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Escatologia - Lezione 30^

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Presentazione sul tema: "Escatologia - Lezione 30^"— Transcript della presentazione:

1 Escatologia - Lezione 30^
Capitolo XI L’escatologia

2 Cristo perduto: l’inferno

3 Che cosa significa l’inferno?
Non confondere: plurale “inferi” e singolare “inferno” Alcune suggestioni iniziali: È uno stato di incompatibilità totale e definitiva con Dio, che la vita storica fonda, la morte sigilla e l’aldilà non può far altro che sanzionare (J. Doré). “è la sconvolgente possibilità di una eternità di segno opposto” (Durrwell) “è l’oscurità delle oscurità” (Ratzinger) e lo “scandalo degli scandali” (G. Martelet)

4 Evitare due tentazioni estremistiche:
Considerare la morte eterna come una verità sullo stesso piano della vita eterna: simmetria assoluta di una storia che può essere di salvezza o di condanna 2) Eliminare ogni reale possibilità di condan-na, a favore di una salvezza senza eccezioni: asimmetria assoluta della storia o tesi della apocatastasi.

5 La storia non ha due fini, ma uno solo: la salvezza è l’oggetto dell’escatologia; mentre la condanna è una possibilità, che si può verificare come contraddizione all’unico fine. La possibilità della morte eterna non può venire considerata come un tema “isolato in se stesso” (D. Wiederkehr) e parallelo alla salvezza. “Il cristiano crede nel paradiso, viceversa non possiamo dire che crede nell’inferno, perlomeno non dando il medesimo significato al verbo credere. La fede è essenzialmente speranza e per tutti. La speranza viene però espressa di fronte all’abisso del possibile fallimento. Tale abisso rimane una possibilità reale fintanto che gli uomini vivono nel tempo” (F.J. Nocke)

6 A partire dall’AT Fino al periodo ellenistico (quando appare il genere apocalittico): lo sheol (soggiorno delle ombre) è la dimora destinata agli empi Prefigurazioni di un fallimento assoluto nell’al di là Is 66,24: i cadaveri dei peccatori non sepolti vicino a Gerusalemme nella valle di Ben-Hinnon (Geenna) che sono tormentati in perpetuo dal “verme che non muore” e dal “fuoco che non si estingue” (amplifica Ger 19,2-15) Dn 12,2: “infamia eterna” o “orrore eterno” (vedi l’escatologia dell’epoca, circa 160 aC)

7 Giubilei 36,7-11: passibile del fuoco eterno chi nuoce a suo fratello
Sapienza (inizio del periodo romano): il peccatore distrugge se stesso col proprio peccato (Sap 11,16; 12,23; 17,21) il destino degli empi: Sap 5,14-23; 3,

8 Nel NT Gesù mette in guardia dalla possibilità di perdersi eternamente. Gesù parla per 11 volte della Geenna. L’Ade (lo sheol del greci, per 4 volte) è come l’Abisso, una parte del cosmo relegata al punto più basso (Lc 10,15) L’idea è resa con una duplice serie di passi che la descrivono: Sotto l’aspetto della esclusione dalla vita di Dio Sotto l’aspetto doloroso che tale esclusione comporta.

9 Espressioni che significano la negazione della comunione con Dio che costituisce la beatitudine:
“perdere la vita” (Mc 8,35) “perdere anima e corpo nella Geenna” (Mt 10,28) Se “conoscere” indica la “vita eterna” sotto il profilo del comunicare nella sfera di una rela-zione interpersonale, alcune formule indicano il contrario: - “Io lo rinnegherò davanti al Padre mio” (Mt 10,33) “Non vi conosco” (Mt 25,12; Mt 7,23) “Non so di dove siete” (Lc 13,25-27)

10 Corrispondenza dell’immagine del Regno come banchetto, i peccatori sono cacciati fuori dalla mensa:
Non entrare nel Regno (Mt 5,20; 18,3) Le vergini stolte “restano fuori” dal banchetto di nozze (non ri-conosciute dallo sposo), mentre le vergini prudenti entrano con lui (Mt 25,10-12) Paolo: “non ereditare il Regno” (1Cor 6,9-10) Giovanni: “non vedere la vita” (Gv 3,36) Immagini che fanno pensare alla dannazione non come “castigo” ma come occasione perduta: il restar fuori da quell’accesso immediato a Cristo mediante il quale si riceve la vita eterna.

11 Particolare importanza hanno anche le parabole dove prende rilievo la possibilità di un esito finale negativo: zizzania pesci scartati commensale senza veste nuziale maggiordomo infedele servo che conserva il talento il ricco Epulone e il povero Lazzaro.

12 Qui l’inferno non viene descritto in sé per sé (come entità a se stante) ma si giunge ad esso anteponendo una negazione alle descrizioni della salvezza. L’inferno è l’immagine invertita della gloria: All’essere con Cristo corrisponde l’essere allontanati da lui all’entrare nel regno, il rimanerne fuori Alla vita eterna corrisponde la morte eterna: Lc 13,3; Gv 5,24;6,50;8,51; 1Gv 3,14; 5,16-17; Ap 20,14,

13 si usano alcune immagini dell’apocalittica coeva: ‘fuoco’
2) Oltre a questo linguaggio negativo (cosa non è l’inferno), il NT (specie nei sinottici) contiene descrizioni in termini positivi (cosa è) della morte eterna si usano alcune immagini dell’apocalittica coeva: ‘fuoco’ “geenna di fuoco” (Mt 18,9) Fornace ardente (Mt 13,50) Fuoco inestinguibile (Mc. 9,43.48) Stagno di fuoco e zolfo (Ap 19,20) (cf. Mt. 5,22; 13,42; 25,41)

14  verme che non muore (Mc 9,48)
‘tenebra’ (cf. Mt. 8,12; 22,13; 25,30) ‘là sarà pianto e stridore di denti’ per dire la sofferenza della separazione in termini fisici (cf. Mt. 8,12; 13,42.50; 22,13; 24,51; 25,30; Lc. 13,28).  verme che non muore (Mc 9,48) Paragonato alle descrizioni fantasiose e terribili dell’apocalittica, il linguaggio del NT appare più sobrio e riservato. Gesù usa queste immagini per esprimere il pericolo dal quale intende mettere in guardia (“moniti profetici per dire l’urgenza del Regno e l’appello alla conversione da non rinviare”) per richiamare l’attenzione sull’abisso, ma non per fissare l’attenzione sull’abisso

15 questo linguaggio simbolico vuol sottolineare che la privazione eterna di Dio suppone per l’uomo il tragico fallimento della vita e quindi il massimo delle sofferenze NB: La pena va a sanzionare l’omissione di semplici gesti compassionevoli (Mt 25, ). È una chiave interpretativa: le compatibilità sono scartate (la “collera dell’Agnello davanti alla quale nessuno può resistere”: Ap 6,16ss) l’umanità è confrontata con due situazioni inconciliabili, tanto esigenti nelle piccole come nelle grandi cose.

16 NOTA: proiezione escatologica della differenza ineliminabile tra bene e male
Cfr. Giovanni Paolo II nella Veritatis Splendor nn. 35,41,54: l’inferno significa anzitutto che la differenza tra il bene e il male non sarà mai cancellata, perché essa apre o chiude le porte del Regno in base al fatto che la si rispetti o la si violi, dando così il diritto-dovere di distinguere tra maledetti e benedetti (Mt 25,41.43)

17 La preponderanza dell’immagine del fuoco. Come interpretarla
La preponderanza dell’immagine del fuoco. Come interpretarla? Perché è prevalsa? Un fuoco reale? Esegeticamente improbabile come se, al contrario, il banchetto conviviale fosse una parte della beatitudine eterna! Una pena causata da un agente materiale o esterno al dannato? Sinottici: il fuoco non è una parte dell’inferno, è proprio questo stato: al regno di Dio si oppone il fuoco eterno (Mt 25,34.41) Però non opporre una pena privativa (come nei testi precedenti sulla esclusione) e una pena diversa di indole positiva (castighi, afflizioni)

18 I testi parlano della medesima realtà: la privazione di Dio
L’immagine del fuoco è prevalsa (nelle formule di tipo positivo) perché suggerisce un dolore sommamente acuto e penetrante? Qui la associazione spontanea della nostra sensibilità Non così nella cultura semitica: l’uso del fuoco nella vita quotidiana come destino di ciò che è diventato inservibile L’albero che non da frutto sarà gettato nel fuoco e la scure è già alla radice (Mt 3,10) Ogni albero che non da frutto sarà gettato nel fuoco (Mt 7,19) La zizzania è gettata nel fuoco (Mt 7,19)

19 NB: L’immagine del fuoco non è usata per illustrare un dolore fisico che accompagna la esclusione dal regno, ma la vacuità di una vita senza la relazione con Dio: resta una vita frustrata, inutile come un albero senza frutto o la pula senza grano: il suo è il destino di ciò che non serve a nulla.

20 Paolo: stile apocalittico per descrivere il castigo ginale in 2Ts 1,9: “rovina (olethros) eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza” Altrove: perdizione (apolymi, apoleia): Rm 9,22; 1Cor 1,18; 2Cor 2,15; 4,3; Fil 3,19 oppone alla vita eterna la collera (thymos) e lo sdegno, nella prospettiva del giorno dell’ira (orgé: Rm 2,5-8); è l’ira ventura (1Ts 1,10) 1Cor 2,6: katargein: un annientamento degli spiriti del male piuttosto che una loro punizione Eb 10,26-31: non un inferno eterno, ma un castigo peggiore della morte,

21 Giovanni: poche immagini (solo Gv 15,6)
Lascia al destinatario di interpretare le parole: “risurrezione di condanna” (5,29) “morirete nei vostri peccati” (8,21-24) “perire” invece di “avere la vita eterna” (3,16) C’è un peccato che conduce alla morte definitiva (1Gv 5,16) Che è la “seconda morte” (Ap 2,11) Lo stato di questa morte è senza termine: “un tormento che dura per i secoli dei secoli” (Ap 14,11)

22 Bibbia: ci offre indizio per conciliare la natura esclusivamente salvifica di Cristo e la possibilità di una dannazione eterna. Gv 3,17-19; 12,47-48: il giudizio di condanna procede dal condannato stesso, in quanto non crede e non accoglie la parola: - “colui che non crede è già condannato” (3,18) - “la parola che ho annunziato lo condannerà nell’ultimo giorno” (12,48). - non è necessario che Cristo condanni qualcuno: “Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno, perché non sono venuto a condannare ma per salvare” (12,47)

23 TRADIZIONE ECCLESIALE sull’inferno
Apologisti: giustificazione razionale delle pene infernali: Giustino: l’inferno è un contributo alla pacifica convivenza e all’ordine sociale perché postula che la giustizia eterna non lascerà impuniti i malvagi Ireneo e Minuzio Felice: l’eternità delle pene Origene: si allontana su due punti: In dubbio il carattere eterno della dannazione: le pene hanno carattere medicinale, dunque sono temporali. Parla da filosofo che pensa

24 In alcuni testi sembra sostenere l’apocatastasi
con una visione ciclica della storia nella quale il destino degli individui non può mai essere definitivamente fissato. In alcuni testi sembra sostenere l’apocatastasi Dice però: “tutte queste cose le tratto con cautela, considerandole discutibili e rivedibili piuttosto che stabilendole come certe e definitive” (Peri archon 1,6,1). Ebbe un grande influsso, specie su Gregorio di Nissa Condanna del sinodo di Costantinopoli (DS 411) alle opinioni origeniste dei monaci di Gerusalemme e affermazione unanime circa la durata eterna dell’inferno.

25 2) La natura del fuoco secondo Origene.
Si oppone alla concezione materiale del fuoco: “ogni peccatore accende da sé la fiamma del proprio fuoco. Non che sia immerso in un fuoco acceso da altri e esistente prima di lui, ma che l’alimento e la materia di questo fuoco sono i nostri peccati” (Peri archon, 2,10,4) Il fuoco infernale: simbolo del tormento interiore del dannato afflitto dalla propria deformità e dal proprio disordine Poi Crisostomo: “dal momento in cui qualcuno è condannato al fuoco, evidentemente perde il regno e questo è la disgrazia più grande”

26 Agostino: l’essenza della morte eterna non sta nei castighi sensibili: “si avrà la morte eterna quando l’anima non potrà vivere non avendo Dio” (De Civ. Dei 21,3,1). Documenti del MAGISTERO sull’inferno Simbolo Quicumque (V-VI sec): “coloro che fecero il male andranno al fuoco eterno” (DS 76) Editto di Giustiniano al sinodo di Costanti-nopoli del 543: condanna gli origenisti “che pensano che il supplizio dei demoni e degli empi è temporale o avrà fine un giorno” (DS 411)

27 MEVO: Laternanese IV (1215): contro gli albigesi che pensavano alla pena come a uno stato di “incarnazione”: le anime peccatrici soffriranno tante incarnazioni quante saranno necessarie per liberarsi dalle loro colpe l’apocatastasi porrà fine a queste incarnazioni successive e comporterà l’annichilimento della materia (un neo-origenismo). Condanna della tesi e correzione: i peccatori “riceveranno col diavolo una pena perpetua” (DS 801).

28 Costituzione di Benedetto XII (XIV sec), Benedictus Deus:
“le anime di coloro che muoiono in peccato mortale attuale scendono all’inferno dove sono tormentate con pene infernali” (DS 1002) pena del peccato è la mancata visione di Dio (già segnalato da Innocenzo III: DS 780) Conc. Vaticano II: GS 48 (l’inferno come possibilità reale) CCC n. 1035: ribadisce: esistenza, eternità, penalità del “fuoco eterno”

29 RIFLESSIONI TEOLOGICHE sull’inferno
Punto di partenza coerente con rivelazione: vieta di attribuire alla volontà di Dio la respon-sabilità diretta di uno stato di perdizione e di una creatura (Diavolo) la cui unica ragione di essere consiste nel servire da strumento di supplizio per altre creature Dio non può creare né volere il peccato e l’inferno: totalmente incompatibili con Dio Tesi del predestinazionismo: Dio ha una volontà positiva di dannazione, fu combattuta a più riprese (Lucido nel V sec., calvinismo, giansenismo…)

30 Bisogna cercare nell’uomo la causa della esistenza dell’inferno:
Inferno come sanzione intrinseca alla colpa Inferno è una creazione dell’uomo: basta che esista un uomo che opta coscientemente e volontariamente per una vita senza Dio Solo l’uomo, non Dio, può dare a se stesso la morte eterna (inversamente solo Dio e non l’uomo, può dare all’uomo la vita eterna) - l’inferno può esistere solo come prodotto uma-no (in modo analogo il paradiso può esistere solo come autodonazione divina)

31 Quanto l’escatologia afferma sull’inferno riguarda unicamente il livello delle persone singole (per me) , non il livello comunitario. A livello comu-nitario la chiesa predica solo la salvezza universale. Ma ciò che è valido per l’umanità come un tutto unitario non è necessario che lo sia per tutti e ciascuno, sotto pena di ledere irrimediabilmente l’oggettività di un ordine fondato da Dio sulla facoltà di risposta libera e responsabile. Non sussisterebbe più la serietà di una storia libera: un processo meccanico di divinizzazione della creatura, nel quale Dio è l’unico attore reale.

32 “Apokatastasi panton? No, poiché la grazia che, alla fine, abbracciasse tutti e ciascuno non sarebbe la grazia libera, la grazia divina. Ma potrebbe esserlo (libera!) se noi potessimo impedirle in assoluto di farlo? (di riconciliare tutti)” (K. Barth).

33 Questione: può un uomo lucido realizzare la sua esistenza come un no irremovibile all’interpellazione di Dio? Negazioni teo-logiche esplicite e dirette di Dio Negazioni umane di Dio: lo si rifiuta nell’odio verso l’uomo che è l’immagine di Cristo

34 Non si può negare l’esistenza obiettiva di situazioni di peccato (sociale - individuale) che postulano una responsabilità soggettiva localizzabile in una personalità creata (umana, altrimenti Dio sarebbe l’autore del male). - Questo io umano si sta affermando contro Dio/senza Dio, attinto atematicamente e implicitamente nella mediazione del prossimo.

35 Una comprensione dell’inferno solo speculativa (una possibilità possibile), spoglia l’uomo del potere di essere fautore del suo destino e ignora il fatto costatabile del peccato. In riferimento al peccato, emerge il carattere reale, non speculativo, della possibilità dell’inferno. O meglio: nel fatto del peccato, la possibilità si avvera già come fatticità, a cui manca solo la consolidazione per realizzarsi in modo ultimativo come “morte eterna”.

36 “L’uomo che ha intessuto la sua storia di continue negazioni e di rifiuti di Dio, come rifiuto di Cristo e ostacolo radicale alla azione dello Spirito, potrebbe confermare nell’offerta ultima che Dio gli fa nel momento della morte, mediante un atto di rifiuto radicale e sommamente libero, la sua volontà di voler rimanere assolutamente distante da Dio, dai suoi simili e dal suo mondo, col risultato di definire la sua condizione escatologica come condizione di morte eterna/dannazione” (G. Ancona, Escatologia 329)

37 L’inferno non va letto in modo isolato ma speculare: ha senso in relazione a un’altra offereta = quella della felicità e della santità. Non lo si può dunque capire se non nella misura in cui la libertà umana si trovi posta davanti a una alternativa decisiva, di cui coglie tutta la serietà. Optare «per l’inferno» con conoscenza di causa, ossia nel rifiuto assoluto della promessa e dell’amore di Dio, costituisce una specie di caso limite = “La lucidità, propriamente diabolica, che dovrebbe caratterizzare un’esistenza storica «orientata all’inferno» non sembra trovare un posto «normale» in seno alla storia” (H. Bourgeois)

38 La possibilità dell’inferno può venire espressa, allora, insistendo:
sul peso della libertà che è la “facoltà del definitivo” sull’irreversibilità della morte e sull’urgenza della storia la logica di un dialogo tra Dio e la creatura è l’argomento più forte in favore del fatto che Dio prevede la possibilità dell’inferno in quanto tale dialogo accade solo nella libertà un “paradiso imposto” sarebbe ancora un paradiso, sarebbe ancora un atto amoroso?

39 “L’amore di Dio non potrà venire meno neppure per il peccatore che rifiuta di conoscerlo; esso non può, però, nemmeno forzarlo ad amare, perché la violenza è l’esatta antitesi dell’amore” (G. Colzani, La vita eterna, 142) l’amore (nel quale consiste la felicità eterna) non è pensabile senza libertà: come se alla fine (anche se non voglio) “io sarò in ogni caso uno che ama” (ma allora non è più il “mio” amore personale a determinare il mio destino)

40 La libertà ha il potere di fare scelte definitive, irre-versibili, come il peccato mortale (CCC n. 1861). Cedere a questa possibilità significa esporsi a questo stato di definitiva autoesclusione dalla comunione con Dio e coi beati, che viene designato con la parola “inferno” (CCC 1033). Pensare l’inferno non come una realtà inesora-bile per la libertà, che si crederebbe o vorreb-be votata al male, ma come una eventualità evitabile , che ci rimanda alla grandezza innata e al nodo vitale di una libertà lasciata a se stessa per poter rispondere all’Amore che la fonda.

41 L’essenza della morte eterna: in cosa consiste l’inferno
La vita eterna: vedere Dio, vivere insieme a Dio, partecipare dell’essere di Dio La morte eterna: negazione della vita, irreparabile lontananza da Dio, vuoto causato dalla sua assenza Distinzione classica: poena damni Pene infernali: poena sensus

42 Comprendere l’inferno come poena damni nella continuità tra peccato (prima morte) e morte eterna (seconda morte). Questa rende esplicito il contenuto virtuale di quello: il rifiuto di Dio. L’inferno è il risultato di tale rifiuto: l’esistenza senza Dio. Un inferno così descritto non impressiona troppo la immaginazione.

43 Ciò avviene perché non abbiamo ancora una esperienza completa di ciò che significa una esistenza senza Dio. Durante la sua parabola terrena Dio non è così lontano dal peccatore da non raggiungerlo: anche per il peccatore egli è colui che non vuole la sua morte, ma che si converta e viva. L’esperienza della lontananza di Dio nel tempo non è paragonabile con quella che si verificherà nell’eternità: l’inferno inaugura un vissuto diverso.

44 Ancora non sappiamo appieno cosa significhi vivere senza Dio (= il danno):
Essere fatti per lui e non poterlo raggiungere Percepire come forza repulsiva ciò che invece rappresenta il centro di attrazione del desiderio umano Perdere il senso di una esistenza che ormai non ha più oggetto Ruiz de la Pena: questo nostro “non sapere” spiega perché la rivelazione deve integrare lo scarno linguaggio negativo (perdere Dio) con quello positivo del “fuoco eterno”.

45 La pena del danno: come dirla oggi?
Non si tratta tanto di punizioni inflitte dall’e-sterno, quanto di una situazione di infelicità e tormento che è espressione e conseguenza di una vita rimasta “esterna” alla comunione con Dio, di cui Dio stesso non può far altro che prendere atto. È il carattere spirituale e doloroso della lucidità di chi dopo la morte vede “l’amore di Dio perduto per sempre”. Vedi citazioni patristiche:

46 In quanto a me, io dico che quelli che sono tormentati nell’inferno lo sono dall’invasione dell’amore. Che c’è di più amaro e di più violento delle pene d’amore? Coloro che sentono di aver peccato contro l’amore portano in sé una dannazione ben più grande dei più temuti castighi. La sofferenza che il peccato contro l’amore mette nel cuore è più lacerante di ogni altro tormento. È assurdo pensare che i peccatori nell’inferno saranno privati dell’amore di Dio. L’amore è donato senza divisione. Ma, a causa della sua stessa forza, agisce in due modi. Esso tormenta i peccatori, come succede quaggiù, che la presenza di un amico tormenta l’amico infedele. Ed esso fa gioire in sé quelli che sono stati fedeli. Tale è a mio avviso il tormento dell’inferno: il rammarico di perdere l’amore (Isacco di Ninive, Discorsi Ascetici I, 239)

47 Qui si può cogliere la corrispondenza tra l’immagine biblica del fuoco e la fenomenologia dell’amore. In entrambi i casi c’è una dialettica: Il fuoco positivo (dell’amore): Gesù deve battezzare col fuoco (Mt 3,11); la discesa dello Spirito è rivelata con il simbolo del fuoco (At 2,1ss) Il fuoco tenebroso (vedi sopra i rimandi biblici): che è immagine del tormento per l’amore perduto

48 T. Spidlik: “Avendo coscienza di non essere conforme, nello stato in cui è, a come avrebbe dovuto essere secondo il disegno di Dio – allo somiglianza divina – l’uomo tuttavia ama questa immagine e non vi può rinunciare, perché è Cristo, in cui egli vede se stesso, e non può non amare se stesso così come si manifesta in Cristo. Questo amore è lo Spirito santo, che gli infiamma il cuore, ma che diventa anche un giudizio su se stessi e sulla lontananza che lo separa da Cristo e da se stesso in Lui. Allora lo stesso fuoco, il fuoco dell’amore, brucia e allieta, tormenta e rallegra” (Maranathà, ).

49 E la pena sensibile: la poena sensus?
Una pena sensibile proveniente da una causa materiale? No: una pena che deriva dalla creaturalità dell’uomo: un-essere-in relazione Qui non vale la ipotesi dell’annichilimento: i dannati saranno annientati; questo è un enunciato contraddittorio per due motivi: la persona è un’entità assoluta, perennemente valida e non può disporre del suo essere in ordine all’esistenza, che ha ricevuto in dono Dio non può e non vuole rinnegare la sua creazione, nemmeno quando è peccatrice

50 La sofferenza “sensibile” dipende dal fatto che l’essere umano non può perdere la sua condizione relazionale rispetto all’alterità del mondo e degli altri umani: “Nella nuova creazione centrata su Dio, l’empio non troverà la sua collocazione; sperimenterà il mondo degli altri, non come dimora accogliente, ma come ambiente inospitale, che lo assedia e lo opprime senza tregua, ma dal quale non può evadere perché a esso lo lega la sua mondanità costitutiva” (Ruiz de la Pena).

51 È esattamente il non compimento, cioè il rovescio della predestinazione in Cristo: l’uomo sperimenta la lacerazione definitiva della sua persona: “Una simile definitiva negatività, che rifiuta consapevolmente ogni comunicazione realmente di amore con Dio e le altre creature, rappresenta la pura contro-immagine della vita giunta a compimento. Essa può essere concepita soltanto come l’irrigidimento della vita intera e di ogni relazione, che si rapprende nel no, in un egocentrismo assoluto” (M- Kehl, E cosa viene dopo la fine?, 209)

52 La “pena dei sensi” non è un incremento con-venzionale all’essenza dell’inferno, ma uno dei momenti della sua realtà. Da qui rilettura sulla localizzazione dell’inferno. L’inferno-luogo, più che uno spazio circoscritto è una relazione, qualcosa come un essere-nel mondo pervertito: La vicinanza oppressiva del mondo: la materia schiavizzerà l’uomo: la pena cosmica (C.Journet) La totale solitudine, la non comunicazione assoluta, l’egolatria senza dialogo (J. Ratzinger)

53 “La solitudine infernale comporta il silenzio; l’immagine sorprendente dello stridore di denti e del pianto: il suono inarticolato, non significativo, non comunicativo. Nessuno conosce nessuno, nessuno comunica con nessuno, ogni dialogo è cessato. L’inferno è, in verità, il non popolo, l’anticittà, la negazione della comunione” (Ruiz de la Pena, L’altra dimensione, 279)

54 Nel dramma di Jean-Paul Sartre A porte chiuse sono costrette a vivere insieme delle persone che non riescono a accettarsi a vicenda e che, d’altro canto, non riescono neanche a staccarsi l’una dall’altra o almeno a lasciarsi in pace reciprocamente. Verso la fine Garcin afferma: «Questo, quindi l’inferno. Mai avrei creduto [...]. Vi ricordate: zolfo, fuoco graticola [...]. Ah, uno scherzo. Non c’è bisogno di nessuna graticola, l’inferno sono gli altri».

55 Godimento umano (anche della corporeità risorta e dell’affettività) per la visione di Dio. Speculare è la pena sensibile: “La sofferenza che grida nel cuore per la mancanza di amore è forte più di qualsiasi sofferenza che ci possa essere” (Isacco il Siro, ibidem)

56 L’essenza dell’inferno è, in sintesi, la morte eter-na come sanzione immanente della colpa. È la conseguenza connaturale della colpa, alla cui essenza stessa emana, senza che debba venir aggiunto appositamente da Dio (Rahner) Non una serie di pene imposte dal di fuori (una causalità positiva di un Dio giustiziere). Non pene discrezionali come castigo - magari non proporzionale - al delitto. L’inferno è latente nella struttura stessa di chi lo soffre, come una delle possibili dimensioni dell’umano (Ratzinger). Le dimensioni dell’inferno sono il riflesso della grandezza dell’uomo.

57 Si deve conservare la rappresentazione mitica dell’inferno, anche se riletta e reinterpretata (fuoco eterno, pianto e stridor di denti)?  Nel NT ammonizioni circa il proprio destino e non come teoria sul destino altrui Però le rappresentazioni immaginative dell’infer-no come cumulo di tormenti sensibili ne sminuiscono la temibilità reale banalizzandola e sviandola dalla sostanza Es. Martin von Cochem (1712) i tormenti: freddo, fame, puzzo, soffocamento, l’essere schiacciati, distesi su ruote, inchiodati, flagellati, il soffio di Dio più forte di un uragano per riattizzare il fuoco infernale.

58 Si può sperare per tutti?
La chiesa si ritiene autorizzata a sancire con la sua testimonianza la salvezza definitiva di molti suoi fedeli (le canonizzazione dei santi), ma non ha mai osato emettere un verdetto di condanna definitiva per nessun uomo. Già Evdokimov (teologia ortodossa) e Elluin Poi H.U.Balthasar: Breve discorso sull’inferno (1988) e Sperare per tutti (1989) Martelet: Dio “difende” la libertà dell’uomo dalla autodistruzione

59 G. Martelet: L’abisso chiama l’abisso (sal 42,8): l’abisso dell’orrore chiama l’abisso della speranza. Postulato: agli occhi del Padre ogni uomo è inseparabile dal Figlio, nel quale è creato. “Potrebbe Dio, anche per rispetto alla nostra libertà, abbandonare per sempre colui che si distruggerebbe nelle autotorture delle sue aberrazioni. Come potrebbe se vuole innalzarci alla somiglianza a Cristo… Non c’è alcuna regola umana, alcuna garanzia morale che possa proibire a Dio di amare fino alla follia il folle che crede, per esistere, di dispensarsi”

60 Dall’amare colui che è l’amore stesso
Dall’amare colui che è l’amore stesso! La contro-follia di Dio consiste allora nel mettere in opera tutte le risorse del suo amore per aiutare il ribelle ad uscire dal suo demenziale rifiuto di amare. Infatti, cosa sarebbe un Dio, d’altronde definito onnipossente, incapace per sempre di affrancare dai suoi sortilegi mortali una libertà, ricevuta senza averla chiesta, che potrebbe risultare per colui che ne beneficia una trappola di dolore e di odio, e per tutta l’eternità? Noi dobbiamo sperare contro ogni speranza (Rm 4,18) che l’abisso senza fine della paternità di Dio, della passione di Cristo e delle risorse dello Spirito permetta di uscire dalla prigione di

61 fuoco dell’inferno. Non possiamo dire nulla sul come, ma dobbiamo riporre una assoluta confidenza nelle riserve di amore, di grazia e di gloria la cui unica misura è l’amore del Padre per il Figlio nello Spirito, amore nel quale noi siamo sempre inclusi” (G. Martelet, “Inferno”, Dizionario critico di teologia, Borla-Città nuova, 702).

62 Alcune provocazioni a favore e contro la speranza per tutti…

63 Contro una troppo rapida affermazione di una riconciliazione universale (apocatastasi) un argomento, che almeno psicologicamente non va sottovalutato, è la prospettiva degli oppressi, dei torturati, dei diseredati Esempio di Nocke: Adolf Eichmann in paradiso accanto ad Anna Frank: avrebbe potuto essere una prospettiva di speranza per coloro che soffrivano nei campi di concentramento? Obiezione: nell’antichità i martiri erano gli “assolu tori” dei loro “martirizzatori”. Vedi il testo qui di seguito trovato negli archivi di un campo di concentramento e pubblicato nella Suddeutsche Zeitung:

64 “Vi sono tanti martiri. E così non pesi la loro sofferenza sulla bilancia della tua giustizia, Signore, e non rimangano queste sofferenze a carico dei carnefici, tanto da esigere da loro un castigo terribile. Ripagali in una maniera diversa! Inscrivi a favore degli esecutori, delle spie, dei traditori e di tutti gli uomini di cattiva volontà, il coraggio, la forza spirituale degli altri, la loro umiltà, la loro mite dignità, la loro costante interiore speranza combattente e invincibile, il sorriso che nascose lacrime, il loro amore, i loro cuori devastati, spezzati, che rimasero fermi e fiduciosi anche di fronte alla morte, sì, anche nei momenti della più grande

65 debolezza. Che tutto ciò o Signore, sia posto davanti a Te per il perdono dei peccati, come un riscatto per il trionfo della giustizia, che il bene e non il male venga preso in considera-zione! E possiamo noi rimanere nella memo-ria dei nostri nemici non come le loro vitti-me, non come un incubo, non come spettri ossessionanti, ma come coloro che li aiutano nello sforzo di distruggere la furia delle loro passioni criminali. Non vogliamo più nulla da loro. E quanto tutto ciò sarà passato, fa’ che possiamo vivere da uomini fra uomini e possa la pace ritornare nei nostri poveri cuori pace per gli uomini di buona volontà e per tutti gli altri”.

66 D’altro canto che cosa significa il fatto che Gesù Cristo è giudice?
Gesù morente pregò per i suoi assassini (cf. Lc. 23,34; così fece Stefano, Atti 7,60) non significherebbe per lui una sconfitta della sua opera salvifica il fatto che delle persone si chiudano definitivamente all’amore, dunque fallite e infelici? - Alla fine della storia si costituirebbe un anti-Dio (un’umanità infernale), mentre all’inizio della creazione se ne rifiuta, e a buon diritto, l’esistenza (e vide che tutto era buono)

67 in questo caso Dio sarebbe “beato in sé stesso”, ma non è forse compromessa la sua beatitudine se la sua sovranità sugli uomini non si realizza compiutamente? Tocca la felicità di Dio il fatto che nel “suo” mondo ci siano persone che soffrono eternamente? In questo modo ‘si fa’ veramente la “sua” volontà? (cf Mt. 6,10). Qui si apre il capitolo circa la possibilità che Dio soffra. O l’amore sconfinato di Dio consiste anche in questa sua autolimitazione volontaria che non scalfisce ma esalta la perfezione del suo proprio essere che ha voluto libero?

68 E i santi in cielo potrebbero rallegrarsi se ci fossero dei dannati?
Esempio: come può la madre di un assassino, in cielo, essere felice sapendo del figlio eternamente e irrecuperabilmente di­sperato? ci può essere un paradiso finché c’è un inferno? per la teologia manualistica = alla fine trionferà “la vittoria della giustizia di Dio” sopra il male  ma anche il NT lascia “in sospeso” la questione = il Padre misericordioso fa festa per il figlio “ritornato alla vita” e il fratello maggiore resta fuori dalla festa ………..

69 Che cosa significa il purgatorio?

70 Svolgimento della questione:
 Apocatastasi  Patres misericordes  Agostino: - dottrina del purgatorio: confronto tra occidente e oriente - la dottrina del suffragio per i defunti  Le teorie del Medioevo  Pronunciamenti del Magistero  Ermeneutica teologica contemporanea

71  La dottrina dell’apocatastasi
scuola Alessandrina (Origene – origenismo) Apocatastasi (“riconciliazione universale”) = al termine del processo storico, non sussisterebbe più distinzione tra giusti/empi avverrebbe cioè un ristabilimento di tutte le anime, ivi inclusi i peccatori, i dannati (e persino i demoni) nella condizione protologica [= iniziale] di felicità e beatitudine Il termine ricorre solo in At 3,21 quando Pietro presenta come speranza messianica la “restaurazione di tutto”, annunciata dai profeti

72 Il sinodo di Costantinopoli condanna la dottrina (anno 543):
 can. 9: Se qualcuno dice o sostiene che il castigo dei demoni e degli empi è limitato nel tempo, e che esso in un momento stabilito avrà fine, ritenendo che possa avvenire per i demoni o per gli empi una restituzione alla condizione precedente (apocatastasi), sia anatema. Origene sosterrebbe dunque l’apocatastasi?  è necessario distinguere l’origenismo (VI sec.) (dottrina che pretende di riprendere il suo pensiero) dal pensiero di Origene vero e proprio.

73 Secondo l’origenismo tutti saranno restituiti alla somiglianza di Dio
 Per Origene = dopo il decadimento la realtà è tutta protesa alla ricostituzione originaria influenza dello schema neoplatonico dell’exitus: la storia è caduta e ripresa  l’uomo creato ad immagine di Dio deve giungere alla sua meta che è la somiglianza l’uomo immagine è un corpo spirituale che mette in gioco il suo allontanarsi da Dio ma l’uomo “deve” trovare il suo stato di perfezione, così come tutte le realtà, quindi anche i demoni.

74 Ma se Dio vuole reintegrare la realtà originaria può dare ad angeli decaduti e a uomini decaduti la salvezza dopo la morte.  Qui anche il pensiero biblico:  dottrina della signoria di Cristo su tutta la creazione con la sottomissione a Cristo di tutti i suoi nemici (1Cor 15,25-28) e la restaurazione di tutte le cose e il compimento dell’unione di tutti con Dio (Gv 17,21-23).

75 Modalità del processo:
Cristo permetterebbe alla libertà dell’uomo di ricostruirsi, recuperando la somiglianza con Dio. Mediante la libertà l’uomo tornerà a essere nello stato di perfezione. Dunque tutti saranno restituiti alla somiglianza? Origene non ha mai affermato esplicitamente l’apocatastasi nel De principiis ha lasciato al lettore l’opzione inoltre in una lettera nega che il diavolo sarà salvato come gli uomini  il sinodo di Costantinopoli dunque tocca l’origenismo, non il pensiero di Origene

76 Per Origene infatti: l’uomo è costituito da pneuma, anima e corpo ma il dannato non ha più il pneuma, quindi il principio di orientamento verso Dio non può più purificarsi. Nucleo del pronunciamento magisteriale: L’apocatastasi non è sostenibile: con la morte dell’uomo termina la possibilità di essere reintegrato alla condizione originaria Parimenti è affermata l’eternità dell’inferno

77 Ritorni della dottrina dell’apocatastasi
Medioevo = mitigazione delle pene dell’inferno Già affermata da Clemente Alessandrino = limitazione cronologica delle pene dell’inferno La dottrina dell’apocatastasi ritorna nei movimenti mistico-teosofici dei razionalisti del XVII sec. e oggi nell’eliminazione dell’inferno. Riformatori: Apocatastasi censurata dalla Confessione augustana ma i contemporanei parlano di una “situazione aperta” tra l’elezione e riprovazione da parte di Dio (K. Barth). Autori cattolici moderni: “apocatastasi mitigata” (H. Shell) in riferimento all’inferno se è “possibilità” oppure “realtà effettiva”.

78 Spidlik afferma che la condanna della Chiesa ci insegna che su questo argomento non bisogna dogmatizzare. Non compete all’uomo fare affermazioni circa chi è salvato e chi non lo è. L’uomo si metterebbe al posto di Dio come giudice. Ma il fatto che l’atteggiamento sia riprovato quando esige di diventare una dottrina, altra cos è quando la speranza di salvezza per tutti diventa il contenuto della fede. Nei detti dei padri del deserto si ricorda che Paissio pregava per uno dei suoi dicepoli che aveva rinnegato Cristo. E Cristo gli ricorda: Non sai che mi ha rinnegato?

79 Ma Paissio continua a intercedere, la sua compassione non conosce limiti, fino a quando Cristo gli dice: “Paissio mi sei diventato simile nell’amore”.

80  Patres misericordes Ambrogio, Ambrosiaster e Girolamo (IV sec.)  a partire dal salmo 1,5: “perciò non reggeranno gli empi nel giudizio, né i peccatori nell’assemblea dei giusti” costruivano una visione escatologica composta da tre categorie di uomo: empi peccatori giusti

81 1) Gli empi non risorgono per il giudizio
sono infedeli che non vollero credere non hanno bisogno di essere giudicati = “chi non crede è già stato condannato” (Gv 3,18) 2) I peccatori saranno condannati dai giusti 3) I giusti saranno loro a risorgere per giudicare  essi commineranno una punizione “proporzionale” ai peccatori. La loro intenzione non è escatologica, ma ecclesiologica: non negano l’esistenza dell’inferno in favore di una apocatastasi ma…

82 stare nella chiesa equivale ad appartenere ad un ambito della santità
 vogliono richiamare l’importanza di appartenere alla chiesa per la salvezza: stare nella chiesa equivale ad appartenere ad un ambito della santità è diversa la condizione di chi è peccatore (appartiene alla chiesa e può ottenere il perdono) dagli empi che si sono posti fuori dalla chiesa con: l’apostasia o con il non credere (e non possono ottenere il perdono) questa l’intenzionalità: chi appartiene alla Chiesa ha sempre un’ultima chance perché è il luogo storico della salvezza anche i peccatori se sono nella Chiesa hanno una possibilità di salvezza.

83  Agostino inventore del sostantivo “purgatorio”!
La classificazione dei “tipi di uomini” Prima distinzione tra gli uomini empi (increduli): gli infedeli e autori di peccati criminali destinati all’inferno con delle “pene” in senso stretto e coloro che non hanno potuto credere andranno nel limbo (“orlo”: situazione di confine)  per Agostino è luogo di “piccola pena”; nel periodo medioevale (con Abelardo), il limbo diviene luogo di beatitudine naturale: limbus Paradisi

84 Qui le divergenze nelle classificazioni degli uomini tra Agostino e i Patres Misericordes
I martiri, i santi, i giusti pur avendo commesso peccati lievi andranno in Paradiso presto I non del tutto buoni passeranno per il “fuoco purgatorio” I non del tutto cattivi andranno all’inferno, ma si può sperare che il loro inferno sia più sopportabile Gli empi (del tutto cattivi) sono destinati all’inferno/limbo

85 Nel NT emerge il concetto di fuoco purificatore  Paolo parla del ministero apostolico e ricorda che il compito di ognuno sarà “vagliato al fuoco”: “l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco” (1Cor 3, 13-15) Esegesi contemporanea: “fuoco purificatore” allude più al giudizio finale del Cristo parusiaco

86 Nel De Civitate Dei, Agostino usa questo testo per giustificare la dottrina del Purgatorio
a seconda delle scelte esistenziali, si “passerà” in forma diversa attraverso il fuoco del giudizio fuoco purgatorio = l’idea del vagliare, ma non del fuoco come aspetto penale del purgatorio purgare significa “purificare” (ignis) Purgatorium è l’evento della purificazione e non esprime di per sé una collocazione spaziale (un luogo)

87 2) Molto importante per la dottrina del purgatorio è il processo penitenziale della Chiesa antica:
fino al sec. VI era concesso una sola volta nella vita e si riconciliava il penitente solo dopo un lungo tempo di conversione laboriosa Chiesa occidentale: carattere “penale” = il compimento delle opere penitenziali era prerequisito alla remissione dei peccati  periodo delle persecuzioni: il penitente veniva riconciliato con la Chiesa prima d’aver compiuto tutto l’iter penitenziale, perché si riteneva che la purificazione potesse essere completata nell’aldilà.

88  Chiesa orientale: la penitenza è un processo pneumatico / pedagogico o medicinale / terapeutico per la guarigione dal morbus del peccato tale guarigione può continuare anche dopo la morte Ciò condusse le due tradizioni cristiane a una diversa concezione del purgatorio: Occidente = la purificazione dopo la morte ha carattere di “pena” Orientali = è un processo di “maturazione”: l’immagine cristica nell’uomo viene purificata per una maggiore somiglianza

89 Parallelamente si sviluppa la dottrina del Suffragio per i defunti
Nella Scrittura ci sono due testi tipici della dottrina del suffragio dei defunti: 2Mac 12,43-45 1Cor 15,29

90 2Mac 12,43-45: Giuda fa una colletta per un sacrificio a favore di coloro che portavano sotto il mantello le statue degli idoli e sono morti in battaglia: “Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d'argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione. Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato.”

91 1Cor 15,29: qui Paolo argomenta agli uomini il loro farsi battezzare per i defunti.
“Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?” Si sviluppano una serie di pratiche per i defunti.

92 (Costituzioni Apostoliche IV sec.)
Oriente =  la prassi di pregare per i fedeli morti è attestata dal II, in modo generico dal sec. III la prassi prevede che dentro l’ Eucaristia si ricordano tutti i trapassati (Costituzioni Apostoliche IV sec.) affinché Dio non si ricordi dei loro peccati (Eucologio di Serapione IV sec.)  Questa prassi è detta apostolica La motivazione addotta è visibile sotto 2 aspetti: La comunione dei santi Le “anime” sopravvivono al cospetto di Dio. C’è una prospettiva antropologica e teologica.

93 Occidente = il suffragio per i defunti segue una prassi più ampia:
A mo’ di rimprovero Agostino sottolinea che le ritualità funebri offerti al defunto (in onore della sua memoria), sono sollievo per i vivi, ma non servono a nulla per i morti in quanto questi sono aiutati dalle preghiere. La commemorazione dei defunti deve essere continua, perché c’è una comunione tra noi e i trapassati  i fedeli aiutano coloro che sono trapassati oltre la morte a raggiungere la vita eterna; costoro aiutano i fedeli in terra con le loro preghiere di intercessione.

94  Per Agostino dunque non c’è nessuno escluso dalla commemorazione.
L’usanza della commemorazione dei defunti è detta eredità dei Padri ed è vista come usanza universale. La preghiera per i defunti torna a loro beneficio a seconda della situazione nella quale si trovano: per i buoni è azione di grazia per i non del tutto buoni la preghiera è propiziatoria mentre per i cattivi è consolazione dei vivi.  Per Agostino dunque non c’è nessuno escluso dalla commemorazione.  La dottrina agostiniana sulla prassi in uso trova sviluppo in Gregorio Magno. Egli ritiene che il purgatorio possa essere “espiato” anche in terra.

95 Con Agostino si arriva alla convinzione che:
C’è una condizione intermedia tra condanna e beatificazione 2) La Chiesa con le sue preghiere e i fedeli con le opere di carità possono venire in soccorso a coloro che sono defunti.

96  Nel periodo medievale il purgatorio occupa uno spazio rilevante, anche nel dibattito
con orientali con protestanti Le ragioni: suffragio dei defunti dottrina delle indulgenze (con la questione dell’autorità papale) dottrina della penitenza.

97 Questioni medievali sul purgatorio
La localizzazione del purgatorio sec. XII Con Agostino “purgatorium” era l’aggettivo di fuoco; ora si introduce il sostantivo purgatorium per indicare un “luogo di purificazione” si tende ad individuare un luogo, si parla di locus purgatorii o di purgatorium.  se per Gregorio Magno la pena si scontava nel “luogo umano” (ad es. la relazione con una persona) in cui si aveva peccato, ora il purgatorio è un “luogo fisico”.

98 Gradualmente si sviluppano problematiche rappresentazioni del purgatorio
come luogo geograficamente localizzabile con punizioni stabilite su un piano giuridico (sistema delle wergeld): l’immagine del fuoco come una descrizione obiettiva: temperature misurabili con strumenti l’evento della purificazione si configurò come “una gigantesca struttura per torture in cui vengono punite creature che urlano, si lamentano e sospirano” (L. Boros)

99 2) La dimensione penale del purgatorio
Si distingue (cf Pietro Lombardo) tra due effetti del peccato: reatus culpae: il peccato come avversione a Dio che è il Bene eterno reatus penae: il peccato come adesione disordinata alla creatura che è un bene temporale causa un disordine che rimane nell’uomo anche dopo il perdono  sono le reliquie dei peccati, cioè gli strascichi, le conseguenze antropologiche del male

100 La colpa eterna è rimessa dalla misericordia di Dio (con l’assoluzione sacramentale) con cui la grazia operante giustifica l’uomo La pena temporale spetta alla grazia cooperante (sinergia) che coopera con l’uomo nel bene operare  non si può togliere da un uomo la realtà del peccato senza che la sua volontà accetti l’ordine della divina giustizia

101 Tommaso non ha un concetto di pena vendicativa, ma sostiene il valore di pena medicinale:
rimossi gli atti peccaminosi è risanato l’effetto del peccato nella volontà, ma si richiede ancora la pena (penitenza) per guarire le altre potenze dell’anima sconvolte dal peccato, mediante “medicine contrarie” si richiede la pena anche per ristabilire l’equilibrio della giustizia e per togliere lo scandalo altrui, in modo da edificare con la pena coloro che furono scandalizzati per la colpa. il reatus penae viene tolto con la satisfactio

102 Pietro Lombardo lega la dottrina del purgatorio al reatus penae
Il purgatorio con la satispassio produce una purificazione totale dei peccati Il purgatorio è luogo di pene espiatrici per le persone che al tempo della morte non hanno raggiunto una purificazione completa  L’idea è che non si possono lasciare impunite le pene, residuo della colpa già perdonata

103 Gli scolastici distinguono tra
satisfactio satispassio Per il purgatorio non si parla più di satisfactio, ma di satispassio. a sottolineare che in ultima analisi ciò che purifica il soggetto è la pena ma egli la subisce passivamente senza poter far niente la persona non soddisfa in purgatorio, laddove non c’è più esercizio attivo della liberta, ma la pena appunto è “subita” (“passività”)

104 il luogo – le pene – il fuoco
 Il magistero medievale ripropone la dottrina scolastica in tre aspetti fondamentali: il luogo – le pene – il fuoco La dottrina occidentale su che testi si fondava? Mt 12,32: “A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro”  se questo peccato non può essere perdonato nemmeno nel secolo futuro (dopo la morte) vuol dire che c’è qualche peccato che invece può essere perdonato nel secolo futuro 1Cor 3,13-18: si verrà salvati come attraverso un fuoco.

105 Gli orientali non accettano questa dottrina
innanzitutto circa il luogo, secondo loro la celebrazione della divina liturgia è il vero luogo di purificazione (gli antichi pagani mettevano una moneta per il transito dopo la morte nella bocca del morto; i cristiani l’uso di mettere l’ostia consacrata nella bocca del morente) secondo la loro visione non si tratta di “pene” ma di aiuto nel processo di avvicinamento a Dio attraverso la preghiera ecclesiale non riescono ad accettare la visione del fuoco purificatore, per timore di un ritorno all’apocatastasi (una volta ultimata la purificazione)

106 In questo testo si dice che:
Il Concilio di Firenze: nella Bolla di unione con i greci Laetentur caeli (6 luglio 1439) In questo testo si dice che: Le anime degli uomini che sono morti nella carità e con animo pentito prima di aver compiuto una degna penitenza dei loro peccati, sono purificate dopo la morte con pene purgatorie accanto alla possibilità della remissione della pena temporale in questo mondo tramite le opere di conversione/soddisfazione esiste una purificazione ultraterrena mediante le pene purgatorie, cui la chiesa concorre con l’intercessione e il sacrificio eucaristico

107 cade la dimensione locale del purgatorio
si parla di pene purgatorie e non più di purgatorio (si mantiene quindi la dimensione penale)  non emerge l’idea del fuoco del purgatorio che è una traduzione di ignis purgatorius che meglio è tradotto con fuoco purificatore Due i motivi per cui si evita l’espressione: Per non localizzare il processo della purificazione Per il molteplice significato metaforico del termine immaginifico “fuoco” che compare nella Scrittura

108 La definizione di Firenze resta l’intervento normativo sul purgatorio
Le chiese occidentale e orientale convergono circa: L’idea della purificazione in generale L’allusione dell’eucaristia e l’intercessione della Chiesa (non si parla delle indulgenze)  Gli ortodossi non riconoscono la possibilità che la purificazione ultraterrena avvenga mediante la pena e le indulgenze per i defunti (vedi dottrina della Penitenza “canonica” antica)

109 I riformatori negano la possibilità di un “purgatorio”
- Luterno: “l’esistenza del purgatorio non si può provare con nessuno scritto canonico” NB: nelle discussioni i cattolici usano il testo di 2Mac 12,38-45, considerato dai protestanti soltanto come deuterocanonico - Calvino: predicando il purgatorio si cerca di giustificarsi altrove che in Cristo.

110 Il concilio di Trento Decreto sul purgatorio ( ): Le anime dei defunti vengono aiutate con le preghiere e soprattutto col sacrificio della messa I vescovi si preoccupino che questa fede sia insegnata e predicata Condanna: le elaborazioni fantasiose = le curiosità le pratiche di pietà di sapore magico = la superstizione:

111 Es.: con una determinata somma di preghiere o di denaro si riteneva di poter acquistare la liberazione di un’anima dal purgatorio oppure la riduzione del suo periodo di pena (calcolabile cronologicamente in modo esatto: 2000 giorni) qui il rifiuto in toto della dottrina del purgatorio da parte dei Riformatori le vuote speculazioni = voler speculare sull’aldilà giocando sulla paura

112 (Benedetto XVI, Spe salvi)
 Ermeneutica teologica contemporanea Perché il Purgatorio? Nella gran parte degli uomini rimane presente nel più profondo della loro essenza un’ultima apertura interiore per la verità, per l’amore, per Dio. Nelle concrete scelte di vita, però, essa è ricoperta da sempre nuovi compromessi col male. Molta sporcizia copre la purezza, di cui, tuttavia, è rimasta la sete e che, ciononostante, riemerge sempre di nuovo da tutta la bassezza e rimane presente nell’anima. Che cosa avviene di simili individui quando compaiono davanti al Giudice? (Benedetto XVI, Spe salvi)

113 Vista la complessità dell’esistenza con tutte le sue ambiguità è impossibile contentarsi dell’alternativa «o paradiso o inferno». La fede nella purificazione ultraterrena è una forma di speranza in un “terzo ambiente” accanto al paradiso e all’inferno (quelli accusati di non essere “né freddi, né caldi”: Ap 3,15). Affinché non succeda che “per tutta l’eter-nità quell’io che sono in effetti debba salutare tristemente quell’io che avrei potuto diventare” (K. Rahner). Alla fine della vita, nonostante le imperfezioni, avrò la possibilità di diventare ciò che avrei dovuto/voluto essere.

114 Contenuti circa la purificazione post-mortem:
 L’uomo può sperare di essere liberato dopo la morte (o nella morte) dalla colpa che è in lui, dalle alienazioni, deformazioni e atrofie che ne derivano per il suo essere, di completare la sua penitenza terrena.

115  Poiché la morte significa la fine della storia di decisione della persona («la fine dello stato di peregrinazione»)  tale purificazione non può essere praticata dalla persona stessa; gli accade viene ricevuta, si è passivi: è resa possibile solo dalla forza della resurrezione di Cristo (è subita) questa «operazione-verità» su se stessi non è compiuta dagli stessi morti, con mezzi che sarebbero loro propri: i morti non possono cambiare ciò che sono stati possono lasciare che Dio li modifichi nel loro rapporto con il loro passato, segnandoli col suo amore e il suo perdono, per condurli alla verità.

116  La purificazione può essere definita come «sofferenza per il compimento».
Essa è beatificante (perché libera e perfeziona): è gioia per l’Amore intravisto e insieme dolorosa perché libera dalle conse-guenze del peccato che sono diventate parte dell’io, dalle ultime carenze che ancora si oppongono alla visione e al godimento di Dio solo perché tale crescita nella verità di sé (che l’amore di Dio “produce”) è dolorosa possiamo parlare di una sofferenza nel purgatorio L’idea di pene aggiuntivamente inflitte da Dio non è né necessaria, né ragionevole; anzi contraddice il messaggio biblico

117 Non un castigo ma la grazia di una metamorfosi in vista del compimento della conversione totale
Che avviene non senza la mediazione di Cristo che ha salvato gli uomini col suo mistero pasquale e che li purifica integrandoli definitivamente nel suo corpo glorificato

118 È necessario parlare ancora di pene purgatorie?
La distinzione tra colpa e pena fu per lungo tempo ignota alla teologia (cfr. la patristica) I medievali pensano al purgatorio come purificazione ultraterrena dei residui del peccato (peccati veniali e pene temporali)

119 Rilettura meno estrinsecista e più antropologica:
La pena temporale è concepita dalla teologia moderna come una conseguenza dolorosa scaturente dall’essenza del peccato e non come una pena inflitta positivamente da Dio purificarsi implica un processo di integrazione della complessa realtà umana nella decisione fondamentale che il soggetto ha preso durante la sua vita in favore di Dio; processo che si compie dopo la morte (K. Rahner)

120 (Benedetto XVI, Spe salvi)
Davanti allo sguardo di Cristo si fonde ogni falsità. È l’incontro con Lui che, bruciandoci, ci trasforma e ci libera per farci diventare veramente noi stessi. Le cose edificate durante la vita possono allora rivelarsi paglia secca, vuota millanteria e crollare. Ma nel dolore di questo incontro, in cui l’impuro ed il malsano del nostro essere si rendono a noi evidenti, sta la salvezza. Il suo sguardo, il tocco del suo cuore ci risana mediante una trasformazione certamente dolorosa «come attraverso il fuoco». È un dolore beato, in cui il potere santo del suo amore ci penetra come fiamma, consentendoci alla fine di essere totalmente noi stessi e con ciò totalmente di Dio. Così si rende evidente anche la compenetrazione di giustizia e grazia: il nostro modo di vivere non è irrilevante, ma la nostra sporcizia non ci macchia eternamente, se almeno siamo rimasti protesi verso Cristo, verso la verità e verso l’amore (Benedetto XVI, Spe salvi)

121 (Benedetto XVI, Spe salvi)
 La misura della necessaria purificazione è proporzionata alla misura d’amore evangelico e di conversione già posti in atto (o non posti in atto) nella vita terrena. È chiaro che la «durata» del purgatorio che trasforma non la possiamo calcolare con le misure cronometriche di questo mondo. Il «momento» trasformatore di questo incontro sfugge al cronometraggio terreno – è tempo del cuore, tempo del «passaggio» alla comunione con Dio nel Corpo di Cristo. (Benedetto XVI, Spe salvi)

122  La preghiera d’intercessione e le buone azioni dei cristiani
compiute “in memoria” dei defunti li sostengono in questo evento di purificazione Luogo cristiano per eccellenza della memoria è il memoriale eucaristico che crea comunione tra tutti i redenti in Cristo nell’evento purificatore con Cristo l’io non è singolo e isolato: Vige un vitale consorzio tra i credenti viatori, i beati e coloro che sono nella condizione di purificazione (LG nn )

123 Ragioni: La dipendenza della vita terrena da altri: il sostegno dato o mancato fu decisivo per lo sviluppo delle mie facoltà umane-spirituali “altri” sono stati mediazione per l’incontro con Dio il ricordo amoroso di queste persone sarà un sostegno importante per l’apertura progres-siva del soggetto verso Dio (oppure mancherà) correggere però il presupposto falso di un giudice che punisce dall’esterno e dev’essere mitigato dalla preghiera di intercessione.

124 (Benedetto XVI, Spe salvi)
Le nostre esistenze sono in profonda comunione tra loro, mediante molteplici interazioni sono concatenate una con l’altra. Così la mia intercessione per l’altro non è affatto una cosa a lui estranea, una cosa esterna, neppure dopo la morte. Nell’intreccio dell’essere, il mio ringraziamento a lui, la mia preghiera per lui può significare una piccola tappa della sua purificazione (Benedetto XVI, Spe salvi)

125  Come ripensare la rappresentazione del purgatorio?
veniva intesa come un luogo è ovviamente possibile intenderla come uno stato lo si definiva come purificazione espiatrice o emendamento è più coerente concepire il purgatorio meno come una sanzione (le pene purgatorie), sempre minacciata di apparire esteriore all’uomo, e più come un’operazione-verità.

126 Il purgatorio non è una punizione, bensì una riassunzione del significato del proprio passato sotto lo sguardo di Cristo-Verità coloro che sono trapassati dopo una vita cristiana imperfetta ora capiscono veramente con chiarezza e lucidità, quanto la loro storia sia stata segnata dal peccato e come loro stessi si percepiscono ancora intaccati da relazioni disordinate che non si muovono nella direzione della carità divina nel desiderio di superare “ciò che manca alla carità” per poter accedere nella visione di Dio che è Amore, incompatibile con il suo contrario.

127 Se questo discorso vi è piaciuto e vi sembra valido, sappiate che è fatto da un uomo che si è messo in ginocchio prima di farlo e anche dopo, per pregare quell’essere infinito e senza parti al quale egli sottomette tutto il suo essere e, dunque, la forza di questo discorso si accordi con questa umiliazione (Pascal, Pensieri 223)


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