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PubblicatoEulalio Palla Modificato 10 anni fa
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Circostanza o situazione da cui si teme derivi un danno grave
PERICOLO Circostanza o situazione da cui si teme derivi un danno grave Possono essere i crepacci, le valanghe, il temporale ecc. I PERICOLI Si possono dividere in oggettivi, ossia che non dipendono dal nostro agire e soggettivi che invece dipendono dal nostro agire o reagire a situazioni di pericolo.
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RISCHIO Esposizione ad un pericolo nel quale ci si può imbattere, eventualità di conseguenze negative (incidente), A causa di cattiva visibilità ci troviamo in una zona crepacciata, coperta da neve fresca, il rischio di finire sopra un ponte di neve che cede sotto il peso dell’alpinista e che cada nel crepaccio è elevato. Diventa quasi irrisorio invece se si ha ottima visibilità ed il ghiacciaio non è coperto da neve.
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INCIDENTE E’ il concretizzarsi del fatto negativo.
Si è passati su un ponte di neve, questo ha ceduto e si è caduti nel crepaccio
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" L'audacia e bella. L'incosciente temerarietà è sciocca
" L'audacia e bella! L'incosciente temerarietà è sciocca! È bene quindi conoscere e volgere a proprio vantaggio le esperienze di chi ci ha preceduti, cosi da combinare l'audacia con la riflessione, l' intelligenza con l'abilità. Mostra vero coraggio colui che è veramente cosciente, in ogni momento, delle conseguenze delle proprie azioni...... Wilhelm Paulche
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I nostri simpatici abruzzesi, a voler continuare con quella visibilità e in quel modo dimostrano certo un bel coraggio ma anche una altrettanta incoscienza .
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PERICOLI OGGETTIVI, ossia legati alla natura.
Vento Temporali, fulmini Scarsa visibilità Pioggia, grandine, nevischio Tormenta Sole Quota Vetrato Caduta pietre Caduta cornici Neve e valanghe Ghiacciai Caduta seracchi e ghiaccio Vipere
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GLI AGENTI ATMOSFERICI INFLUISCONO SUI PERICOLI IN MONTAGNA
NEBBIA VENTO
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Il cattivo tempo comporta normalmente un abbassamento della temperatura che causa la sensazione di FREDDO. Agisce negativamente sull'organismo e, in particolare, sulle parti più esposte e periferiche. Effetti dell'esposizione prolungata alle basse temperature sono i congelamenti, che possono comportare la perdita delle parti periferiche del corpo, o l'assideramento, che può essere mortale. Per difendersi dal freddo ci si può avvalere di: • vestiario ed equipaggiamento adeguati • ripari naturali ed artificiali
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La nebbia annulla le forme e limita oltremodo la visibilità
La nebbia annulla le forme e limita oltremodo la visibilità. Stabilire la propria posizione prima di perdere ogni riferimento. L’umidità della nebbia rende scivolosi i terreni erbosi e le rocce.
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La nebbia è ritenuta la causa maggiore della limitazione della visibilità ed è per definizione il fenomeno meteorologico per il quale una nube si forma a contatto con il suolo. Altri fenomeni che limitano la visibilità sono il vento, la pioggia e la neve a seconda della loro intensità ed effetti.
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Scala della visibilitá nella nebbia
Caligine: visibilitá superiore ai 10 chilometri. Foschia: visibilitá compresa fra 1 e 10 chilometri. Nebbia spessa: visibilitá fino a 200 metri. Nebbia fitta: visibilitá compresa fra 30 se 50 metri. Nebbia densa:visibilitá inferiore a 30 metri.
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Con queste condizioni è meglio tornare a casa
Un peggiorativo della nebbia è il terreno innevato. Con questa visibilità è difficile anche orientarsi. Con queste condizioni è meglio tornare a casa
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La pressione esercitata dal vento può rendere difficile la progressione: con vento a 70 km/h è necessario piegarsi controvento, a 100 km/h è difficile mantenere la posizione eretta e si fa fatica a mantenere l’equilibrio.
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IL VENTO HA LA CAPACITÀ DI DISPERDERE IL CALORE DEL CORPO, INDIPENDENTEMENTE DALLE CONDIZIONI DEL TEMPO. IN CONDIZIONI DI BASSE TEMPERATURE, SE LA QUANTITÀ DI CALORE ASPORTATO È MAGGIORE DI QUELLO PRODOTTO DAL CORPO SI PUÒ ARRIVARE ALLA IPOTERMIA.
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TABELLA DEL CONGELAMENTO
In presenza di vento è importante perciò la temperatura percepita (windchill) e non quella reale
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Il föhn è un fenomeno per cui nel versante sottovento di una catena montuosa si veri-fica un rinforzo del vento accompagnato da dissoluzione delle nubi, brusco aumen-to di temperatura e diminuzione della umidità. Nel versante sopravento invece le nubi si addensano con forti piogge o nevicate (stau) PERICOLI: Vento forte, aumento del rischio di valanghe, falsa sensazione di “bel tempo” dalla pianura, forte variazione di tem-peratura con la quota
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Il vento forte rende più difficile udire i propri compagni, creando così situazioni ad elevato rischio (in cordata, nelle operazioni di orien-tamento, negli avvertimenti, nel caso di ri-cerca in valanga). Le raffiche possono coglierci impreparati e portarci ad una caduta, che può essere fatale nelle zone esposte.
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Pioggia (anche con grandine), nevischio
Pioggia - scivolosità Pioggia (anche con grandine), nevischio Roccia ed erba divengono molto scivolose. Anche quei tratti scoscesi di terra diventano pericolosi scivoli di fango
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Pioggia (anche con grandine), nevischio
Piogge intense provocano la formazio-ne di forti venute d'acqua, docce inca-nalate lungo i canali, colatoi, diedri, fessure che solcano le pareti di roccia. Possibili frane e smottamenti.
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Il temporale con i fenomeni ad esso associati (soprattutto i fulmini) costituiscono un elemento di rischio marcato per chiunque svolga sport in quota (escursionismo, ferratismo o alpinismo che sia).
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Il temporale è una breve ma intensa perturbazione a carattere per lo più localizzato generata da nubi di tipo torreggiante (cumulonembi) tipiche per la loro forma a “cavolfiore”. Associati ai temporali si hanno forti rovesci di pioggia, grandinate, colpi di vento e soprattutto scariche elettriche (fulmini, lampi). In montagna, anche in estate, non sono rare oltre una certa quota le nevicate, forti quanto improvvise per il repentino abbassamento della temperatura determinato dal temporale stesso.
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2) I fulmini nube-nube o lampi
I fulmini sono delle violente scariche elettriche che si manifestano con l'emissione di luce (lampo) e suono (tuono). La formazione del diverso tipo di fulmine dipende dalla ripartizione delle cariche elettriche di segno opposto dentro e attorno al cumulonembo. 1) I fulmini nube-terra sono solo il 20% di quelli che si sviluppano in un temporale 2) I fulmini nube-nube o lampi 3) I fulmini nube-nube
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1) Scarica leader (o scarica guida): inizialmente dalla nube scende verso il suolo una scarica pilota debole ed invisibile composta da particelle cariche negativamente che avanza verso il basso ad una velocità di circa 100 chilometri al secondo con percorsi successivi di breve lunghezza, procedendo a zig-zag e creando un'intensa ionizzazione. Questo processo richiede un centesimo di secondo e riesce a formare un canale ionizzato lungo anche 8 chilometri. 2) Quando la scarica guida (scarica leader) si avvicina al suolo, da quest'ultimo parte una scarica di ritorno diretta verso l'alto composta da un flusso di cariche positive presenti a terra. 3)Quando le due si incontrano (ad un altezza media di metri), si instaura una forte corrente elettrica nel canale (largo poco più di una matita). 4) Quando le due scariche si incontrano, segnano nell'aria una scia di congiunzione tra cielo e terra lungo la quale risale verso la nube una fortissima corrente elettrica ad una velocità stimata in circa un terzo di quella della luce (130 milioni di metri al secondo). Una volta creato il canale ionizzato altri fulmini possono utilizzarlo (producendo una caratteristica luce intermittente)
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Il pericolo si preannuncia solitamente nei seguenti modi:
• le aree di epidermide scoperte comunicano una sensazione di solletico; • prurito al cuoio capelluto, con la sensazione che i capelli si rizzino; • vibrazione sonora degli oggetti metallici (ronzio); • fiammelle azzurrognole (fuochi di Sant’Elmo) in corrispondenza di oggetti metallici particolarmente esposti (es.: croci di vetta). Tutti questi segnali sono evidenti segnali di forte potenziale elettrico ed in totale mancanza di nubi, possono preannunciare il raro “fulmine a ciel sereno”.
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Il forte boato provocato dal riscaldamento improvviso dell'aria quando innescato dal passaggio di un fulmine viene definito tuono. Le onde d'urto sono udibili fino ad una distanza massima compresa fra 17 e 20 chilometri.
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Il tuono non è normalmente percepibile ad una distanza di 24 km
Il tuono non è normalmente percepibile ad una distanza di 24 km. Si può stabilire la distanza del temporale e se si sta avvicinando o allontanando calcolando il tempo tra lampo e tuono. Per la differente velocità tra luce e suono possiamo empiricamente stabilire che il tempo rilevato in secondi tra questi due fenomeni e diviso per 3 dà la distanza in km del temporale dal luogo in cui siamo.
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Nella figura si osserva l’effetto di concentrazione delle scariche sulle cime (fenomeno noto come potere delle punte). Questo deforma il campo elettrico creando delle forti differenze di potenziale tra le nubi e le cime delle montagne. Le scariche tra nube e cime avvengono lungo percorsi tortuosi che sono scelti come canali preferenziali. La corrente della scarica principale si disperde attraverso le pericolosa correnti di terra.
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Comportamento dell’alpinista in caso di temporale: evitare le cime e le creste
delle montagne, tenendosi almeno 10 m al di sotto, per evitare la scarica diretta. Se ci si ripara in un anfratto o in una caverna della roccia, stare verso l’interno, ad una debita distanza dalle pareti e dal soffitto. Evitare vie ferrate, croci di vetta, tralicci e allonta-narsi da tutto ciò che è di metallo.
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Evitare di ripararsi sotto alberi isolati standone lontano 200-300 m.
Non ammassarsi in gruppo poiché la colonna d'aria calda generata, agisce da conduttore per il fulmine. Se non ci sono ripari sicuri è preferibile prendere più acqua possibile perché i vestiti bagnati sono buoni conduttori rispetto al corpo umano e favoriscono la dissipazione della scarica. Non ripararsi in anfratti o stare sull’entrata delle grotte scavate nella roccia perchè sono attraversate dalle correnti di terra.
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Allontanarsi dall’acqua sia torrente, lago, fiume o mare
Stare debitamente lontani (almeno 50 m) da qualunque conduttore metallico, anche in caso che il fulmine cada a 500 m di distanza, il rischio è enorme. Spegnere completamente i cellulari (questo vale anche e soprattutto all’esterno di un eventuale rifugio), se possibile staccando le batterie. Allontanarsi dall’acqua sia torrente, lago, fiume o mare Distese di neve o ghiacciai sono più sicuri del terreno roccioso. Durante un’ascensione o in discesa a corda doppia, provvedere a raddoppiare le soste con spezzoni di cordino o di corda. Si sarà più sicuri dentro un rifugio a rivestimento metallico piuttosto che di legno o pietra.
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1) Una persona colpita da fulmine deve essere pronta-mente soccorsa
1) Una persona colpita da fulmine deve essere pronta-mente soccorsa. Non si corre alcun rischio nel toccarla in quanto un fulminato non è carico elettricamente. 2) Se necessario occorre praticare il massaggio car-diaco e la respirazione artifi-ciale; frequente è infatti il blocco respiratorio mentre più raro risulta l’arresto cardiaco. 3) E’ sempre consigliabile, Conoscendo Le Necessarie Nozioni, porre il colpito in posizione laterale di sicurezza coprendo eventuali ustioni con garze sterili (un soccorritore può solamente tamponare ferite ed immobilizzare fratture). 4) Attenzione in caso di ipotermia del colpito a non proteggere la persona con teli termici alluminizzati (rischio d’ulteriore folgorazione!).
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Regola dei 30 secondi – 30 minuti
Un concetto generalmente accettato dagli alpini-sti è che un temporale si considera concluso 30 minuti dopo aver percepito l’ultimo tuono. Su una via ferrata si può procedere ad arrampicare o a scendere dopo questo periodo di tempo tra-scorso nel rispetto delle norme sopraelencate. Al contrario, se l’intervallo tra fulmine e tuono si mantiene inferiore ai 30 secondi il pericolo di essere colpiti da un fulmine è presente ed è bene adottare le necessarie misure.
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La nevicata rende il terreno più scivoloso della pioggia, si ha un abbassamento della temperatura maggiore, rende più difficile e faticosa la progressione.
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La forte intensità della precipitazione nevosa senza vento (tormenta) può limitare decisamente la visibilità. Su pendii con inclinazione superiore ai 30° sussiste il pericolo di valanghe.
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La tormenta o bufera di neve è costituita dalla presenza contemporanea di freddo, vento, turbinio di neve e, talvolta, nebbia. La visibilità è scarsissima, la respirazione è difficoltosa, i minuscoli aghi di ghiaccio percuotono il viso paralizzando i muscoli facciali ed impediscono di tenere gli occhi aperti. Cercare un riparo o crearselo, forte pericolo di assideramento probabile bivacco.
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Il sole, in alcuni casi, può costituire un pericolo da non sottovalutare: esso infatti, oltre a modificare lo stato della neve, provocando caduta di cornici o di valanghe, può causare la caduta di sassi, per effetto del disgelo e può causare direttamente danni all'organismo, menomandone l'efficienza con oftalmie, insolazioni, eritemi, ecc. Particolare attenzione sui terreni ghiacciati o coperti di neve che ne amplificano gli effetti ed anche all’azione del vento che ne attenua le sensazioni. Un buon equipaggiamento, completo di copricapo, occhiali, creme per il viso e le labbra, consente di far fronte alle conseguenze che possono derivare da una lunga esposizione ai raggi del sole.
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QUOTA In montagna, soprattutto in quota, si riceve una dose supplementare di raggi U.V., pos-sono esserci venti estremi e freddo (ogni 150 metri -1°), rarefazione ossigeno. Rischio di congiuntiviti e ipotermia, accele-razione frequenza cardiaca e respiratoria. Necessario un buon allenamento, acclima-tazione ed adeguato abbigliamento.
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Verglass: a causa di un brusco abbassamento della temperatura l’acqua di scorrimento oppure l’acqua di fusione si trasforma in un insidioso velo di ghiaccio invisibile e assai scivoloso che ricopre la roccia o il terreno. La progressione diventa più lenta e delicata, rischio di scivolate. Necessario l’uso dei ramponi anche su roccia
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L’innalzamento della temperatura può causare lo scioglimento del ghiaccio che tiene coesi i sassi favorendone la caduta, ciò può a provocare delle pericolose scariche di sassi.
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La caduta sassi può avvenire, oltre al crioclastismo dovuto all’alternanza di gelo e disgelo, anche in seguito a forti piogge, raffiche di vento, alpinisti od animali sovrastanti
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La neve livella il terreno, nasconde punti di riferimento e sentieri; per il sua caratteristica di rifrazione basta una nuvola per peggiorare la visione.
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Sulla linea di cresta che separa i due versanti a diversa esposizione rispetto al vento, è frequente la formazione di cornici, ossia depositi di neve speso instabili che sporgono sul versante sotto vento.
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Quando si percorrono le creste inne-vate è opportuno passare ad una certa distanza dal bordo delle even-tuali cornici perché potrebbero cede-re sotto il vostro peso . Il pendio sot-to la cornice (sottovento) è altamente valanghivo perché c’e neve di riporto compattata per metamorfismo.
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La neve che si accumula sui pendii subisce delle metamor-fosi che ne variano la struttu-ra. Questi accumuli possono precipitare a valle sia per cause naturali che provocate da fattori esterni e si chiama-no valanghe o slavine A differenza della loro forma o composizione possono esse-re: a lastroni, polverose, a debole consistenza o di neve umida.
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Anche se gli alpinisti sono meno soggetti (il 20% del totale non è però trascurabile) degli sci alpinisti ad essere travolti e/o provocare una valanga è bene adottare gli stessi accorgimenti di prudenza e preven-zione È importantissimo perciò informarsi sul grado di “pericolo valanghe” ed anche quando questo è debole, fare comunque attenzione su alcuni pendii a rischio, perché parliamo sempre di “pericolo”.
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Curva della sopravvivenza: dopo 15 minuti le possibilità di essere ancora in vita dimi-nuiscono drasticamente. Diventa essenziale trovare e riportare in superficie il sepolto da valanga nel più breve tempo possibile È oltremodo sbagliato pensare di poter utilizzare mezzi di fortuna per scavare
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Fin dall’inizio della escursione su terreno innevato con pericolo di valanghe (in qualsiasi stagione) allacciare il cordino rosso da valanga e/o, disponendo di apparecchio ARTVA fissarlo saldamente al corpo sotto il maglione o la giacca a vento, onde evitare che venga strappato via nell'eventuale impatto con la valanga, dovrà essere controllata l’efficienza dell'apparecchio, la perfetta carica delle batterie, messo e lasciato in funzione di trasmissione. Controllare di avere anche la sonda e la pala.
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Dovendo attraversare una zona sospetta, riconosciuta pericolosa, adottare le seguenti misure di sicurezza: · coprire le vie respiratorie, abbassando il passamon-tagna e chiudendo il cappuccio della giacca a vento onde impedire, in caso di valanga, che la neve penetri nei polmoni; · se si è con gli sci, slacciare le cinghiette di sicurezza degli attacchi e regolare gli attacchi in modo che si stacchino facilmente; · tenere i bastoncini senza passare le mani nei laccio-li; · tenere lo zaino su una sola spalla;
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· procedere in fila indiana, tenendo tra una persona e l'altra una distanza tale che, nell'eventualità di distacco di valanga, solo una persona venga travolta; · nelle zone più insidiose, procedere uno alla volta: mentre il compagno attraversa gli altri, stazionando in posizione sicura, osservano attentamente la manovra per avvertirlo tempestivamente o, se travolto, individuare la posizione di scomparsa e segnarla; chi attraversa tenga costantemente sott'occhio eventuali punti sicuri: alberi, rocce, costoni da raggiungere in una eventuale fuga diagonale.
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Un nuovo sistema per non essere sepolto in profondità da una valanga, rimanere in superficie ed essere facilmente soccorso è il dispositivo che si gonfia “tipo air bag”. Da un’indagine affidabile risulta che il 97% di coloro che lo indossavano si sono salvati. A mio modesto parere questo dispositivo può essere utile in caso di valanghe di neve polverosa. Mentre ho forti dubbi sulla sua utilità in caso di valanghe di neve a lastroni.
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Anche se investiti da una piccola valanga si possono riportare danni notevoli perché anche il peso della neve in movimento è notevole, immaginiamoci se è una valanga a blocchi o lastroni!!!
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Il ghiacciaio è una massa di ghiaccio sempre in movimento verso valle, nella discesa all’incontro di ostacoli si creano crepacci e seracchi.
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La sua superficie può essere secca (priva di copertura nevosa) o umida (ricoperta di neve).
Evidentemente con la superficie secca è più facile evitare le insidie del ghiacciaio, ma non quelle delle montagne che lo sovrastano.
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Valutare la stabilità dei ponti di neve con un’attenta osservazione della superficie del ghiacciaio e delle condizioni meteorologiche. Procedere legati e conoscere le tecniche di recupero da crepaccio
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Il pericolo di caduta in crepacci non è strettamente legato alla glaciolo-gia, ma ai ponti di neve che li rico-prono e giocano un ruolo determi-nante. Una caduta in un crepaccio a “V” implica che l’alpinista colpisca le pareti del crepaccio. Questo può comportare danni al corpo. Inoltre il contatto del corpo con le pareti fredde e molto spesso bagnate del crepaccio comporta rischi di assidera mento e in generale freddo intenso e torpore. Una caduta in un crepaccio a “campana” risulta più difficile da trattenere per il compagno di cordata. Il problema del freddo esiste ma è meno accentuato del precedente caso. Il soccorritore deve fare attenzione perché il bordo può cedere.
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La caduta di seracchi può provocare una valanga di ghiaccio ed è determinata essenzialmente dal movimento del ghiacciaio, sono casuali e non possiedono andamento diurno e orari tipici. Osservare i frammenti già caduti. Se possibile trovare percorsi alternativi alla zona a rischio, altrimenti procedere molto velocemente.
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In un ghiacciaio le zone con i crepacci, quelle valanghive e le seraccate hanno sempre la stessa localizzazione, per cui è possibile fare un tracciato di rotta e seguire percorsi sicuri interpretando la cartina.
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In Italia non ci sono morsi di rettili letali per l’uo-mo (a meno che non vengano da rettili esotici liberati criminalmente); normalmente vengono colpiti gli arti. Sono episodi alquanto sporadici, contrariamente a quanto si creda. Rimanere calmi ed effettuare esclusivamente bendaggi comprimenti estesi (non lacci emo-statici o cordini strozzati o peggio ancora incisioni); raggiungere un luogo dove poter avere soccorsi adeguati con persone competenti. Fare attenzione sui ghiaioni e vicino a dei ruderi.
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PERICOLI SOGGETTIVI, ossia legati all’uomo.
Impreparazione tecnica e mancanze di conoscenze dell’ambiente Impreparazione fisica Equipaggiamento inadeguato o inefficiente Mancanza di tecnica ed esperienza Informazioni insufficienti sull’itinerario Mancata lettura bollettino meteo Doti psicologiche non adeguate Errata scelta dei compagni
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MANCANZA DI CONOSCENZE
- Non sapere niente di meteorologia. Non sapersi orientare. Non conoscere le tecniche alpinistiche riguardanti il terreno sul quale si opera e le relative manovre di autosoccorso. Non conoscere i pericoli del terreno innevato e come provare ad evitarli. Non sapere cos’è l’ARTVA. Non conoscere le basilari cognizioni di pronto soccorso.
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MANCANZA DI PREPARAZIONE FISICA
- Limitazioni alla efficienza fisica dovute spesso a disfunzioni, postumi di malattie o di lesioni. - Mancanza di allenamento, d'acclimatazione e d'alimentazione assume un'importanza elevatis-sima (mal di montagna). La stanchezza diminuisce il livello di percezione dei pericoli, si allungano i tempi, riduce la capacità decisionale. - L’entusiasmo può aver fatto fare una scelta di un itinerario superiore alle proprie capacità ed alle-namento.
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EQUIPAGGIAMENTO INADEGUATO O INEFFICIENTE
- Un equipaggiamento deve essere idoneo all'attività che vuole svolgere e deve essere in buone condizioni: un guanto bucato lascia passare moltissimo freddo. - La necessità di un equipaggiamento valido, sia qualitativamente che quantitativamente, è dettata in modo determinante dal bisogno di proteggere l'organismo dagli effetti del freddo, del vento, dell'umidità, che possono produrre danni irreparabili. - L’ attrezzatura anche deve essere al “top”, altrimenti può essere fatale: un ARTVA con le batterie quasi scariche non serve a niente come corde e cordini logori.
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MANCANZA Dl TECNICA E Dl ESPERIENZA
- Costituisce uno dei pericoli più gravi, anche perché spesso è accompagnata da un pizzico di presunzione, e può portare ad errori di valutazione e di comportamento a cui, spesso, non è più possibile porre rimedio. - La sensibilità di valutazione delle condizioni ambienta-li, la scelta dei materiali e dell'equipaggiamento, lo studio degli itinerari, il senso di orientamento, il saper provvedere ed ovviare agli inconvenienti, il saper valutare le proprie ed altrui capacità in relazione all'at-tività da svolgere, il saper rinunciare, quando e neces-sario, ad una gita; sono doti che si acquisiscono solo con l'esperienza e, armonicamente fuse, con una adeguata preparazione tecnica.
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ALCUNI ALTRI ERRORI - REAZIONE sconsiderata in caso di incidente ma reagire con lucidità, senza sopravalutare le proprie capacità e quella dei compagni. - SCELTA sbagliata dei compagni, la salita o l’escursione deve essere proporzionata alle capacità del meno prepa-rato e non contare solo su quelle proprie. - METEO non aver consultato le previsioni meteorologi-che. - CAPARBIETÀ nel voler effettuare l’attività prepostasi a tutti i costi.
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PERICOLI OGGETTIVI DI ORIGINE SOGGETTIVA
- Temporale e percorso in cresta, o fermarsi sulle linee di terra. - Fretta di fuggire dal maltempo (nebbia o tormenta). - Non ritirarsi quando una via non è in condizioni. - Fare un percorso su conoidi sia di valanga che di caduta sassi. - Esporsi a caduta di sassi o valanga per aver attaccato la via troppo tardi .
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CERCHIAMO DI RIDURRE AL MINIMO I PERICOLI DELL’ATTIVITÀ ALPINISTICA E PORTARE IL RISCHIO AD UN LIVELLO ACCETTABILE. PER FARE CIÒ DOBBIAMO INNANZITUTTO TOGLIERCI DI DOSSO LA PRESUNZIONE CHE TUTTO PUÒ ACCADERE SOLO AGLI ALTRI MENTRE NOI NE SIAMO IMMUNI. UN BUON METODO DI PREVENZIONE è UNA SERIA PREPARAZIONE ED ANALISI DELLA SALITA, CHE POSSIAMO PIANIFICARE CON IL METODO DI MUNTER 3X3.
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REGOLA DEL 3 x 3 DEL MUNTER Questa regola, applicata nello scialpinismo, la possiamo applicare in maniera semplificata anche in alpinismo. A casa: meteo – terreno – uomo (si riduce del 75% il rischio) In zona: meteo – terreno – uomo (si riduce del 20% il rischio) Sul posto: meteo – terreno – uomo (si riduce del 4% il rischio) Ogni volta si verifica, a seconda del luogo, se la preceden-te pianificazione è ancora valida.
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A CASA METEO TERRENO UOMO Informarsi sulle previsioni meteorologiche
ed eventualmente quello di pericolo valanghe in particolare quello riguardante la località interessata dalla tua gita. METEO Prepara l'itinerario studialo sulla cartina e individua I versanti; individua gli eventuali punti chiave; senti gli esperti locali (guide, custodi rifugi,..); segnati i percorsi alternativi; scegli l'orario di partenza; determina l'equipaggiamento necessario. TERRENO scegli i compagni in base all’obbiettivo per l’esperienza e per la capacità tecnica; per l’efficienza fisica; per la stabilità psichica in situazioni difficili; stabilisci il numero massimo. UOMO
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In zona METEO TERRENO UOMO
Valuta le condizioni del tempo in base a visibilità (quando è scarsa rende difficile la scelta del percorso); temperatura e sua prevedibile evolu- zione diurna; presenza di vento (osserva se ci sono creste che fumano o le nuvole) e rileva direzione e velocità. METEO Osservare la morfologia interessata di tutto l’itinerario visibile (scala 1:1); verifica l’effettivo innevamento e l’eventuale pericolo valanghe, nel caso se attraversa o percorre canaloni; se è una via di roccia cercare di individuare l’itinerario; se è una via di ghiaccio cercare di stimare la pendenza e memorizza i punti critici. TERRENO In quanti si è effettivamente; l’abbigliamento e l’attrezzatura a disposizione; le eventuali composizioni delle cordate e gli eventuali loro dubbi sulla salita o gita. UOMO
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Sul posto METEO TERRENO UOMO
Verifica della stabilità del tempo; presenza di nebbia; intensità del vento e se questi fattori possono influenzare la salita fino al punto di dover cambiare itinerario. METEO Verifica sulla effettiva qualità della roccia; se la roccia è coperta da verglass; se camini o fessure sono intasate dalla neve o molto bagnate; se le condizioni della parete o del terreno della gita rendono obbligatoria una attrezzatura che non si ha (tipo piccozza e ramponi). TERRENO Malessere improvviso; eccessivo affaticamento per arrivare all’attacco della via o nel primo tratto della salita o gita. Non insistere, sacrificarsi per aiutarlo a tornare indietro. UOMO
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Evitare l’effetto branco, è pericoloso
Evitare l’effetto branco, è pericoloso. Non conoscia-mo le capacità degli altri che possono essere supe-riori o inferiori alle nostre ed in entrambi i casi potremmo trovarci in difficoltà. Affidiamoci a quanto già programmato ed alla nostra esperienza.
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È sempre meglio avere un BUON “margine” sicurezza per ridurre i rischi, anche in una gita ben pianificata ci possono essere degli imprevisti ED è importante avere coscienza dei propri limiti.
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Vi ricordate dei nostri simpatici abruzzesi
Vi ricordate dei nostri simpatici abruzzesi? La loro escursione in quelle condizioni rimane sempre proibitiva, ma se ben preparata con un tracciato di rotta si può procedere in modo strumentale fino ad un luogo sicuro. A dimostrazione di come si possono ridurre i rischi.
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RICHIESTA DI SOCCORSO
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RICHIESTA DI SOCCORSO Senza telefono
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Con telefono: A quale numero e cosa dire
RICHIESTA DI SOCCORSO Con telefono: A quale numero e cosa dire
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Quando arriva l’elicottero
ELISOCCORSO Quando arriva l’elicottero Le braccia alzate a V significa “ho bisogno di soccorso” e che quella è la posizione esatta (o nelle immediate vicinanze) c’è il ferito e dove i soccorritori dovranno andare. Se dall’ elicottero, attraverso il megafono esterno, venissero poste domande dal pilota, le brac-cia alzate a V significano SI (affermazione alla domanda). Chi solleverà le braccia (il ferito stesso o il compagno del ferito) dovrebbe porsi a braccia alzate con le spalle rivolte al vento. NON IM-PORTA SE L’ELICOTTERO STA ARRIVANDO ALLE SPALLE! (basterà girare la testa). Questa posizione servirà al pilota d’elicottero per capi-re prima di tutto che l’evento è esattamente in quel punto e che il vento spira alle spalle di chi segnala.
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Quando arriva l’elicottero
ELISOCCORSO Quando arriva l’elicottero Qualora fossero presenti fili a sbalzo od altri peri-coli non visibili dall’alto si consiglia di alternare la posizione con le braccia alzate a “V” mettendo successivamente le mani al collo (in segno di strozzo), poi ancora a “V” poi ancora a strozzo e così via. L’importante è che il pilota riesca a vedere che il bersaglio è quello, ma che esiste un pericolo non visibile dall’alto. Qualora l’elicottero potesse atterrare, chi segnala si deve accovacciare e rimanere immobile.
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Quando arriva l’elicottero
ELISOCCORSO Quando arriva l’elicottero Un braccio alzato ed uno abbassato sta signi-ficare “non ho bisogno di soccorso”. Se dall’ elicottero, attraverso il megafono esterno venissero poste domande dal pilota, un braccio alto ed un braccio basso significano NO (negazione alla domanda). Qualora si avesse bisogno di aiuto ma, per qualsiasi ragione, possiamo alzare una sola mano questa indica invece “non ho bisogno di aiuto”. E’ opportuno, in un caso simile, roteare ad ampi cerchi il braccio sano a significare (in gergo elicotteristico) “tira su”, ovvero: ho bisogno di aiuto! Questo movimento vale anche come risposta affermativa ad una domanda posta dal pilota.
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I PERICOLI IN città NON SONO MENO LETALI, però SIAMO ABITUATI AD AFFRONTARLI tutti i giorni ed A RIDURNE IL RISCHIO PER EVITARE che divengano INCIDENTI Anche i disagi non sono pochi quando salta la corrente.
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se li conoscete non potrà che esserci una
BUONA GITA
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