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PubblicatoElisa Paola Franceschini Modificato 9 anni fa
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Amore & Violenza cosa porta alla violenza di genere Progetto coordinato dalla Provincia di Piacenza Provincia di Piacenza Arma dei Carabinieri Questura AUSL CIPM Il pane e le rose Telefono Rosa
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… ma io, oltre a “fare scuola”, cosa posso fare ?
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Potrei… …finire il programma… In fondo sono ragazzi, è capitato a tutti… Gli metto una nota ed è chiusa qui ! Lo interrogo ! Alle udienze lo dico ai genitori Lo mando dal preside
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Quante volte ci abbiamo pensato ? Sono tutte soluzioni legittime e possibili, spesso anche appropriate … … possiamo, però, cambiare punto di vista
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Esistono vari tipi di violenza; noi ci stiamo occupando delle situazioni di prevaricazione dei maschi sulle femmine. Cosa caratterizza un comportamento violento ? Lo contraddistinguono due connotazioni discriminanti: 1. L’intenzione: chi agisce vuole raggiungere il proprio obiettivo a qualsiasi costo. 2. La percezione del destinatario dell’azione: ognuno di noi vive e reagisce alle situazioni in modo unico. L’interpretazione di un’azione non è sempre “oggettivabile” e il carico di violenza e minaccia è legato al vissuto personale di ciascuno.
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Ciascuno di noi ha una percezione dei ruoli di genere costruita sulla base delle proprie esperienze e modalità di relazione a disposizione (multicultura, social network). Le maggiori occasioni di confronto e relazione che sembrano caratterizzare il percorso di crescita dei ragazzi non si traduce, necessariamente, in accettazione da parte di tutti gli adolescenti di maggiore “liberalità” dei comportamenti. Quello che un adulto percepisce come una caratteristica delle relazioni interpersonali “moderne” è spesso legato al suo stereotipo della “gioventù attuale” emancipata e dai costumi più rilassati. Forse, comportamenti che disturbavano “noi”, disturbano, allo stesso modo “loro”.
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Spesso, riteniamo i ragazzi più emancipati e disinibiti di quanto non fossimo stati “noi”; in realtà, alcune apparenti facilitazioni delle occasioni di interazione hanno introdotto un medium che crea distanza e fa vivere la relazione in modo “differito”. Emergono fragilità che sono legate alle minori competenze, sviluppate sul campo, in ambito relazionale. Chi è più fragile ha bisogno di maggiori conferme e appoggi che sono cercate, fisiologicamente, nel gruppo dei pari. Il pensiero del gruppo diventa vincolante, anche se non completamente condiviso.
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Esiste un timore che accomuna tutti noi ed è particolarmente sentito durante l’adolescenza e la preadolescenza Sentirsi “fuori dal gruppo”, isolato… … perché chi è “fuori”, chi non è riconosciuto parte del gruppo è… SFIGATO
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Entrare a far parte del gruppo può avere un prezzo Si tratta di un prezzo che aumenta in parallelo al bisogno di sentirsi accettati
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Il pensiero del gruppo è un porto e un biglietto di accesso La soluzione possibile per ridurre il “costo” emotivo è adottare il pensiero del gruppo. …anche se non sempre condivise completamente nel profondo. Siamo “DIVERSI” “Rendersi simili”, “omologarsi”, “accodarsi” diventano azioni necessarie…
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Il rapporto con l’altra metà del mondo… La relazione con l’altro sesso non è solo una questione personale; è anche il modo per dimostrare a se stessi la propria identità di genere. Di fatto, molto più spesso di quanto i ragazzi stessi percepiscano, l’obiettivo è dimostrarsi “maschi” agli occhi del resto del gruppo. È il gruppo, spesso, che “restituisce” al ragazzo la valutazione circa la sua adeguatezza di “maschio”.
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I ragazzi posseggono ed esprimono tutta la gamma dei sentimenti, ma che succede se alcuni di essi non soddisfano l’idea del VERO maschio ?
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L’identità di genere si struttura anche attraverso idee rigide e assiomi indiscutibili, nonché attraverso la negazione del contrario. A volte, anzi, è più facile avere certezze circa le caratteristiche che non si posseggono o non si vogliono possedere, che rispetto a quelle che concorrono a formare la personalità. “…NON SO ancora, con precisione, COSA SONO, ma certamente SO COSA NON SONO…”
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I ruoli maschile e femminile diventano categorie indiscutibili e vincolanti. Più sono rigide, più sono comprensibili e facili da gestire. Non devono esserci dubbi circa la classificazione di un comportamento o di un atteggiamento: devo sempre sapere immediatamente se quanto sto per fare è da “maschio” oppure no.
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Quanto maggiori saranno le fragilità individuali, tanto maggiori saranno i bisogni di conferme da parte del gruppo e, parallelamente, di condivisione di pensieri stereotipati. Le caratteristiche dello stereotipo maschile HANNO BISOGNO di connotazioni altrettanto rigidamente stereotipate da attribuire, in modo complementare, al ruolo femminile.
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Il ragazzo non si relaziona più con la singola ragazza ma con l’idea di ragazza condivisa e costruita attraverso il confronto con il gruppo di maschi (influenzato da internet, da esperienze famigliari, da pubblicità…) Ogni disconferma dello stereotipo che giunge dalla ragazza, anche semplicemente come affermazione naturale della propria individualità è, come minimo, un momento di crisi per il ragazzo, perché incrina il saldo sistema di ruoli e di comportamenti prevedibili e classificabili.
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La crisi genera insicurezza… …l’insicurezza, paura… …la paura porta al bisogno di ristabilire le certezze rassicuranti… …una possibilità è la violenza.
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L’atto aggressivo punisce l’altro per avere minacciato le mie certezze, per avere scoperto le mie fragilità e avermi costretto a una relazione alla pari dove posso anche non riuscire a esprimermi come desidero. Ma un MASCHIO vero può correre questo rischio ? Ti “punisco”, quindi, per avere fatto vacillare le mie sicurezze circa la mia identità di genere, perché mi hai instillato, per un momento, l’idea che potrei non essere adeguato come maschio.
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