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prof. Giuseppe Presutto

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Presentazione sul tema: "prof. Giuseppe Presutto"— Transcript della presentazione:

1 prof. Giuseppe Presutto
Dalla vite al vino......

2 LA VENDEMMIA È di fondamentale importanza scegliere il tempo giusto per raccogliere l'uva. Questo perché, nel caso di uve di qualità corrente, il valore commerciale è dato dal grado zuccherino che esse presentano e quindi dal grado alcolico che avrà il vino che si otterrà. Nel caso di uve di pregio, la qualità dell'uva, che deve essere raccolta sana e a piena maturità, è fondamentale per esprimere tutte le potenzialità del futuro vino: manchevolezze nella materia prima non potranno più venir compensate in seguito. Un metodo pratico ma poco preciso per riconoscere il giusto grado di maturazione dell'uva è dato dal grappolo pendente, flessibile, sensibile ai movimenti dell'aria, dal colore caratteristico intenso, per le uve rosse, dalla trasparenza degli acini nelle uve bianche, dalla sofficità ed elasticità degli acini che si distaccano facilmente dal pedicello del graspo, lasciando ad esso il caratteristico pennello, dal sapore gradevole dell'acino e fortemente zuccherino all'assaggio, e dal caratteristico appiccicaticcio delle dita se viene spremuto. Però tale diagnosi, pur fatta con esperienza, porta sempre a dei risultati incerti, per cui si raccomanda la determinazione degli zuccheri con mostimetri o rifrattometri fatta su campioni rispecchianti lo stato di maturazione dell'uva del vigneto. La tecnica da seguire per giungere al giusto grado di maturazione in cui l'uva deve essere raccolta con l'uso dei suddetti strumenti, comporta la raccolta, a distanza di due o tre giorni, di vari campioni di uva, la cui scelta deve essere fatta cosi scrupolosamente, da rappresentare la massa del vigneto. Dal mosto ricavato per spremitura di tali campioni, si fanno le relative determinazioni zuccherine. Quando il grado zuccherino dell'ultimo campione è uguale al penultimo, indica che l'uva ha raggiunto il massimo grado di maturazione. E’ questo il momento in cui il viticoltore deve iniziare la vendemmia. Alla tendenza di iniziare la vendemmia nel periodo in cui è massimo il grado zuccherino, si possono avere dei casi particolari in cui conviene anticiparla. Nelle zone calde e fortemente esposte al sole, per evitare che l'eccessiva concentrazione zuccherina del mosto sia di impedimento ad una regolare e completa fermentazione è consigliabile anticipare la vendemmia. Va pure anticipata quando la stagione che la precede è piovosa, oppure se le uve sono fortemente attaccate da malattie, o sono state grandinate ecc.

3 LO SVILUPPO VEGETATIVO ANNUALE DELLA VITE

4 LA SCELTA DELL’UVA Per i vitigni di pregio che sono o saranno accolti nei disciplinari dei vini a denominazioni d'origine, la scelta dell'uva è importantissima. Nessuno può negare che, con uve ben mature e sane, il vino risulterà notevolmente migliore di quello che proviene da uve mediamente mature o colpite da malattie (peronospora, oidio, botrytis, ecc.). Però non sempre il clima è così favorevole per vendemmie ideali, per cui si impone la necessità non solo di ricorrere alla raccolta in due tempi, ma di praticare una vera cernita dell'uva all'atto della vendemmia.L'uva che si presenta di migliore aspetto, con colore ben netto (giallo dorato se trattasi di uve bianche, o violaceo cupo per quelle nere), sana e con il grappolo particolarmente vistoso, andrà posta in altre ceste e poi fatta vinificare separatamente; mentre la restante uva, che può essere anche non completamente matura ma è ugualmente raccolta per circostanze particolari, andrà vinificata con i sistemi normali di vinificazione usati nella zona e per il particolare tipo di uva. Quest’ultima, risultando carente di zucchero o di altri componenti fondamentali, richiederà, da parte del viticoltore intelligente, la correzione del mosto. Con le uve di prima scelta potrà invece bastare una parziale o completa diraspatura (a seconda dei casi), un'aggiunta dei lieviti selezionati e di metabisolfito per ottenere un vino pregiato, adatto per l'invecchiamento o per altre lavorazioni che i singoli vini richiedono.

5 FASI DI MATURAZIONE DELL’UVA
Periodo erbaceo E’ compreso tra l'allegagione, cioè quando inizia a formarsi il frutto, e l'invaiatura della bacca cioè quando si ha il cambiamento di colore. In questa fase l'uva è verde e ha una sensibile consistenza. Si hanno molte sostanze tanniche, la massima concentrazione di acidi organici (20%) e la minima di zuccheri (meno del 5%). Via via scompaiono l'amido e la clorofilla A e si riduce anche la B in coincidenza del cambiamento di colore dell'acino.

6 Periodo dell'invaiatura
FASI DI MATURAZIONE DELL’UVA Periodo dell'invaiatura Iniziano a prevalere i pigmenti che danno le colorazioni verde-giallo per le uve bianche e rosa-rosso per le uve rosse. Iniziano ad accumularsi gli zuccheri (prevale il glucosio rispetto al fruttosio) mentre l'acino aumenta di volume e tutte le sostanze prodotte dalla pianta vengono mobilizzate verso il grappolo.

7 Periodo della maturazione
FASI DI MATURAZIONE DELL’UVA Periodo della maturazione Si ha un rapido aumento di volume dell'acino con notevoli differenze da una settimana all'altra. Parallelamente si ha l'incremento del contenuto zuccherino e la diminuzione della percentuale di acqua e degli acidi organici,abbassati ulteriormente dall'aumento della respirazione. Fra questi, soprattutto l'acido malico, a cui si deve il caratteristico sapore della frutta acerba, diminuisce notevolmente. Si formano gli antociani, le sostanze aromatiche e quelle responsabili del profumo. Viene incrementato l'accumulo di fruttosio che raggiunge e supera le quantità di glucosio e si ha infine un arresto nell'accumulo zuccherino. Di fatto si può distinguere una maturazione fisiologica, quando cioè si è perfettamente formato il vinacciolo, e una industriale, generalmente posteriore.

8 FASI DI MATURAZIONE DELL’UVA
La maturazione risulta un fenomeno complesso fisiologico, cui concorrono diversi tipi di regolazione: la quantità di zuccheri risulta in relazione all'insolazione ricevuta dai grappoli e alla mobilizzazione delle riserve glucidiche; il quantitativo di acido tartarico dipende soprattutto dal regime delle piogge; l'abbassamento dell'acido malico avviene in relazione alla temperatura. Generalmente si considera periodo ideale per la vendemmia, quello in cui il rapporto tra gli zuccheri ( glucosio/fruttosio) è vicino allo 0.9 e il rapporto zuccheri totali (g/100) acidi organici (g/1) (dove gli acidi vengono espressi in acido tartarico) è di circa 3/4. Tale rapporto viene appunto definito "indice di maturazione.

9 Periodo di sovramaturazione
FASI DI MATURAZIONE DELL’UVA Periodo di sovramaturazione Può essere evidenziato un quarto periodo di sovramaturazione, riscontrabile solo per alcune uve rosse, per le quali risulta particolarmente importante sviluppare specifici caratteri aromatici. Il grappolo in sovramaturazione non ha alcun legame con la pianta in quanto si chiudono i vasi cribrosi che fanno affluire la linfa all'acino. L'acino, così isolato, respira autonomamente metabolizzando soprattutto gli acidi. Si ha una perdita di acqua e di conseguenza un ulteriore aumento di concentrazione zuccherina.

10 LA FERMENTAZIONE ALCOLICA
Lo zucchero presente in un mosto viene trasformato in alcol, durante il processo fermentativo con una resa di circa il 60% come risulta dai seguenti calcoli, con valori in grammi corrispondenti alle "moli": C6H C2H5OH CO Kcal 180g g g Da questi valori espressi in grammi si può ricavare:   g : 92g = 1g : Xg Xg = 92g x 1 g = 0,51 g 180 g Bisogna però tener conto che non tutto lo zucchero presente viene convertito dai lieviti in etanolo e che il volume del liquido diminuisce: è necessario perciò apportare una correzione al valore 0,5 1, che diviene g. 0,48. Considerando che la densità dell'etanolo, a 20 °C, è di 0,789, si ha: 0,48 = 0,6 ml 0,79 Un grammo di zucchero produce dunque 0,6 ml di alcol etilico, espressi in volume. Ecco perché calcolando la concentrazione zuccherina di un mosto, si può dedurre la gradazione alcolica del vino che da questo deriverà: Zucchero x 0,6 = A LC OO L

11 LE FASI OPERATIVE di trasformazione

12 FASI OPERATIVE (a) UVE TRASPORTO 20° C 3h in cassette da 25 Kg SCARICO ° C PIGIADIRASPATURA RASPI MOSTO + VINACCE RIEMPIMENTO VASCA

13 SOLFITAZIONE ( metabisolfito SO2 ) 50mg/L
FASI OPERATIVE (b) SOLFITAZIONE ( metabisolfito SO2 ) 50mg/L INOCULO LIEVITI °C 10/25 g/hl entro 24 ore LIEVITI SELEZIONATI REIDRATAZIONE ACQUA FERMENTAZIONE SALASSO RIMONTAGGI / MACERAZIONE 25°C 7-10 giorni 3 rimontaggi / giorno FOLLATURE da 5 a 10 al giorno SVINATURA VINACCE FERMENTATE TORCHIATURA VINO FIORE

14 LA PIGIATURA Un tempo la pigiatura dell'uva era fatta esclusivamente coi piedi; col progredire della tecnica, vennero messi in commercio tipi di pigiatrici estremamente semplici ma di grande utilità, perché permettevano al cantiniere una pigiatura rapida e completa. La pigiatura, per essere razionale non deve rompere i vinaccioli e i graspi, ma operare semplicemente la fenditura dell'acino con una leggera compressione. La pigiatura fatta coi piedi rispetta tali requisiti, mentre non tutte le pigiatrici operano in tal senso. È quindi compito del viticoltore, volendo acquistarne una, accertarsi con referenze e con garanzie della ditta, se tali requisiti sono rispettati. La preoccupazione di ciò va ricercata nel fatto che con la rottura dei vinaccioli e dei graspi il mosto viene ad avere gusti e caratteri sgraditi. Oggi vanno diffondendosi le pigiatrici che, oltre a compiere il normale lavoro di pigiatura, separano i graspi dalla buccia e dal mosto. Si tratta di pigiatrici-diraspatrici che l'industria enologica adotta per i numerosi vantaggi che apportano. Una buona pigiatrice - diraspatrice per compiere un perfetto lavoro, cioè staccare gli acini dal graspo, deve lasciare intatti i vinaccioli e i raspi, arieggiare la massa, essere di facile manovra e poco rumorosa. Se con la pigiatura a piedi un operaio qualsiasi può pigiare dai 3 ai 5 q ora di uva, con le attuali macchine moderne, si può arrivare anche a q ora. Da ciò risulta quanto sia necessario per il viticoltore, per risparmiare nella mano d'opera e quindi per realizza­re il prodotto a costo inferiore, fornirsi di una pigiatrice di formato limitato e adeguato alla propria produzione.

15 LA DIRASPATURA Sull'utilità della diraspatura, molti studiosi di problemi enologici sono di parere discorde, pur tuttavia, la maggioranza dei competenti in materia la ritiene utile in determinati casi e da evitarsi in altri. Si evince che la diraspatura è subordinata alla qualità dell'uva, al tipo di vino, al metodo di fermentazione. Conviene operare la diraspatura quando si hanno uve ricche di tannino, di colore, non ben mature, danneggiate da malattie o da grandine. È conveniente per le uve a graspo erbaceo, per quelle che hanno subito l'appassimento, o a graspi non sani, per vini a pronta beva, fini; è pure necessaria per le regioni calde del meridione e se la fermentazione è fatta durare a lungo. Non si deve eseguire la diraspatura, quando si vinificano uve povere di estratto, di zuccheri, quando si vogliono vini da taglio e se l'ambiente è freddo. Con la diraspatura si ha: un maggior grado alcolico del vino pari a 2-3 decimi, un'acidità fissa superiore, una diminuzione dell'estratto secco, delle materie minerali e del tannino, il gusto si raffina ed il vino si presenta più accetto al palato. La diraspatura può essere fatta a mano servendosi di speciali griglie di ferro stagnato, fisse su telai, a macchina, o usando macchine pigiatrici - diraspatrici. Pigia - diraspatrice

16 L'IMPIEGO DELL'ANIDRIDE SOLFOROSA
Nell'enologia moderna il posto occupato dall'anidride solforosa (SO) è essenziale e fondamentale, tanto da ritenerla condizionante per una tecnologia enologica razionale, in particolar modo per la preparazione dei vini bianchi. L'anidride solforosa deve la sua importanza al fatto che è in grado di esplicare contemporaneamente numerose, utilissime funzioni nell'elaborazione e nella conservazione dei vini: a) selezione dei lieviti presenti dei mosti, perché quelli di minor inte­resse enologico, quali gli Apiculati, sono molto più sensibili alla S02 che ne impedisce la moltiplicazione, a vantaggio dei Saccaromyces, che hanno in genere proprietà più adatte ad una buona vinificazione; b) totale inibizione dei batteri presenti sia nei mosti, sia nei vini, bloccando cosi l'inizio di alterazioni molto pericolose, quali lo spunto lattico, l'acescenza, ecc.; c) protezione nei confronti delle ossidazioni dei vini, provocate sia dal contatto con l'ossigeno dell'aria, sia dalla presenza di ossidasi cedute al mosto e quindi al vino dalle muffe (soprattutto Botrytis) sviluppatesi sull'uva; queste ossidasi provocano la "rottura" del colore nei vini rossi e un forte imbrunimento nei bianchi; d) miglioramento delle qualità olfattive e gustative dei vini, perché la S02 si combina con alcune sostanze di odore o sapore pungente, come l'acetaldeide e l'acido piruvico, rendendoli non più percepi­bili all'assaggio. Lanidride solforosa va impiegata principalmente: 1) prima dell'inizio della fermentazione per selezionare i lieviti e per favorire l'estrazione del colore dalle bucce nella vinificazione in rosso. Se le uve sono più o meno muffite, per evitare l'azione delle ossidasi; 2) nei mosti da uve bianche che si desidera far sfecciare, per evitare un prematuro inizio della fermentazione; 3) nei vini, per proteggerli dalle ossidazioni e quindi ogni volta che essi vengono a contatto con l'ossigeno dell'aria (travasi, chiarifi­cazioni, filtrazioni, ecc.); inoltre, per evitare sviluppo di batteri o di lieviti inquinanti. Un vino correttamente conservato deve avere sempre una certa dose di solforosa libera. Le dosi massime ammesse dalla legge, per i vini al consumo, sono di 160 mg/litro per i vini rossi e di 200 per i vini bianchi. In generale si può dire che le dosi da aggiungere ai mosti, se l'uva è sana, sono di mg/litro. Al termine della fermentazione, in occasione del primo travaso, è opportuna un'altra addizione di circa 25 mg/litro. Altre aggiunte di piccole quantità potranno essere fatte in occasione di successivi travasi, filtrazioni, ecc., come già detto. Se le uve sono muffite o comunque alterate, le dosi suddette vanno all'incirca raddoppiate, ponendo però molta attenzione ad evitare il più possibile ogni contatto con l'aria, per non dover esagerare nelle aggiunte. L'anidride solforosa può essere usata sotto diverse forme, ma non tutte sono adatte per una piccola cantina. A tale scopo si consiglia di utilizzare le soluzio­ni che ne contengono il 5-6% in peso o, meglio ancora il metabisolfito di potassio, che ne contiene circa il 55%. Esso è facile da pesare, non esala che un debole odore e si conserva abbastanza bene se tenuto in recipienti ermeticamente chiusi.

17 Cellule di Saccharomyces cerevisiae
I LIEVITI La fermentazione alcolica è prodotta da agenti specifici detti lieviti, vegetali unicellulari, specializzati nello sfruttare per la loro crescita e moltiplicazione le sostanze zuccherine attraverso un complesso di enzimi, detto un tempo zimasi alcolica. Le loro dimen­sioni (4-12 micron) e la loro forma variano con l'età, la specie e le condizioni di sviluppo. Molti sono i fattori che influenzano la moltiplicazione dei lieviti: la temperatura, le sostanze nutritive presenti, l'ossigeno, l'alcole, il grado di limpidezza del mosto e molte altre ancora . Cellule di Saccharomyces cerevisiae I lieviti responsabili della fermentazione dei mosti d'uva appartengo­no a molte specie, con elevato, medio o modesto potere fermentativo. Alcune specie si riscontrano in quasi tutti, altre invece figurano più rara­mente; talune prevalgono nelle zone fredde, altre nei luoghi molto caldi. I lieviti della specie Kloeckera apiculata, ad esempio, cessano di essere attivi quando l'alcol raggiunge il 3-4%, gli stipiti del S. rosei quando arriva al 10-11% mentre alcuni ceppi di S. cerevisiae, arrivano a produrre tenori di alcol di 16-17°. Fra i lieviti che resistono maggior­mente all'azione dell'alcol, va segnalato il Sacch. bayanus, che perciò è da consigliare per i mosti altamente zuccherini. Un altro elemento importante, che va seriamente tenuto in consi­ derazione, nella scelta dei lieviti è il loro rendimento in alcol, cioè il rapporto fra il volume dell' alcol prodotto e il peso degli zuccheri trasformati. Così le Kloeckera consumano g/l di zuccheri per produrre 1% di alcol; 20 gli i S. bayanus e i S. cerevisiae. Da ciò è facile dedurre che nella fermentazione alcolica, a seconda della prevalenza di essi, la resa in alcol varierà. Sarà quindi compito del tecnico o aggiungere nella massa pigiata, non ancora in fermentazione, giuste dosi di anidride solforosa (10-15 g/hl) che rendono inattivi gli Apiculati, facendo così prevalere i S. cerevisiae.

18 L’UTILIZZO DEI LIEVITI SELEZIONATI NELLA FERMENTAZIONE ALCOLICA
In genere si considera un rendimento di circa 0,6; si ritiene cioè che da 100 kg di zuccheri d'uva, abbiano a svilupparsi 60 litri di alcol anidro. Anche se ufficialmente si ritiene ancora valido tale dato, le ultime ricerche hanno messo in luce che anche nella sola specie del S. cerevisiae, ci sono notevoli diversità di rendimento. Per la maggioranza dei ceppi detto rapporto è fra 0,55 e 0,60, solo per un ristretto numero il rendimento è fra 0,45-0,50. Da ciò deriva che partendo da un mosto del 20% di zuccheri, a seconda se nella vinificazione prevalgono taluni ceppi anziché altri, si può avere una sensibile perdita di alcol (circa 1°). È altresì attitudine di taluni lieviti e specie, quella di influire sulle caratteristiche organolettiche del vino, come quella di esaltarne il "bouquet", la finezza, la velocità a chiarificare, ecc. Si può tranquillamente affermare, da quanto sopra esposto, che la qualità di un vino dipende dal prevalere di una specie o di uno stipite di lievito piuttosto che di un altro; in presenza poi di uve raccolte dopo piogge abbondanti, di uve grandinate, o peronosporate o colpite da Muffa grigia (Botrytis cinerea), sulle quali è sempre presente una flora microbica anormale, che spesso costituisce la causa di difetti nei vini, l’utilizzo di lieviti selezionati, che possano "guidare" la fermentazione alcolica, offre la possibilità di un raggiungimento delle migliori qualità di composizione e di gusto dei vini. Tali lieviti si possono definire come delle colture pure, che presentano le migliori attitudini fermentative, riprodotte da ceppi delle più importanti specie. L'uso dei lieviti selezionati è stato reso agevole dalla comparsa in commercio dei cosiddetti lieviti secchi attivi (LSA). Sono ceppi selezionati in modo opportuno, moltiplicati in grandi quantità e quindi essiccati sotto vuoto a bassa temperatura (liofilizzati). I vantaggi ottenuti dall'uso razionale dei lieviti selezionati sono rappresentati, dalla rapidità con cui si svolge il processo fermentativo, dalla chiarificazione rapida, dal maggior rendimento in alcol, dalla minore produzione di acidi volatili, dalla maggior finezza e serbevolezza dei vini. Inoltre, anche nelle annate non favorevoli, si tende a mantenere costante il tipo di vino.

19 IL RIMONTAGGIO E L’AERAZIONE
La pratica del rimontaggio con aerazione, fa arrivare il vino areato in una vasca prima di essere pompato sulla superficie del cappello di vinacce che nella vasca di fermentazione tende a galleggiare, oppure viene pompato in profondità.Durante il rimontaggio, si può praticare l’aggiunta di mosto e lievito di arricchimento. Questa pratica serve a rendere omogenea la temperatura di fermentazione, la concentrazione degli zuccheri e la popolazione di lieviti, compensando gli effetti di una più attiva fermentazione in prossimità e a livello del cappello di vinaccia. Facilitano l’estrazione dalla vinaccia di antocianine e tannini. Favoriscono in particolare, nella fase finale della fermentazione, l’estrazione dei tannini dei vinaccioli necessari per i vini di qualità. Favorisce l’ossidazione enzimatica.

20 LA FOLLATURA LA SVINATURA
Durante la fermentazione si verifica una grossa produzione di gas in particolare di anidride carbonica (CO2 ), che favorisce la formazione di un cumulo di vinacce che emerge dalle vasche di fermentazione (cappello galleggiante). Questo cappello compattato impedisce la giusta ossigenazione dei lieviti preposti alla trasfomazione degli zuccheri in alcol, per cui è necessario da 5 a 10 volte al giorno spingere questo cappello verso il basso per favorire l’uscita del gas. Nei moderni vasi vinari, tale operazione e compiuta automaticamente da una leva a pressione montata sull’imboccatura del vaso vinario che regolarmente esegue l’operazione. LA SVINATURA E’ il travaso del vino dalla vasca di fermentazione in un altro recipiente. Durante questa fase bisogna: Evitare di favorire abbassamenti della temperatura del vino fiore che provocherebbero arresti dei processi fermentativi; Mirare all’ottenimento di masse omogenee.

21 LA TORCHIATURA La torchiatura è l’operazione meccanica che permette di utilizzare la parte di vino che si trova fra le parti solide dell’uva. In questa fase avviene la lacerazione dei tessuti, divenuti molto fragili dopo la fermentazione. L’operazione è effettuata con macchine speciali dette torchi o presse. E’ buona regola che il vino di torchio non superi il 15% del vino prodotto. Il vino di prima pressatura (10% della quantità totale) risulta di migliore qualità. Il vino delle ultime pressature (5%) è di più bassa qualità poiché ottenuto dopo sgretolamento e sminuzzamento della vinaccia. Composizione analitica di un vino fiore e di un corrispondente vino torchiato Vino fiore Vino torchiato Gradazione alcolica % 12 11,6 Zuccheri riduttori (g/l) 1,9 2,6 Estratto ridotto (g/l) 21,2 24,3 Acidità totale (g/l) 4,95 5,45 Acidità volatile (g/l ) 0,43 0,55 Azoto totale (mg/l) 285 370 Indice di polifenoli 35 68 Antociani (mg/l) 350 400 Tannini (g/l)  1,75  3,20 Vaso vinario Pressa pneumatica orizzontale

22 LA FERMENTAZIONE MALOLATTICA
Questa fermentazione secondaria è provocata da particolari batteri lattici che attaccano l'acido malico, trasformandolo in acido lattico e anidride carbonica. Proprio lo sviluppo di questo gas spesso avvisa il cantiniere che la malolattica sta avvenendo. Benché per molti vini essa sia quasi necessaria e utile, va fatta a questo proposito una distinzione importante. Favorevole in generale nei vini rossi, non lo è altrettanto sui bianchi, a meno che siano dotati di un'acidità eccessiva che li rende acerbi. In questi quindi va di solito evitata, perché altrimenti perderebbero in freschezza e fruttato. Nei rossi la fermentazione malolattica fa parte del comple­tamento della vinificazione; tale fenomeno deve essere seguito e con­trollato allo stesso modo della fermentazione alcolica. In effetti, poi­ché questa fermentazione si deve fare, essa è tanto più utile quanto prima viene eseguita nei vini giovani; si ottiene così anzitempo un vino biologicamente stabile. Dal punto di vista organolettico ne risulta un considerevole mi­glioramento qualitativo del prodotto. Esso dipende dalla diminuzione dell'acidità totale con la sostituzione dell'acido malico, dal sapore molto pronunciato, acerbo, duro, con un altro acido molto meno ag­gressivo sulle papille della lingua, cioè l'acido lattico. È stato calcola­to che 1 grammo di acido malico dà 0,67 g di acido lattico. Diminuen­do l'acidità, il colore del vino si modifica, diventando di un rosso meno vivo. Lo stesso aroma si trasforma, differenziandosi da quello dell'uva ed arricchendosi in sfumature e in vinosità. I vini rossi acquistano così in morbidezza, pastosità e pienezza, che sono gli elementi essenziali della qualità. I vini bianchi non sem­pre traggono beneficio sotto l'aspetto organolettico; la malolattica va favorita invece per quelli che risultano, dopo la vinificazione, molto acidi, viceversa, va evitata al massimo, e perciò il vino va mantenuto adeguatamente solfitato, per i casi di vini nati con poca acidità fissa e di scarso corpo. Nei casi in cui è richiesta la fermentazione malolattica (vini rossi e vini bianchi ricchi di acidità) è necessario vinificare in modo tale che essa si effettui poco dopo la svinatura, in ogni caso prima dei primi freddi. Si evita in questo modo la fermentazione primaverile e si ottie­ne un vino più pronto, con sei mesi di anticipo sui vini che terminano di fermentare solo in primavera. È una regola essenziale della vinificazione moderna considerare che il vino rosso è finito e stabile solo quando le due fermentazioni sono terminate. I principi della vinificazione in rosso sono i seguenti: 1) è necessario che al termine della vinificazione gli zuccheri siano stati completamente trasformati in alcol dai lieviti e che l'acido malico sia trasformato in acido lattico dai batteri e che né gli zuccheri, né gli altri costituenti del vino siano stati intaccati da questi; 2) il vino è da ritenersi biologicamente rifinito, solo quando gli zuc­cheri e l'acido malico sono scomparsi. Ci si dovrà poi preoccupare di eliminare i microrganismi, ricorrendo alle varie pratiche enolo­giche: solfitaggio, travasi frequenti, chiarificazione e filtrazioni e eventuale pastorizzazione; 3) è di estrema utilità ed importanza che gli zuccheri e l'acido malico scompaiano al più presto, per ridurre al minimo il periodo di ri­schio, dovuto ad una ripresa fermentativa sia dei lieviti che dei batteri. Questi ultimi soprattutto, in assenza di anidride solforosa libera, potrebbero nel corso della loro attività fermentativa intacca­re gli zuccheri e i costituenti del vino con danni notevoli sulla qualità del prodotto.


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