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PubblicatoGaetano Gentile Modificato 9 anni fa
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A.A. 2013/2014 LINGUAGGI DELL’IMMAGINE
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IMMAGINE Forma esteriore degli oggetti corporei in quanto viene percepita attraverso il senso della vista; rappresentazione con mezzi tecnici o artistici della forma esteriore di cosa reale o fittizia. Come si vede un’immagine? Qual è il rapporto fra soggetto e immagine? Come è articolata un’immagine? Qual è il suo rapporto con la realtà?
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COSTRUZIONE FORMALE LINGUAGGIO ESPRESSIVO MEDIUM
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LINGUAGG I Linguaggio cinematografico /audiovisivo Linguaggio fotografico Linguaggio pittorico Linguaggio fumettistico Ecc…
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LINGUAGGI FORME E SOSTANZE ESPRESSIVE DIFFERENTI
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CINEMA l’immagine in movimento il suono musicale il suono fonetico delle parole il rumore il tracciato grafico delle diciture scritte
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CINEMA/FUMETTO FILMFUMETTO Immagine in movimentoImmagine fissa Immagine “povera”Immagine (eventualmente) complessa Immagine “anonima”Immagine “firmata” Immagine “grezza”Immagine “morbida”
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IMMAGINE Nell'etimologia della parola già si profilano le ambiguità che hanno animato il plurisecolare dibattito sullo statuto e sulla funzione delle immagini. L'etimo è il latino imago, inis: da un lato 'imitazione', dall'altro “forma visibile”. Le oscillazioni del significato sono complementari. L'i. è stata infatti concepita sia come una riproduzione della realtà che si offre alla vista (l'eikon dei Greci), sia come il risultato di una formalizzazione: non semplicemente riproduzione del sensibile, quindi, ma prodotto, costruzione formale.
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DUE ORIENTAMENTI La riflessione teorica ha problematizzato queste dialettiche, esprimendo, pur nella multiformità delle posizioni, due orientamenti principali: -una linea di pensiero ha valorizzato gli aspetti mimetici, realistici dell'i., riflettendo sulla possibilità di colmare la distanza tra la rappresentazione e il rappresentato; -una seconda linea, invece, ha insistito sull'i. non come riproduzione ma come produzione, come sistema formale chiuso, dotato di leggi proprie.
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I ORIENTAMENTO – L’IMMAGINE ONTOLOGICA André Bazin cerca di oltrepassare la riduttiva concezione dell'i. come riproduzione del reale per fare dell'analogia la forma di una vera e propria ontologia. Secondo Bazin tra il referente (l'essere) e la copia (l'immagine) vi sarebbe una somiglianza ontologica prima che morfologica: l'i. infatti "beneficia di un transfert di realtà dalla cosa alla sua riproduzione" (Bazin 1958; trad. it. 1986², p. 8).
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I ORIENTAMENTO - L’IMMAGINE ONTOLOGICA Sigfried Kracauer si distingue dalla posizione ontologica di Bazin: l'i. non rivela l'essere, ma svolge piuttosto una funzione di documentazione dell'esistente, si presenta come una testimonianza del mondo eventualmente in grado di aprirsi agli aspetti meno valorizzati dalle consuete esperienze percettive (per es. il minuscolo, il transitorio, il casuale, l'inanimato). La quotidianità del mondo, materia grezza dell'i. cinematografica, si riscatta attraverso il cinema dalla banalità corrente, dalla stereotipia delle forme e ne esce sublimata, composta in una visione di-staccata dalla norma, in una particolare coniugazione tra la soggettività creativa dell'occhio umano e l'oggettività impersonale della riproduzione.
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II ORIENTAMENTO – L’IMMAGINE SEGNO Le teorie sull'i. filmica come struttura di trasfigurazione, come dato e processo di costruzione, trovano nella riflessione semiotica motivi di approfondimento e di risistemazione. La nota distinzione, proposta da Charles S. Peirce, tra i tre tipi di segno (icona, indice, simbolo) riarticola anche l'interpretazione delle i. cinematografiche: l'icona rappresenta l'oggetto per via di similitudine o analogia, il segno indessicale implica un legame causale tra segno e referente, il segno simbolico si basa su una relazione interamente convenzionale tra il segno e l'oggetto di referenza. Nelle i. cinematografiche si possono trovare valenze di tutti e tre i tipi: iconiche (statuto analogico), indessicali (statuto ontologico) e simboliche (statuto culturale).
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II ORIENTAMENTO – L’IMMAGINE SEGNO Jean Mitry, individua nell'i. la materia di espressione propria del linguaggio cinematografico, e ne riconosce definitivamente la struttura segnica. Ogni i. filmica, afferma Mitry, è un segno a due gradi: da un lato, è il segno di ciò che riproduce; dall'altro, organizzata in serie, diventa segno una seconda volta, all'interno di una continuità discorsiva che implica di fatto l'esistenza di un linguaggio. Secondo Mitry, osserva F. Casetti, "l'immagine filmica è dell'ordine del linguaggio innanzitutto perché, come ogni linguaggio, istituisce un universo parallelo e autonomo che non si confonde con quello in cui viviamo" (1993, pp. 77-78).
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II ORIENTAMENTO – L’IMMAGINE SEGNO Ma l'elaborazione di una teoria semiologica sull'i. cinematografica è opera soprattutto di Christian Metz. L'i. in movimento, egli afferma, stabilisce con la realtà una relazione analogica il cui funzionamento implica l'attivazione dei codici che intervengono nella decodifica dell'oggetto reale. Con la messa in evidenza di questa pluralità di codici "tecnici", "misti", "antropologici" che determinano l'analogia, Metz insiste sulla necessità di andare oltre l'analogia stessa, considerando la valenza linguistica dell'i. filmica. L'ingresso dell'i. nel linguaggio è assicurato dalla messa in relazione reciproca delle i. stesse in grandi unità sintagmatiche, più ampie delle unità linguistiche e strutturate da una serie di codici specifici (i movimenti di macchina, la cosiddetta punteggiatura cinematografica ecc.) e non specifici.
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