La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La comunicazione (3) Il codice, i codici

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "La comunicazione (3) Il codice, i codici"— Transcript della presentazione:

1 La comunicazione (3) Il codice, i codici
Lingua italiana (CT) La comunicazione (3) Il codice, i codici

2 Argomenti della lezione
Questa lezione continua l’esposizione, iniziata nella precedente, di alcuni concetti fondamentali di semiotica. Sono oggetti di analisi, questa volta: il concetto di codice; gli oggetti che lo compongono e le regole che ne determinano il funzionamento; le caratteristiche salienti dei codici verbali; le caratteristiche di alcuni codici non verbali.

3 Il codice

4 Definizione di codice i codici sono insiemi strutturati di segni e di regole per combinarli tra loro; essi possono avere - in dipendenza dalle caratteristiche degli elementi che li costituiscono (i segni, appunto) - caratteristiche molto diverse.

5 Codici e regole Le regole che governano un codice indicano come i segni possono essere (a) combinati e (b) sostituiti gli uni agli altri in maniera accettabile. Le regole che determinano la combinazione di segni sono dette sintagmatiche. Le regole che determinano la sostituzione di segni sono dette paradigmatiche.

6 Regole sintagmatiche e paradigmatiche
Si può anzi dire che ciascun codice è organizzato su due assi: quello sintagmatico, che rappresenta la dimensione combinatoria lineare degli elementi linguistici; quello paradigmatico che rappresenta le possibilità di sostituzione offerte per ciascuno degli elementi disposti sull'asse sintagmatico.

7 Figura 1: gli assi linguistici
Il contadino coglie quelle carote Lui sbuccia tutte le patate Egli cuoce varie ciliegie Antonio schiaccia parecchie arance Giovanni mastica tante banane Maria butta molte mele Andrea mangia le pere Asse paradigmatico (o del sistema); sostituzione Asse sintagmatico (o del processo); combinazione

8 I codici in relazione ai segni
Sulla base della natura dei segni che li compongono, possiamo distinguere tra codici verbali (lingue storico-naturali) e non verbali (gestuali, cromatici, iconici…); I codici verbali impiegano segni simbolici verbali; i codici iconici utilizzano per lo più segni grafici icone. La suddivisione tra simboli, icone ed indici risale a Peirce.

9 I codici e le loro caratteristiche
Distinguiamo tra codici lassi e codici formalizzati I primi ammettono usi connotativi; i secondi sono più rigorosamente denotativi e mirano alla biunivocità perfetta. Hanno caratteristiche di formalizzazione soprattutto i codici artificiali.

10 Denotazione/connotazione in linguistica
La denotazione, in linguistica, è il significato dato per mediamente acquisito di un'entità lessicale, che non contiene alcun elemento soggettivo o affettivo determinato dal contesto. La connotazione è la sfumatura linguistica di ordine soggettivo (a volte però socialmente ratificato) che un termine o un enunciato hanno o acquisiscono in aggiunta al significato di base (ad es. mamma e madre hanno uguale significato ma diversa connotazione).

11 Denotazione/connotazione in semiotica
Denotazione, in semiotica, è il valore “neutro” (di sistema) di un segno in un determinato codice. Connotazione è l’operazione di ridefinizione di un segno a nuovo significante di un altro. La riassegnazione semantica avviene sulla base di procedimenti analogici.

12 Denotazione/connotazione
Rappresentazioni del rapporto tra denotazione e connotazione A Connotazione come sfumatura di senso indefinita Connotazione come ridefinizione di un segno a nuovo significante di un altro. connotazione connotazione denotazione B La connotazione è un atto squisitamente culturale/ideologico e vincolato dal contesto. significante significato

13 Connotazioni… A B C D

14 Denotazione in logica In logica, la denotazione è la proprietà di un termine di indicare una classe di oggetti e solo quella. In questo senso il termine equivale ad estensione. Il fatto che si ritenga la denotazione come l’elemento “solido” dei significati di un codice riposa su due assunti impliciti: che tale codice sia costituito da elementi che corrispondono a fatti del mondo ben precisi; che tale associazione abbia carattere di naturalezza o di arbitrarietà ma che sia stabile.

15 Connotazione in logica
In logica, connotazione è l'insieme degli attributi necessariamente implicati da un termine o da un enunciato. In questo senso il termine equivale ad intensione.

16 Codici non verbali Nella comunicazione linguistica, i codici simbolici verbali sono impiegati in congiunzione ad altri: quelli paralinguistici; quelli extralinguistici.

17 Paralinguistica Costituiscono il dominio paralinguistico i fatti prosodici, che accompagnano, qualificano e strutturano l’enunciazione. I fatti prosodici hanno rilievo solo nella comunicazione orale, ma alcuni di essi hanno un corrispettivo (per lo più interpuntorio) anche in quella scritta. La prosodia si occupa di fenomeni fonologici sovrasegmentali (relativi, cioè a più segmenti fonologici [ossia gruppi di fonemi], come sillabe, gruppi di sillabe, parole o enunciati).

18 Prosodia I fenomeni prosodici si distinguono in distintivi (o fonologicamente pertinenti) e non distintivi. In italiano, i fenomeni prosodici distintivi più importanti sono: l’accento; la quantità l’intonazione. Quelli non distintivi sono: il timbro; il tono; il ritmo; la durata.

19 Fatti prosodici distintivi: intonazione
L'intonazione è lo schema melodico (musicale) che si ottiene, nella produzione di insiemi di suoni articolati (parole, sintagmi, enunciati), variandone la frequenza. Dalla variazione intonativa dipendono funzioni comunicativo-espressive fondamentali: quella demarcativa; quella funzionale-informativa; quella espressiva. Intonazione L'i. è lo schema melodico (e cioè musicale) che si ottiene, nella produzione di insiemi di suoni articolati (parole, sintagmi, enunciati): per il fatto di riguardare unità foniche superiori al singolo segmento fonico - il singolo fono - i fatti intonativi vengono detti sovrasegmentali), variandone la frequenza. Le variazioni di tono realizzano schemi melodici (e cioè musicali) particolari che sono detti contorni intonativi (la frequenza di un suono dipende dal numero di oscillazioni dell'onda sonora nell'unità di tempo; a frequenze più alte corrisponde una sensazione di acutezza della voce: la donna, per esempio, la cui voce è percepita come più acuta di quella dell'uomo, emette suoni la cui frequenza si colloca tra i cicli per secondo, mentre l'uomo li articola a frequenze oscillanti tra gli 80 ed il 150 cicli per secondo). Dalla variazione intonativa dipendono funzioni comunicativo-espressive fondamentali: quella demarcativa (le variazioni di altezza, di durata e di intensità, assieme ad alcuni fatti ritmici, come il susseguirsi di fasi di produzione di suono e di silenzio, rendono possibile l'identificazione delle unità che compongono un testo); quella funzionale-informativa (le variazioni di altezza, di durata e di intensità, assieme ad alcuni fatti ritmici, rendono possibile la definizione del ruolo svolto dai segmenti enunciativi che ne sono caratterizzati all'interno delle unità testuali e consente al mittente di indicare ed al destinatario di riconoscere gli elementi comunicativamente salienti all'interno di un enunciato); quella espressiva (i mutamenti delle medesime caratteristiche acustiche cui abbiamo fatto riferimento al punto precedente permettono al mittente di segnalare al suo interlocutore le proprie emozioni); In italiano si riconoscono numerose strutture intonative (ossia curve di variazione della frequenza, contorni intonativi); quattro appaiono, per la loro frequenza, particolarmente importanti ai fini demarcativi e funzionale-informativi, ma talora non privi di valore espressivo: quella conclusiva: essa caratterizza, ad esempio, enunciazioni informative nella loro fase finale, e permette, quindi, di riconoscere i componenti di una sequenza di enunciati. Se è seguita da silenzio (un fattore ritmico), può indicare il confine di testo e funzionare da vero e proprio elemento paratestuale in un ambito orale. Nelle intonazioni conclusive la frequenza diminuisce nella parte finale dell'enunciato (la si ha, ad esempio, in un "È andato via" ottenuto in risposta ad una domanda neutra come: "Dov'è Luigi?"); quella interrogativa: è propria delle domande, ed ha sia funzione demarcativa (in uno scambio dialogico, per esempio, può preludere ad un cambio di turno, e quindi all'introduzione di un nuovo enunciato), che funzionale-espressiva (comunica al destinatario di un'enunciazione che il mittente si attende da lui una risposta). In essa la frequenza aumenta nella parte finale della frase (la si avrebbe, ad esempio, in una domanda come "È andato via Luigi?" in contesto non enfatico); quella sospensiva: è normale in enunciati che non si concludono lasciando intendere la necessità di un completamento informativo, o di quelli conclusi, ma in cui si vuole mettere in speciale risalto la parte terminale; anch'essa ha, quindi, sia funzione demarcativa che funzionale-espressiva. Nel primo caso - quello di enunciati non portati a termine - la frequenza viene mantenuta costante nella parte finale della frase, in modo da ingenerare una sorta di attesa per uno sviluppo (la si ha, ad esempio, in un enunciato come Giorgio ha raccolto molti voti..., quando si preveda una prosecuzione come ...ma sorvoliamo sul modo); nel secondo - quello di enunciati conclusi - si ha un rapido innalzamento e poi un altrettanto rapido abbassamento della frequenza nel segmento della frase che anticipa la porzione conclusiva (la si avrebbe, per esempio, nel caso di Se Mario pensa di cavarsela, non ha capito proprio niente); quella incidentale: è propria di enunciazioni in cui - al discorso principale - si frammettono sequenze che lo interrompono, ed ha una chiara funzione demarcativa. In essa la frequenza diminuisce nel punto in cui viene introdotto l'inciso e risale nella sua parte finale (la si registrerebbe, ad esempio, leggendo la prima parte di questo punto, laddove si immette, nel segmento più importante, la sequenza secondaria al discorso principale, la cui natura complementare è segnalata anche graficamente da due trattini). Anche anche la segnalazione di alcuni fatti espressivi è legata all'andamento delle frequenze, delle durate e delle intensità: si pensi alla diversa struttura prosodica che potrebbe avere l'enunciato "Apri la porta" quando indicasse una semplice richiesta cortese, una imperiosa (Apri la porta!), un'affermazione provocatoria ('prova ad aprire la porta e vedrai cosa succede'), una domanda (Apri la porta?), constatazione ricca di stupore ('tu apri la porta... proprio tu fai una cosa simile?').

20 Intonazione: esempi Michele abita a Milano Il cane dorme

21 Intonazione, altri esempi
Hai comprato il libro? Sì Siete d’accordo che in bibliografia sia messo un solo libro? Sì (esultazione: Sììììì) Lo sai che a chi da 5 esami nel primo anno ne abbuonano uno? Sì (incredulità: Sssi-i) Lo sai che vogliono portare ad otto il numero di esami per il primo anno? Sì (preoccupazione: Sì-i?) Pronto è Rossi? Sì (attesa: Sì-i…) E domani in università non vado, sia chiaro! Sì (disinteresse: Sì-ssì)

22 Fatti prosodici non distintivi: ritmo
Il r. è un fatto prosodico determinato dal susseguirsi, entro un enunciato o una sequenza di enunciati, di segmenti in cui si registra attività fonatoria e di segmenti di silenzio o la presenza di un tratto prosodico che si alterna al suo opposto (tonicità/atonia; lunghezza/brevità*). È un componente fondamentale nella comunicazione orale; viene consciamente sfruttato anche nella scrittura in alcune situazioni particolari, come la creazione poetica.

23 Ritmo ed intonazione: esempi
Il ragazzo arrivato per terzo aveva sbagliato strada Gli alunni che avevano finito il compito uscirono Il maestro dice il professore è uno sciocco

24 Extralinguistica Costituiscono il dominio extralinguistico i fatti cinesici e prossemici, che accompagnano, qualificano e strutturano l’enunciazione o, in qualche caso, la sostituiscono. I fatti cinesici e prossemici hanno rilievo solo nella comunicazione orale. I primi sono collegati con i gesti attivati ed i secondi con le posture assunte dai parlanti nel corso di uno scambio comunicativo.

25 Cinesica Nel corso di una comunicazione che avviene attraverso mezzi verbali usiamo il corpo per esprimere significati aggiuntivi a quelli codificati linguisticamente. Rientrano nel dominio della cinesica, tra gli altri : i cenni del capo; le espressioni del volto; i gesti; i movimenti oculari.

26 Cinesica: i gesti Ai gesti ed agli altri elementi cinesici si riconoscono funzioni diverse: di sottolineare elementi del linguaggio verbale; di esprimere emozioni; di esprimere atteggiamenti e personalità; di permettere o facilitare il contatto interpersonale (alcuni gesti sono istituzionalizzati dall’etichetta e nelle cerimonie). In alcuni casi, diversi dai precedenti, i gesti sono elementi segnici in un codice gestuale.

27 Cinesica: i gesti I gesti che hanno la funzione di sottolineare elementi del linguaggio verbale sono raccolti in classi: quella degli emblemi; quella degli ideogrammi; quella dei deittici; quella delle bacchette; quelli degli indicatori dello stato affettivo. Illustratori - segni che commentano il linguaggio verbale e lo sottolineano. Si dividono in: - bacchette, che scandiscono le parti del discorso, come fossero una punteggiatura; - ideografici, che indicano un movimento di pensiero. Per esempio, i gesti in direzioni diverse con cui si sottolinea un modo di dire come «da un lato... dall'altro...»; - deittici, che indicano un oggetto o una persona; - spaziali, che individuano una posizione o un luogo; - cinetografici, che illustrano un'azione del corpo (una sorta di metagesto); - pittografici o mimetici; regolatori, che servono a sincronizzare gli interventi in una conversazione, indicare il turno di parola, ecc.; indicatori dello stato affettivo, come per esempio il torcersi le mani per l'impazienza o l'ira; adattatori, che regolano la posizione del corpo rispetto a un'altra persona, a un oggetto, o a se stesso.

28 Cinesica: i gesti Emblema Ideogrammi Deittico
Segno simbolico, emesso intenzionalmente con un significato specifico, verbalizzabile Ideogrammi Segno analogico, che indica un movimento di pensiero. Deittico Segno con cui si indica un oggetto o una persona

29 Cinesica: i gesti Indicatore di stato affettivo Bacchetta
Segno espressivo, che indica uno stato d’animo particolare Bacchetta Segno di accompagnamento al discorso, che ne scandisce i segmenti.

30 Prossemica Nel corso di una comunicazione verbale le posture e la posizione esprimono, come i gesti, significati aggiuntivi a quelli codificati linguisticamente. Rientrano nel dominio della prossemica, tra gli altri : le distanze interpersonali; la postura; l’altezza relativa dei parlanti.

31 Prossemica: le distanze
Alcuni studi suggeriscono che la gestione delle distanze tra gli interlocutori sia particolarmente significativa. Si distinguono in genere quattro zone di distanza: quella intima; quella personale; quella sociale; quella pubblica.

32 Prossemica: le distanze
Distanza intima Distanza personale Distanza sociale Nella distanza intima il coinvolgimento degli interlocutori è molto forte; vengono ampiamente stimolati tutti i canali sensoriali; è la distanza tra due persone che si conoscono molto bene. Nella fase di vicinanza c’è il contatto del capo, del tronco, delle pelvi; nella fase di lontananza non si ha contatto, ma l’interlocutore è facilmente raggiungibile; alcuni studi suggeriscono che questa distanza è compresa tra 15 e 45 cm. Nella distanza personale il coinvolgimento degli interlocutori è relativamente forte; nella fase di vicinanza, ciascun interlocutore può afferrare l’altro e questa distanza sarebbe compresa tra 45 e 75 cm; è la distanza tra due persone che si conoscono e parlano tra loro. Nella fase di lontananza gli interlocutori si possono toccare, al limite allungando entrambi le braccia. Questa distanza sarebbe compresa tra 75 e 120 cm; ed è normale con gli estranei. Nella distanza sociale il coinvolgimento degli interlocutori è relativamente debole; nella fase di vicinanza, ciascun interlocutore interloquire con l’altro senza troppe difficoltà; questa distanza sarebbe compresa tra 120 e 210 cm; è la distanza tra due colleghi. Nella fase di lontananza gli interlocutori possono ignorarsi senza risultare maleducati. Questa distanza sarebbe compresa tra 210 e 360 cm. Nella distanza pubblica il coinvolgimento degli interlocutori è nullo ed, anzi, la distanza pubblica sarebbe usata per schermare personaggi pubblici dagli astanti. Questa distanza sarebbe superiore ai 360 cm. Distanza pubblica Fasi della prossimità Fasi della lontananza


Scaricare ppt "La comunicazione (3) Il codice, i codici"

Presentazioni simili


Annunci Google