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NBEF IBEP Basic - 2 Obiettivi e metodologie per il

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Presentazione sul tema: "NBEF IBEP Basic - 2 Obiettivi e metodologie per il"— Transcript della presentazione:

1 NBEF IBEP Basic - 2 Obiettivi e metodologie per il
Corso IBEP di primo livello sulla responsabilità del Cacciatore con l’Arco

2 5. Allenarsi per la caccia
L'allenamento è un aspetto molto importante nella caccia con l'arco e assolutamente da non sottovalutare; in quella che gli americani chiamano la "pre-season" occorre preparasi seriamente per arrivare alla "season" con l'attrezzatura in ottimo stato. Sarà sufficiente seguire queste semplici regole: 1)ricreiamo le stesse condizioni che troveremo in ambito di caccia, per cui alleniamoci dal tree stand o da terra a seconda del tipo di caccia che praticheremo; magari usando una sagoma tridimensionale (ma non è necessario). 2) l'abbigliamento. Vestiamoci esattamente come ci vestiremo quando saremo a caccia. Questo ci eviterà amare sorprese quali la corda che sfrega sulla manica della giacca o la sorpresa di una certa goffaggine in fase di apertura dell'arco. Se a caccia useremo una maschera per nascondere il chiarore del volto, usiamola anche in allenamento perché il "feeling" dell'ancoraggio con o senza maschera cambia notevolmente e non c'è nulla di più brutto di non sentire o peggio "andare a cercare il contatto" nell'ancoraggio. 3) usiamo le lame. Non lesiniamo l'uso delle lame in fase di allenamento perché solo con il loro uso potremo accorgerci di difetti di volo ed eliminarli. 4) non tiriamo molte frecce, una volta tarata l'attrezzatura; serve solo a stancarci e basta. Tiriamo poche frecce con un certo intervallo fra loro ma tiriamole come se ogni freccia fosse la freccia della vita. Ricordiamoci che a caccia si è già fortunati se se ne tira una.

3 5. Preparazione mentale 1 "posizione - respiro - predisposizione mentale - concentrazione - fiducia in se stessi e nella propria abilità - accettare le sfide" queste sono fra le caratteristiche più richieste per dirsi mentalmente pronti a "centrare il bersaglio". Maggiormente alleniamo la nostra mente e più ci avvicineremo al nostro obiettivo. Posizione - un buon tiro comincia con una buona posizione. Ed è vero perché una posizione scomoda o precaria vanifica gli sforzi che poi faremo per trovare la concentrazione giusta. Ricordiamoci che potremmo trovarci ad effettuare il tiro in piedi, in ginocchio o seduti, perciò la posizione deve essere sempre "comoda" e farci sentire a nostro agio per trovare la giusta concentrazione. Respiro - Il respiro è un importante aspetto della concentrazione. E' un atto che coinvolge mente e corpo. Perciò associamo il movimento respiratorio alla trazione e al rilascio e, a prescindere dalle varie teorie che vogliono il tiro a polmoni pieni o vuoti, alleniamoci cercando di trovare la nostra migliore condizione.

4 5. Preparazione mentale 2 Predisposizione mentale - Atteggiamento estremamente importante nella caccia; qualunque sia la motivazione che ci spinge a cacciare, dobbiamo essere consapevoli dell'atto che stiamo per compiere e di tutte le prevedibili conseguenze. Concentrazione - condizione mentale essenziale per ottenere prestazioni ottimali. Al pari di tutte le altre tecniche, la concentrazione la si può imparare e migliorare. Per contro la perdita di concentrazione provoca immediatamente due effetti: l'errore e la perdite di sicurezza in sè stessi. Per migliorare la concentrazione, cerchiamo di sviluppare due differenti aspetti complementari tra di loro: la capacità di concentrarsi sul bersaglio e la capacità di estraniarsi da ciò che circonda il bersaglio. Fiducia in se stessi e nella propria abilità - per ogni freccia che viene tirata occorre credere che la freccia colpirà il bersaglio e così sarà per ogni freccia che tireremo. Se sbagliamo non facciamo ricadere la colpa su noi stessi o a condizioni esterne avverse o a situazioni sbagliate, ma anzi facciamo in modo che queste condizioni o situazioni ci siano di stimolo per migliorarci Accettare le sfide - condizione mentale che presuppone fiducia in se stessi e stimolo per competere contro se stessi nell'ambiente che ci circonda. Applicata alla caccia con l'arco presuppone costanza, resistenza mentale e fisica e consapevolezza delle proprie capacità,

5 5. prepararsi alla caccia
Uno dei passi più importanti riguarda l’educazione alla conoscenza della preda da cacciare e del territorio su cui si caccia. Un cacciatore ben preparato studierà il territorio e le abitudini della preda, i cibi di cui si nutre, il modo in cui si muove e la sua anatomia. Affinate i vostri sensi in modo totale: la vista, l’udito il tatto e l’olfatto saranno la guida più importante di cui disporrete. Segni visuali: tracce, fregoni sul terreno, scortecciamenti sulle piante, fatte, insogli, lestre, vegetazione piegata dal passaggio, peli (o penne), trottoi, foglie strappate dagli steli. Segni olfattivi: odori muschiosi e urina; Segni acustici: bramiti, fischi, abbai, grugniti (segni di territorialità o richiami); Segni tattili: controllare la freschezza delle tracce (calore negli escrementi)

6 5. Esplorare la zona di caccia
E’ estremamente utile esplorare preventivamente la zona in cui si intende cacciare durante la stagione venatoria. È importante non perturbarla comunque. È utile disporre della carta topografica del luogo e segnare su di essa i corsi d’acqua non segnalati, le colture arboree e i campi coltivati. Localizzare le sorgenti, gli specchi d’acqua, indagare sulle aree d’insoglio, e utilizzare il binocolo per cercare la fauna. Il modo migliore è appostarsi silenziosamente in posizioni vantaggiose per l’osservazione, ed in silenzio. Il periodo migliore è dopo la chiusura della stagione di caccia e prima che il bosco sia spoglio di foglie.

7 5. Il cacciatore e il tempo atmosferico
Pianificare un viaggio di caccia o anche una sola giornata di caccia significa anche conoscere il tempo che incontreremo e di conseguenza prepararci in modo adeguato. La pioggia ed il vento sono i grandi nemici del cacciatore in genere per cui, nel limite del possibile, cerchiamo di indossare capi impermeabili traspiranti; se cacciamo in estate, portiamo un capo impermeabile con noi nello zaino in modo che in caso di pioggia lo si possa indossarlo agevolmente. Evitiamo capi in gomma che non fanno traspirare e in breve tempo ci rendono fradici di sudore e, se proprio non possiamo farne a meno, cerchiamo di indossarli per il minor tempo possibile. Ricordiamoci che in caso di pioggia, non avendo un cambio, potremmo non riuscire ad asciugare i vestiti in tempo utile per tornare a caccia, oppure potremmo anche non avere gli strumenti adatti per poterli asciugare; quindi proteggiamoci dalla pioggia e cacceremo in tranquillità. In caso di vento, specie in inverno e specie se cacciamo dal tree stand, cerchiamo di indossare capi antivento; ricordiamoci che il vento abbassa ulteriormente la temperatura.

8 5. Gli animali e il tempo atmosferico
In presenza di condizioni climatiche avverse (pioggia o vento), gli animali tendono a muoversi in modo decisamente minore; possono arrivare a fermarsi nelle zone in cui già si trovano aspettando fino a quando tutto torna nella normalità; il loro naturale sistema di autodifesa alza il livello di allerta in quanto disturbati dal rumore della pioggia o del vento. Ma la stessa cosa accade al cacciatore il quale, abituato nel silenzio del bosco ad individuare la direzione di ogni più piccolo rumore, in presenza di vento o pioggia, perde qualsiasi riferimento e fatica ad individuare fonti sonore di qualsiasi genere.

9 5.la stagionalità Una buona conoscenza dei ritmi delle stagioni e di quanto è direttamente collegato ad esse, è utile per una buona programmazione del periodo di caccia e per non restare delusi per non aver previsto determinati eventi. E' importante conoscere sia le abitudini degli animali al mutare delle stagioni che le limitazioni che stagionalmente possono esserci imposte nella caccia a determinate specie, occorre saper valutare le temperature che affronteremo preparandoci in modo intelligente, conoscere e valutare la brevità delle giornate invernali e l'estenuante durata delle giornate estive, conoscere le fasi della luna e quindi attrezzarci per una caccia nelle ore di buio (se consentito), valutare le previsioni meteo per prevenire possibili periodi di pioggia, ecc.. Queste conoscenze, ma sopratutto l'esperienza ci aiuteranno a migliorare il nostro approccio con l'ambiente nel quale abbiamo deciso di cacciare.

10 6. tecniche di caccia

11 6. Premessa 1 La conoscenza dell’ambiente
In Italia gli ungulati popolano in modo sempre più rilevante la bassa e media collina, la montagna dai 600 ai 1700 m, le zone pedemontane ricche d’acqua, i boschi di conifere e latifoglie con rado sottobosco e la macchia (cinghiale e a volte capriolo), purché alternati a pascolo. Sia sulle Alpi che sull’Appennino, popolazioni di daini e caprioli si fanno sempre più notare, fino a rappresentare un pericolo reale per l’equilibrio forestale. Mancano quasi completamente validi predatori, e la caccia di selezione può rappresentare un buon sistema per sopperire a questa carenza. La logica della caccia di selezione, l’unica attuabile sul grosso ungulato, prevede la capacità di discriminare l’età, il sesso e l’importanza sociale e riproduttiva del capo, in modo da surrogare il predatore e non alterare gli equilibri esistenti. Un cacciatore alle prime armi corre un pericolo oggettivo: quello di non sapere (o non volere) distinguere se un soggetto può essere abbattuto oppure no. Pertanto, anche se in Italia la caccia di selezione non è ancora consentita agli arcieri – a meno di non praticarla all’interno di un’azienda faunistico-venatoria – è indispensabile che ogni cacciatore coltivi con premura questo genere di cultura venatoria.

12 6. Premessa 2 La caccia con l’arco, come del resto ogni forma di caccia dovrebbe, è una disciplina che presuppone la conoscenza approfondita del territorio, dell’ambiente naturale e delle sue leggi di equilibrio, del comportamento biologico ed etologico del selvatico, nonché una dimestichezza praticamente simbiotica con la propria attrezzatura, acquisibile attraverso il costante allenamento. Anche perché, per 20 giorni di caccia all’anno, probabilmente non bastano 345 giorni di ricognizioni sul campo.  L’ecosistema. La conoscenza dell’ambiente naturale, inteso in termini di ecosistema, dev’essere il solido patrimonio culturale del cacciatore. Egli deve approfondire questa conoscenza durante i cicli stagionali, soprattutto deve conoscere perfettamente il territorio vicino al quale vive o in cui trova più congegnale svolgere l’attività venatoria. A tal fine sono fondamentali le uscite extraperiodo venatorio, con binocolo, taccuino ed eventualmente macchina fotografica. È necessario raccogliere il maggior numero d’informazioni anche dagli abitanti o dai frequentatori del posto (pastori, agricoltori, operatori naturalistici), cercando naturalmente di conquistarne la fiducia.

13 6. Premessa 3 Segni di presenza. L’analisi del territorio va condotta attentamente sui segni di presenza degli animali, spesso invisibili a un esame superficiale, di cui occorre imparare a distinguere la natura e il significato. Per esempio: tracce di passaggio, escrementi, residui e brucate alimentari non vanno confusi con fregoni, raspate e scortecciamenti dovuti a territorialità e gerarchia sociale. Questa distinzione è importante, in quanto la strutturazione gerarchica degli individui maschi e la conseguente delimitazione territoriale sono elementi fondamentali per avere un quadro sufficientemente coerente del gruppo su quale s’intende operare il prelievo. Molto più dei semplici segni di passaggio.

14 6. metodi di caccia: Appostamento, Stalking e caccia vagante

15 6. appostamenti a terra Una volta identificata una zona dove presumiamo possa esserci un buon passaggio di selvaggina, occorre risolvere il problema di dove mettersi e come mettersi, per poter avere una buona copertura ma al tempo stesso una discreta possibilità di tiro. Se siamo allo scoperto evitiamo di metterci in una situazione frontale rispetto alla zona in cui pensiamo che l'animale esca, non tanto per la difficoltà nell'angolo di tiro, quanto perché siamo esattamente alla stessa altezza dei suoi occhi e, quanto sia semplice notare un piccolissimo movimento in un paesaggio completamente immobile. Quindi, la posizione corretta è in posizione laterale rispetto alla zona del presunto passaggio. Giocano a nostro sfavore il rumore dei nostri movimenti sul terreno, il nostro odore e il movimento di apertura che faremo con l'arco. Qualunque sia il posto dove abbiamo deciso di fare l'appostamento, cerchiamo di pulire il terreno per liberarlo da rami, foglie e quant'altro possa fare rumore, intralciando i nostri movimenti; nel caso avessimo qualche difficoltà, potremmo usare in alternativa a mò di tappeto, e a condizione di averlo nello zaino, un pezzo di tessuto o una parte di abbigliamento che in quel momento non usiamo, per attutire il rumore.

16 6. appostamenti elevati Tipo di caccia estremamente efficace, offre la garanzia di una copertura pressochè totale nei confronti dell'animale. Posizionato dai 3 ai 6 metri di altezza, consente di dominare a 360 gradi la zona di caccia; non presenta particolari controindicazioni se non quella di tener conto dell'inclinazione del tiro e dei problemi relativi; d'obbligo l'uso della cintura di sicurezza, per evitare spiacevoli incidenti. Impiegata in modo massiccio negli Stati Uniti, questa tecnica di caccia si sta lentamente diffondendo anche in Europa. Sicuramente molto utile nella caccia in territorio libero è altrettanto importante nella caccia in zone recintate, dove gli animali, ampiamente condizionati nei movimenti e negli spazi, si muovono con maggiore frequenza in percorsi obbligati. Impiegato nella caccia in zone libere, presuppone una discreta conoscenza del territorio nonché una conoscenza delle abitudini degli animali da cacciare oltre ad una ottima sull'interpretazione dei segni della loro presenza.

17 6. selezionare l'appostamento sopraelevato
La prima considerazione da fare è legata ovviamente al luogo. Esso sarà innanzitutto ad alta densità di individui su cui si intende operare il prelievo, e in prossimità delle piste più battute. Questo deve essere il primo concetto da applicare, non certo l'unico. L'altezza è un altro fattore importante. Esiste una scuola che predica l'inutilità, anzi il danno, di un palchetto posizionato più alto di tre metri da terra. Ciò per via della riduzione dell' area bersaglio. E' facilmente intuibile come più acuto sia l'angolo di tiro, minor superficie prospettica appaia ai nostri occhi per il tiro, e più facilità di errore ci sia. Se questa, come sembra, è l'unica argomentazione, allora è meglio dimenticarla in virtù di un altro ben più pericoloso fattore: la visione periferica dell'ungulato, anche se non brillante, a breve distanza potrà percepirvi. Una trazione maldestra potranno allertare l'animale in quella minima frazione di secondo che la freccia impiegherà nel raggiungerlo. E se rientrate, anche marginalmente, nel suo campo visivo periferico facilmente trasformerete una preda tranquilla in allertata. Cioè trasformerete un clean quick kill shot in un insuccesso, peggio ancora, in un ferimento inutile. Idealmente un buon appostamento dovrebbe comunque essere tra le foglie, tale da mascherare anche all'animale più accorto la vostra sagoma. Tutto ciò facendo attenzione a non avere troppe foglie e rami nel campo di brandeggio, studiando i canali di tiro preventivamente e sicuramente.

18 6. modelli di tree stand Stand statico Stand da salita Stand a scala

19 6. sicurezza sul Tree Stand
Una delle cause d'incidente più frequenti, in caccia, è la caduta dal palchetto aereo, o tree-stand. In America ogni anno quest'insidia miete vittime a tutto spiano. Per ovviare ad ogni inconveniente, prima di tutto non montate palchetti troppo in alto, tre-sei metri al massimo. E da quell'altezza, fate attenzione, una caduta può essere fatale ugualmente. Sistemarli ancor più in alto è inutile, e le operazioni necessarie al montaggio si fanno molto più difficili. Utilizzate SEMPRE la cintura di sicurezza, anche se vi inibisce nei movimenti, assicurandola al tronco dell'albero. Non dimenticatela mai: è l'unica vera sicurezza dalle cadute. E poi cercate...di non addormentarvi. Lunghe ore alla posta, dall'alba, che si protraggono nella mattinata possono giocare brutti scherzi, come farvi trovare con le estremità indolenzite ed insensibili che, nel brusco risveglio per l'arrivo di una preda non riescono a sostenervi.

20 6. come posizionare il tree stand

21 6. Regole per il corretto posizionamento 1
1) Una volta scelta la zona, assicurarsi il beneplacito della proprietà del luogo. 2) Ogni modificazione dell’ambiente, anche su piante infestanti, dev’essere annunciata alle autorità competenti; il solo taglio di un ramo (magari apparentemente secco) può portare a conseguenze legali gravi. 3) Tutte le operazioni di preparazione vanno svolte nel massimo silenzio e durante le ore morte (in senso venatorio) della giornata. Evitare assolutamente la notte, l’alba e il tramonto. 4) Individuata l’area ottimale (per esempio, una zona di passaggio tra pascolo e bosco, con fitti segni di attività territoriale come fregoni, raspate e scortecciamenti), verificare la pianta migliore. Ovviamente dev’essere solida, priva il più possibile di rami bassi, con ampia visibilità intorno. Diametri d’albero di 15 cm possono essere già sufficienti.

22 6. Regole per il corretto posizionamento 2
5) Salire sull’albero e ripulirlo dai rametti più piccoli fino all’altezza desiderata. Per uscire dall’area di percezione visiva, uditiva e olfattiva dell’ungulato possono bastare 3 m. È inutile portarsi oltre i 6 m. La salita esplorativa va effettuata con molta cautela e con una cinghia che assicuri la vita al tronco dell’albero. 6) Una volta pulito il tronco, legare la piattaforma a una corda robusta e cominciare a salire portandola con sé. Un’altra corda dovrà servire a legare l’arco e l’eventuale dotazione personale. Esistono tree stand costruiti in modo da funzionare come sistemi di salita. Sono molto pratici, ma il loro difetto è quello di danneggiare in modo vistoso la corteccia dell’albero. Si possono utilizzare sugli alberi morti, ricordandosi che l’operazione può essere pericolosa se il diametro non è sufficiente. 7) Una volta collocata la piattaforma, si può issare l’attrezzatura, sperimentare le varie angolazioni di tiro e quindi aspettare l’occasione buona in silenzio. 8) La cinghia di sicurezza deve restare sempre allacciata alla vita.

23 6. come innalzare l'attrezzatura sul tree stand

24 6. Camminare silenziosi Il passo del cacciatore vagante deve essere lento, e casuale. Ogni rumore cadenzato (è virtualmente impossibile essere assolutamente silenziosi) è un allarme per via della sua innaturalità. Più soste si fanno meglio è. Aguzzate le orecchie, anche se il vostro udito è centinaia di volte più debole di quello della preda. Se non la insospettite, probabilmente si tradirà. Come in tutte le forme di caccia, aiuto lo si potrà trarre dall'abbigliamento adatto. Il rumore è amico degli abiti sintetici, e solo lana, cotone, pelle e Pile potranno permettervi un avvcinamento silenzioso. Come pure le calzature: evitate scarponi pesanti con suole a carrarmato tipo "vibram" se potete; la sensibilità del contatto con il suolo è fondamentale per far il minimo rumore possibile.

25 6. Lo stalking – la caccia d’avvicinamento
Lo Stalking è una forma di caccia ancor più difficile e bella. Significa appostarsi in zone dotate di buona visibiltà, osservare armati di pazienza e binocolo per ore finché non si avvista in lontananza una preda. A questo punto la "caccia" inizia, e l'avvicinamento diventa avventura. Se non si può competere con un ungulato sull'olfatto, sull'udito e sull'agilità e velocità di movimenti, l'occhio allenato del cacciatore (magari supportato da un binocolo di qualità) può fare miracoli. Il binocolo (ad alta luminosità) deve avere massimo 7 ingrandimenti, e deve abbracciare un campo il più vasto possibile. Esso serve soprattutto a focalizzare l'attenzione su zone di territorio delimitate dall'angolo strumentale di visione, permettendo così la percezione del più piccolo particolare. I pochi ingrandimenti aiutano ad avere una profondità di campo alta, tale da non costringere continui aggiustamenti della messa a fuoco anche con scarsa visibilità.

26 6. La caccia vagante La caccia vagante è muoversi silenziosamente e lentamente nel bosco approfittando della mimetizzazione, con il vento in faccia, scrutando ogni particolare e ascoltando ogni rumore. Estrarre la freccia dalla faretra ed inferirla sulla corda, se non si è abili, può far perdere l'occasione se essa giunge inaspettata. Se non si è abituati, la freccia con la sua bella punta affilata può rappresentare un vero pericolo per voi nell'incedere. Piantarsela addosso in una caduta maldestra è sconsigliabile; ecco perché, se non vi sentite sicuri, dovete assolutamente automatizzare tutte le azioni necessarie per trovarvi con la freccia incoccata senza emettere alcun rumore, e senza staccare gli occhi dal bersaglio. E’ imperativo fare enorme attenzione nel camminare. Da un semplice gesto, come l'incoccare la freccia, dipende l'esito di tutta l'azione. Cercate di non sudare, anche se camminate con il vento in faccia, e tenete gli occhi attenti intervallando momenti di attenzione all'orizzonte con l'analisi del terreno su cui transitate. Cercate segni freschi di presenza, se trovate escrementi non esitate a toccarli per percepirne l'eventuale calore residuo. Sono segnali importantissimi che possono indirizzarvi verso altri itinerari o confermarvi la giustezza di quello scelto. Non camminate in cresta, cercate sempre di rimanere in ombra e state più bassi possibile. Le frequenti soste dovrebbero coincidere con grossi alberi, e ogni movimento brusco dovrete abolirlo dal vostro incedere. Se portate il binocolo al volto per osservare, fatelo lentamente e solo dopo esservi accertati di non avere veramente nessuna anima viva nei paraggi. Ricordate che nel bosco siete voi gli intrusi.

27 6. usare richiami olfattivi e protezioni coprenti 1
Animali quali cervi, daini, mufloni, caprioli e cinghiali sono estremamente sensibili agli odori e avvertono immediatamente quelli inconsueti per il loro habitat. Su questo argomento esistono due teorie, una propedeutica e l’altra specialistica. La prima sostiene, del resto giustamente, che l’odore umano dev’essere cancellato nel modo più totale. E questo non è un problema da poco, considerando il cocktail di essenze in cui c’immergiamo quotidianamente e che ci segue dappertutto in maniera inesorabile. Cancellare l’odore della civiltà non è affatto facile. Qualcuno sostiene di evitare il fumo e l’alcol per almeno tre giorni prima di accingersi alla caccia. Altri affermano che neanche una settimana è sufficiente. In ogni caso, è bene osservare queste regole: gli indumenti di caccia non devono mai essere lavati con saponi profumati e vanno esposti, insieme alle calzature, all’aria aperta (non di città, possibilmente) per almeno una notte. È inoltre consigliabile lavarsi con i saponi appositi, a base di backing soda inodore. E bisogna sudare (e mangiare aglio) il meno possibile. Evitare ovviamente dentifrici, dopobarba e profumi.

28 6. usare richiami olfattivi e protezioni coprenti 2
L’altra teoria, in aggiunta, consiglia la mimetizzazione coprente, generalmente a base di urina di volpe rossa (che in America pare sia la lozione numero uno dei cacciatori), utilizzata in gocce o con speciali diffusori che si applicano agli indumenti. I più irriducibili consigliano addirittura gli estratti ghiandolari di puzzola. Pare che funzionino egregiamente anche con la sigaretta in bocca e sottovento al selvatico. Ma la regola aurea resta quella di percepire la brezza più esile e di procedervi contro, magari utilizzando po’ di borotalco (inodore!) da spargere nell’aria per individuare la direzione della corrente. Nel periodo degli amori dei cervidi, il richiamo olfattivo (dove consentito) ha effetti potenti. Questi estratti ghiandolari di femmine in estro consentono di richiamare i maschi a distanza di tiro. In commercio esistono degli appositi diffusori per il loro utilizzo: vanno posti lungo i perimetri di dominanza territoriale dei maschi. In Italia non esistono aziende che raccolgano tali sostanze, e non è detto che il cervo nobile europeo, il daino e il capriolo siano sensibili al fascino della giovane whitetail...

29 6. usare i richiami sonori
La caccia con i richiami sonori è una delle forme più mature di venazione. Richiede abilità, conoscenza e pazienza in modo maggiore che non per le altre forme. Negli ungulati, durante il periodo degli amori si verifica un vero e proprio sconvolgimento comportamentale che emerge dal modo aggressivo ed arrogante con cui un maschio cerca di conservare il territorio. Il "richiamo" può essere acustico. Si agisce sfruttando la "debolezza" del maschio, che letteralmente non capisce più nulla se non questo elementare istinto di conservazione dell'harem faticosamente conquistato durante il periodo territoriale e gerarchico. Il cacciatore esperto potrà chiamarlo a sé imitando il verso del potenziale concorrente, oppure imitare la femmina per invogliarlo all'accoppiamento. Quest'ultima forma è antica quanto l'uomo. Battere il palco caduto del cervo recuperato stagioni prima, nel luogo appropriato, fa si che il "dominante" si faccia vivo per fronteggiare il potenziale concorrente. E si avvicina tanto, così tanto da poterlo osservare nei minimi particolari. Va da sè che nulla deve insospettirlo: gli odori di civiltà devono essere annullati completamente, ed ogni rumore sospetto bandito. Anche riprodurre il bramito di sfida, nel caso del cervo e del daino, oppure l'abbaio nel caso del capriolo, ottiene il medesimo risultato. Ma la difficoltà nell'essere "fedeli" in tali richiami è altissima: richiede pratica umile ed esperienza. L'indiano delle foreste, che cacciava per sopravvivere, cresceva in un ambiente in cui queste doti facevano parte di un patrimonio culturale ereditario.

30 6. pesca con l'arco La pesca con l’arco è una disciplina complessa, che ha a che fare con il concetto abituale di “pesca” solo rapportandosi a quella subacquea e a quella con la mosca. E’ un’attività di “caccia” vera e propria, ove necessitano qualità di mimetizzazione, strategia e tecnica. Consiste nell’appostarsi sui bordi di uno specchio d’acqua trasparente, osservare la più assoluta immobilità, localizzare la preda appropriata (che deve essere comunque non in profondità) e effettuare il tiro con una apposita attrezzatura composta da arco, mulinello, freccia pesante collegata ad una sagola e punta ad arpone. La vera difficoltà è valutare la profondità della preda e fare i conti con le leggi della rifrazione. Un bersaglio posto a pochi centimetri dalla superficie risulta più vicino al cacciatore di quello che appare, e la vicinanza è funzione della profondità. In Italia non è permesso pescare con l’arco nelle acque interne (solo in certi laghetti privati) in America invece la cosa è abbastanza consueta e praticata.

31 7. impatto del colpo: come agisce la freccia
Il ferimento da proiettile primitivo è causa sempre di emorragia. La qualità (intesa come “efficacia”) della ferita conseguente all’emorragia è funzione del numero di vasi coinvolti (attraversati e lacerati dal proiettile) e del drenaggio della ferita, Il tempo che intercorre tra l’impatto e la morte del selvatico varia in funzione di questo parametro e dell’azione di disturbo causata dal cacciatore che ha inferto il colpo. In altre parole, se il colpo è ben indirizzato in area vitale e se non viene generato alcun disturbo susseguente, generalmente intercorrono da trenta minuti a sessanta minuti perché l’emorragia compia il suo effetto. Statisticamente, su selvaggina di medie dimensioni (70/150 Kg) il percorso compiuto dal momento dell’impatto a quello terminale non supera i 100 metri, spesso compiuto in discesa e verso corsi d’acqua quando presenti nelle vicinanze.

32 7. Impatto del colpo: caratteristiche 1
E’ opportuno distinguere tra ferite che provocano grandi emorragie e quelle che inficiano la funzionalità immediata degli organi vitali. Paradossalmente, un cuore attraversato completamente da una freccia può continuare a svolgere la sua funzione per un tempo intuitivamente troppo grande e se il selvatico è perturbato dal cacciatore che lo spaventa, consentirgli di correre per centinaia di metri. Fondamentale è quindi l’immobilità e il silenzio, che per almeno un’ora devono seguire il colpo a segno. La caratteristica migliore di un colpo è sempre da ricercarsi nella quantità di sangue drenata dalle ferite, non dalla precisa mira al singolo organo vitale.

33 7. Impatto del colpo: caratteristiche 2
Il miglior tipo di ferita con altissimo killing power, e in grado di frenare la fuga o l’allontanamento del selvatico rimane quella ai polmoni. Con entrambi i polmoni attraversati da un colpo si genera un doppio collasso pneumotoracico e l’animale (se non pressato da inseguitori) si immobilizza pochi minuti, a volte secondi, dopo l’impatto perché il sangue non si ossigena più. Le ferite al cuore, al fegato, sono sempre mortali, e in funzione dei vasi sanguigni recisi si ha un sicuro abbattimento. Generalmente un selvatico deve versare circa 1/3 (33%) del suo totale peso di sangue in circolazione per perdere conoscenza e morire. Il sistema circolatorio di un mammifero funziona sulla base di una percentuale approssimativamente pari a 56 grammi di sangue per kg di peso corporeo Di conseguenza, ad un cervo da cento kg. basta un’emorragia (interna od esterna) pari a 1867 grammi di sangue. E’ critico quindi il fattore “velocità” . Più velocemente procede l’emorragia, meno percorso il selvatico compie dal momento dell’impatto.

34 7. Impatto del colpo ai polmoni
I polmoni hanno un rivestimento, chiamato pleura; è come una specie di pellicola plastica. Questo rivestimento è presente anche nella parte interna della cavità polmonare. Il rivestimento della cavità è chiamato pleura parietale, mentre il rivestimento dei polmoni è chiamato pleura viscerale. Quando la cavità polmonare si espande si crea un vuoto (depressione) e l'aria viene aspirata tramite naso e bocca, attraverso la trachea sino ai polmoni. Il funzionamento dei polmoni dipende dal fatto che tra le due pleure ci sia il "vuoto" che facilita lo scorrimento fra loro. Se aria o liquidi di qualsiasi natura penetrano in questa sezione, i polmoni giungerebbero a un rapido collasso causando una drastica caduta di ossigenazione del sangue: la causa conseguente è un immediato svenimento. Una freccia che attraversa i polmoni trafigge, in ordine, quanto segue: Pelle - Costole (e/o muscoli intracostali) - Pleura parietale - Vuoto intrapleurale - Pleura viscerale - Primo polmone - Pleura viscerale - Vuota intrapleurale - Pleura parietale - Mediastino (sacco che contiene cuore e arterie principali) - Il contenuto del mediastino - Pleura parietale - Vuoto intrapleurale - Pleura viscerale - Secondo polmone - Pleura viscerale - Vuoto intrapleurale - Pleura parietale - Costole (e/o muscoli intracostali) - Pelle

35 7. Dove colpire 1 Per praticare la caccia grossa in maniera seria e responsabile è necessario conoscere perfettamente l’anatomia degli ungulati, e più precisamente la dislocazione degli organi vitali. L’area vitale comprende il cuore, il fegato, la milza il pancreas e i polmoni. Una freccia che colpisca in questa zona può considerarsi “centrata”, in quanto provoca il rapido decesso per emorragia dell’animale senza causargli sofferenze inutili. Se l’attraversamento è completo, il drenaggio del sangue ne sarà favorito. L’unico imprevisto può essere costituito dall’osso della scapola, situato i prossimità dell’asse di attraversamento del cuore, colpendo il quale si può avere una deviazione o un arresto della freccia.

36 7. Anatomia                                                  

37 7. Anatomia

38 7. impatti fuori dell'area vitale
Il resto della sagoma è assolutamente da evitare, benché sia fuor di dubbio che una freccia conficcata profondamente nei tessuti può causare comunque emorragie mortali, ovunque colpisca. Anche la lesione dello stomaco ha effetti letali, ma è dolorosa e richiede troppo tempo per condurre a morte. Un colpo all’intestino è quasi sempre mortale, ma può comportare un’agonia lunghissima, perfino di vari giorni. Il collo è praticamente un fascio di muscoli, e poco importa che vi transiti la carotide (la cui recisione comporta sempre un rapido decesso): in un cervo di 150 kg, quest’arteria è grossa quanto il dito mignolo di un bambino, perciò è solo questione di fortuna riuscire a colpirla. Stesso discorso per l’arteria femorale, altro vaso di grande portata, situato nei quarti posteriori. Ancor meno ha senso mirare alla testa: il cervello dell’ungulato è poco più voluminoso di due noci affiancate, e per di più è protetto da ossa robustissime. Nel cinghiale, inoltre, è presente uno strato di cotenna così spesso da rendere ancor più remota la possibilità di trapassare il cranio.

39 7. strategie nel tiro Appare evidente quanto sia importante che l’animale si presenti col fianco bene in vista, in modo da individuare senza fatica l’area vitale, situata poco più in alto e poco più indietro rispetto all’inserzione del gomito dell’arto anteriore, al centro della quale stabiliremo il nostro “spot”. Se si ha un buon controllo del tiro sull’asse verticale, piccoli errori di valutazione della distanza a 20 m non impediranno di colpire l’area vitale. Un errore più consistente in elevazione porterà invece all’impatto della freccia con la colonna vertebrale: se l’urto è intenso e l’animale non è troppo pesante, questo tipo di lesione provocherà la paralisi immediata dell’animale. Se l’errore è ancor più vistoso, la freccia mancherà completamente il bersaglio, cosa comunque preferibile a un ferimento. La posizione frontale è sicuramente più sfavorevole: lo sterno, nei grossi ungulati, è molto resistente e può facilmente sbarrare la strada alla freccia. Nel caso del cinghiale, questa posizione va sempre evitata. Se l’animale si presenta di tre quarti, il tiro può essere invece affrontato, tenendo presente che un aumento della frontalità comporta una maggior profondità dei tessuti che la freccia deve attraversare, con la conseguenza di un rallentamento della penetrazione. Il tiro da tergo, da qualcuno considerato valido, presenta diversi aspetti negativi: la freccia deve penetrare molto a fondo prima di ledere dei vasi importanti e inoltre deve attraversare l’intestino: se non ha moto sufficiente, rischia di limitarsi alla lesione di quest’ultimo.

40 7. Angoli di tiro < angolo corretto angolo Errato >

41 7. Angoli di tiro - perpendicolare
Uno dei migliori tiri che ci può capitare. Fianco dell'animale completamente scoperto; non si può chiedere di meglio

42 7. Angoli di tiro - laterale
Altra buona posizione ma ATTENZIONE a dove direzionate il tiro; istintivamente verrebbe da allinearsi alla zampa anteriore sinistra ed è sbagliato perché in questo caso non si tiene conto che la freccia viaggia diagonalmente e quindi anche se il punto di entrata è apparentemente corretto, difficilmente colpiremo gli organi che a noi interessano. Per essere corretto il tiro deve essere indirizzato nel punto verde. Un aiuto può venire dal mirare alla zampa anteriore destra, la quale ci fornisce un magnifico riferimento per il tiro. Se l'animale avesse un'angolazione più accentuata rispetto a quella dell'immagine, il tiro non dovrebbe essere effettuato

43 7. Angoli di tiro - frontale
Tiro impossibile. Non esiste area di tiro e per di più l'animale è allertato, ci guarda per cui al primo movimento volerebbe via; unica cosa da fare: aspettare.

44 7. Angoli di tiro - posteriore
Tiro impossibile. Anche se l'animale non è allertato, la sua posizione non ci offre alcuna possibilità per effettuare il tiro. In Francia, con l'animale in questa posizione (sul solo capriolo), il tiro viene effettuato lo stesso con entrata della freccia dal posteriore. Scelta assolutamente NON CONDIVISIBILE.

45 7. Angolo di tiro da tree stand
Il miglior tiro che ci può capitare da tree stand. Fianco dell'animale scoperto; non si può chiedere di meglio

46 7. Il tiro tecnicamente parlando, l'efficacia della freccia da caccia deriva da altre caratteristiche non uguali alla palla della carabina. Non esiste (o quasi) potere d'arresto; è per questo che il tracciamento dopo il colpo è sempre una parte fondamentale della caccia in sé. La freccia ha un grande potere lesivo, nel senso che è sempre mortale se colpisce gli organi vitali. Ma esistono poche occasioni di avere alla portata gli organi vitali in prospettive ottimali, per cui spesso è necessario saper rinunciare al tiro se non si ha davanti una silhouette perfettamente ortogonale con la zona vitale libera da ogni ostacolo. Non si può azzardare un tiro se l'animale è frontale; collo, testa e posteriore NON sono assolutamente bersagli da contemplare. La freccia uccide per l'emorragia derivata dalla lesione di un organo importante (cuore, polmoni, fegato) ed a volte questa può essere lenta comunque. Anche l'arco più veloce e tecnologico basa la sua efficacia su queste caratteristiche. Esistono poi dei colpi che provocano il decesso ugualmente, ma che conducono ad un recupero difficile ed a volte impossibile. Una freccia nell'intestino uccide per setticemia, e questa può portare alla morte anche dopo parecchi giorni. Il bowhunter ha avvistato la preda. Essa pascola tranquilla senza mostrare sintomi d'allerta. Questa è la migliore occasione per poter tirare, se si è alla distanza giusta e se non vi sono ostacoli (rami, foglie, anche di piccole dimensioni) che potrebbero deviare la traiettoria. Se presenta ben visibile il fianco, allora ragionevolmente nulla osta al tiro. Il bowhunter tende l'arco e colpisce.

47 7. Dopo il tiro E' qui che la caccia dura inizia. Innanzi tutto egli deve assolutamente rimanere immobile, cercando di ritornare in sé (capita che l'emozione giochi dei brutti scherzi, o che la concentrazione assoluta di certuni sull'area vitale offuschi la visione dei particolari collaterali) e riprenda un contatto razionale con ciò che lo circonda. L'annullamento dell' Io, presupposto fondamentale di ogni buon tiro d'arco che si rispetti, in questo momento ci è nemico. Si deve ragionare, osservare e rivisitare la memoria alla ricerca di ogni piccolo particolare. Non si deve fare assolutamente altro. Il primo particolare da rivisitare riguarda l'impatto della freccia. E' andata dove doveva? (le frecce con le penne a colori vivaci sono d'aiuto, su questo fronte). Visualizzare l'impatto, quindi, e andare immediatamente con la memoria all' immagine del movimento della preda colpita. Si è piegato sulle ginocchia posteriori ? molto probabilmente avrà subito la freccia nell'addome. Cattivo segno. Se il balzo è stato diverso, verso quale direzione è andato?

48 7. quando iniziare il recupero
Cercate, immobili, la via di fuga della preda. Binocolate con movimenti lentissimi tutte le possibili direzioni. Prendete subito un riferimento chiaro il più possibile del luogo in cui avete messo la freccia a bersaglio. Se piove forte, iniziate subito a tracciare. L'unica circostanza che obbliga ad un immediato inseguimento la preda colpita è questa, perché la pioggia cancella l'esclusiva informazione a vostra disposizione (se potete, evitate di cacciare sotto la pioggia forte). Se non piove, dopo circa un'ora, con moltissima cautela, e solo se siete certi di aver indirizzato la freccia nell'area vitale, recatevi nel punto dell'impatto (dopo aver segnato con un nastro colorato il luogo in cui eravate appostati) e cercate tracce di sangue in un raggio massimo di tre metri. Se non ricordate di aver visto scappare la preda con la freccia ancora infissa (è facile che essa abbia completamente attraversato il suo corpo) cercatela nelle vicinanze. Se la trovate, analizzatela attentamente: se non vi sono tracce di sangue...probabilmente avete visto male sull'impatto (nessun problema, è meglio un pulito errore che non un ferimento).

49 7. Tracciamento – inizio Se trovate tracce di sangue, sulla freccia e sul terreno, valutatele: trovandoci in presenza di sangue dal colore rosso scuro avremo colpito il fegato o il cuore, e perciò l'animale non avrà fatto molta strada; Se la traccia è formata da sangue rosso chiaro e schiumoso avremo sicuramente leso la zona polmonare, e anche in questo caso l'animale sarà facilmente ricuperabile; in presenza di poco sangue misto a poltiglia verdastra o a brandelli di intestini avremo colpito lo stomaco o il basso ventre, e allora purtroppo l'animale potrà impiegare anche diversi giorni per morire. Trovando sangue chiaro ma non schiumoso la freccia avrà raggiunto fasce muscolari non vitali. In entrambi questi ultimi due casi l'attesa prima di iniziare il tracciamento dovrà protrarsi anche per diverse ore. Questi tempi di attesa sono molto importanti e devono essere rispettati, pena il non facile recupero, e in certi casi pure la perdita dell'animale. Sentendosi inseguito, con l'adrenalina in circolo può correre per lunghi tratti rendendo vana la tracciatura senza l'ausilio di un cane da sangue. Si procede quindi alla ricerca sul terreno e sulle piante delle tracce di sangue e di eventuali residui di pelo o di sostanze intestinali, cominciando così la tracciatura vera e propria.

50 7. Tracciamento Valutate l'altezza delle eventuali gocce di sangue sulle piante: vi confermeranno l'altezza dell'impatto. Cercate di associare le tracce di sangue alle orme degli zoccoli sul terreno. Se l'animale è tornato sui suoi passi le distinguerete da quelle di una ferita passante. Si marcherà la prima traccia individuata con qualcosa di visibile a distanza. Qualora non si trovi alcun segno, si dovrà marcare il punto da cui è iniziata la ricerca. È decisamente vantaggioso compiere l'operazione in due: mentre uno osserva, l'altro segna le tracce. Se si è soli, occorre marcare tutte le tracce di sangue individuate finché non diventano così frequenti da rendere la precauzione inutile. Non disponendo di materiale per la marcatura (grave errore!), è buona norma spostarsi dall'ultima traccia solo quanto si è riusciti a scorgere quella successiva.

51 7. Tracciamento: la perdita della traccia
Se le tracce di sangue improvvisamente s'interrompono, segnalate in maniera evidente l'ultima che si è trovata e cercare in un raggio di almeno 500 m. tutti i sentieri che mostrino segni di passaggio. Sarà bene ricordare quanto segue: gli animali feriti tornano spesso sul luogo del ferimento; lungo una pendenza, essi tendono a scendere piuttosto che a salire; un colpo all'intestino li asseta intensamente, e in tal caso può essere proficuo cercarli in prossimità di fossi, stagni o corsi d'acqua. Nel caso la ricognizione non porti a risultati, si tornerà sull'ultima traccia e si comincerà a scrutare il terreno, allontanandosi progressivamente a cerchi concentrici dal punto di partenza. Se possedete una bussola, un modo più sistematico è questo: orientatevi verso nord, fate un passo in quella direzione e un altro verso est. Poi due passi verso sud e due verso ovest, tre verso nord e tre verso est, e via di seguito così a spirale. E’ meglio procedere carponi con l'occhio a pochi cm. dal terreno, osservate attentamente perché anche la più piccola goccia conferma la vostra tracciatura. Se il tracciamento si conclude positivamente, si dovrà procedere alla pulitura sul campo (field dressing).

52 7. L’anchuss Non dimentichiamo che l’analisi approfondita dell’anchuss (zona di impatto del proietto sull’animale) può dare informazioni utilissime per la riuscita del recupero, osserviamo quindi con cura tutti gli indizi lasciati sul terreno; per via della quasi sempre evidente traccia lasciata da un selvatico colpito da freccia, un esperto bowhunter è sicuramente in grado di portare a termine il recupero seguendo le tracce di sangue. E’ però consigliato far sempre riferimento al servizio di recupero con cane da traccia presente in zona per poter tendere a percentuali di recupero del 100%. Nel caso di un ferimento ad un arto, sarebbe opportuno avere subito a disposizione un cane veloce e buon bloccatore. Durante la ricerca senza cane non bisogna mai pestare la traccia e mai asportare eventuali segni importanti come : pelo, ossa, frammenti di organo, sarebbe opportuno coprirli con delle frasche nell’eventualità che si debba fare intervenire un cane da tracce. Quanto è lecito cercare? Se la serietà e il buonsenso del cacciatore sono virtù presenti in tutti gli arcieri (non sempre lo sono nei cacciatori con la carabina) non esiste una distanza minima o massima da percorrere sulla traccia. E’ logico pensare che sulla base delle esperienze e conoscenze personali dopo poche decine di metri percorsi con esito negativo si sospendano le ricerche facendo intervenire un buon cane da traccia.

53 7. Field Dressing Dopo l'abbattimento, con la morte dell'animale, gli acidi intestinali tendono a sviluppare gas ed a gonfiare la carcassa (più è caldo e più questo processo è evidente e veloce nel manifestarsi), e fanno anche inacidire la carne. E' importante perciò rimuovere al più presto le viscere dal corpo dell'animale, quindi questa operazione sarà compiuta sul campo di caccia. Vi sono essenzialmente due metodi di base per la preparazione sul campo dell'animale, che facilitano notevolmente l'operazione anche se il bowhunter è solo e non può avvalersi dell'aiuto di alcuno: il primo metodo è la cosiddetta preparazione "a terra" (tecnica pellerossa), che avviene in orizzontale con l'animale sdraiato al suolo; la seconda maniera invece prevede il fissaggio dell'animale ad un robusto supporto (si appende letteralmente il selvatico per le zampe ad un ramo) ed avviene in verticale, questa è la tecnica classica di macellazione.

54 7. Field Dressing “a terra”1
La preparazione a terra prevede uno sforzo fisico minimo da parte dell'operatore che, specialmente se solo, non deve rompersi la schiena per issare (come nel secondo metodo) il capo abbattuto ad un robusto ramo, soprattutto nel caso che si tratti di animali di grossa mole; inoltre, nonostante le apparenze, se si agisce con abilità non si corre nessun rischio di lordare la carne con i residui del suolo.  In primo luogo si procede alla sventratura. L'animale a terra viene girato sulla schiena in modo che presenti le zampe rivolte verso il cielo e con un coltello affilato (ottimi per queste operazioni i classici skinner) si pratica un taglio circolare attorno all'apertura anale per liberare l'intestino dalla pelle. Iniziando dallo sterno e procedendo in direzione dell'area pelvica si tagliano contemporaneamente la pelle ed il sottile strato muscolare che ricopre la cavità del corpo (muscoli del diaframma e dell'addome) facendo particolare attenzione a non ledere gli intestini e la vescica urinaria; aperta tutta la cavità si procede immediatamente con l'asportare la vescica urinaria tenendola ben serrata fra l'indice ed il pollice affinchè non ne esca il liquido, poi si adagia l'animale su di un fianco in modo che la gravità faciliti questa fase dell'operazione, a questo punto si taglia il tessuto di connessione con le ossa posteriori del bacino in modo da liberare la parte terminale dell'intestino ed asportare così con facilità tutto il viluppo delle viscere. 

55 7. Field Dressing “a terra”2
Una volta eliminato l'apparato intestinale si taglia attorno alla cima del diaframma esponendo così il cuore ed i polmoni, si avanza con il coltello e si recidono l'esofago e la trachea rendendo possibile l'asportazione del cuore e dei polmoni stessi. A questo punto si ruota l'animale sulla pancia con la testa il più alta possibile per fare defluire il sangue e, se è possibile, si lava al più presto l'interno della carcassa con acqua per rimuovere i residui di sangue e pelo, quindi la si asciuga con stracci, carta o in mancanza d'altro con foglie secche.  Dopo la sventratura si può procedere all'operazione della scuoiatura: si rigira l'animale sulla schiena (zampe in alto) e si procede con l'incidere la pelle all'interno delle cosce. Da questo punto di partenza si stacca la pelle dalla carne aiutandosi con la lama del coltello e, contemporaneamente, tirando la pelle e tenendola tesa con la mano libera per facilitarne la separazione dalla carne.   Quando la pelle sarà stata completamente staccata per tutta la sua lunghezza si gira l'animale in modo da presentare l'altro fianco, sul quale si procederà nel medesimo modo adagiando la carcassa sulla pelle già staccata, in modo da non lordare la carne con la terra ed i vari residui del suolo. Cercate di lasciare meno carne e grasso possibile sulla pelle, soprattutto nel caso che decidiate di conservarla.   A questo punto si può procedere con la macellazione o perlomeno con la sparatura in quarti dell'animale per facilitarne il trasporto; per far questo il vostro coltello deve essere abbastanza robusto e pesante da essere in grado di rompere le ossa e di dividere in due, vericalmente, la spina dorsale, ottimo al riguardo un piccolo machete od un'ascia.

56 8. Animali e ambiente

57 8. Specie e habitat SPECIE HABITAT CERVO
SPECIE HABITAT CERVO Boschi di latifoglie o misti di resinose, aperti di alto fusto ma disetanei e ben strutturati, situati anche in zone di landa, o comunque intercalati da ampie vallate. Molto importante la presenza di acqua. DAINO Boschi aperti di alto fusto, anche con modesto sottobosco ma con ampie zone di pascolo, possibilmente su terreni ondulati. CAPRIOLO Boschi misti con fitto sottobosco, zone ecotonali ( in transizione verso il bosco) boscaglie e macchie anche con poca acqua. CAMOSCIO Predilige le zone elevate delle foreste di montagna, dai 1500 ai 3000 metri di quota; in estate si trova spesso oltre il limite della vegetazione arborea, nei prati alpini. Gradisce i pendii ripidi e dirupati, ma anche i boschi di alberi decidui e di conifere. MUFLONE Zone rocciose a bassa quota anche a livello del mare, coperte da ogni tipo di vegetazione. L’ottimale si trova nella fascia collinare e pedemontana in presenza di boschi di latifoglie al massimo fino alla faggeta. CINGHIALE Boschi puri e misti di latifoglie produttrici di ghiande, sempre molto ricchi di sottobosco, di radure e prati. Secondariamente anche boschi degradati e “maccchie”. Molto importante la presenza di acqua.

58 8. Dove cercare? E' importate, nelle fasi iniziali della tracciatura, sapere dove cercare l'animale nell'ambiente in cui vive in rapporto ala situazione climatica, meteorologica e pedologica. Dando per scontato che il cacciatore arciere sia un perfetto conoscitore dell'ambiente in cui sta operando la sua ricerca (condizione, questa, senza la quale il buon esito della caccia può essere anche compromesso), nel momento in cui si inoltra nel territorio di caccia gli si pone subito un quesito: dove cercare? Naturalmente quella di cui stiamo parlando è la forma più difficile di caccia con l'arco, ma che dà più soddisfazioni e che è maggiormente caratterizzante di questa disciplina: la cosiddetta caccia "alla cerca" o "vagante". Il bowhunter, nel suo percorso di caccia, non volendo usufruire dell'aiuto del cane, ausiliare per eccellenza, e non avendo i sensi affinati tipici dell'animale selvatico e neppure la sua forza e resistenza fisica (non siamo lupi che riescono a spostarsi di 30 km. in una notte, naturalmente a piedi!), deve avvalersi in particolare della propria intelligenza e soprattutto del proprio senso dell'osservazione, ed attenersi ad una basilare regola di sopravvivenza naturale, a cui sono soggetti tutti gli esseri del creato, dal piccolo scricciolo al grande orso: ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo.

59 8. Territorio e abitudini
Comunemente si crede che gli animali si spostino e vaghino con grande libertà da un luogo all'altro, e che non esistano "confini" tali da proibire loro l'accesso a nuovi territori. Gli animali che più facilmente possono rappresentare questa totale libertà sono gli uccelli: di primo acchito saremmo portati a supporre che volino con estrema libertà per tutti gli spazi aerei, ma, se si è buoni osservatori, è evidente come questa impressione sia del tutto errata in quanto, riferendoci sia agli uccelli che ai mammiferi, gli individui singoli così come le coppie ed i branchi limitano i loro spostamenti in una unica area relativamente vasta ma ben circoscritta da confini (nel caso di molti animali olfattivi, visivi, sonori), che di solito non vengono oltrepassati. Questa zona, che normalmente viene chiamata "territorio" (home range), ne contiene una ulteriore ancora più piccola e circoscritta che di solito è nelle immediate vicinanze della tana, della lestra o del nido.

60 8. Territorio e coesistenza tra le specie
Le dimensioni del territorio di una data specie animale non sono però costanti nella totalità del biotopo di cui sono parte integrante: a questo riguardo è un fattore rilevante l'abbondanza del cibo e dell'acqua, e perciò la quantità di nutrimento, che una zona è in grado di offrire all'animale. Ad esempio, nelle pianure fertili, dove i pascoli generalmente sono ricchi, il territorio di una lepre sarà molto più ristretto che non in montagna, dove le condizioni sono molto più sfavorevoli, e perciò il nutrimento deve essere ricercato su di una superficie molto più vasta. Nonostante questo, nessun territorio è abitato da una sola specie animale ma, al contrario, diverse specie convivono; d'altronde deve essere sufficientemente esteso per nutrire sia il singolo animale che il branco, e di conseguenza la superficie complessiva non è sempre la stessa; questo dipende da diversi fattori: le dimensioni dell'animale e la densità di popolazione, il sesso e l'età, il tipo di alimentazione e la quantità di cibo, la pedologia del terreno e la stagione dell'anno. Alla luce di tutto questo si nota come le diverse parti del territorio rivestano una grande importanza per la vita dell'animale; però bisogna specificare (e questo è molto importante per il cacciatore) che le abitudini del selvatico non sono sempre le stesse nell'arco di un anno o di una stagione, ma variano in relazione allo stato climatico, atmosferico e nutrizionale, e ruotano tutte attorno alla fase riproduttiva.

61 8. Regole fondamentali –1 a) verificare sempre la presenza nel territorio di una sufficiente disponibilità di acqua e di cibo, in quanto molto spesso le lestre del selvatico (specialmente in primavera e in autunno) non saranno distanti dalle zone di pastura. Fa eccezione a questa regola il cinghiale che spesso si sposta molto dalla zona di pastura per andarsi a riposare; occorre tenere però in considerazione che questo comportamento è anomalo perchè dovuto ad una eccessiva pressione umana e ad una elevata antropizzazione. Ovviamente l'alternarsi delle stagioni influenza direttamente la disponibilità di cibo nelle varie zone del territorio: ad esempio, all'epoca della maturazione delle graminacee, i cinghiali si avvicinano frequentemente ai campi di cereali, mentre nella stagione autunnale si ritirano a pasturare nei boschi dove (secondo l'annata) le ghiande e le nocciole non mancano sino alla fine di novembre. b) rapportare sempre l'andamento climatico stagionale alle necessità del selvatico; ad esempio con il caldo torrido dell'estate sarà difficile trovare un capriolo (anche se è un ungulato che non necessita di una grande quantità di acqua) in un bosco molto esposto al sole: lo si troverà sicuramente in zone più fresche ed ombrose, ricche di sottobosco verde (felci) ed in relativa prossimità delle zone di abbeverata.

62 8. Regole fondamentali -2 c) considerare sempre la situazione meteorologica del momento nel suo rapporto con la stagione; ad esempio, nel periodo autunno-invernale, all'inizio dei primi freddi, la presenza di forte vento è causa di disturbo per gli animali in genere che, come del resto l'uomo, cercheranno sempre di porre rimedio alle situazioni climatiche avverse sfruttando a loro vantaggio la conformazione fisica del territorio: perciò, ad esempio, nel caso di una giornata caratterizzata da una forte tramontana, se vi fosse la presenza di un fossone o di un declivio aspro e ben infrattato, questo sarebbe utilizzato dagli animali selvatici come un riparo naturale. d) tenere sempre presente che la nostra grande alleata è la pioggia: oltre a crearci situazioni facilitate di caccia (ad esempio foglie secche che non scricchiolano più se calpestate), fa sì che l'animale attenui le proprie difese: si sposta con notevole frequenza giungendo spesso a porsi allo scoperto, percepisce meno facilmente gli odori e i rumori.

63 8. La stagione degli amori
l'unica situazione che fa decadere le quattro importanti regole sopra menzionate, è la stagione degli amori, che descriviamo brevemente per ogni specie: SPECIE AMORI GESTAZIONE(*) PARTI N° PICCOLI CERVO SET – OTT 230 – 240 MAG – GIU 1 DAINO OTT – NOV GIU CAPRIOLO LUG – AGO 290 2 (1) CAMOSCIO OTT – DIC 180 APR - GIU 1 (2) MUFLONE 160 FEB – APR CINGHIALE OTT – GEN 120 GEN – MAG 3 – 8 (*) in giorni

64 8. I “segni” Prima di esaminare, una dopo l'altra, le varie caratteristiche dei "segni" pertinenti ad ogni animale, è opportuno elencare alcune informazioni lessicali necessarie per chiarire il significato dei termini specifici che verranno usati nel testo. Per orma si intende l'impronta lasciata sul terreno da una singola zampa. Per traccia si intende l'insieme delle orme di tutte le zampe dell'animale. L'andatura è la posizione diversa delle orme nella traccia, e può indicare rispettivamente: il passo, il trotto, la corsa, il salto. La pista è la successione delle tracce lasciate lungo tutto il percorso compiuto dall'animale nei suoi spostamenti. Le fatte sono gli escrementi degli animali. Ogni animale (a prescindere dalla sua dimensione) lascia nel territorio in cui vive una infinità di "segni" che, correttamente letti ed interpretati, possono trasformarsi in altrettante preziose informazioni, per ottenere le quali è necessario fare riferimento a solide basi teoriche e pratiche.

65 8. Orme (zoccolo)

66 8. Orme (impronta e allicciature)

67 8. Tracce di pasti Altri segni distintivi della presenza sul territorio di una specie animale sono le tracce dei pasti sulle diverse parti delle piante.  Nel caso della lepre, che nel periodo invernale disdegna il fieno secco, sono facilmente riscontrabili i segni degli incisivi (la lepre è un roditore) sulla corteccia dei giovani alberi e sugli arbusti ad alto contenuto di acqua. Sulle superfici rosicchiate, tra gli interstizi dei segni lasciati dagli incisivi, rimane visibile una sottile striscia di corteccia non intaccata: ciascuno dei due incisivi (uno superiore ed uno inferiore) ha una piccola scanalatura al centro della superficie di taglio. Le lepri si nutrono anche di rami sottili che recidono lasciando una superficie di taglio netta e obliqua del tutto simile a quella che si potrebbe causare tagliando il ramo con un coltello (vedi la figura 18).

68 8. Tracce su corteccia Le scortecciature provocate dai ruminanti si differenziano molto (e non solo per l'altezza) da quelle prodotte dai roditori: hanno l'aspetto tipico della lesione causata sulla corteccia da un raschietto o da un coltello affilato (sbucciatura), e sono in relazione alla conformazione dentale degli ungulati. I tipi di scortecciatura sono due: una primaverile ed una invernale. La prima in realtà si estende per tutto il periodo vegetativo, cioè fino a quando scorre la linfa: in questa fase gli ungulati si nutrono della corteccia strappandone dalla pianta una striscia più o meno lunga: la lesione prodotta è liscia e solo nel punto in cui la corteccia è stata strappata restano dei margini dall'aspetto frastagliato. Nel secondo tipo (scortecciatura invernale), quando le piante sono in riposo vegetativo, si ha una vera e propria rosicchiatura della corteccia: i morsi possono essere sia radi che fitti, in ogni caso sempre estesi e sono visibili i segni dei denti (vedi la figura 19). Nello strappare i giovani polloni ricchi di gemme gli ungulati, e specialmente il capriolo, producono tipici tagli obliqui che si differenziano da quelli della lepre in quanto il margine superiore del taglio è sfilacciato.

69 8. Seguire la pista

70 8. Seguire la pista - 1 Per seguire con profitto le piste nel migliore dei modi diamo di seguito alcune preziose indicazioni: a) nel caso di impronte parziali (ad esempio dovute ad un terreno molto duro) non bisogna mai trarre conclusioni affrettate sin dall'inizio, cioè nella identificazione dell'animale stesso: così facendo potremmo paradossalmente metterci nelle condizioni mentali di interpretare le altre tracce, anche le più chiare, in modo da avvalorare la nostra errata ipotesi iniziale. b) di fronte ad alterazioni cromatiche e/o morfologiche del terreno si tenga presente che anche queste possono essere tracce: ad esempio il passaggio di un animale all'interno di un bosco su di un tappeto di foglie, superiormente secche ed inferiormente molto più umide, provoca sia una variazione morfologica (le foglie spostate), sia una variazione cromatica (le foglie umide e scure che vengono scoperte). Oltre a questo esempio sono molti i casi in cui un'anomalia del terreno, anche solo cromatica, può essere causata dal transito di un animale. c) le tracce trasportate sono quelle nelle quali è riconoscibile un tipo di materiale che, rimasto attaccato al piede dell'animale, è stato trasportato altrove: ad esempio un capriolo che cammina su di un sentiero fangoso, e che poi si sposta su di un terreno sassoso, lascerà sui sassi tracce di fango.

71 8. Seguire la pista - 2 d) le tracce riflesse sono visibili solo in determinate condizioni di luce: sono causate dal passaggio dell'animale su di un terreno in modo da lasciare una traccia più scintillante oppure più scura; un esempio evidente è quello del transito di un animale su di un prato erboso coperto di rugiada: le zampe lasceranno una traccia scura sulla superficie luminosa della rugiada. Si tenga presente che la rugiada può trasformarsi in orma trasportata quando muta la natura del terreno, in quanto le goccioline rimaste attaccate al pelo delle zampe si traspongono sul suolo. e) verificare sempre la presenza di tracce di pelo nei passaggi attraverso rovi o cespugli spinosi.  f) in ogni caso bisogna sempre tenere presente che: se le orme sono state lasciate sulla sabbia asciutta o sulla polvere sembrano più grandi e deformate;  il fango allarga e deforma i contorni delle impronte; se il fondo dell'impronta su terreno argilloso contiene acqua torbida il passaggio è recente; se l'acqua sul fondo dell'orma è limpida l'animale è passato da almeno un'ora; sul terreno umido le impronte sembrano sempre fresche: a questo riguardo, per meglio datare in termini temporali il passaggio dell'animale, si prema un dito nel terreno e si osservi l'impronta così provocata, notandone le variazioni cromatiche e strutturali;·la pioggia e il gelo smussano gli orli delle orme; sulla neve bassa (fino a 4 cm.) le orme sono nette, oltre questo limite si presentano deformate.


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