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Il pensiero politico del Novecento (Paolo Allegra)

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Presentazione sul tema: "Il pensiero politico del Novecento (Paolo Allegra)"— Transcript della presentazione:

1 Il pensiero politico del Novecento (Paolo Allegra)

2 Premessa: le origini del Novecento
1. Tra le due guerre: democrazia liberale e avvento del totalitarismo 2. La caduta dei regimi totalitari e la critica del totalitarismo 3. La società democratica: il problema della giustizia

3 Le origini del Novecento

4 L’avvento della società di massa

5 La “Grande Guerra”

6 Max Weber ( )

7 1. Tra le due guerre: democrazia liberale e avvento del totalitarismo

8 Hans Kelsen ( )

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11 Karl Schmitt ( )

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13 2. La caduta dei regimi totalitari e la critica del totalitarismo

14 Carl Friedrich - Zbigniew Brzezinski
Caratteri del totalitarismo: 1. Ideologia organica e totalizzante 2. Partito unico di massa, con un capo carismatico che ha pieno controllo dello Stato 3. Controllo totale dei mezzi di comunicazione di massa e dell’apparato di propaganda 4. Monopolio di apparati e strumenti coercitivi 5. Terrore poliziesco 6. Direzione centralizzata dell’economia

15 M.Horkheimer - T.W.Adorno
Il fenomeno totalitario espressione della crisi del pensiero occidentale, del suo illuminismo. Il mito dell’illuminismo: la logica di dominio dell’uomo sulla natura e la riduzione dell’uomo a oggetto manipolabile. La critica di una ragione strumentale e la perdita di una ragione oggettiva.

16 Hanna Arendt ( )

17 “L’ideologia totalitaria non mira alla trasformazione delle condizioni esterne dell’esistenza umana né al riassetto rivoluzionario dell’ordinamento sociale, bensì alla trasformazione della natura umana che, così com’è, si oppone al processo totalitario. I Lager sono i laboratori dove si sperimenta tale trasformazione, e la loro infamia riguarda tutti gli uomini, non soltanto gli internati e i guardiani. Non è in gioco la sofferenza, di cui ce n’è stata sempre troppa sulla terra, né il numero delle vittime. E’ in gioco la natura umana come tale. (…) Un’unica cosa sembra certa: possiamo dire che il male radicale è comparso nel contesto di un sistema in cui tutti gli uomini sono diventati egualmente superflui.” (Hanna Arendt, Le origini del totalitarismo)

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19 “Il male, come ci è stato insegnato, è qualcosa di demoniaco
“Il male, come ci è stato insegnato, è qualcosa di demoniaco. (…) Nondimeno, ciò che avevo sotto gli occhi a Gerusalemme, qualcosa di totalmente diverso, era pure innegabilmente un fatto. Restai colpita dalla evidente superficialità del colpevole, superficialità che rendeva impossibile ricondurre l’incontestabile malvagità dei suoi atti a un livello più profondo di cause o di motivazioni. Gli atti erano mostruosi, ma l’attore (…) risultava quanto mai ordinario, mediocre, tutt’altro che demoniaco o mostruoso. Nessun segno in lui di ferme convinzioni ideologiche o di specifiche motivazioni malvage, (…) non stupidità, ma mancanza di pensiero. (…) Clichès, frasi fatte, l’adesione a codici d’espressione e di condotta convenzionali e standardizzati adempiono la funzione socialmente riconosciuta di proteggerci dalla realtà.” (Hanna Arendt, La banalità del male)

20 L’esperimento di Stanley Milgram (Università di Yale, 1961)
Ruolo dell’autorità e “stato eteronomico”

21 3. La società democratica: il problema della giustizia
Democrazia, libertà e uguaglianza nella seconda metà del Novecento

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24 Robert Nozick ( )

25 John Rawls ( ) “E’ mio scopo presentare una concezione della giustizia che generalizza e porta a un più alto livello di astrazione la nota teoria del contratto sociale, quale si trova per esempio in Locke, Rousseau e Kant. (…) L’idea guida è quella che i principi di giustizia per la struttura di base della società sono oggetto dell’accordo originario. Questi sono i principi che persone libere e razionali, preoccupate di perseguire i propri interessi, accetterebbero in una posizione iniziale di eguaglianza per definire i termini fondamentali della loro associazione. Questi principi devono regolare tutti gli accordi successivi; essi specificano i tipi di cooperazione sociale che possono essere messi in atto e le forme di governo che possono essere istituite. Chiamerò giustizia come equità questo modo di considerare i principi di giustizia.” (John Rawls, Una teoria della giustizia)

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28 “Affermo che le persone nella situazione iniziale sceglierebbero due principi piuttosto differenti: il primo richiede l’eguaglianza nell’assegnazione dei diritti e dei doveri fondamentali, il secondo sostiene che le ineguaglianze economiche e sociali, come quelle di ricchezza e di potere, sono giuste soltanto se producono benefici compensativi per ciascuno, e in particolare per i membri meno avvantaggiati della società. Questi principi escludono la possibilità di giustificare le istituzioni in base al fatto che i sacrifici di alcuni sono compensati da un maggior bene aggregato. Il fatto che alcuni abbiano meno affinchè altri prosperino può essere utile, ma non è giusto. Invece i maggiori benefici ottenuti da pochi non costituiscono un’ingiustizia, a condizione che anche la condizione delle persone meno fortunate migliori in questo modo.” (John Rawls, Una teoria della giustizia)

29 Esempio di applicazione di un “principio di giustizia”


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