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Non abbiate paura della tenerezza
PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Non abbiate paura della tenerezza La relazionalità del “Mi ami tu?” nel giovane cristiano Anno Pastorale
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Negli Orientamenti Pastorali per il decennio del 2010 – 2020, Educare alla vita buona del Vangelo, i Vescovi italiani hanno voluto offrire alcune linee di fondo per una crescita concorde delle Chiese in Italia nell’arte delicata e sublime dell’educazione, scrivendo quanto segue: «L’amore è il compimento della relazione, il fine di tutto il cammino. Il rapporto tra maestro e discepolo non ha niente a che vedere con la dipendenza servile: si esprime nella libertà del dono. Tre sono le sue caratteristiche: l’estrema dedizione («Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici»: 15,13); la familiarità confidente («tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi»: 15,15); la scelta libera e gratuita («Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi»: 15,16). Il frutto di questa esperienza è la missione che Gesù affida ai suoi discepoli: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (13,35; cfr. 15,12-17)».
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C’è una pagina evangelica del Vangelo di Giovanni che ritengo adatta a cogliere questa dimensione vissuta dal giovane cristiano.
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«Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo. Natamele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: “Io vado a pescare”. Gli dissero: “Veniamo anche noi con te”. Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba. Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Gli risposero: “No”. Allora egli disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”. Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri» (Gv 21,1-8).
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«Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu sai cheti voglio bene”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Gli disse di nuovo, per la seconda volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pascola le mie pecore”. Gli disse per la terza volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?” e gli disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: “Seguimi”» (Gv, 21,15-19).
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È una pagina dove si intrecciano diversi spunti di riflessione
È una pagina dove si intrecciano diversi spunti di riflessione. Prima di tutto c’è l’interessante contrapposizione tra Pietro e Giovanni. Ambedue vedono lo sconosciuto sulla riva, però è Giovanni che riconosce per primo il Signore. Ma chi prende l’iniziativa di andare a pescare, chi corre per primo a incontrare il Signore, chi trae a riva la rete piena di 153 grossi pesci, è Pietro.
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Sembra proprio che l’evangelista Giovanni esalti – da punti di vista differenti - ora l’uno ora l’altro: il discepolo prediletto per la chiaroveggenza e per l’intuito del cuore nel riconoscere il Signore, Pietro per la prontezza e la generosità nel servizio.
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In un gruppo di giovani ci sono tanti temperamenti: c’è chi è più intuitivo e chi è più irruente, chi riflette prima di agire e chi invece si butta di slancio. Ciò che importa è che ciascuno si misuri con il Signore, ciò che contano sono l’intuito nell’amore e la generosità nel servizio: due caratteristiche del discepolo di Gesù.
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Come vivo l’intuizione e il servizio generoso nella mia vita di giovane cristiano?
Il secondo spunto di riflessione è dato dal fatto che i discepoli, pur essendo esperti nel loro mestiere di pescatori, quella notte non prendono nulla. Quasi a volerci dire che, senza Gesù le nostre preoccupazioni, i nostri affanni, le nostre relazioni e la vita affettiva sono vani. Con chiarezza Gesù ci dice: «Senza di me non potete fare nulla».
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Noi, nonostante le delusioni e le difficoltà che incontriamo nelle relazioni, nella nostra vita affettiva, siamo chiamati alla speranza di essere amati dal Signore, fondando quella stessa non tanto sul nostro saper fare e organizzare, ma sulla certezza che Dio Padre «è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti», come ci dice l’apostolo Paolo nella Lettera agli Efesini (Ef 4,6).
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È presente nella nostra sofferenza e nella nostra vita affettiva, nonostante i nostri scoraggiamenti e le nostre delusioni.
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È Lui a guidare la nostra vita affettiva e la nostra vita relazionale.
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È Lui a reggerci quando i nostri orizzonti sembra che si eclissino e la nostra vita affettiva sembra che non abbia gli effetti desiderati.
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È Lui a rendersi presente quando i nostri cuori e i nostri passi battono la fiacca e vorremmo quasi lasciar perdere tutto abbandonando ogni esperienza della nostra vita.
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È Lui che alita dentro di noi, ci invita ad avere fiducia in Lui e soltanto in Lui, ci spinge ad abbandonarci nelle sue mani tenere, compassionevoli e misericordiose, andando a curare le ferite e a riscaldare il cuore delle persone, come ci ha invitato a fare papa Francesco:
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«Serve una Chiesa capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia, c’è poco da fare oggi per inserirsi in un mondo di “feriti”, che hanno bisogno di comprensione, di perdono, di amore»1. 1. Papa Francesco in occasione dell’incontro con l’episcopato brasiliano de1 27 luglio 2013.
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E ancora, «Dio cammina accanto a noi, in nessun momento ci abbandona! Non perdiamo mai la speranza! Non spegniamola mai nel nostro cuore! Il drago, il male, c’è nella nostra storia, ma non è lui il più forte. Il più forte è Dio, e Dio è la nostra speranza! [ ..] Fidiamoci di Dio! Lontano da Lui il vino della gioia, il vino della speranza, si esaurisce. Se ci avviciniamo a Lui, se rimaniamo con Lui, ciò che sembra acqua fredda, ciò che è difficoltà, ciò che è peccato si trasforma in vino nuovo di amicizia con Lui»2. 2. Papa Francesco in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù (24 luglio 2013).
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La nostra vita affettiva e la nostra vita cristiana deve ispirarsi a Lui, deve essere un’azione che focalizza l’attenzione su di Lui e sulla sua Parola.
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Senza Gesù la nostra vita diventa scialba, vuota, senza slancio e senza entusiasmo.
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Senza Gesù la nostra vita perde sapore e si oscura il significato di ciò che viviamo e facciamo.
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Senza Gesù gli orizzonti della nostra esistenza si eclissano e tutto diventa monotono, pesante e senza senso.
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Senza Gesù assaporiamo l’accidia, la cosiddetta atonia dell’anima, cioè siamo in un posto e vorremmo essere in un altro, facciamo una cosa e ne vorremmo fare un’altra, detestiamo tutto ciò che abbiamo e desideriamo tutto ciò che non abbiamo.
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Senza Gesù l’essenziale diviene invisibile ai nostri occhi e restiamo protesi a guardare solo ciò che ci soddisfa e ci fa comodo.
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Invece quando i discepoli sono invitati da Gesù a gettare le reti altrove, questi trovano un’abbondanza tale di pesci tanto da stentare a tirare le reti. Quasi a volerci dire che con Gesù tutto cambia, tutto riluce, tutto acquista sapore.
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Con Gesù il nostro sguardo è purificato e il nostro cuore è pacificato.
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