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PubblicatoCaterina Dolce Modificato 9 anni fa
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La sabbia, composta da un 25% di silicio, è presente praticamente ovunque, in tutto il mondo. La sabbia di quarzo, in particolare, ha quantitativi molto alti di diossido di silicio (SiO2), vale a dire l'ingrediente base per l'industria dei semiconduttori. La prima cosa da fare è separare il silicio dalla sabbia, che poi diventa uno scarto. Il silicio deve essere purificato tramite diversi passaggi, per raggiungere la qualità e la purezza necessarie per la costruzione di componenti elettronici. Il livello di purezza richiesto è altissimo: il margine di tolleranza ammette un atomo su un milione. Dopo il processo di purificazione il silicio passa alla fusione. Nell'immagine potete vedere un cristallo di silicio puro, ottenuto dopo la fusione, chiamato ingot.
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Il cristallo è composto di silicio elettronico, pesa circa 100 chili, e ha un livello di purezza del 99.9999%. L'ingot successivamente viene "affettato" per ottenere i sottili dischi di silicio chiamati wafer. Alcuni ingot possono essere alti fino a un metro e mezzo, e ne esistono di diverso diametro. Le CPU moderne, generalmente, sono ottenute da wafer con un diametro di 300 mm.
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Una volta tagliati i wafer vengono ripuliti fino a che non sono del tutto privi di difetti, e la loro superficie è liscia come quella di uno specchio. Intel non produce direttamente i cristalli, ma compra i wafer da produttori specializzati. Il processo a 45 nm Higk-K/Metal Gate, sviluppato da Intel, usa wafer da 300 mm. Quando Intel cominciò a produrre chip i wafer erano invece da 50 mm, e questo è uno degli elementi, forse il principale, che ha permesso di ridurre i costi di produzione, e quindi i prezzi finali. Il liquido blu che vedete è fotoresistente, e viene distribuito sul wafer in rotazione, per assicurarsi che la distribuzione sia uniforme e sottile.
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A questo punto il wafer è pronto per l'esposizione ai raggi ultra violetti (UV). La reazione chimica generata dalle lampade è simile a quella che accade alla pellicola quando si scatta una fotografia. Le aree del wafer che sono state esposte ai raggi UV diventano solubili. L'esposizione viene fatta usando una sorta di mascherina, grazie alla quale è possibile dare al silicio forme precise. Non è molto diverso dal modo con cui si producono i circuiti in rame, per chi lo conosce. Per costruire una CPU, sostanzialmente, questo processo viene ripetuto più e più volte, su diversi strati poggiati uno sull'altro. Una lente (al centro) serve a ridurre le dimensioni dell'immagine della mascherina, e a concentrarla su un solo punto. La "stampa" ottenuta, sul wafer, è generalmente quattro volte più piccola del disegno originale. Nelle immagini potete vedere come apparirebbe un singolo transistor se fosse visibile a occhio nudo. Un transistor, sostanzialmente, funziona come un interruttore, capace di controllare la corrente elettrica al suo interno. I ricercatori Intel hanno sviluppato transistor così piccoli che possono farne stare 30 milioni sulla capocchia di uno spillo. Notevole, se si pensa che, quando sono nati, i transistor era grandi diversi centimetri.
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Dopo l'esposizione ai raggi UV, quindi, le aree esposte vengono sciolte ed eliminate usando un solvente specifico. La pellicola fotoresistente è rappresentata in blu. Questa operazione permette di far emergere il design del progetto, ottenuto grazie alla maschera. È il primo passo verso la nascita di transistor, connessioni, e tutto quello che fa parte di una CPU.
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Successivamente la pellicola fotoresistente è rimossa, e il risultato è visibile. A questo punto si applica un nuovo strato di pellicola fotoresistente (in blu), e si procede ad una nuova esposizione ai raggi UV, per poi passare ad un nuovo lavaggio. Il passaggio seguente è chiamato "ion doping", e consiste nell'esposizione a particelle ionizzate, che provocano modifiche nelle proprietà chimiche del silicio, e crea le proprietà necessarie ad una CPU.
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