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PubblicatoOrsino Manfredi Modificato 10 anni fa
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I NUOVI PROCEDIMENTI DISCIPLINARI nelle Camere di Commercio
PRINCIPI GENERALI A cura di Augusto Bortolotti Aprile 2011
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PRINCIPALI FONTI Art.55 e ss. D.Lgs.165/2001
Artt codice civile [ Art.7 L.300/1970 ] Artt.23, 24 e 26 CCNL (come modificato da CCNL ) Artt.3, 4 e 5 CCNL Art.4 e ss. CCNL dirigenza
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NATURA DEL PROCEDIMENTO
Non si tratta di un procedimento amministrativo Tutti gli atti del procedimento disciplinare sono adottati con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, ai sensi dell'art.5, comma 2 del D.Lgs.165/2001 (norma resa ancora più incisiva dall’art.34 del d.lgs.150/2009).
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NATURA DEL PROCEDIMENTO
Cassazione civile, sez. lav., 16 maggio , n : “A seguito della contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico, l'esercizio del potere disciplinare da parte della p.a. datrice di lavoro è governato dal diritto privato, non più dalle norme previste in tema di pubblico impiego, né dalle regole che presidiano il procedimento amministrativo.”
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PRINCIPALI CONSEGUENZE
Non si applica la legge 241/1990 Non sono configurabili i vizi tipici degli atti amministrativi (eccesso di potere) Il giudice competente per l’impugnazione delle sanzioni disciplinari è sempre il giudice ordinario.
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L’AFFISSIONE DEL CODICE DISCIPLINARE
Prima della riforma Brunetta, per il corretto esercizio del potere disciplinare era necessaria la materiale affissione del “codice disciplinare” in luogo accessibile a tutti (art.7 L.300/1970). L’inosservanza di tale obbligo determinava, di regola, la nullità insanabile della sanzione eventualmente irrogata. L’affissione del codice disciplinare costituiva una forma esclusiva di pubblicità che non ammetteva forme alternative e diverse (Corte di Cassazione sentenza 1208/1988). L’art.68 del d.lgs.150/2009 ha in parte superato tale vincolo: per la validità del procedimento è sufficiente la pubblicazione del codice sul sito web dell’amministrazione (v. nuovo testo art.55, comma 2 d.lgs 165/2001); in alternativa, l’Ente può affiggerlo all’ingresso della sede di lavoro.
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L’AFFISSIONE DEL CODICE DISCIPLINARE
Queste due alternative forme di pubblicità previste dalla legge, restano comunque tassative; quindi: Neppure la consegna diretta a ciascun lavoratore del codice disciplinare o del testo del contratto collettivo contenente la normativa disciplinare potrebbero far considerare validamente assolto l’onere di pubblicità posto a carico del datore di lavoro. L’affissione o la pubblicazione sul sito web dell’ente del codice disciplinare deve essere continua ed ininterrotta. In sede di impugnativa giudiziale della sanzione, spetta al datore di lavoro l’onere di provare la continuità dell’affissione.
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LE ECCEZIONI Cassazione civile, sez. lav., 7 aprile 2003, n : “Non è necessaria la previa affissione del codice disciplinare in presenza della violazione di norme di legge e comunque di doveri fondamentali del lavoratore riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione.”
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LE ECCEZIONI Cassazione civile, sez. lav., 1 settembre 2003, n : “Il principio secondo cui l'onere di redazione ed affissione del codice disciplinare non può estendersi a quei fatti il cui divieto risiede nella coscienza sociale quale minimo etico, è applicabile solo alle sanzioni disciplinari espulsive, per le quali il potere di recesso dell'imprenditore, in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, è tipizzato e previsto direttamente dalla legge …”
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LE ECCEZIONI Segue Cassazione civile, sez. lav., 1 settembre , n : “… e non anche per le sanzioni cosiddette conservative, per le quali il potere disciplinare del datore di lavoro, solo genericamente previsto dall'art c.c., esige necessariamente, per il suo concreto esercizio, la predisposizione di una normativa secondaria, cui corrisponde l'onere della pubblicità, a norma dell'art.7 della legge n. 300 del , che ha inteso conferire effettività, anche con riferimento alla comunità d'impresa, al principio nullum crimen, nulla poena sine lege.”
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AVVIO DEL PROCEDIMENTO
Il procedimento disciplinare si avvia con la contestazione per iscritto del fatto al dipendente, tranne che nel caso del rimprovero verbale
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ORGANO COMPETENTE disciplina precedente
La contestazione degli addebiti (come tutti gli altri atti del procedimento) era di competenza dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari, tranne il caso in cui si trattasse di fatti che potevano dar luogo solo all’applicazione delle sanzioni del rimprovero verbale o scritto; in tale ultima ipotesi, la competenza era del responsabile della struttura in cui il dipendente lavorava. Spettava al regolamento degli uffici e dei servizi individuare l’Ufficio per i procedimenti disciplinari; non era necessaria una struttura ad hoc: l’importante era che fosse individuata chiaramente la competenza
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ORGANO COMPETENTE disciplina precedente
Cassazione civile, sez. lav., 5 febbraio 2004, n. 2168: “In tema di rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni … tutte le fasi del procedimento disciplinare sono svolte esclusivamente dall'ufficio competente per i procedimenti disciplinari (u.c.p.d.), il quale è anche l'organo competente alla irrogazione delle sanzioni disciplinari, ad eccezione del rimprovero verbale e della censura…”
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ORGANO COMPETENTE disciplina precedente
Segue Cassazione civile, sez. lav., 5 febbraio 2004, n. 2168: “… Ne consegue che il procedimento instaurato da un soggetto o organo diverso dal predetto ufficio, anche se questo non sia ancora stato istituito, è illegittimo e la sanzione irrogata è, in tale caso, affetta da nullità, risolvendosi in un provvedimento adottato in violazione di norme di legge inderogabili sulla competenza.”
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ORGANO COMPETENTE DOPO LA RIFORMA BRUNETTA
Quello che sarà individuato dal CCNL, per i fatti punibili col rimprovero verbale; Il responsabile della struttura, solo in contemporanea presenza di due tassative condizioni: deve essere un dirigente (deve avere la qualifica dirigenziale) i fatti sono di gravità tale da comportare al massimo, la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per non più di 10 giorni; In questo caso si applicheranno i termini indicati nel comma 2 del nuovo art.55 del d.lgs.165/2001 l’Ufficio di disciplina quando manchi anche una sola delle due condizioni sopra indicate. In questo caso, se le sanzioni applicabili sono più gravi della sospensione fino a 10 giorni, si applicheranno i termini raddoppiati indicati nel comma 4 del nuovo art.55 del d.lgs.165/2001
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ORGANO COMPETENTE DOPO LA RIFORMA BRUNETTA
Art.55, comma 4 (nuovo testo) del d.lgs.165/2001: per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, del d.lgs.165/2001 si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19, comma 3 …; quindi, contesta l’Ufficio di disciplina (salva diversa previsione del CCNL), ma sanziona (o archivia) il dirigente generale.
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ORGANO COMPETENTE DOPO LA RIFORMA BRUNETTA
Art.55-bis, comma 8: In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in un’altra amministrazione pubblica, il procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata presso quest’ultima. In tali casi i termini per la contestazione dell’addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e riprendono a decorrere alla data del trasferimento.
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FORMA E FINALITA’ DELLA CONTESTAZIONE
Tranne che nel caso del rimprovero verbale, la contestazione ha forma scritta, a pena di nullità del procedimento, ed ha, come sua finalità primaria, quella di dare certezza ed immutabilità al contenuto dell’infrazione, fissando, al contempo ed in modo inequivocabile, il dies a quo degli ulteriori termini previsti nell’ambito della procedura disciplinare.
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NATURA DELLA CONTESTAZIONE
la contestazione d’addebito ha natura di atto unilaterale recettizio; conseguentemente, essa produce i suoi effetti solo se e dal momento in cui perviene a conoscenza del destinatario; Può essere consegnata a mezzo di posta elettronica certificata (art.55-bis, comma 5 d.lgs.165/2001) oppure direttamente nelle mani del lavoratore o spedita a mezzo di raccomandata a.r.; in tale ultimo caso, essa si presume conosciuta nel momento in cui perviene all’indirizzo del destinatario o dal momento del rilascio del relativo avviso di giacenza presso l’ufficio postale (Cassaz del ).
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PRINCIPI GIURISPRUDENZIALI
Immediatezza Specificità Immodificabilità
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PRINCIPIO DELLA IMMEDIATEZZA
Non deve trascorrere, per motivi di certezza delle situazioni giuridiche, un lasso di tempo troppo ampio tra il momento della commissione del fatto, il momento della conoscenza dello stesso e quello della sua contestazione. Questo principio è stato tradotto, nel CCNL, nella previsione del termine perentorio di 20 giorni dal momento in cui il responsabile della struttura – per le sanzioni di sua competenza- o l’ufficio di disciplina hanno avuto conoscenza del fatto. Il d.lgs.150/2009 prevede : 20 giorni, quando procede direttamente il capo della struttura (con qualifica dirigenziale); 20 o 40 giorni, a seconda della gravità dell’infrazione, quando procede l’Ufficio di disciplina; in quest’ultimo caso, il termine per la contestazione decorre dalla data di ricezione degli atti o dalla data in cui l’Ufficio ha “altrimenti” acquisito notizia dell’infrazione. Attenzione: quando procede l’Ufficio di disciplina, il termine per la conclusione del procedimento decorre in ogni caso dalla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione (anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura).
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PRINCIPIO DELLA IMMEDIATEZZA
Cassazione civile, sez. lav., 7 novembre , n : “In tema di esercizio del potere disciplinare… la contestazione deve essere caratterizzata da immediatezza, per consentire al lavoratore incolpato l'effettivo esercizio del diritto di difesa mediante l'allestimento del materiale difensivo …”
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PRINCIPIO DELLA IMMEDIATEZZA
segue Cassazione civile, sez. lav., 7 novembre 2003, n : “… dovendosi anche considerare il "giusto affidamento" del prestatore, nel caso di ritardo nella contestazione, che il fatto incriminabile possa non avere rivestito una connotazione disciplinare, dato che l'esercizio del potere disciplinare non è un obbligo per il datore di lavoro, bensì una facoltà…”
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PRINCIPIO DELLA IMMEDIATEZZA
segue Cassazione civile, sez. lav., 7 novembre 2003, n : “…l'applicazione in cd "senso relativo" del principio dell'immediatezza della contestazione comporta, pertanto, che tra l'interesse del datore di lavoro a prolungare le indagini senza uno specifico motivo obiettivamente valido (da accertarsi e valutarsi rigorosamente) e il diritto del lavoratore ad una pronta ed effettiva difesa, deve prevalere la posizione ("ex lege" tutelata) del lavoratore.”
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SULLA NON OBBLIGATORIETA’ DELLA CONTESTAZIONE E DELLA SANZIONE
Come già evidenziato, la Corte di Cassazione (Sez. lav., 7 novembre 2003, n ) ritiene che l’avvio del procedimento disciplinare non sia “… un obbligo per il datore di lavoro, bensì una facoltà…” ; su una linea diametralmente opposta, con specifico riferimento al settore pubblico, si colloca il Tribunale di Sondrio con sentenza del (v. allegato). Il d.lgs.150/2009 sembra optare per l’obbligatorietà dell’azione disciplinare ( … lo provano sia le espressioni utilizzate, sia le sanzioni previste per chi omette di contestare in presenza di fatti disciplinarmente rilevanti). Tuttavia, il nuovo art.55-sexies, comma 3 …
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Art.55-sexies, commi 3 e 4 d.lgs.165/2001
Il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull’insussistenza dell’illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell’infrazione non perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata attribuzione dalla retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo. La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare è limitata, in conformità ai principi generali, ai casi di dolo o colpa grave.
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SULLA NON OBBLIGATORIETA’ DELLA CONTESTAZIONE E DELLA SANZIONE
Si ricordi, inoltre, quanto previsto dall’art.55-bis comma 7 del d.lgs.165/2001: “il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell’incolpato o ad una diversa, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall’autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all’applicazione, da parte dell’amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, commisurata alla gravità dell’illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici giorni.”
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PRINCIPIO DELLA SPECIFICITA’
la contestazione deve contenere l’esposizione dei dati e degli elementi essenziali del fatto e, quindi, le indicazioni necessarie per individuare il comportamento nel quale il datore di lavoro ravvisa l’infrazione disciplinare la contestazione non deve essere generica né contenere giudizi sui fatti; non è necessario che essa indichi anche le norme che si assumono violate né che indichi la sanzione applicabile (in questo caso, secondo la giurisprudenza, il datore di lavoro si preclude la possibilità di applicare una sanzione più grave - - Cass , n.11779).
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PRINCIPIO DELLA SPECIFICITA’
Cassazione civile, sez. lav., 3 febbraio 2003, n : “La previa contestazione dell'addebito deve conseguentemente rivestire il carattere della specificità, che è integrato quando sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli art e 2105 c.c. ...”
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PRINCIPIO DELLA SPECIFICITA’
segue Cassazione civile, sez. lav., 3 febbraio , n : “… L'accertamento relativo al requisito della specificità della contestazione costituisce oggetto di un'indagine di fatto, incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e congruità delle ragioni esposte dal giudice di merito.”
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PRINCIPIO DELLA IMMODIFICABILITA’
la sanzione non può essere applicata per una causa diversa da quella indicata nella contestazione e nell’eventuale giudizio di impugnazione non possono introdursi fatti nuovi o diversi da quelli originariamente contestati; nell’ipotesi di fatti nuovi o aggiuntivi rispetto a quelli originariamente contestati, e non considerati appunto in sede di prima contestazione, resta salva la possibilità di avviare un nuovo e distinto procedimento disciplinare, con una nuova contestazione, fermo restando la necessità di verificare il requisito della tempestività e quindi il rispetto dei prescritti termini di contestazione.
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PRINCIPIO DELLA IMMODIFICABILITA’
Cassazione civile , sez. lav., 28 agosto 2000, n : “L'immutabilità della contestazione preclude al datore di lavoro di far valere, a sostegno delle sue determinazioni disciplinari (nella specie: licenziamento), circostanze nuove rispetto a quelle contestate … dovendosi garantire l'effettivo diritto di difesa che la normativa sul procedimento disciplinare di cui all'art. 7 della l. n. 300 del 1970 assicura al lavoratore incolpato.”
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PRINCIPIO DELLA IMMODIFICABILITA’
Cassazione civile , sez. lav., 03 novembre 1997, n : “La contestazione dell'addebito… deve avere ad oggetto i fatti ascritti al lavoratore, cioè i dati e gli aspetti essenziali del fatto materiale posto a base del provvedimento sanzionatorio … Correlativamente l'immodificabilità della causa di licenziamento riguarda solo gli elementi di fatto e non già la qualificazione dei medesimi, attività valutativa che appartiene in via esclusiva al giudice.”
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CONVOCAZIONE PER LA DIFESA E AUDIZIONE
Prima della riforma Brunetta, la convocazione per la difesa, in forma scritta, non poteva avvenire prima che fossero trascorsi 5 giorni lavorativi dalla contestazione del fatto. Successivamente alla intervenuta convocazione per l’audizione, scattava il decorso del termine massimo di 15 giorni per la difesa e quello, successivo all’inutile decorso del primo, sempre di 15 giorni, per l’applicazione della sanzione. Il d.lgs.150/2009 prevede, invece, una convocazione con preavviso di 10 giorni (art.55-bis, comma 2 d.lgs. 165/2001) oppure con preavviso di 10 o 20 giorni (successivo comma 4). Attenzione al termine stabilito per la conclusione del procedimento disciplinare !!
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CONVOCAZIONE PER LA DIFESA E AUDIZIONE
Nel precedente sistema, il lavoratore poteva anche non presentarsi all’audizione, inviando o meno memorie scritte; di regola, il procedimento disciplinare andava avanti in ogni caso; se non si presentava e non inviava memorie, però, occorreva attendere il decorso dei 15 giorni dalla convocazione prima di applicare la sanzione (negli ulteriori, successivi, 15 giorni). Il d.lgs.150/2009 consente il possibile differimento del termine a difesa (una sola volta): se tale differimento supera i 10 giorni, si allungano anche i tempi per la conclusione del procedimento disciplinare (in misura corrispondente); altrimenti, il procedimento va IN OGNI CASO concluso entro 60 giorni decorrenti dalla contestazione, quando procede il responsabile della struttura, o, se procede l’Ufficio per i procedimenti disciplinari, entro 60 o 120 giorni (in caso di raddoppio ai sensi dell’art.55-bis, comma 4 d.lgs.165/2001) decorrenti dalla prima acquisizione della notizia dell’infrazione (anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura).
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CONVOCAZIONE PER LA DIFESA E AUDIZIONE
Cassazione Sezione Lavoro n del 22 settembre 2006: Il lavoratore ha diritto al rinvio della audizione in sede disciplinare per impedimento derivante da malattia, ma deve provare di essersi trovato in stato di incapacità naturale
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CHIUSURA DELL’ISTRUTTORIA
Chiusa la fase istruttoria, l’ente ha due sole possibilità (prima dellla riforma, a dire il vero, c’era anche il patteggiamento della sanzione): accogliere le giustificazioni del lavoratore e comunicargli l’archiviazione del procedimento; non accoglierle e comunicargli l’adozione di una sanzione disciplinare.
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IL PATTEGGIAMENTO Prima della riforma, era sempre possibile applicare una sanzione disciplinare patteggiata ai sensi dell’55, comma 6 del D. Lgs. 165/2001; il patteggiamento si poteva collocare, sotto il profilo temporale, tra il momento dell’audizione e quello della comunicazione della sanzione; l’iniziativa in tal senso poteva essere sia del lavoratore che dello stesso ufficio per i procedimenti disciplinari o del capo della struttura. Questa possibilità non è più prevista dal d.lgs.150/2009.
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IL PATTEGGIAMENTO con il patteggiamento era possibile accordarsi per l’irrogazione di una sanzione più lieve rispetto a quella astrattamente applicabile (sia come entità sia come tipologia); l’accordo comportava la riduzione della sanzione ed al tempo stesso la rinunzia del lavoratore alla sua impugnazione Nel d.lgs.150/2009 (nuovo testo art.55 d.lgs.165/2001, comma 3) il patteggiamento è sostituito dalle procedure di conciliazione non obbligatorie eventualmente individuate dai CCNL che : sospendono il procedimento disciplinare, non possono riguardare casi da licenziamento, devono concludersi entro 30 giorni dalla contestazione e non possono comportare l’applicazione di sanzioni di “specie” diversa rispetto a quelle previste dal CCNL o dalla legge
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IRROGAZIONE O APPLICAZIONE DELLA SANZIONE
l’applicazione della sanzione si identifica con la comunicazione della sanzione disciplinare adottata all’interessato; salvo diversa previsione legale o contrattuale, il datore di lavoro non ha l’obbligo di indicare i motivi delle sanzioni disciplinari (Cass , n. 4659; Cass , n.2963; Cass , n.3949; Cass , n.4170 ). Questo non significa, naturalmente, che siano lecite anche le sanzioni arbitrarie !!
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LE SANZIONI PREVISTE DAL CCNL esclusi i dirigenti
Rimprovero verbale Rimprovero scritto (censura) Multa fino a un massimo di 4 ore di retribuzione Sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a 10 giorni Sospensione dal servizio e dalla retribuzione da 11 giorni a 6 mesi Licenziamento con preavviso Licenziamento senza preavviso
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IRROGAZIONE O APPLICAZIONE DELLA SANZIONE
le sanzioni devono essere applicate nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità, avendo presente che il codice disciplinare non stabilisce una rigida corrispondenza tra infrazioni e sanzioni, consentendo sia di perseguire disciplinarmente infrazioni non espressamente incluse nel codice medesimo, sia di variare il tipo e l’entità della sanzione in funzione delle diverse circostanze di fatto; questo vale anche nei casi indicati dagli art.55-quater e 55-sexies del d.lgs.165/2001 ??
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GRADUALITA’ E PROPORZIONALITA’ NELLA GIURISPRUDENZA
Cassazione civile , sez. lav., 30 marzo 2006, n. 7543: “Il giudice del merito … deve necessariamente procedere alla valutazione della proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta addebitata al lavoratore ed essa deve essere compiuta con riferimento a tutte le circostanze del caso concreto, dovendosi tener conto sia del fatto nel suo contenuto obiettivo, sia dell'elemento soggettivo, avendosi riguardo all'intensità dell'elemento intenzionale e di quello colposo.”
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GRADUALITA’ E PROPORZIONALITA’ NELLA GIURISPRUDENZA
Cassazione civile , sez. lav., 18 luglio 1985, n. 4247: “Il cosiddetto codice disciplinare, se da una parte non necessariamente deve contenere una precisa e sistematica previsione delle singole infrazioni, delle loro varie graduazioni e delle corrispondenti sanzioni, d'altra parte deve riprodurre una proporzionata correlazione tra le singole ipotesi di infrazioni, sia pure di carattere schematico e non dettagliato con la predeterminazione delle varie possibili condotte illecite, e le corrispondenti previsioni sanzionatorie, anche se suscettibili di discrezionale attuazione ed adattamento secondo le effettive e concrete inadempienze del lavoratore.”
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IRROGAZIONE O APPLICAZIONE DELLA SANZIONE
esame delle principali infrazioni elencate nel codice disciplinare e delle sanzioni applicabili ... ; le novità della riforma Brunetta, soprattutto in tema di licenziamento …
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Riforma Brunetta: “Nuovi” casi di licenziamento disciplinare
Art.55 - quater d.lgs.165/2001 a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia; (lic. senza preavviso) b) assenza ingiustificata per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione; c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio;
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Riforma Brunetta: “Nuovi” casi di licenziamento disciplinare
Segue d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera; (lic. senza preavviso) e) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui; (lic. senza preavviso) f) condanna penale definitiva in relazione al quale è prevista l’interdizione perpetua, dai pubblici uffici, ovvero l’estinzione, comunque denominata del rapporto di lavoro. (lic. senza preavviso).
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Altre sanzioni correlate
ATTENZIONE (Art. 55-quinquies d.lgs165/2001) Il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto. In questi casi, il lavoratore è pure obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione; il medico, in caso di condanna , è radiato dall’albo e licenziato o decade dalla convenzione col SSN (se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale). Questo anche quando il medico, in relazione all’assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati nè oggettivamente documentati.
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Il licenziamento dei “fannulloni”
Il licenziamento è disposto anche in caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l’amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento.
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Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l’amministrazione (art. 55-sexies d.lgs.165/2001) La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54, comporta l’applicazione nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per l’applicazione di un’altra sanzione disciplinare, della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento.
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Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l’amministrazione (art. 55-sexies d.lgs.165/2001) Fuori dei casi previsti nel punto precedente, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento dell’ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall’amministrazione ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, è collocato in disponibilità, all’esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, e si applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all’articolo 33, comma 8, e all’articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4 del d.lgs.165/2001. Il provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire l’eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi sopravvenuti.
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Casi particolari Si ricorda, per memoria, che altre norme aventi alcune implicazioni disciplinari sono contenute negli artt.55-septies, 55-octies e 55-novies d.lgs.165/2001, come modificato dal decreto.
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Casi particolari: incompatibilità
Non ha natura disciplinare il particolare procedimento previsto dall’art.63 TU n.3/1957 (diffida e successiva decadenza in presenza di situazioni di incompatibilità); La norma è ancora applicabile a tutti i dipendenti pubblici perché l’art.53 del d.lgs.165/2001 fa espressamente salve le previsioni degli artt.60 e ss. del TU n.3/1957;
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Casi particolari: incompatibilità
Quanto all’avvio del procedimento disciplinare, si potrebbe ritenere che, oltre alla diffida, sia comunque necessario avviare, contestualmente (e nel rispetto dei termini), anche il procedimento disciplinare (trattandosi di casi da potenziale licenziamento, come si può argomentare dall’art.3, comma 9 del CCNL e dalla disciplina prevista dalla legge in casi analoghi – v. art.1 comma 61 L.662/ la competenza sarebbe dell’ufficio di disciplina e i termini sarebbero quelli indicati nell’art.55-bis, comma 4 del d.lgs.150/2009);
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Casi particolari: incompatibilità
Tuttavia, la giurisprudenza più recente, sembra orientata a ritenere che l’incompatibilità diventi disciplinarmente rilevante solo nel caso in cui il dipendente ottemperi alla diffida; in tal senso Cassazione civile, sez. lav., 21/08/2009, n : “In materia di pubblico impiego, la disciplina dell'incompatibilità prevista dagli att. 60 ss. d.P.R. n. 3 del 1957, - applicabile a tutti i dipendenti pubblici, contrattualizzati e non, a norma dell'art. 53, comma 1, d.lg. n. 165 del 2001 … - prevede che l'impiegato che si trovi in situazione di incompatibilità venga diffidato a cessare da tale situazione e che, decorsi quindici giorni dalla diffida, decada dall'incarico...”
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Casi particolari: incompatibilità
“ … Ne consegue che soltanto nel caso in cui l'impiegato ottemperi alla diffida, il suo comportamento assume rilievo disciplinare e rientra nelle previsioni di cui all'art. 55 del decreto citato, posto che, diversamente, trova applicazione l'istituto della decadenza, che non ha natura sanzionatoria o disciplinare, ma costituisce una diretta conseguenza della perdita di quei requisiti di indipendenza e di totale disponibilità che, se fossero mancati "ab origine", avrebbero precluso la stessa costituzione del rapporto di lavoro”; Pertanto, secondo la Corte, “l'esercizio dell'azione disciplinare (per le ipotesi di incompatibilità) postula l'invio della diffida e il venir meno, per avvenuta ottemperanza alla medesima, della causa di incompatibilità”; se è così, il procedimento disciplinare dovrà essere avviato solo se il dipendente ottempera alla diffida e dopo tale momento.
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LA RECIDIVA la reiterazione nel tempo di determinate infrazioni, già rilevate e punite nell’ambito della disciplina contrattuale, consente di applicare una sanzione più grave per un’infrazione che, in sé considerata, potrebbe essere punita con una sanzione di minore gravità.
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LA RECIDIVA ai fini dell’applicazione della recidiva si deve tenere conto solo delle sanzioni effettivamente applicate; inoltre, la recidiva, quando sia elemento costitutivo della infrazione addebitata (idoneo ad influire sull’entità e sul tipo o specie di sanzione), deve formare oggetto di specifica contestazione, a pena di nullità della sanzione.
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LA RECIDIVA non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione Per il calcolo del biennio di riferimento della recidiva, è ragionevole ritenere il punto di partenza debba essere la nuova contestazione d’addebito, dato che con essa si avvia il procedimento disciplinare.
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TERMINE DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO
Prima della riforma, il procedimento disciplinare doveva concludersi entro 120 giorni dalla data della contestazione, salve le ipotesi di sospensione previste nel CCNL; SI TRATTAVA DI UN TERMINE PERENTORIO; La riforma Brunetta prevede tempi più ristretti: come già detto, fatto salvo il caso del differimento del termine a difesa superiore a 10 giorni, il procedimento va IN OGNI CASO concluso entro 60 giorni decorrenti dalla contestazione, quando procede il responsabile della struttura, o, se procede l’Ufficio per i procedimenti disciplinari, entro 60 o 120 giorni (in caso di raddoppio ai sensi dell’art.55-bis, comma 4 d.lgs.165/2001) decorrenti dalla prima acquisizione della notizia dell’infrazione (anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura).
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Che succede se nel frattempo il dipendente di dimette ?
Prima della riforma non c’erano indicazioni normative espresse Riforma Brunetta (art.55-bis, comma 9 d.lgs. 165/2001): in caso di dimissioni del dipendente, se per l’infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
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ESECUZIONE DELLA SANZIONE
nella fase successiva all’applicazione ci sarà solo la materiale esecuzione della sanzione irrogata nel senso che, trattandosi di multa o sospensione dal lavoro, si procederà al mancato pagamento dell’importo corrispondente alla multa o all’allontanamento dal lavoro ed alla trattenuta retributiva corrispondente ai giorni di sospensione.
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ESECUZIONE DELLA SANZIONE
per l’esecuzione delle sanzioni della multa e della sospensione non esiste un termine preciso da rispettare; ma non deve trascorrere troppo tempo perché l’inerzia del datore di lavoro potrebbe essere considerata come rinuncia tacita a far valere la sanzione.
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ESECUZIONE DELLA SANZIONE
la scelta dei tempi di esecuzione della sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione spetta al datore di lavoro che fisserà i giorni di allontanamento dal lavoro tenendo conto, ovviamente, delle esigenze organizzative, potendo anche concentrarli o diluirli nel tempo, fermo restando il rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede.
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IMPUGNAZIONE DELLE SANZIONI
Prima della riforma, le sanzioni disciplinari potevano essere impugnate dinanzi al giudice del lavoro (dopo la riforma del D.Lgs.80/98) o dinanzi all’arbitro unico di cui ai CCNQ del e o dinanzi ai soggetti previsti dall’art.59, commi 8 e 9 del D.Lgs.29/93 (ora art. 55 D.Lgs.165/2001 – v. art.6 CCNQ del e CCNQ del ). Dopo la riforma Brunetta, restava solo il giudice del lavoro, fatte salve le procedure di conciliazione non obbligatoria eventualmente previste dai CCNL ai sensi del nuovo art.55, comma 2 del d.lgs.165/2001. E’ dubbio se, ai sensi dell’art.31 della L.183/2010, sia oggi possibile avvalersi della conciliazione non obbligatoria di cui all’art.410 c.p.c. (che però non si potrebbe comunque svolgere davanti all’arbitro unico del CCNQ - v. art.55, comma 3 d.lgs.150/2009); Ci si può avvalere, inoltre, della procedura arbitrale di cui all’art.412-quater c.p.c.
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IMPUGNAZIONE DELLE SANZIONI
Prima della riforma, il fatto che nei richiamati CCNQ fossero state previste particolari procedure per l’impugnazione delle sanzioni disciplinari rendeva inapplicabile l’art.56 del D.Lgs.165/2001: pertanto, le sanzioni disciplinari NON potevano essere impugnate dal lavoratore innanzi al Collegio di conciliazione di cui all’art. 66 del D.Lgs.165/2001. Si noti che il d.lgs.150/2009 ha previsto espressamente l’abrogazione del richiamato art.56
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IMPUGNAZIONE DELLE SANZIONI
Era invece sempre possibile svolgere, dinanzi al collegio dell’art.66 del D.Lgs.165/2001, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’art.410 c.p.c. e all’art. 65 del d.lgs.165/2001. Anche questa residua possibilità è venuta meno dopo che l’art.31, comma 9, della L.183/2010 ha abrogato gli artt.65 e 66 del d.lgs.165/2001.
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IL RICORSO GIURISDIZIONALE
Il ricorso giurisdizionale doveva essere preceduto, a pena di improcedibilità della domanda giudiziale, dal tentativo obbligatorio di conciliazione di cui agli artt.65 e 66 del D.Lgs.165/ Come già detto, queste norme sono state ora abrogate dall’art.31 della L.183/2010. Non esiste più una procedura di conciliazione obbligatoria. Il ricorso giurisdizionale di per sé non comporta la sospensione della sanzione salvo che essa, a seguito di espressa richiesta dall’interessato in sede di ricorso, non sia disposta dal giudice.
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IL RICORSO GIURISDIZIONALE
Per il ricorso al giudice del lavoro, normalmente, non è prefissato alcun termine. Solo in caso di licenziamento l’art. 6 della legge 604/66, prescrive un termine di 60 giorni. Negli altri casi (rimprovero, multa o sospensione dal lavoro), invece, mancando un termine prefissato, il lavoratore può impugnare la sanzione nei due anni per evitare l’effetto a lui pregiudizievole della recidiva oppure entro il più ampio termine prescrizionale di dieci anni.
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IL RICORSO GIURISDIZIONALE
Normalmente, con il ricorso si chiede al giudice di annullare la sanzione disciplinare incongrua, ingiustificata o comminata in violazione di legge o del CCNL; in tal caso, il giudice non dispone anche del potere di sostituire la sanzione irrogata con altra di più lieve entità.
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IL RICORSO GIURISDIZIONALE
Cassazione civile , sez. lav., 25 maggio 1995, n. 5753: “La potestà di infliggere sanzioni disciplinari è riservata alla discrezionalità dell'imprenditore …; ne consegue che il giudice … non può, senza esserne richiesto dall'attore … e senza alcuna eccezione da parte dell'imprenditore, titolare del potere ora detto, convertirla in altra meno grave, a ciò ostando il divieto di "ultra" ed "extrapetizione" posto dall'art. 112 c.p.c.”
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IL RICORSO ALL’ARBITRO UNICO
Prima della riforma, in alternativa al ricorso giurisdizionale, il lavoratore poteva impugnare le sanzioni disciplinari, nel termine di 20 giorni dalla loro applicazione, mediante richiesta di conciliazione e arbitrato ai sensi dell'art.2 e seguenti del CCNQ del (ricorso all’arbitro unico - v. anche CCNQ del ). Questa facoltà è oggi scomparsa (v. art.73, comma 1 d.lgs.150/2009)
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IL RICORSO AI COLLEGI ARBITRALI DI DISCIPLINA
Prima della riforma, in alternativa al ricorso all’autorità giudiziaria o all’arbitro unico, il dipendente poteva impugnare la sanzione dinanzi ai soggetti di cui all’art. 59, commi 8 e 9 del D.Lgs.29/93 (ora art. 55 D. Lgs. 165/ art. 6, comma 1 del CCNQ ). ORA NON LO PUO’ PIU’ FARE
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Impugnazione delle sanzioni
In conclusione, le possibilità di impugnazione delle sanzioni sono oggi le seguenti: Ricorso all’autorità giudiziaria, che può essere o meno preceduto dal tentativo di conciliazione non obbligatoria previsto dall’art.410 c.p.c. (con qualche dubbio) o eventualmente introdotto dal CCNL; Procedura di conciliazione e arbitrato prevista dall’art.412-quater c.p.c.
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RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO PENALE E PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Le novità dal d.lgs.150/2009
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Efficacia della sentenza penale di assoluzione
Articolo 653, comma 1 c.p.p. “ La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso.”
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Efficacia della sentenza penale di condanna
Articolo 653, comma 1 bis c.p.p. “La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso.” .
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Riforma Brunetta - Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
Art. 55 – ter d.lgs.165/2001 Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni di minore gravità, di cui all’articolo 55 – bis, comma 1, primo periodo, non è ammessa la sospensione del procedimento. Per le infrazioni di maggiore gravità, di cui all’articolo 55 – bis, comma 1, secondo periodo, l’ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l’irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso, l’autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale.
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Riforma Brunetta - Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
Art. 55 – ter d.lgs.165/2001 Se il procedimento disciplinare si conclude con l’archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l’autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa. Il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione di appartenenza del lavoratore ovvero dalla presentazione dell’istanza di riapertura ed è concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla riapertura. La ripresa o la riapertura avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell’addebito da parte dell’autorità disciplinare competente ed il procedimento prosegue secondo quanto previsto nell’articolo 55 – bis. Ai fini delle determinazioni conclusive, l’autorità procedente, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell’articolo 653, commi 1 ed 1- bis, del codice di procedura penale.».
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Riforma Brunetta - Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale
Nel decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, dopo l’articolo 154 – bis, è inserito il seguente: “154 - ter. Comunicazione della sentenza. – 1. La cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei confronti di un lavoratore dipendente di un’amministrazione pubblica ne comunica il dispositivo all’amministrazione di appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia integrale del provvedimento. La comunicazione e la trasmissione sono effettuate con modalità telematiche, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell’amministrazione digitale, entro trenta giorni dalla data del deposito.”.
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Modifiche alla L.97/2001 Viene modificato l’articolo 5, comma 4, della legge 27 marzo 2001, n. 97: in sintesi, il procedimento disciplinare previsto dalla stessa legge in caso di sentenza irrevocabile di condanna, deve concludersi entro centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento, fermo quanto disposto dall'articolo 653 del codice di procedura penale.
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Le sospensioni cautelari
Previsioni contrattuali e della L.97/2001
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La sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare (art
La sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare (art.26 CCNL 1995) Se l’Ente deve espletare accertamenti su fatti addebitati al dipendente a titolo di infrazione disciplinare punibili con la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione, può disporre, nel corso del procedimento disciplinare, il suo allontanamento dal lavoro per un periodo di tempo non superiore a trenta giorni, con conservazione della retribuzione. Se il procedimento disciplinare si conclude con una sanzione sospensiva, il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione, ferma restando la privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati. Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell'anzianità di servizio.
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Le sospensioni cautelari in caso di procedimento penale
Sospensione obbligatoria 1: dipendente colpito da misura restrittiva della libertà personale; Sospensione obbligatoria 2: alcuni casi già previsti dagli artt.58 e 59 del D.Lgs.267/2000 (sono quelli elencati nel CCNL ); Sospensione facoltativa 1: dipendente sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della libertà personale, quando sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro o comunque tali da comportare, se accertati, l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento Sospensione facoltativa 2: cessato lo stato di restrizione della libertà personale, di cui al punto 1, alle medesime condizioni del punto 3.
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Le sospensioni cautelari in caso di procedimento penale
Per i delitti previsti della legge n. 97 del 2001, trova applicazione la disciplina stabilita dagli artt. 3 e 4 della stessa legge. Quindi, in caso di rinvio a giudizio, prima della sentenza di condanna: salva l'applicazione della sospensione dal servizio in base al CCNL, il dipendente può essere trasferito ad altro ufficio (nel rispetto del principio di equivalenza delle mansioni); è possibile anche il trasferimento di sede in presenza di evidenti motivi di opportunità; se non è possibile attuare il trasferimento di ufficio, il dipendente è posto in posizione di aspettativa o di disponibilità, con diritto al trattamento economico in godimento salvo che per gli emolumenti strettamente connessi alle presenze in servizio; questi provvedimenti perdono efficacia se per il fatto è pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorsi cinque anni dalla loro adozione, sempre che non sia intervenuta sentenza di condanna definitiva. In caso di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva, l'amministrazione, sentito l'interessato, adotta i provvedimenti consequenziali nei dieci giorni successivi alla comunicazione della sentenza, anche a cura dell'interessato. In presenza di obiettive e motivate ragioni per le quali la riassegnazione all'ufficio originariamente coperto sia di pregiudizio alla funzionalità di quest'ultimo, l'amministrazione di appartenenza può non dare corso al rientro.
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Le sospensioni cautelari in caso di procedimento penale
Nel caso di condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, per uno dei delitti previsti dall'articolo 3, comma 1, i dipendenti indicati nello stesso articolo sono obbligatoriamente sospesi dal servizio. La sospensione perde efficacia se per il fatto è successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorsi 5 anni.
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Le sospensioni cautelari in caso di procedimento penale
Al dipendente sospeso dal servizio sono corrisposti un’indennità pari al 50% della retribuzione base mensile di cui all’art. 52, comma 2, lett. b) del CCNL del , la retribuzione individuale di anzianità ove acquisita e gli assegni del nucleo familiare, con esclusione di ogni compenso accessorio, comunque denominato. In caso di sentenza definitiva di assoluzione o di proscioglimento, pronunciata con la formula “il fatto non sussiste”, “non costituisce illecito penale” o “l’imputato non lo ha commesso”, quanto corrisposto, durante il periodo di sospensione cautelare, a titolo di assegno alimentare verrà conguagliato con quanto dovuto al lavoratore se fosse rimasto in servizio, escluse le indennità o compensi comunque collegati alla presenza in servizio, agli incarichi ovvero a prestazioni di carattere straordinario. Ove il procedimento disciplinare riprenda per altre infrazioni, ai sensi dell’art.4, comma 8, secondo periodo, il conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
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Le sospensioni cautelari in caso di procedimento penale
In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, al dipendente precedentemente sospeso viene conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, escluse le indennità o compensi comunque collegati alla presenza in servizio, agli incarichi ovvero a prestazioni di carattere straordinario; dal conguaglio sono esclusi i periodi di sospensione del comma 1 e quelli eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato a seguito della condanna penale. Se la sentenza definitiva di condanna prevede anche la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, l’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari dell’ente sospende il lavoratore per la durata della stessa.
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Le sospensioni cautelari in caso di procedimento penale
La sospensione cautelare dal servizio a causa di procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a cinque anni. Decorso tale termine, la sospensione è revocata ed il dipendente è riammesso in servizio, salvo casi in cui, per reati che comportano l’applicazione del licenziamento, l’ente ritenga che la permanenza in servizio del dipendente provochi un pregiudizio alla credibilità dello stesso a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivargli da parte dei cittadini e/o, comunque, per ragioni di opportunità e operatività dell’ente stesso. In tal caso, può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale.
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Giurisprudenza Corte dei Conti reg. Lombardia, sez. giurisd., 28 novembre 2003, n. 1394: “In caso di sospensione cautelare di un lavoratore seguita da destituzione (oggi licenziamento), la decorrenza della destituzione dall'impiego deve essere fissata alla data dell'inizio della sospensione medesima: ne deriva che da questa stessa data deve procedersi alla corresponsione del trattamento di quiescenza, con conseguente erogazione delle relative somme arretrate, dalle quali andrà doverosamente scomputato quanto erogato a titolo di assegno alimentare percepito ex art. 82 d.P.R. n. 3 del 1957, verificandosi altrimenti un ingiustificato cumulo tra pensione e detto assegno.”
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Giurisprudenza Consiglio Stato , sez. IV, 29 gennaio 1996, n. 65: “L'assegno alimentare corrisposto durante il periodo di sospensione cautelare dal servizio non è ripetibile nel caso di risoluzione retroattiva del rapporto di impiego, non avendo l'assegno natura retributiva, ma assistenziale, siccome destinato a far fronte alle esigenze di vita del dipendente privato della retribuzione”. Consiglio Stato, sez. IV, 24 gennaio 1990, n. 37: “L'assegno alimentare corrisposto, ai sensi dell'art. 82 d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 all'impiegato sospeso cautelarmente dal servizio, non ha natura retributiva e non è, pertanto assoggettabile a ritenute previdenziali.”
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Giurisprudenza Cassazione civile , sez. lav., 26 luglio 1984, n. 4421: “La sospensione dal lavoro del dipendente perché sottoposto a procedimento penale configura una misura cautelare e provvisoria, destinata ad essere assorbita dal provvedimento definitivo conseguente all'esaurimento o all'esito di tale procedimento. Conseguentemente, mentre nel caso di successivo proscioglimento dell'imputato il rapporto riprende il suo corso a tutti gli effetti dal momento in cui è stato sospeso, con conseguente diritto alla percezione delle retribuzioni arretrate, nel caso invece di condanna la sospensione si tramuta a tutti gli effetti in definitiva interruzione del rapporto di lavoro, che legittima il recesso retroattivo del datore di lavoro, sicché per il periodo pregresso di sospensione non deve essere corrisposta l'indennità di anzianità.”
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IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE PER I DIRIGENTI
Le novità del d.lgs.150/2009 e quelle del CCNL
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DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI situazione precedente la riforma
I CCNL del personale NON si applicavano (e continuano a non applicarsi) al personale con qualifica dirigenziale Il CCNL della dirigenza stabiliva che ai dirigenti non si applicavano le sanzioni disciplinari “conservative” ossia i rimproveri, la multa e le sanzioni sospensive (art.27, comma 5 CCNL e successive modifiche)
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DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI situazione precedente la riforma
L’unica sanzione disciplinare applicabile ai dirigenti era quella del licenziamento, per il quale l’art.27, comma 3 del CCNL del aveva previsto un procedimento disciplinare “minimo” (contestazione degli addebiti e contraddittorio). Si ricordi che il licenziamento del dirigente ha carattere disciplinare tutte le volte che è collegato ad una “mancanza” (violazione di doveri).
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DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI situazione precedente la riforma
La clausola contrattuale era diretta attuazione di alcuni principi giurisprudenziali La Corte Costituzionale (sentenza n. 204 del 1982) e la Corte di Cassazione (v. ad. es. sentenza n.1426 del 1988) hanno infatti chiarito che le garanzie minime previste dalla L. n.300/1970 (in particolare previa contestazione e contraddittorio) si applicano a tutti i licenziamenti che rivestano carattere “ontologicamente” disciplinare (compresi quelli dei dirigenti).
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DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI situazione precedente la riforma
Cassazione civile, sez. lav., 10 febbraio 1988, n. 1426: “In conformità ai principi affermati dalla sentenza n. 204 del 1982 della Corte costituzionale con riguardo all'ipotesi del licenziamento cosiddetto disciplinare del lavoratore subordinato, le garanzie procedimentali previste dai primi tre commi dell'art.7 dello statuto dei lavoratori si applicano a tutti i licenziamenti cosiddetti per mancanza (che sono ontologicamente disciplinari) …”
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DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI situazione precedente la riforma
Il licenziamento disciplinare del dirigente doveva essere giustificato Il dirigente poteva impugnare il licenziamento che ritenesse ingiustificato con ricorso giurisdizionale o con ricorso all’Arbitro Unico, secondo le previsioni dell’art.13 del CCNL del 2002.
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DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI situazione precedente la riforma
In caso di licenziamento ingiustificato, il dirigente aveva diritto, di norma, solo ad un risarcimento economico (v. art.13 CCNL del 2002) Se il licenziamento, oltre a non essere giustificato, era anche discriminatorio, il dirigente aveva invece diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro (tutela “reale” v. art.3 L.108/1990) e il licenziamento era nullo
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DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI novità della riforma Brunetta
Art.55, comma 4 (nuovo testo) del d.lgs.165/2001: per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, del d.lgs.165/2001 si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19, comma 3 …; quindi, contesta l’Ufficio di disciplina (salva diversa previsione del CCNL), ma sanziona (o archivia) il dirigente generale.
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DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI novità della riforma Brunetta
Art.55-bis, comma 7 d.lgs.165/2001: li lavoratore o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell’incolpato o ad una diversa, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall’autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all’applicazione, da parte dell’amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, commisurata alla gravità dell’illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici giorni.
102
DISCIPLINA APPLICABILE AI DIRIGENTI novità della riforma Brunetta
Art.55-sexies d.lgs.165/2001: Il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull’insussistenza dell’illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell’infrazione non perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata attribuzione dalla retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione. La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare è limitata, in conformità ai principi generali, ai casi di dolo o colpa grave.
103
RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE E DIRIGENZIALE novità del CCNL 2006-2009
Costituisce principio generale la distinzione tra le procedure ed i criteri di valutazione dei risultati e quelli relativi alla responsabilità disciplinare, anche per quanto riguarda gli esiti delle stesse (v. art.4 CCNL ). Più precisamente, la responsabilità disciplinare attiene alla violazione degli obblighi di comportamento, mentre la responsabilità dirigenziale, disciplinata dall’art. 21 del D.Lgs.165/2001, attiene ai risultati della gestione e viene accertata secondo le procedure definite nell’ambito del sistema di valutazione. Si tratta di concetti abbastanza chiari, anche se è indubitabile che il mancato raggiungimento di obiettivi e risultati possa essere conseguenza della violazione di precisi obblighi di comportamento: in quel caso, responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare procederanno in parallelo. Restano ferme, inoltre, le altre tipologie di responsabilità di cui all’art. 55, comma 2, primo periodo, del D.Lgs. n. 165 del 2001, come modificato dal d.lgs.150/2009 che hanno distinta e specifica valenza rispetto alla responsabilità disciplinare (si tratta della responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile).
104
Gli obblighi di comportamento novità del CCNL 2006-2009
Anche i dirigenti si conformano al codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni allegato al CCNL; IL CCNL elenca, inoltre, gli altri obblighi del dirigente, la cui violazione legittima l’applicazione di sanzioni disciplinari. Il comportamento del dirigente deve sempre essere improntato al perseguimento degli obiettivi di innovazione e di miglioramento dell’organizzazione delle amministrazioni e di conseguimento di elevati standard di efficienza ed efficacia delle attività e dei servizi istituzionali, nella primaria considerazione delle esigenze dei cittadini utenti.
105
Gli obblighi di comportamento novità del CCNL 2006-2009
Tenuto conto dell'esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dirigente deve, in particolare: dare conto dei risultati conseguiti e degli obiettivi raggiunti; stabilire un rapporto di fiducia e di collaborazione nei rapporti interpersonali con gli utenti, nonché all’interno dell’Ente con gli altri dirigenti e con gli addetti alla struttura, mantenendo una condotta uniformata a principi di correttezza e astenendosi da comportamenti lesivi della dignità della persona o che, comunque, possono nuocere all’immagine dell’Ente; mantenere un comportamento conforme al ruolo di dirigente pubblico, organizzando ed assicurando il tempo di lavoro e la presenza in servizio correlata alle esigenze della struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato; sovrintendere, nell’esercizio del proprio potere direttivo, al corretto espletamento dell’attività del personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura, nonché al rispetto delle norme del codice di comportamento e disciplinare, ivi compresa l’attivazione dell’azione disciplinare, secondo le disposizioni vigenti; informare l’Ente, di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è esercitata l’azione penale.
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Le sanzioni novità del CCNL 2006-2009
Le sanzioni disciplinari applicabili ai dirigenti non coincidono con quelle applicabili al restante personale. Esse sono, infatti, solo le seguenti: sanzione pecuniaria da un minimo di € 200,00 ad un massimo di € 500,00; sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, secondo le previsioni dell’art.7 (codice disciplinare); licenziamento con preavviso; licenziamento senza preavviso.
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Soggetto competente novità del CCNL 2006-2009
Per l’individuazione dell’autorità disciplinare competente per i procedimenti disciplinari della dirigenza e per le forme ed i termini del procedimento disciplinare trovano applicazione le previsioni dell’art.55-bis del D.Lgs.n.165 del 2001 introdotto dal D.Lgs.150/2009. Questo riferimento crea qualche problema, perché sembra validare, anche per i dirigenti, una competenza ripartita tra il responsabile della struttura (che dovrebbe essere il Segretario Generale) e l’ufficio per i procedimenti disciplinari, con una complicazione ulteriore data dal fatto che vi sono casi, apparentemente tassativi, nei quali, in base alla legge (art.55, comma 4 d.lgs.165/2001, nella nuova versione), dovrebbe contestare l’ufficio per i procedimenti disciplinari ma la sanzione dovrebbe essere applicata dal dirigente generale.
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Soggetto competente novità del CCNL 2006-2009
In sintesi, tenuto conto dell’art.55, comma 4 del d.lgs.165/2001 (nuovo testo) e delle previsioni del codice disciplinare, il quadro risultante dovrebbe essere il seguente: fatti colpiti con la sanzione pecuniaria (si abbia presente che la sanzione sospensiva, per i dirigenti, è sempre potenzialmente superiore a 10 giorni): contesta e applica la sanzione il S.G., in quanto capo della struttura; i termini sono quelli ridotti previsti dal comma 2 dell’art.55-bis; fatti colpiti con sanzioni più gravi di quelle pecuniarie, eccezion fatta per quelli indicati nel punto seguente: contesta e applica la sanzione l’ufficio per i procedimenti disciplinari; per le sole infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, del d.lgs.165/2001 (nuovo testo) si applica il comma 4 del predetto articolo 55-bis (contesta l’ufficio dei procedimenti disciplinari e i termini sono raddoppiati), ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal SG (art.55, comma 4 nuovo testo del d.lgs.165/2001).
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Soggetto competente novità del CCNL 2006-2009
Si noti che né la legge, né il CCNL indicano il soggetto competente in caso di illeciti disciplinari commessi dal responsabile dell’Ufficio di disciplina o dal S.G. (si pensi, in particolare, a uno dei casi nei quali la legge prevede che la sanzione sia di competenza del dirigente generale: potrebbe, il S.G., sanzionare sé stesso ? pensiamo di no).
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Scelta della sanzione novità del CCNL 2006-2009
Si ribadisce la necessità di determinare la sanzione applicabile al caso concreto nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione alla gravità della mancanza e tenendo conto di criteri del tutto analoghi a quelli stabiliti per il restante personale.
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Scelta della sanzione novità del CCNL 2006-2009
Merita di essere evidenziata, per i riflessi che ha sulla individuazione del soggetto competente per la contestazione disciplinare, la circostanza che la sanzione sospensiva può essere di almeno 4 tipi: fino ad un massimo di quindici giorni nel caso previsto dall’art.55-bis, comma 7, del D.Lgs.n.165 del 2001; quindi, in base all’art.55, comma 4 dello stesso decreto, contesta l’ufficio dei procedimenti disciplinari, i termini sono raddoppiati, le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal SG; fino ad un massimo di tre mesi, accompagnata dalla mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo di durata della sospensione (i casi sono quelli previsti dall’art.55-sexies, comma 3, e dall’art.55 septies, comma 6, del D.Lgs.n.165 del 2001 che rinvia al predetto art.55-sexies, comma 3); come nel caso precedente, in base all’art.55, comma 4 dello stesso decreto, contesta l’ufficio dei procedimenti disciplinari, i termini sono raddoppiati, le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal SG;
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Scelta della sanzione novità del CCNL 2006-2009
da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi (il caso è quello previsto dall’art.55-sexies, comma 1, del D.Lgs.n.165del 2001); trattandosi di una sanzione potenzialmente superiore a 10 giorni, contesta e applica la sanzione l’ufficio per i procedimenti disciplinari; da un minimo di 3 giorni fino ad un massimo di sei mesi, si applica, graduandone l’entità ai casi elencati nell’art.7, comma 8 del CCNL; trattandosi di una sanzione potenzialmente superiore a 10 giorni, contesta e applica la sanzione l’ufficio per i procedimenti disciplinari.
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I casi di licenziamento – problemi applicativi novità del CCNL 2006-2009
Anche per quanto riguarda i casi di licenziamento, il CCNL ha tenuto conto della fattispecie espressamente indicate nel d.lgs.150/2009. Resta il dubbio, considerato anche il richiamo fatto dal CCNL ai principi di gradualità e proporzionalità se nei casi indicati l’Ente possa decidere di applicare al caso concreto una sanzione diversa dal licenziamento; se ci si deve basare sul testo “perentorio” del d.lgs.150/2009 sembrerebbe di no; se invece, ci si basa sui principi affermati dalla Corte Cost. con sentenza 971/1988 (è la sentenza che ha dichiarato incostituzionale l'art. 85 t.u. n. 3/1957 nella parte in cui prevedeva la destituzione di diritto senza l'apertura di un ordinario procedimento disciplinare in contraddittorio a conclusione del quale l'autorità competente potesse scegliere la misura appropriata alla gravità del fatto), si dovrebbe ritenere di sì.
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Il codice disciplinare “aperto” novità del CCNL 2006-2009
Si ribadisce, anche per i dirigenti, che il codice disciplinare è aperto, nel senso che le mancanze non espressamente previste sono comunque sanzionate secondo i criteri di cui al comma 1 dell’art.7, facendosi riferimento, quanto all’individuazione dei fatti sanzionabili, agli obblighi dei dirigenti di cui all’art. 5, quanto al tipo e alla misura delle sanzioni, ai principi desumibili dallo stesso articolo 7.
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Pubblicazione ed efficacia del codice disciplinare novità del CCNL 2006-2009
Il nuovo codice disciplinare dovrà essere pubblicato sul sito istituzionale dell’Ente, secondo le previsioni dell’art.55, comma 2, ultimo periodo, del D.Lgs.n.165 del 2001, entro 15 giorni dalla data di stipulazione del CCNL e si applicherà dal quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione, fermo restando che le sanzioni previste dal D.Lgs.n.150 del 2009 si applicano dall’entrata in vigore del decreto medesimo. Anche se il CCNL non dice nulla al riguardo, riteniamo, anche basandoci su precedenti esperienze, che il nuovo codice disciplinare non sia applicabile ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore (v. anche circolare DFP n.9/2009).
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Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare novità del CCNL 2006-2009
E’ lo stesso istituto già previsto per il restante personale; si fonda su esigenze “istruttorie” e non ha alcun legame con la sospensione in caso di procedimento penale. Può essere disposta in concomitanza con la contestazione e previa puntuale informazione al dirigente; ha durata non superiore a trenta giorni, durante i quali viene erogato l’intero trattamento economico complessivo in godimento. Se il procedimento disciplinare si conclude con una sanzione sospensiva il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione, ferma restando la privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati. Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell'anzianità di servizio.
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Sospensione cautelare in caso di procedimento penale novità del CCNL 2006-2009
Viene adeguata la disciplina vigente alle disposizioni del d.lgs.150/2009. Rispetto al quadro attuale, le novità sono le seguenti: in caso di sospensione obbligatoria dal servizio connessa a misure restrittive della libertà personale, l’incarico dirigenziale è sospeso (e non revocato, come previsto dall’attuale disciplina); questo significa che in caso di revoca della sospensione non dovrà essere conferito un nuovo incarico; la sospensione facoltativa prevista quando il dirigente sia sottoposto a procedimento penale non comportante la restrizione della libertà personale o questa sia comunque cessata, presuppone ora che l’Ente abbia deciso, ai sensi dell’art.55-ter del D.Lgs.n.165 del 2001, la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale (in caso contrario sembrerebbe che questa sospensione non sia praticabile).
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Sospensione cautelare in caso di procedimento penale novità del CCNL 2006-2009
Si conferma l'obbligo di sospensione del dirigente in presenza dei casi già previsti dagli artt. 58, comma 1, lett. a), b), limitatamente all'art. 316 del codice penale, lett. c), d) ed e), e 59, comma 1, lett. a), limitatamente ai delitti già indicati nell'art. 58 comma 1, lett. a) e all'art. 316 del codice penale, lett. b), e c), del D. Lgs .n. 267 del 2000. Si precisa, però, che è fatta salva l’applicazione del licenziamento (il rinvio è all’art. 7, comma 9, n.2), qualora l’Ente non disponga, ai sensi dell’art.55-ter del D.Lgs.n.165 del 2001, la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale.
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Sospensione cautelare in caso di procedimento penale novità del CCNL 2006-2009
La norma è un po’ contorta, ma dovrebbe stare a significare che l’ente ha le seguenti alternative: sospendere il dirigente e procedere con il licenziamento; sospendere il dirigente e sospendere il procedimento disciplinare, ai sensi dell’art.55-ter del d.lgs.150/2009, in attesa di conoscere gli esiti di quello penale.
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Sospensione cautelare in caso di procedimento penale novità del CCNL 2006-2009
Si precisa che anche per i delitti di cui all’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, resta ferma, in ogni caso, l’applicabilità del licenziamento (art. 7, comma 9, n.2) qualora l’Ente non disponga la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale;
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Sospensione cautelare in caso di procedimento penale novità del CCNL 2006-2009
Quando l’ente proceda direttamente con il licenziamento, la sospensione del dirigente conserva efficacia fino alla conclusione del procedimento disciplinare. Negli altri casi, essa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non superiore a cinque anni.
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Sospensione cautelare in caso di procedimento penale novità del CCNL 2006-2009
Viene introdotta anche per i dirigenti, però, l’ulteriore sospensione facoltativa, da applicare dopo i 5 anni di sospensione, in presenza di reati che comportino l’applicazione del licenziamento senza preavviso (art. 7, comma 9, n.2) quando l’Ente ritenga che la permanenza in servizio del dirigente provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di opportunità ed operatività dell’Ente stessa. Questa sospensione è sottoposta a revisione con cadenza biennale; Si precisa che al dirigente sospeso dal servizio sono corrisposti un’indennità alimentare pari al 50% dello stipendio tabellare, la retribuzione individuale di anzianità o il maturato economico annuo, ove spettante, e gli eventuali assegni familiari, qualora ne abbiano titolo.
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Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale novità del CCNL 2006-2009
Il CCNL distingue i seguenti casi (per il resto si applica la disciplina del decreto): procedimento disciplinare sospeso ai sensi dell’art.55-ter del D.Lgs.n.165 del 2001: se, per i fatti oggetto del procedimento penale, il dirigente viene assolto con sentenza irrevocabile che riconosce che il fatto addebitato non sussiste o non costituisce illecito penale, l’autorità disciplinare riprende il procedimento disciplinare ed adotta le determinazioni conclusive, applicando le disposizioni dell’art.653, comma 1, del codice di procedura penale. In questa ipotesi, ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dirigente, oltre ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni oppure i fatti contestati, pur non costituendo illecito penale, rivestano comunque rilevanza disciplinare, il procedimento riprende e prosegue per dette infrazioni. Peccato si siano dimenticati di indicare anche la formula assolutoria “l’imputato non lo ha commesso”, del tutto identica, quanto agli effetti di “giudicato” nel procedimento disciplinare a quella “il fatto non sussiste”;
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Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale novità del CCNL 2006-2009
procedimento disciplinare non sospeso conclusosi con l’irrogazione della sanzione del licenziamento, ai sensi dell’art. 7, comma 9, n.2 (codice disciplinare): se il procedimento penale viene definito con una sentenza penale irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato non sussiste o non costituisce illecito penale (anche qui si sono dimenticati di indicare la formula “l’imputato non lo ha commesso”), ove il procedimento disciplinare sia riaperto su istanza di parte (ai sensi dell’art.55-ter,comma 2, del D.Lgs.n.165 del 2001) e si concluda con un atto di archiviazione, il dirigente ha diritto dalla data della sentenza di assoluzione alla riammissione in servizio presso l’ente, anche in soprannumero nella medesima sede o in altra sede, nonché all’affidamento di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all’atto del licenziamento. Analoga disciplina trova applicazione nel caso che l’assoluzione del dirigente consegua a sentenza pronunciata a seguito di processo di revisione. Dalla data di riammissione il dirigente ha diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati corrisposti nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche dell’eventuale periodo di sospensione antecedente nonché della retribuzione di posizione in godimento all’atto del licenziamento. In caso di premorienza, gli stessi compensi spettano al coniuge o al convivente superstite e ai figli.
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Reintegrazione del dirigente illegittimamente licenziato novità del CCNL 2006-2009
Viene rafforzata l’attuale tutela per il dirigente ingiustamente licenziato. Il CCNL prevede, infatti, che l’Ente, a domanda, reintegra in servizio il dirigente illegittimamente o ingiustificatamente licenziato dalla data della sentenza che ne ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza, anche in soprannumero, nella medesima sede o in altra su sua richiesta, con il conferimento allo stesso di un incarico di valore equivalente a quello posseduto all’atto del licenziamento. Al dirigente spetta, inoltre, il trattamento economico che sarebbe stato corrisposto durante il periodo di licenziamento, anche con riferimento alla retribuzione di posizione in godimento all’atto del licenziamento stesso. Si noti questa previsione ha una sfera di applicazione più ampia del licenziamento nullo o discriminatorio, perché sembra coprire qualunque ipotesi di invalidità e anche il caso della mancanza di sufficiente giustificazione. Questa disciplina, che sostituisce quella dell’art.13 del CCNL del , trova applicazione dalla data di definitiva sottoscrizione del CCNL ( ).
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Indennità sostitutiva della reintegrazione novità del CCNL 2006-2009
In alternativa (in sostituzione) alla reintegrazione di cui al punto precedente, l’Ente o il dirigente possono proporre all’altra parte, il pagamento a favore del dirigente di un’indennità supplementare determinata, in relazione alla valutazione dei fatti e delle circostanze emerse, tra un minimo pari al corrispettivo del preavviso maturato, maggiorato dell'importo equivalente a due mensilità, ed un massimo pari al corrispettivo di ventiquattro mensilità. Detta indennità supplementare è automaticamente aumentata, ove l'età del dirigente sia compresa fra i 46 e i 56 anni, nelle misure indicate dal CCNL, al quale rinviamo per i dettagli.
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Indennità sostitutiva della reintegrazione novità del CCNL 2006-2009
Il dirigente che accetti l’indennità supplementare non può successivamente adire l’autorità giudiziaria per ottenere la reintegrazione. Inoltre, per un periodo pari ai mesi cui è correlata la determinazione dell'indennità supplementare e con decorrenza dalla sentenza definitiva che ha dichiarato l’illegittimità o la ingiustificatezza del licenziamento, può avvalersi della disciplina di cui all'art. 31, comma 10, del CCNL del 10 aprile 1996, senza obbligo di preavviso (il che significa che può passare ad altra amministrazione senza necessità del nulla osta della sua amministrazione). Qualora si realizzi il trasferimento ad altro Ente, il dirigente ha diritto ad un numero di mensilità pari al solo periodo non lavorato. In caso di pagamento dell’indennità supplementare, l'Ente non può assumere altro dirigente nel posto precedentemente coperto dal dirigente cessato, per un periodo corrispondente al numero di mensilità riconosciute, ai sensi dei commi 1 e 2.
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La determinazione concordata della sanzione novità del CCNL 2006-2009
Come già detto, il d.lgs.150/2009 non prevede più il patteggiamento della sanzione, sostituito dalle procedure di conciliazione non obbligatorie eventualmente individuate dai CCNL che: sospendono il procedimento disciplinare, non possono riguardare casi da licenziamento, devono concludersi entro 30 giorni dalla contestazione e non possono comportare l’applicazione di sanzioni di “specie” diversa rispetto a quelle previste dal CCNL o dalla legge. L’art.12 del nuovo CCNL della dirigenza attua questa previsione, introducendo la possibilità di applicare una sanzione concordata fuori dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo prevedono la sanzione del licenziamento.
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La determinazione concordata della sanzione novità del CCNL 2006-2009
Rinviando, per i dettagli di tipo procedurale, alle previsioni del CCNL, è utile evidenziare che: la sanzione concordemente determinata non è soggetta ad impugnazione; l’attivazione di questa procedura, che non ha natura obbligatoria, può essere proposta dall’Ufficio procedente o dal dirigente entro il termine dei cinque giorni successivi alla audizione del dirigente per il contraddittorio a sua difesa; dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento disciplinare; ove la proposta sia accettata e la procedura conciliativa abbia esito positivo, l’accordo raggiunto è formalizzato in un apposito verbale sottoscritto dall’autorità disciplinare e dal dirigente e la sanzione concordata dalle parti può essere irrogata dall’autorità disciplinare competente;
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La determinazione concordata della sanzione novità del CCNL 2006-2009
Segue: in caso di esito negativo, questo sarà riportato in apposito verbale e la procedura conciliativa si estingue, con conseguente ripresa del decorso dei termini del procedimento disciplinare; la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla contestazione e comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La scadenza di tale termine comporta la estinzione della procedura conciliativa eventualmente già avviata ed ancora in corso di svolgimento e la decadenza delle parti dalla facoltà di avvalersi ulteriormente della stessa
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