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La teoria di J.Lacan e la funzione dello specchio

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Presentazione sul tema: "La teoria di J.Lacan e la funzione dello specchio"— Transcript della presentazione:

1 La costruzione dell’immagine di sé nel soggetto con deficit e disabilità
La teoria di J.Lacan e la funzione dello specchio La relazione madre/figlia-a e l’approccio di Maud Mannoni L’immagine del corpo e la costruzione del sé: Françoise Dolto

2 La teoria di J.Lacan La funzione dello specchio nella costruzione dell’Io
Jacques Lacan, psicanalista , psichiatra e filosofo francese( ) Innovatore della teoria freudiana Usa lo strutturalismo dell’antropologo Claude Lévi-Strauss e la linguistica di de Saussure e Jakobson per analizzare il funzionamento dell’inconscio nel suo rapporto con la costruzione della dimensione simbolica: afferma che ‘l’inconscio è strutturato come un linguaggio’; ha un lessico , una sua sintassi e una sua grammatica Insiste molto sull’importanza dello specchiamento: parla di stadio dello specchio nella formazione dell’io(scrive “Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io”. Il bambino (dai 6 ai 18 mesi) arriva a riconoscere la propria immagine riflessa nello specchio e elabora un primo abbozzo dell’Io , ma all’interno dell’immaginario , entro una relazione duale di confusione tra sé e l’altro (la madre e il padre). Così si costruisce l’immagine di sé che passa tramite il linguaggio(il discorso dell’altro) e lo sguardo dell’altro. E’ anche l’accesso al mondo simbolico.

3 Desiderio e significato
L’interiorizzazione dello sguardo dell’altro e del suo discorso ci rende in qualche modo prigionieri del desiderio dell’altro. La domanda che si fa Lacan è: come accedere al proprio desiderio? Concetti fondamentali. Lo specchio e la sua funzione L’inconscio come linguaggio e sistema simbolico Il desiderio e l’essere soggetto di desiderio Il desiderio del desiderio Soggetto desiderante Soggetto significante(e non solo significato) Il riconoscimento La natura immaginaria dell’Io Come potere desiderare? L’approccio di Lacan ci può aiutare a comprendere le modalità di costruzione del sé nella persona con deficit e disabilità

4 La relazione madre- figlia-o disabile
La relazione madre- figlia-o disabile. L’approccio deistituzionalizzante di Maud Mannoni Maud Mannoni ( ) Psicanalista e psicoterapeuta francese di origine olandese Lavora con bambini autistici, psicotici e con insufficienza mentale Fonda la scuola sperimentale di Bonneuil-sur-Marne (1999 dove prende in carico bambini e lavora con le madri. Una comunità aperta al territorio dove si svolge delle attività di tipo educativo, riabilitativo e terapeutico. Mannoni (influenzata da Fernand Deligny: il ‘maestro dei bambini pazzi ‘) promuove la deistituzionalizzazione e una relazione basata sull’ascolto comprensivo, il lavoro sulla dimensione simbolica della relazione di aiuto (Lacan) e la costruzione di contesti transizionali che possano aiutare i bambini(Winnicott) Libri importanti. Il bambino, la sua malattia e gli altri Il bambino ritardato e sua madre

5 Soggetto desiderante, fantasmi materni e medici
Maud Mannoni afferma che: - «a voler trattare il sintomo si rifiuta il paziente» - bisogna prendere in considerazione il bambino che si cela dietro al malato. Mannoni studia anche il ritardo mentale «quale si presenta nel fantasma materno» e nota anche che spesso il modello medicalizzante, di cui la madre può essere prigioniera, «lungi dal cercare di comprendere il bambino come soggetto desiderante, lo integra come oggetto di cura nell’ambito di sistemi diversi di recupero, privandolo di qualsiasi espressione personale».

6 L’importanza del racconto
Maud Mannoni tenta di ricostruire tutta la rete di comunicazione distorta che fissa il soggetto con ritardo mentale al suo sintomo, lasciando alla gestione psichiatrica l’interpretazione del progetto educativo e riabilitativo finendo, in questo modo, per trasformare la disabilità in malattia e questa in alienazione. È quindi fondamentale riattivare il racconto e il desiderio del bambino, occorre creare le condizioni che favoriscono l’emergere del bambino come essere desiderante e significante nella sua esperienza di vita. Tuttavia il bambino si trova spesso incastrato tra le categorie medicalizzanti, le angosce e le fantasie dei genitori e della madre in particolare. Occorre sottolineare che, a differenza di Bruno Bettelheim, l’approccio di Maud Mannoni non colpevolizza la madre, ma tenta di aiutarla a prendere coscienza delle dinamiche relazionali che si mettono inconsapevolmente in moto nel rapporto con il figlio o la figlia disabile.

7 Critica del concetto di ‘debolezza’ mentale
Maud Mannoni ha anche messo in discussione le nozioni di “debolezza’ mentale” e di “deficit intellettuale” mostrando come un bambino etichettato come “insufficiente mentale” si iscrive in quel ruolo e finisce per assumerne tutte le caratteristiche socialmente condivise. L’identificazione costante con il deficit, questo vale sia per i soggetti con ritardo mentale che per quelli con la sindrome di Down, finisce per strutturare nella relazione bambino–genitori un certo tipo di atteggiamento che tende ad accentuare o a negare il deficit stesso: i genitori non accettano il deficit del bambino, tentano di mettere in discussione la diagnosi facendo del bambino un “abituato” alle consultazioni mediche specialistiche per avere una conferma; si arriva all’accanimento terapeutico che fa del bambino un tutt’uno con il suo deficit percepito come patologia o diformità da eliminare.

8 L’immagine del corpo nella costruzione dell’immagine di sé (Françoise Dolto)
L’immagine inconscia del corpo L’educazione . Imparare a sublimare L’esperienza della Casa verde: comunità aperta a bambini da 0 a 4 anni e i loro genitori. Luogo di socializzazione e d’incontro

9 L’immagine del corpo e il suo rapporto con la costruzione dell’immagine di sé
Un altro aspetto che ci sembra interessante per la pedagogia speciale nel lavoro di Françoise Dolto è l’attenzione all’educazione corporea: 1) lo schema corporeo (dimensione conscia) 2) l’immagine del corpo (dimensione inconscia): si struttura nei vissuti e nella storia del soggetto, il primo è una realtà di fatto, situato nel tempo e nello spazio che si identifica anche con l’esperienza immediata. Invece, l’immagine del corpo mette in relazione il soggetto desiderante con il proprio piacere, quello di viversi in modo positivo nel proprio corpo, un corpo mediato dal linguaggio memorizzato e strutturato nella comunicazione intersoggettiva. Queste distinzioni possono essere decisive nel campo educativo e riabilitativo per chi si occupa di disabilità fisica e motoria. Esiste una dimensione estetica del processo di apprendimento che forma l’immagine che ci facciamo di noi stessi con la mediazione del nostro corpo in relazione con quello degli altri. Basta pensare cosa può significare nella strutturazione della personalità di un disabile fisico doversi specchiare continuamente nel corpo degli altri e con quello imposto dai media. La conoscenza, l’accettazione e il rispetto di sé nasce con la conoscenza, l’accettazione e il rispetto del sé corporeo da parte del bambino disabile. L’educatore, l’operatore della riabilitazione, i genitori devono chiedersi come aiutare il bambino a sviluppare un atteggiamento positivo nei confronti del proprio corpo.


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