi godono, altresì, di tutte le maggiorazioni connesse alla prestazione svolta, previste dal Ccnl. In caso di trasformazione del contratto di re/inserimento in contratto a tempo indeterminato, il periodo svolto viene computato nell'anzianità di servizio ai fini degli istituti legali e contrattuali, con esclusione degli scatti di anzianità o istituti assimilati. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

19 Contratti di inserimento: caratteristiche
Durata: da 9 a 18 mesi (36 mesi per portatori di gravi handicap), prorogabile al massimo per altri 18 mesi Scadenza: slitta per la durata del periodo corrispondente in caso di gravidanza e servizio militare o civile Età dei lavoratori: anni (32 per disoccupati di lunga durata)- ultra- 50enni, senza lavoro da almeno 2 anni- portatori di handicap grave (mentale, psichico, fisico) Donne- non ci sono limiti d’età nelle zone dove la disoccupazione femminile supera del 10% o l’occupazione sia inferiore del 20% rispetto a quella maschile Livello d’inquadramento contrattuale: non inferiore per più di due livelli a quello della mansione ricoperta 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

20 Contratti di inserimento: soggetti stipulatori
Enti pubblici economici, imprese e consorzi Gruppi di imprese Associazioni professionali, socio – culturali, sportive Fondazioni Enti di ricerca, pubblici e privati 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

21 Inserimento professionale: i vincoli
Per l’imprenditore… L’imprenditore che intenda stipulare nuovi contratti di inserimento deve trasformare in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato almeno il 60% dei contratti di inserimento i cui effetti siano cessati nei 18 mesi precedenti Deroghe: lavoratori dismessi, che non hanno accettato la trasformazione del proprio contratto, che sono stati licenziati per giusta causa, che non hanno superato il periodo di prova “Franchigia”: stabilita inerente i primi 4 contratti d’inserimento stipulati 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

22 IMPRESA CERCASI RIFERIMENTI NORMATIVI Decreto Legislativo 21 aprile 2000, n "Incentivi all'autoimprenditorialita' e all'autoimpiego, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 6 luglio 2000 Decreto 28 Maggio 2001, n° 295 Regolamento recante criteri e modalità di concessione degli incentivi a favore dell’autoimpiego 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

23 2 modi di fare impresa DUE TIPOLOGIE DI INIZIATIVE FINALIZZATE ALL’AUTOIMPIEGO: IL LAVORO AUTONOMO LE MICROIMPRESE (FORMA SOCIETARIA) 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

24 LA MICROIMPRESA A CHI SI RIVOLGE?
SOCIETA’ DI PERSONE, IN CUI LA META’ DEI SOCI DETIENE ALMENO LA META’ DELLE QUOTE 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

25 Decreto Legislativo 21 aprile 2000, n. 185
LE AGEVOLAZIONI RIGUARDANO: PRODUZIONE DI BENI E SERVIZI ALLE IMPRESE, I SERVIZI Escluso il commercio, l’agrcoltura, la pesca 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

26 PRESENTARE DOMANDA DI FINANZIAMENTO
Devi prevedere che l’attività venga realizzata nell’arco di almeno 5 anni a decorrere dall’ammissione alle agevolazioni che possono essere: finanziarie per gli investimenti ed il 1° anno di gestione; servizi di sostegno per l’avvio dell’attività. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

27 Agevolazioni finanziarie
Contributo a fondo perduto per un max del 100% degli investimenti Contributo per la gestione 1° anno 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

28 A chi presentare la domanda
Fondi nazionali Fondi regionali Fondi provinciali Fondi comunali 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

29 Dove li trovo? www.invitalia.it
puglia ….calabria…basilicata….sicilia…. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

30 Come presentare la domanda?
Dipende dal canale di finanziamento, ovvero possono richiedere anche la presentazione online, come è il caso di INVITALIA Leggi bene il bando, allega quanto richiesto e sei hai dubbi accedi ai contatti informativi 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

31 E poi? Poi valuteranno la tua/vostra pratica
Per prima cosa, devi essere in possesso di tutti i requisiti che ti richiede il bando. Poi si procederà alla valutazione, alla uale seguirà una delibera di Non accoglibilità; ammissione; Non ammissione alle agevolazioni. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

32 E se risulto ammissibile?
Si procede alla stipula del contratto di concessione delle agevolazioni che regola i rapporti e gli obblighi reciproci tra l’ente erogatore e il beneficiario e le modalità di erogazione che possono essere: 2 soluzioni: anticip e saldo 3 soluzioni: 2 anticipi e saldo. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

33 Decreto 28 Maggio 2001, n° 295 Autoimpiego
Se sei solo, conta sulle tue forze, avvia un lavoro autonomo o una ditta individuale. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

34 Che differenza c’è? In questo caso il finanziamento concesso è pari al 50% degli investimenti ammissibili I contributi di altra natura sono inferiori 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

35 Chi mi aiuta? Il sindacato ti può essere utile, ma anche i centri per l’impiego delle province. Inoltre hai internet…… consulta periodicamente i siti specifici. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

36 Sitografia www.Subito.it/Lavoro www.InfoJobs.it/Cerca_Lavoro
lavoro.corriere.it 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

37 E per l’impresa da dove comincio?
puglia ….calabria…basilicata….sicilia…. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL

38 In bocca al lupo Non dimenticate che alla fortuna, dovete associare l’impegno e la forza di volontà….. e… provare, provare,provare….a fare ciò in cui credete. 14 maggio 2010 Ilaria Fontanin CISL


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