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PubblicatoGiuseppa Grandi Modificato 9 anni fa
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Testo: Giovanni 2, 1-11. Inizio del Tempo Ordinario. Seconda Domenica C Musica: Concerto per violino (Mendelssohn). Maria, la donna che non si rassegna davanti alla contrarietà di Cana, ci mostra che c’è una legge fondamentale per la quale le cose possono andare dal piccolo al grande, dal debole al forte, dall’acqua al vino, in tutte le situazioni. È la legge della speranza… Ermes Ronchi
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In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Il Dio di Gesù non si rivela a noi in un tempio né circondato da una maestà imponente. Si rivela in un ambiente di allegria e di festa, nella festa umana per eccellenza, accompagnato da amici. Questo è qualcosa che è bene che tengano presente certi ambienti cristiani, che a volte guardano di sbieco e/o censurano quello che rappresenta divertimento, piacere e gioia. Gesù comincia la sua missione partecipando alla festa dell’amore, perché l’ amore è l’unica forza capace di riempire di miracoli la terra.
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Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». Maria partecipa alla festa di quelli che gioiscono, ballano, godono del vino, ridono, cantano, senza tralasciare di osservare quello che accade intorno. La sua capacità di osservazione, attiva, discreta, creatrice e impegnata, le permette di vedere quello che nessuno vede. Vive attenta a chi ha bisogno di aiuto, vive con atteggiamento di interesse e amicizia verso gli altri, disposta a risolvere situazioni difficili e momenti di imbarazzo. Non dice: “Non c’è più vino” in modo impersonale, ma: “non hanno vino”. Prima le persone, poi le cose. Chiede per gli altri.
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Ci sono coppie, persone che “non hanno più vino”, segno di una gioia che loro non possono godere. Non riescono ad arrivare alla fine del mese. Non hanno un lavoro dignitoso e sicuro, non possono avere una casa. Come Maria, possiamo assumerci l’impegno di lavorare per cercare che a nessuno manchi il vino dell’ amore, della felicità, dell’ amicizia, della fede, della gioia, della bellezza, delle condizioni necessarie per poter vivere con dignità. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».
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E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Maria ha qualcosa da dire e da fare quando suo Figlio incomincia la sua missione, il primo dei suoi segni. Sono le ultime parole di Maria nel Vangelo. Non poteva dirci nulla di più chiaro e di più profondo e di migliore. “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Ascoltate la sua Parola, apritevi ad essa, conservatela nel vostro cuore, portate frutto. Queste parole sono il testamento di Maria. Non ha bisogno di fare apparizioni per darci nuovi messaggi, che a volte incutono paura. Il suo ultimo e definitivo messaggio è: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.
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Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. Le anfore sono simbolo dell’antica alleanza che non dà più né vita né gioia, sono vuote. Pesano, sono di pietra, è difficile cambiarle, muoverle. Gesù cambia l’acqua –purificazioni che imponeva la legge-, per vino eccezionale e abbondante, simbolo di festa, dei nuovi tempi messianici, dell’ amore, della presenza del Regno e della condivisione. Nel banchetto di nozze in cui “manca il vino”, si offre il “vino buono”, la miglior rivelazione del volto di Dio. Le anfore sono simbolo dell’antica alleanza che non dà più né vita né gioia, sono vuote. Pesano, sono di pietra, è difficile cambiarle, muoverle. Gesù cambia l’acqua –purificazioni che imponeva la legge-, per vino eccezionale e abbondante, simbolo di festa, dei nuovi tempi messianici, dell’ amore, della presenza del Regno e della condivisione. Nel banchetto di nozze in cui “manca il vino”, si offre il “vino buono”, la miglior rivelazione del volto di Dio.
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Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Senza la disponibilità di Maria, senza la risposta dei servitori, l’acqua non si sarebbe convertita in vino. I “miracoli” sono anche azione e responsabilità umana. Gesù conta sempre su di noi. I servitori si misero agli ordini di Gesù e l’acqua si convertì in vino. Se ci mettiamo a sua disposizione, lo potremo scoprire in ogni istante della nostra vita e proclamare le meraviglie che compie in noi e per noi. Vedo l’ azione di Dio nella mia vita? Sono sensibile ai bisogni degli altri? La mia vita ha il vino della fede, la gioia, l’ amicizia, la passione, la bontà, l’ amabilità, la festa interiore, la tenerezza, l’ amore?
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Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. I segni del Quarto Vangelo sono come frecce che orientano verso Gesù e aiutano a irrobustire la fede in Lui. I segni realizzati da Gesù sono stati scritti “perchè crediate”. Tutti siamo chiamati a realizzare segni, e più ancora, ad essere segno che provochi, svegli, stimoli la gioia di vivere e la fede degli altri. Che segni realizzo? Che segni posso fare?
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Che cosa posso portare io al Signore? Come i servitori di Cana, solo acqua, nient’altro che acqua. Eppure, Egli la vuole tutta e precisamente quella. E quando le sei anfore di pietra della mia umanità saranno offerte a Lui piene di povertà, colme della mia umanità, sarà Lui a convertire questa semplice acqua nel migliore dei vini: Lui, il maestro esperto in banchetti, che rallegra i poveri, un Dio che è dalla parte del vino, della festa, un Dio felice che dà il piacere di esistere e di credere. Io credo in Dio perché è il Dio di Cana, Dio felice che desidera la felicità dei suoi figli e figlie. (Ermes Ronchi)
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Per le nozze della fraternità dove festeggiamo l’amore che Tu ci offri, non abbiamo vino. Per gli incontri fraterni dove fai crescere il nostro amore, non abbiamo vino. Per l’ alleanza del Nord con il Sud, del mondo ricco con il mondo povero, non abbiamo vino. Per la festa dell’impegno umano dove celebriamo vittorie e sconfitte, non abbiamo vino. Per le nostre celebrazioni non abbiamo vino. E per questo ci troviamo impacciati, senza spirito e con l’entusiasmo spento. Non abbiamo vino, Gesù. Non abbiamo vino. Manuel Regal.
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