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Le metastasi Prof.ssa Malaguarnera
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Descrizione del processo metastatico
meccanismi molecolari coinvolti nel processo metastatico Prospettive future I tumori sono delle straordinarie entità biologiche che vivono a carico dell’ospite, con il quale condividono un’entità genetica quasi completa. Presentano inoltre caratteristiche biochimiche istopatologiche e cliniche tali da renderli dei parassiti unici. La loro caratteristica più enigmatica è la capacità di diffondere attraverso i vasi linfatici o ematici in siti lontani dando origine a tumori secondari disseminati nell’organismo. Questo processo prende il nome di metastasi. La morte del paziente può essere attribuita alla metastasi o alla Competizione cha la massa tumorale mette in atto nei confronti dell’organismo per assicurarsi le riserve energetiche Il significato clinico delle metastasi è legato alla capacità che le cellule tumorali hanno di sopravvivere dopo l’asportazione del tumore primitivo. La presenza di metastasi è un elemento decisivo per la classificazione di una lesione proliferante primitiva in neoplastica maligna.
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Descrizione del processo metastatico
E’ il processo attraverso il quale si formano tumori secondari, in un nuovo sito, lontano dalla neoplasia originale. Le cellule tumorali raggiungono la nuova localizzazione con movimenti attivi o trasportate passivamente dai liquidi dell’organismo ed una volta insediatasi riprendono a proliferare. Anche se la diffusione di cellule tumorali all’interno della cavità celomatica o in altre cavità ed il loro successivo impianto su una nuova superficie è una delle modalità con le quali può avvenire questo processo, il termine metastasi si riferisce alla formazione di una neoplasia secondaria dopo disseminazione attraverso i vasi ematici o linfatici.
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La Cascata metastatica
1.Trasformazione iniziale 4. Invasione locale della matrice extracellulare da parte delle cellule tumorali 2. Crescita di cellule neoplastiche 3. Distacco di cellule neoplastiche dal tumore primitivo 6. Sopravvivenza della cellula tumorale in circolo e inibizione dell’attacco immunitario 7. Adesione Extravasazione 5. Intravasazione delle cellule tumorali nei linfatici e nei vasi sanguigni La migrazione cellulare da sola non non produce metastasi, ma che le cellule coinvolte sono poi in grado di replicarsi indefinitivamente. Dopo un fase di proliferazione in situ, le cellule neoplastiche rompono i confini del compartimento tissutale per processi di erosione o di infiltrazione, associati ad una considerevole distruzione degli elementi intercellulari quali le membrane basali, le fibre collagene e la matrice amorfa del tessuto connettivo locale. Le cellule neoplastiche riescono a penetrare sia in tessuti con consistenza compatta, ossa epatico, renale, sia in organi parenchimali distruggendo le cellule con meccanismi citolitici innescati dal contatto tra la membrana della cellula tumorale e quella della cellula dell’organo invaso. Prima o poi le cellule neoplastiche vengono a contatto con la lamina basale che riveste i vasi capillari o con la sup. esterna dell’endotelio che riveste i vasi: queste strutture rappresentano gli ostacoli naturali che si oppongono ad una disseminazione rapida Le cellule tumorali che riescono ad entrare nel flusso sanguigno vengono spinte ad alte velocità entrando in collisione con le altre strutture circolanti e con la parete dei vasi, per venire alla fine gettate nella stretta rete capillare Le cellule che sono riuscite a sopravvivere a questi traumi raggiungono il parenchima dell’organo da colonizzare. Le cellule entrate nei tessuti di un organo debbono essere in grado di moltiplicarsi in nuove condizioni ambientali e d i indurre le cellule locali non neoplastiche a fornire le strutture fibrovascolari necessarie . Se tutte queste condizioni sono soddisfatte le masse metastatiche possono raggiungere dimensioni considerevoli. 9. Neovascolarizzazione ed angiogenesi 10. Sopravvivenza e proliferazione nel parenchima dell’organo
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Passaggio attraverso la matrice Interazioni con i linfociti
cellula trasformata Espansione clonale, crescita, diversificazione Tumore primario Subclone metastatico Matrice extracellulare Adesione e invasione della membrana basale Membrana basale Passaggio attraverso la matrice extracellulare Intravasazione Linfocita Interazioni con i linfociti Venule Piastrine Embolo di cellule tumorali Membrana basale Fattori della coagulazione, formazione di fibrina Alta espressioni di recettori per il fattore VII Trombina induce l’aggrgazione piastrinica Adesione alla membrana basale Extravasazione Tumore metastatico deposito metastatico
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La conseguenza finale della progressione tumorale è la generazione di cellule con competenza metastatica
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Cellula Tumorale Cellula metastatica
Solo occasionalmente, il fine controllo che regola la moltiplicazione cellulare si rompe. Una cellula che inizia a crescere e dividere in maniera sregolata trasmette alle cellule figlie la propensione a proliferare senza rispondere alla regolazione, il risultato è un clone di cellule capace di espandersi indefinitivamente. Infine, da questo clone di cellule indesiderate si forma una massa chiamata tumore. Alcuni tumori non hanno conseguenze serie per la salute, ma quelli composti da cellule che diffondono in tutto il corpo causano malattia. Il cancro è causato da mutazioni, ma ci sono due differenze fondamentali fra il cancro e le malattie genetiche. Cellula metastatica
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1. Cellula somatica normale
2.Espansione clonale con mutazione iniziale 1. Cellula somatica normale 4.Ulteriore espansione di un subclone con mutazione addizionle Accumulo multifasico di mutazioni somatiche nella cancerognesi molecolare. La mitosi di una cellula somatica produce due cellule con l’esatta copia del genoma. Una mutazione viene acquisita nella mitosi successiva che porta un vantaggio selettivo alla cellula somatica mutata. Questo è un prerequisito per l’espansione clonale. Le cellule figlie da questo clone possono acquisire ulteriori mutazioni, che conferiscono ulteriori vantaggi di selezione, e permettono la stabilizzazione di sottocloni A e B all’interno dell’originale neoplasia 3. Espansione di un subclone A con una nuova mutazione + la mutazione iniziale
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Sviluppo e metastasi del Ca colorettale cancer e basi genetiche
Sviluppo e metastasi del Ca colorettale cancer e basi genetiche. Una mutazione nel tumor-suppressor gene APC in una cellula epiteliale ne causa la divisione, si forma una massa benigna un polipo. Ulteriori mutazioni inducono l’ esspressione di Ras e la perdita di due tumor-suppressor genes, DCC and p53, genera una cellula maligna con tutte le 4 mutationi; la progenie di questa cellula invade la lamina basale. Alcune cellule tumorali invadono I vasi, e invaderanno altri siti del corpo. studies have identified a series of mutations that commonly arise in a well defined order, providing strong support for the multi-hit model. Invariably the first step in colon carcinogenesis involves loss of a functional APC gene; however, not every colon cancer acquires all the later mutations or acquires them in the same order. Polyps are precancerous growths on the inside of the colon wall. Most of the cells in a polyp contain the same one or two mutations in the APC gene that result in its loss or inactivation; thus they are clones of cells in which the original mutations occurred. APC is one of many tumor-suppressor genes, most of which encode proteins that inhibit the progression of certain types of cells through the cell cycle. APC does so by inhibiting the ability of the Wnt protein to activate expression of the myc gene. The absence of functional APC protein thus leads to inappropriate activation of Myc, a transcription factor that induces expression of many genes required for the transition from the G1 to the S phase of the cell cycle. Both alleles of the APC gene must carry an inactivating mutation for polyps to form, because cells with one wild-type APC gene express enough APC protein to function normally. If one of the cells in a polyp undergoes another mutation, this time an activating mutation in the ras gene, its progeny divide in an even more uncontrolled fashion, forming a larger adenoma (see Figure 24-6). Mutational loss of another tumor-suppressor gene, designated DCC, followed by inactivation of the p53 gene, results in a malignant carcinoma. DNA from different human colon carcinomas generally contains mutations in all these genes — APC, p53, K-ras, and DCC — establishing that multiple mutations in the same cell are needed for the cancer to form. Some of these mutations appear to confer growth advantages at an early stage of tumor development, whereas other mutations promote the later stages, including degradation of the basal lamina, which is required for the malignant phenotype.
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Alterazioni molecolari nelle metastasi
Alterazione Genica Fattori di crescita Azione enzimatica Molecole di adesione Motilità cellulare Alterazioni in geni coinvolti nel controllo della proliferazione cellulare sono frequentemente target per mutazioni nelle cellule tumorali. Esempio di metastasi associate a geni sono geni che codificano per enzimi proteolitici come metalloproteasi Componenti matrice extracellulare HLA
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Alterazioni Geniche Alterazioni in geni coinvolti nel controllo della proliferazione cellulare sono frequentemente target per mutazioni nelle cellule tumorali. Esempio di metastasi associate a geni sono geni che codificano per enzimi proteolitici come metalloproteasi
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Cellula tumorale Competenza metastatica
Perdita di funzione di uno o più geni oncosoppressori Abnorme espressione di uno o più oncogeni Competenza metastatica
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Amplificazione genica: Mutazione puntiforme
gene Traslocazione: Un gene si trova in un nuovo locus, sotto un nuovo controllo Amplificazione genica: Copie multiple di un gene Mutazione puntiforme Nuovo Promoter Principali meccanismi per cui un proto-oncogene può diventare un oncogene. Un quarto meccanismo coinvolge la ricombinazione tra il DNA retrovirale ed un proto-oncogene (Figura dopo). Questo ha effetti simili a quelli del riarrangiamento cromosomico, portando il proto-oncogene sotto il controllo di un enhancer virale. Conversion, or activation, of a proto-oncogene into an oncogene generally involves a gain-of-function mutation. At least three mechanisms can produce oncogenes from the corresponding proto-oncogenes. • Point mutations in a proto-oncogene that result in a constitutively acting protein product • Localized reduplication (gene amplification) of a DNA segment that includes a proto-oncogene, leading to overexpression of the encoded protein • Chromosomal translocation that brings a growth-regulatory gene under the control of a different promoter and that causes inappropriate expression of the gene An oncogene formed by the first mechanism encodes an oncoprotein that differs slightly from the normal protein encoded by the corresponding proto-oncogene. In contrast, the latter two mechanisms generate oncogenes whose protein products are identical with the normal proteins; their oncogenic effect is due to their being expressed at higher-than-normal levels or in cells where they normally are not expressed. However they arise, the gain-of-function mutations that convert proto-oncogenes to oncogenes act dominantly; that is, mutation in only one of the two alleles is sufficient for induction of cancer. Proteina in eccesso Proteina in eccesso Proteina iperattiva
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Bladder, breast, esophageal, liver, and lung carcinomas Amplification
Oncogene Type of cancer Activation mechanism D1 Bladder, breast, esophageal, liver, and lung carcinomas Amplification erbB-1 erbB-2 Breast, bladder, oesophagus carcinomas, melanomas Breast , stomach and ovarian carcinomas c-myc Breast and lung carcinomas L-myc Lung carcinoma N-myc Neuroblastoma, lung carcinoma K- ras Bcl-2 Colon, lung, pancreatic, and thyroid carcinomas Breast cancer carcinoma Point mutation More than 40 different highly oncogenic retroviruses have been isolated from a variety of animals, including chickens, turkeys, mice, rats, cats, and monkeys. All of these viruses, like RSV, contain at least one oncogene (in some cases two) that is not required for virus replication but is responsible for cell transformation. In some cases, different viruses contain the same oncogenes, but more than two dozen distinct oncogenes have been identified among this group of viruses (Table 15.3).
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Meccanismi molecolari delle metastasi: Angiogenesi
Fattori di crescita RAS FGFb TGF-alfa VEGF TNF EGF Angiogenina Alterazioni in geni coinvolti nel controllo della proliferazione cellulare sono frequentemente target per mutazioni nelle cellule tumorali. Esempio di metastasi associate a geni sono geni che codificano per enzimi proteolitici come metalloproteasi Angiostatina Trombospondina
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I promoters di Metalloproteasi hanno siti di legame per AP-1
MAPK I promoters di Metalloproteasi hanno siti di legame per AP-1 AP-1
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p53 nella progressione Metastatica
La Trombospondina é Positivamente regolata da p53
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geni antimetastatici Nm23 è ridotto in neoplasie ad elevato potenziale metastatico Bassi livelli di nm23 = Bassa sopravvivenza KISS-1 (metastin): riduce il # di metastasi polmonari E’ presente ad elevate quantità nella placenta
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Distacco di cellule neoplastiche dal tumore primitivo
Molecole di adesione Caderine: E-caderina Motilità cellulare Integrine: Vitronectine a2b1Integrina Motilità cellulare Selectine P-selectina Alterazioni in geni coinvolti nel controllo della proliferazione cellulare sono frequentemente target per mutazioni nelle cellule tumorali. Esempio di metastasi associate a geni sono geni che codificano per enzimi proteolitici come metalloproteasi CD44 Superfamiglia delle Ig: N-CAM
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Proteolisi della matrice extracellulare ed invasione
PAI Attivatori del Plasminogeno: t–PA u-PA HER2/neu Azione degli enzimi Catepsine: Catepsina D Metalloproteasi (matrixine) Collagenasi IV Stromelisine Collagenasi tipo I-III-X Alterazioni in geni coinvolti nel controllo della proliferazione cellulare sono frequentemente target per mutazioni nelle cellule tumorali. Esempio di metastasi associate a geni sono geni che codificano per enzimi proteolitici come metalloproteasi EGF, TGF-a, PDGF TIMPs
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Metalloproteinasi della Matrice (MMP): se ne conoscono 25
Alcuni prodotti della loro attività possono sopprimere la crescita (angiostatina; endostatina) inibiscono l’attività protesica
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Metalloproteinase inhibitors in the pericellular environment
Metalloproteinase inhibitors in the pericellular environment. (A) Tissue inhibitors of metalloproteinases (TIMPs). TIMPs-1-4 are largely matrix metalloproteinase (MMP) inhibitors modulating the activity of soluble, matrix bound and cell associated MMPs. TIMP-3 is an extracellular matrix protein, probably bound to heparan sulphate proteoglycans and is a potential inhibitor of the function of some membrane-associated ADAM s (a disintegrin and a metalloproteinase), as well as the matrix-associated ADAM-TS (ADAM-thrombospondins, not shown). TIMP-2 acts in conjunction with MT1-MMP as a receptor for the pro-form of MMP-2 at the cell surface, allowing an efficient activation and focussing of the active form of this soluble proteinase. In some cell types, TIMP-1 and TIMP-2 may have receptors directly linked to intracellular signalling pathways regulating cell behaviour. (B) Other inhibitors. RECK (reversion inducing cysteine rich protein with Kazal motifs) is a GPI-anchored glycoprotein that binds and inhibits a number of MMPs. The pan proteinase inhibitor 2-macroglobulin, although very large, has some access to the pericellular space in vascularised tissues and may be involved in MMP endocytosis through the low density lipoprotein receptor-related protein (LDL-RP). The roles of the LDL-RP in MMP2 removal via a thrombospondin-2 (TSP-2) complex and in direct MMP9 removal have been described. The tissue factor pathway inhibitor (TFPI-2) has also been described as an MMP binding agent
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Fattori coinvolti nella motilità cellulare
Citochine Scatter Factor (SF) Autocrine motility Factor (AMF) Alterazioni in geni coinvolti nel controllo della proliferazione cellulare sono frequentemente target per mutazioni nelle cellule tumorali. Esempio di metastasi associate a geni sono geni che codificano per enzimi proteolitici come metalloproteasi
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Principali modalità di metastatizzazione
Nella metastatizzazione vascolare, le cellule che formano il tumore secondario hanno portato a termine una complessa serie di processi che debbono aver luogo nel giusto ordine. Questo indica che la formazione di una massa metastatica non è un evento casuale o fortuito.
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Via Ematica Sarcomi Carcinomi Via Linfatica
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La disseminazione per via ematica
La disseminazione per via ematica è caratteristica di molti sarcomi, di qualche Carcinoma (renale, prostatico, tiroideo ed epatico), del corioepitelioma e di tumori che insorgono in distretti privi di vasi linfatici. Per la crescita metastatica è fondamentale il contributo della rete vascolare formata da neoangiogenesi che circonda il tessuto neoplastico e si spinge al suo interno
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Angiogenesi La formazione di nuovi vasi comporta l’attivazione di un processo proliferativo e differenziativo nelle cellule endoteliali dei capillari dell’ospite, dai quali originano gettoni cellulari solidi che successivamente si canalizzano e si strutturano in formazioni vasali più o meno regolari. Per questo processo è necessario che una sottopopolazione delle cellule neoplastiche del tumore primitivo assuma il fenotipo angiogenico, per attivare la secrezione di uno o più fattori positivi, oppure mobilizzarli dalla matrice extracellulare o reclutare cellule dell’ospite I macrofagi , che producono proprie proteine angiogeniche: il basic fibroblast growth factor (bFGF) il vascular endotelial growth factor (VEGF).
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Disseminazione per via linfatica
Caratteristica dei carcinomi, molti dei quali sintetizzano e secernono fattori, come il VEGF-C e il VEGF-D, che promuovono la formazione di nuovi apillari(linfangiogenesi), o incrementano il diametro di quelli esistenti, interagendo con specifici recettori (VEGF-R3).
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a cordoni solidi (permeazione) aggregati cellulari (embolizzazione).
Le cellule neoplastiche penetrano nei vasi linfatici ove assumono un aspetto: a cordoni solidi (permeazione) aggregati cellulari (embolizzazione). La diffusione sotto forma di emboli è la principale modalità di disseminazione dei tumori primari nei linfonodi regionali e lungo le altre stazioni linfatiche. Una volta che le cellule neoplastiche siano giunte nei linfonodi regionali possono verificarsi varie evenienze: proliferano e sostituiscono le cellule linfoidi locali; il flusso della linfa efferente viene quindi circuitato o convogliato all’indietro trascinando con sé le cellule neoplastiche nate nel linfonodo, cellule che si vanno a depositare in stazioni linfatiche situate più a valle (il linfonodo regionale si comporta in pratica da sorgente di ulteriori metastasi, le metastasi secondarie); le cellule neoplastiche muoiono in loco, o in seguito a qualche deficienza metabolica o per azione degli elementi immunocompetenti presenti nel linfonodo; le cellule neoplastiche sopravvivono nel linfonodo, ma in uno stato di latenza, e non generano metastasi secondarie. . La tendenza al superamento più o meno precoce della capsula linfonodale dipende essenzialmente dall’istotipo, ma quando l’adenopatia supera la dimensione di circa 5 cm la rottura capsulare con estrinsecazione delle cellule tumorali è praticamente costante per tutte le neoplasie
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Sistema venoso vertebrale Sistema di Batson
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Principali modalità di metastatizzazione
Le cellule tumorali vitali possono essere trasferite dal sito primitivo ad altri luoghi secondo diverse modalità La diffusione delle cellule tumorali dalla superficie di una cavità del corpo ed il oro successivo impianto a formare un tumore separato in un’altra zona della stessa superficie è un fenomeno meno complesso di quello che porta alla formazione di metastasi per via linfatica o ematica
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Disseminazione per contiguità
La disseminazione per contiguità o per cavità: carcinomi dello stomaco, del colon e dell’ovaio possono metastatizzare in cavità peritoneale; carcinomi della mammella, del polmone e dell’esofago diffondono nella cavità pleurica e/o pericardica; tumori del plesso corioideo, gli ependimomi, i pinealomi e i medulloblastomi possono diffondere lungo la cavità cerebro-spinale, anche se la formazione di metastasi al di fuori del sistema nervoso centrale è di eccezionale riscontro
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Conclusioni I tumori maligni sono eterogenei
Dalle sedi tumorali si selezionano subcloni forniti di maggiore competenza metastatica con instabilità genica che si incrementa progressivamente L’attivazione di protoncogeni e l’inattivazione degli oncosoppressori appare correlabile anche con il fenomeno della progressione dal fenotipo tumorale al fenotipo metastatico La composizione cellulare di un tumore non è statica ma dinamica per il subentrare di processi come: alterazioni dell’adesività, grado di immunogenicità, produzione di enzimi proteolotici, capacità migratoria
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Conclusioni Le alterazioni molecolari rendono le cellule metastatiche, altamente specializzate, capaci di completare ogni fase della diffusione Le alterazioni geniche conferiscono alle cellule metastatiche un selettivo vantaggio di crescita
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Quadri di disseminazione metastatica
Organi più metastatizzati Fegato Polmoni Ossa Midollo Linfonodi Ghiandole surrenali Organi raramente metastatizzati Muscolo scheletrico Cuore Milza La formazione di una massa metastatica non è un evento casuale o fortuito, infatti ci si dovrebbe aspettare una disseminazione più o meno uniforme dalle cellule rilasciate nei vasi in tutti gli organi o tessuti. La distribuzione delle metastasi non è né regolare né uniforme, ed è in qualche modo correlata alla localizzazione del tumore primitivo. La distribuzione dei tumori secondari dipende dal tipo di drenaggio vascolare e da fattori organo specifici Es. Frequente riscontro di metastasi nel fegato in pazienti con un tumore primitivo localizzato in un’area drenata dalla vena porta e nel polmone in pazienti che hanno un tumore primitivo localizzato nell’area drenata dal circolo venoso sistemico Invece la tendenza dei cancri bronchiali a dare origine a metastasi bilaterali ai surreni non dipende dall’organizzazione anatomica dei vasi. Oppure cancro della mammella lobulare metastasi peritoneale, Ca duttalemetastasi al fegato. Metastasi al cervello in pazienti con Ca polmonare. Mestasi osse Ca mammella. Fattori organo specifici Ormoni locali ad azione paracrina, condizioni metaboliche ambientali nei siti di localizzazioni delle cellule tumorali
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