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Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 22
Specie e idee Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 22
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La presenza della cosa nella mente
Perché un soggetto conosca, questi deve aver presente la cosa conosciuta L’Essere assoluto conosce le cose in se stesse senza mediazione; negli altri casi la facoltà conoscitiva del soggetto è attualizzata dalla specie, che è il mezzo col quale la cosa conosciuta si fa presente nella mente Nell’attualizzazione il conoscente in atto si identifica con il conosciuto in atto
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Funzioni della specie conoscitiva
Funzione soggettiva: informa la facoltà conoscitiva come suo atto accidentale (tale facoltà è in potenza a conoscere le cose) Funzione oggettiva: è il mezzo attraverso cui si conosce, ma non è ciò che si conosce; però la conoscenza attraverso la specie è immediata e non mediata (tipo di conoscenza che si ha, ad esempio, nel ragionamento) La cosa viene colta direttamente, mentre il soggetto coglie se stesso in modo riflessivo (in obliquo)
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La conoscenza è prassi Non confondere la specie con le rappresentazioni di cose prodotte dall’immaginazione La conoscenza è un’operazione immanente istantanea: non si conosce l’idea per poi passare alla cosa fuori della mente L’idea è l’atto mentale con il quale si possiede intenzionalmente la cosa conosciuta: non è necessario uscire dalla conoscenza, ma è la conoscenza stessa che coglie sempre una cosa esterna
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Il carattere rappresentativo del concetto
Il concetto non sostituisce la forma reale, ma rimanda ad essa intenzionalmente È un segno formale cioè qualcosa che, prima di dare a conoscere se stesso, rappresenta immediatamente e istantaneamente una realtà distinta da sé Solo in un secondo momento la mente prende il concetto ad oggetto della propria riflessione
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Il concetto è via ad res e termine
Il concetto è termine di un’operazione immanente: in esso l’oggetto conosciuto si rende presente secondo il suo essere intenzionale e non fisico Il concetto quindi non è la cosa conosciuta, ma la specie nella quale si da la presenza intenzionale (via ad res) della cosa conosciuta
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Immediatismo nominalista
Assolutizzando la conoscenza per presenza e non riconoscendo l’astrazione, ritiene che all’intelletto si presenti direttamente l’oggetto nella sua fatticità individuale Non riconosce il carattere immateriale della specie nonché la sua essenza universale, perciò ritiene il concetto un mero nome
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Concettualismo idealista
Dimentica che l’essenza presente nel concetto è “essenza di”, essenza della cosa e non del concetto, che è quindi rappresentazione-di un ente conosciuto Quindi, con l’idealismo, si può dire che il concetto “sta nella mente” come accidente del soggetto, ma, contro l’idealismo, si deve dire che, in rapporto al conosciuto, il concetto rimanda alla conoscenza di “una cosa distinta dalla mente”
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Mediatismo del realismo critico
Considera le idee come l’oggetto immediato della conoscenza, mentre le cose ne sarebbero come l’oggetto mediato Invece le idee sono un atto dell’intelletto che conosce le cose attraverso di esse; l’intelletto non riceve le idee come una materia riceve una forma Quando si conosce, si possiede la forma altrui “in quanto altrui”: la forma di una cosa è presente materialmente nella cosa e solo intenzionalmente nella mente di chi la conosce
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Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 23
La riflessione Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 23
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Attualità e intelligibilità
La perfezione di una cosa dipende dalla sua attualità, dal partecipare all’atto con maggiore o minore pienezza L’attualità di una cosa è anche fonte della sua intelligibilità Dio, Atto puro, è perfetto e pienamente conoscibile in sé stesso, chiaro e luminoso
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Intelletto in potenza e in atto
Il nostro intelletto, prima di conoscere, è in potenza, e quindi non può ancora sapere di conoscere e non può riconoscersi come intelletto Quando conosce una realtà, l’intelletto passa in atto e così, in funzione della conoscenza di tale realtà, so di conoscere e mi conosco come conoscente Quindi l’uomo conosce se stesso per riflessione: dopo essere passato in atto con una conoscenza, l’intelletto può considerare la propria natura e il proprio essere
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Significato di riflessione e coscienza
Nel linguaggio ordinario “riflettere” significa pensare con attenzione a una decisione o un problema, mentre nel vocabolario filosofico, significa ritornare su di sé, conoscere se stessi o i propri atti “Coscienza” è consapevolezza dei propri atti, soprattutto della loro moralità; nei pensatori moderni essa indica invece ogni conoscenza e quindi, per il principio di immanenza, la conoscenza di sé; inoltre l’uomo è ridotto alla coscienza, che si sostituisce alla complessità del soggetto conoscente con le sue potenze e i suoi atti
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Conoscenza di se stessi
L’uomo conosce se stesso, non attraverso la propria essenza, ma attraverso le specie delle cose conosciute in atto L’uomo può conoscere se stesso per essenza solo in modo abituale, in quanto l’anima è sempre presente a se stessa, ma non in atto L’intelletto angelico invece conosce se stesso per essenza, perché questa rientra nell’oggetto proprio del suo intelletto; non così per l’intelletto umano, il cui oggetto proprio sono gli enti materiali percepiti attraverso i sensi
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Riflessività delle potenze spirituali
Le potenze spirituali possono e quelle non spirituali non possono riflettere sui propri atti: L’udito ode i suoni, ma non il suo udire Anche il senso comune conosce gli atti degli altri sensi, ma non i propri La volontà invece, oltre a volere il bene, può anche volere il proprio atto in quanto buono Lo stesso, l’intelletto conosce l’oggetto in quanto vero ed anche il proprio atto in quanto vero
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Sussistenza dell’anima
Il ritorno completo su se stessi è possibile solo in quanto operazione immateriale, indipendente dalla materia, e quindi propria di un essere sussistente, non in quanto forma di una materia, ma sussistente in sé Questa esperienza interiore rende possibile la percezione confusa della propria immaterialità e della conseguente libertà e responsabilità delle proprie azioni Quindi non tutto ciò che l’uomo conosce è soggetto ai sensi: l’uomo si auto-conosce come soggetto libero
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L’atto riflessivo Coscienza spontanea: quando si conosce una cosa, ci si rende conto anche, in modo immediato, ma indiretto (in actu exercito), di conoscere Coscienza riflessa: non è sempre necessaria in ogni atto di conoscenza: esaminare sé stessi richiede una nuova riflessione (in actu signato); la coscienza sensibile non può mai raggiungere questa riflessione completa
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Conoscenza scientifica di sé
Non è sufficiente la percezione interiore, ma si deve utilizzare un complesso sistema di concetti che analizza l’essenza delle specie della mente Partendo dalla conoscenza spontanea, attraverso il ragionamento, si può giungere alla spiritualità, immortalità, libertà, ecc… Inoltre si può studiare l’aspetto intenzionale degli atti conoscitivi: si tratta in questo caso di una riflessione logica, che studia le relazioni tra i contenuti conosciuti; la logica non studia il processo psicologico, ma le rela-zioni di ragione che sono le intentiones secundae
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La conoscenza di Do La conoscenza di sé non gode di privilegio sulla conoscenza delle cose per conoscere l’esistenza di Dio Con una pura riflessione logica non si può giungere all’esistenza di Dio, poiché non si può andare al di là di una realtà pensata La via per giungere all’esistenza di Dio è l’ente, ma la conoscenza della nostra anima spirituale ci serve per comprendere analogicamente la natura spirituale di Dio
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La libertà nella conoscenza
Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 24
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Definizione di libertà
Cardona: “Nel suo senso più intimo e positivo, la libertà va intesa come l’origine e il principio unico del proprio atto, e nel caso dell’uomo come completa autodeterminazione: come posizione totale dell’atto umano nel proprio ordine - presupponente sempre l’essere - da parte della persona” “Occorre anche dire che la nostra libertà non sussiste in se stessa, ma è una proprietà della nostra facoltà di volere”
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Volontà e intelletto La volontà presuppone l’intelletto, ma gli è superiore in quanto lo domina avendo per oggetto il fine: la volontà fa considerare all’intelletto ciò che essa vuole La volontà ha il primato su tutte le altre facoltà in quanto ne dirige ed utilizza gli atti in ordine al fine ultimo scelto Anche rispetto all’intelletto, pur essendo necessaria una certa previa conoscenza dell’ens e del bonum, la volontà ne comanda l’esercizio e l’intensità degli atti secondo il bene ultimo che vuole
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Sapienza e scienza La sapienza è la conoscenza delle ultime cause (quindi di Dio), in quanto ordinatrici della vita umana e quindi è decisiva per la condotta morale e l’esercizio della volontà Anche la scienza, abito dell’intelletto con il quale si ha facilità a conoscere attraverso le cause, si acquista mediante atti comandati dalla volontà, che può proporsi o meno di farlo
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La scienza pura Il mito della scienza pura che renderebbe l’uomo buono, si basa sull’illusione di pensare che la conoscenza sia svincolata dalla volontà e quindi dalla moralità o immoralità dei fini che la volontà si pone In realtà gli aspetti morali condizionano tutte le attività della produzione scientifica: ricerca, studio, insegnamento, apprendimento, applicazioni La conoscenza sapienziale, da parte sua, è immediatamente morale ed è particolarmente importante nello studio della metafisica, che influisce poi su tutte le altre scienze
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Sapienza, filosofia e metafisica
La sapienza naturale, nell’ordine scientifico, è la filosofia e, in senso stretto, la metafisica, che è la filosofia in quanto tale La sapienza metafisica, considerando i principi di tutte le cose, regola tutte le conoscenze e quindi sta a capo di tutte le scienze Le scienze seconde, o scienze positive, se studiano solo le cause seconde senza passare al piano metafisico, non possono giungere alla sapienza
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Conoscenza e moralità Le disposizioni morali favoriscono gli atti buoni che fanno progredire la conoscenza Si conosce meglio ciò che si ama, poiché l’amore rende connaturali amante ed amato La connaturalità rende possibile una conoscenza sempre più profonda, stabile e progressiva Il possesso di una determinata virtù aiuta a ben giudicare ciò che si riferisce ad essa
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Conclusioni Conosciamo gli enti, la loro bontà ed il loro ordine; attraverso di essi conosciamo noi stessi, il nostro fine e la nostra libertà È importante condurre una vita retta per ottenere una conoscenza vera e viceversa una conoscenza vera serve per vivere in modo virtuoso: il sapere filosofico è legato alla vita reale di ogni uomo Conoscere ed amare costituiscono le attività vitali più caratteristiche dell’uomo
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