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LE APPARIZIONI E I “MESSAGGI ESOTERICI”
DELLA VERGINE A GUADALUPE E LORETO Avanza con un clic
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Il 30 luglio si terrà, nel grande Santuario della Madonna di Guadalupe, che sorge alla periferia della capitale messicana, la canonizzazione di Juan Diego, l'indio che in quel luogo ebbe le apparizioni della Madonna nel dicembre 1531.
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Quel giorno Diego era andato a portare al vescovo Zumarraga, che non credeva alle apparizioni dei fiori raccolti sulla montagna. Si trattava di fiori che non potevano assolutamente crescere a quelle altezze e dovevano essere un segno dell’autenticità delle apparizioni. I fiori che la Madonna aveva fatto trovare sul monte a Diego erano delle rose di Castiglia.
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Diego le aveva messe nella "tilma", il grembiule tipico che i contadini atzechi indossavano per lavorare. Quando egli, giunto davanti al vescovo, apri la tilma per far vedere i fiori, ecco che su quel rozzo grembiule si formò, all'improvviso, davanti agli occhi del vescovo e delle altre persone che erano con lui, l'immagine della Vergine, quell'immagine che ancora si venera nel santuario.
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In quell'immagine la Madonna appare come una giovane sui 15 anni, alta 143 centimetri, ha la carnagione un po' scura e per questo i messicani la chiamano "Virgen Morenita".
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I tratti del viso non sono né europei né indio, ma presentano una perfetta commistione di queste due razze. Si potrebbe affermare che e una perfetta meticcia, ma va ricordato che, allora, i meticci, frutto appunto delle due razze, atzeca ed europea, non esistevano ancora.
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Quell’immagine quindi, nella sua configurazione fisica, era profetica, rappresentava la razza meticcia che sarebbe venuta in seguito e che costituisce la popolazione messicana di oggi. La Madonna, in quell'immagine, è circondata da raggi di sole e sotto i suoi piedi ha una grande falce di luna, e un angelo che la sorregge. Le ali dell'angelo sono ornate da lunghe penne rosse, bianche e verdi.
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La Vergine indossa un manto verde-azzurro, coperto di stelle dorate, con sotto una tunica rosa, ricamata da fiori in boccio dai contorni dorati, e stretta, sopra la vita, da una cintura color viola scuro. La cintura, portata in quel modo, era segno, presso gli Aztechi, delle donne incinte. Quel prodigio impressionò molto il vescovo e lo convinse che i racconti di Juan Diego erano attendibili. Egli espose l'immagine, che si era formata sulla tilma davanti ai suoi occhi, nella cattedrale e ordinò la costruzione di una chiesetta sul luogo delle apparizioni, come la Madonna aveva chiesto.
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Il tempio venne finito a tempo di record, e il 26 dicembre 1531, con una solenne processione, l'immagine fu trasportata nella nuova sede. La devozione si diffuse rapidamente. La Madonna si era presentata a Juan Diego dicendo: "Io sono la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del Verissimo e unico Dio" Molti studiosi si sono chiesti come mai, fin dall'inizio, fu chiamata "Nostra Signora di Guadalupe", cioè con il nome con cui viene chiamata la Madonna patrona di Spagna.
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Alcuni dicono che la Vergine abbia chiesto a Juan di essere chiamata "Cuatlaxupeh", che in lingua nahuati significa "colei che calpesta il serpente". Ma nella traduzione gli spagnoli capirono "Guadalupe". Altri pensano che la Vergine stessa abbia detto di voler essere chiamata "Madonna di Guadalupe", per un nome assai noto agli spagnoli e prevenire in questo modo "gli scrupoli" che potevano sorgere tra i teologi nei confronti di un messaggio che proveniva da un indio. L'immagine si era formata sulla tilma di Juan Diego all'improvviso, davanti agli occhi di diversi testimoni.
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La tilma era tessuta con fibre di agave, che venivano adoperate per fare corde. Una volta ritorte, queste fibre davano dei fili aspri, duri e molto resistenti. Il tessuto che si otteneva, perciò, era rozzo, assolutamente non adatto ad essere dipinto. E molti, osservando l'immagine, si chiedevano come mai fosse stato possibile ottenere una figura così bella su una tela tanto rozza. Cominciarono le ricerche per capire. Prima fatte da pittori, poi da medici e scienziati e vennero così alla luce incredibili caratteristiche di quell'immagine, caratteristiche che superano tutte le leggi e le conoscenze scientifiche umane.
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Il mistero è andato via via, lungo i secoli, sempre più evidenziandosi e ingigantendosi, fino a diventare uno degli enigmi più sorprendenti che si conoscano. Ecco quanto la scienza ha scoperte nel manto della Vergine di Guadalupe:
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1. Studi oftalmologici realizzati sugli Occhi di Maria hanno scoperto che avvicinando loro la luce, la retina si contrae e ritirando la luce, torna a dilatarsi, esattamente come accade ad un occhio vivo.
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115 pulsazioni al minuto, come per un bebè nel ventre materno.
2. La temperatura della fibra di maguey (ricavata da una pianta) con cui è costruito il mantello mantiene una temperatura costante di 36.6 gradi, la stessa di una persona viva. 3. Uno dei medici che analizzò il manto collocó il suo stetoscopio sotto il nastro con fiocchi che Maria ha intorno alla vita (segnale che è incinta) e ascoltò battiti che si ripetevano ritmicamente , contò 115 pulsazioni al minuto, come per un bebè nel ventre materno.
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4. Non si è scoperto nessun tratto di pittura sulla tela.
In realtà, a una distanza di 10 centímetri dall’ immagine, si vede solo la tela cruda: i colori scompaiono. Studi scientifici non riescono a scoprire l’origine della colorazione che forma l’immagine, né la forma in cui la stessa è stata dipinta . Non si riscontrano tracce di pennellate nè di altra tecnica conosciuta. Gli scienziati della NASA affermarono che il materiale che origina i colori non è nessuno degli elementi conosciuti sulla Terra..
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evidenziato che la colorazione non è
5. Si è fatto passare un raggio laser lateralmente sopra la tela, e si è evidenziato che la colorazione non è nè al dritto nè al rovescio, ma che i colori fluttuano a una distanza di tre decimi di millímetro sopra il tessuto, senza toccarlo. I colori fluttuano nell’ aria, sopra la superficie del Mantello. Ti sembra sorprendente? Allora sorprenditi ancor più con queste altre scoperte:
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6. La fibra di maguey che costituisce la
tela dellìimmagine, non può durare più di 20 o 30 anni. Vari secoli fa si dipinse una replica della immagine su una tela di fibra di maguey simile, e la stessa si disintegrò dopo alcuni decenni. Mentre, a quasi 500 anni dal miracolo, l’immagine di Maria continua ad essere perfetta come il primo giorno. La scienza non si spiega l’origine della incorruttibilità della tela.
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7. Nel 1791, si verificò un incidente che evidenziò altre sorprese.
Alcuni operai furono incaricati di pulire la cornice d'oro in cui, nel 1777, era stata racchiusa la tilma. Gli operai, per quel compito, dovevano usare una soluzione acquosa di acido nitrico al 50%. Ma mentre eseguivano il lavoro, inavvertitamente lasciarono cadere del liquido sulla tela. Stando alle leggi della chimica, quel liquido avrebbe dovuto provocare un danno irreparabile.
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Infatti, l'acido nitrico, a contatto con le proteine presenti nei tessuti d'origine animale o vegetale, dà loro un caratteristico colore giallo, mentre disgrega la cellulosa, che costituisce la struttura portante delle fibre vegetali. Ma in quel caso non successe niente di tutto questo. Il liquido caduto sulla tilma evaporò, lasciando un debole alone che con il passar del tempo è totalmente scomparso. In quell'occasione venne osservata anche un'altra sorprendente caratteristica: sulla tilma non si trovava traccia né di polvere né di insetti vivi o morti.
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8. Il quadro della Vergine respingeva
polvere e insetti. Il fenomeno, curiosissimo e inspiegabile, è stato poi osservato sempre, tutte le volte che sono state fatte delle ricerche in proposito. Ma i risultati più sconcertanti arrivarono in tempi vicini a noi. Nel 1936 il professor Richard Kuhn, che due anni dopo, nel 1938, ottenne il premio Nobel per la chimica, ebbe la possibilità di esaminare due fili, uno rosso e uno giallo della tilma. I risultati delle analisi, condotte con le tecniche sofisticate dimostrarono che su quelle fibre non vi era traccia di coloranti di nessun tipo, né vegetali, né animali, né minerali.
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perfetto stato di conservazione.
9. All’inizio del secolo XX, un uomo nascose una bomba ad alto potenziale in un arredo floreale, che collocò ai piedi della Tela. L’esplosione distrusse tutto ciò che era intorno, meno la Tela, che rimase in perfetto stato di conservazione. 10. La scienza scoprì che gli occhi di Maria posseggono i tre effetti di refrazione dell’immagine di un occhio umano.
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Sono due scene e si ripetono in tutte e due gli occhi.
11. Nelle pupille di Maria (di soli 7,8 mm) si sono scoperte minute immagini umane, che nessun artista avrebbe mai potuto dipingere. Sono due scene e si ripetono in tutte e due gli occhi. La misura di questa immagine? La quarta parte di un millionesimo di millimetro. È evidente che tutti questi fatti inspiegabili ci siano stati dati per una ragione: Volevano catturare la nostra attenzione. Hanno catturato la tua?
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Le stelle visibili nel Manto di Maria riflettono l’esatta
configurazione e posizione del cielo che il Messico presentava nel giorno in cui avvenne il miracolo.
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La disposizione delle stelle che appaiono sul manto della Madonna riproducono alla perfezione le varie costellazioni celesti, anche quelle non conosciute al tempo dell'apparizione.
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L'astrofisico Mario Rojas, in un'ora vicina al solstizio d'inverno del 1981, disegnò, con l'aiuto di una lente curva per evitare deformazioni, le costellazioni della volta del cielo. Le fissò su carta trasparente e, sovrapponendole alla mappa stellare della tilma, le trovò che combaciavano in modo perfetto, come si può vedere nel disegno sopra riportato.
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Ma c'è di più. Alcune costellazioni che non appaiono sulla tilma, hanno una coincidenza simbolica con la figura della Vergine. La "Corona Boreale" cade sulla fronte dì Maria, la "Vergine" sulle mani, il "Leone" sul ventre gravido, "Orione" sull'angelo che sostiene la Vergine.
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Tutto questo è eccezionale e pieno di mistero
Tutto questo è eccezionale e pieno di mistero. Ma il fenomeno più sorprendente riguarda le scoperte fatte nelle pupille della Vergine. Nel 1929, il fotografo Alfonso Marqué Gonzales, studiando alcuni negativi dell'immagine, osservò che nell'occhio destro della Madonna si vedeva una figura umana. La scoperta destò scalpore. Altri fotografi cercarono di chiarire il fatto. Nel 1951, Carlos Salinas, fotografo ufficiale della Basilica di Guadalupe,
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affermò di aver constatato che una figura umana si notava anche nell'occhio sinistro. A questo punto cominciarono a interessarsene anche i medici. Uno di essi, Raffael Torija Lavoignet, ottenne il permesso di studiare l'immagine senza la protezione del cristallo. Tra il 1956 e il 1958, compì cinque indagini servendosi di lenti di ingrandimento e oftalmoscopi. Egli confermò la presenza di immagini di figure umane negli occhi della Madonna. E’ noto che nell'occhio umano si formano tre immagini riflesse degli oggetti osservati.
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Si chiamano "immagini di Purkinje-Sanson" dai nomi dei due ricercatori che scoprirono questa caratteristica dell'occhio umano nel secolo XIX. Due di quelle immagini sono "diritte", una sulla superficie esterna della cornea, la seconda sulla superficie esterna del cristallino. La terza, che si forma rovesciata, appare sulla superficie interna del cristallino. In teoria, tali immagini riflesse, oltre che negli occhi di una persona vivente possono essere viste anche in una fotografia della stessa, ma non potranno certo mai vedersi negli occhi di un volto umano dipinto su una tela:
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Eppure, nelle pupille dell'immagine della Vergine di Guadalupe, immagine che risale al 1531, diversi ricercatori avevano notato delle figure riflesse. Il fenomeno divenne eclatante quando cominciò ad essere studiato con i più sofisticati mezzi moderni supportati dal computer. Nel 1979 arrivò in Messico un ingegnere peruviano, José Aste Tonsmann. Aveva una preparazione scientifica superlativa. A Lima, dove era nato, aveva studiato nel Collegio di San Luigi risultando sempre il primo della classe. Si era laureato poi in Ingegneria Civile all'Università Nazionale d’Ingegneria del Perù,
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Nel 1979 arrivò in Messico un ingegnere peruviano, José Aste Tonsmann
Nel 1979 arrivò in Messico un ingegnere peruviano, José Aste Tonsmann. Aveva una preparazione scientifica superlativa. A Lima, dove era nato, aveva studiato nel Collegio di San Luigi risultando sempre il primo della classe. Si era laureato poi in Ingegneria Civile all'Università Nazionale d’Ingegneria del Perù,
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aveva conseguito una seconda laurea in Filosofia e, passato all'Università Cornell, negli Stati Uniti, si era specializzato in Ingegneria dei Sistemi di ricerca attraverso il computer. Aveva lavorato poi con grandi aziende e tenuto corsi nelle più prestigiose università americane. Era insomma uno dei ricercatori moderni più qualificati. «Non conoscevo niente della Madonna di Guadalupe, - ha raccontato l'ingegner Tonsmann. - Fin dal primo giorno del mio arrivo in Messico ero molto interessato a digitalizzare, tramite elaboratore, un segno rappresentativo e caratteristico della cultura di questa nazione.
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Non sapevo ancora quale
Non sapevo ancora quale. Pensavo al famoso Calendario atzeco o a qualche cosa di simile. In quei giorni mi capitò tra le mani una rivista americana che parlava degli studi compiuti dal signor Carlos Salinas sulla Madonna di Guadalupe e vi si descrivevano dettagli della ricerca sull'occhio destro dell'immagine. La notizia destò il mio interesse e la mia curiosità. Mi parve che fosse un campo di investigazione interessante. Mi misi in contatto con i responsabili del santuario e cominciai le mie ricerche». Il lavoro compiuto da José Aste in questi 23 anni è stupefacente.
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Servendosi di strumenti elettronici d'avanguardia, di quelli, per intenderci adoperati anche dalla Nasa per decifrare le foto inviate dai satelliti nello spazio, ha studiato a fondo, in tutti i loro aspetti, gli occhi dell'immagine della Madonna di Guadalupe. È riuscito a ottenere ingrandimenti fino a 2500 volte, le dimensioni originarie, con punti luminosi su un millimetro quadrato. Gli occhi della Vergine di Guadalupe, studiati in questo modo, rivelarono la presenza non di una sola immagine, ma di un'intera e complessa scena, di cui fanno parte numerose persone.
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Vi si distinguono nettamente un indio seduto, nudo, con la gamba sinistra appoggiata al suolo e quella destra piegata sopra l'altra, con i capelli lunghi, legati all'altezza delle orecchie, orecchino e anello al dito. Accanto a lui, un uomo anziano, con la calvizie notevolmente avanzata, la barba bianca, il naso dritto, le sopracciglia sporgenti, e si vede che una lacrima gli scende lungo la guancia destra: in questo personaggio è stato identificato il vescovo Juan de Zumarraga. Alla sua sinistra, un uomo abbastanza giovane, e si suppone che si tratti di Juan Gonzales, che fungeva da interprete per il vescovo de Zumarraga.
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Più avanti, appare il profilo di un uomo in età matura, con barba e baffi aderenti alle guance, naso grande e marcatamente aquilino, zigomi sporgenti, occhi incavati e labbra socchiuse, che sembra indossare un cappuccio a punta: è un indio, colto mentre sta per aprire il proprio mantello. Egli è rivolto in direzione dell'anziano calvo. Dalla descrizione di queste immagini, si capisce che la scena è quella avvenuta quando Juan Diego portò le rose al vescovo. La Madonna era presente, i suoi occhi fotografarono la scena e la sua immagine, che in quel medesimo momento si impresse sul mantello dell'indio, la conservò per sempre.
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Nella descrizione dei vari personaggi osservati negli occhi della Madonna, l'ingegnere José Aste ha individuato anche una giovane negra. Questo particolare mise in allarme gli studiosi in quanto al tempo dell'apparizione, in Messico, non cerano negri. Ma successive ricerche hanno chiarito il piccolo giallo. Dal testamento del vescovo Juan de Zumarraga si è appreso che egli aveva al suo servizio una schiava negra, alla quale, prima di morire, volle concedere la libertà per i preziosi servizi.
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Accanto a questi personaggi "storici", che si trovano perfettamente descritti anche nelle cronache del tempo in cui si verificò il prodigio, José Aste ha individuato anche una seconda scena, staccata dalla prima, quasi in secondo piano, con un gruppo di persone anonime, che potrebbero rappresentare una famiglia atzeca composta da padre, madre, nonni e tre bambini. Riflettendo sulle sue straordinarie scoperte scientifiche, il dottor José Aste, che è membro del "Centro de Estudios Guadalupanos", avanza, da credente, un'ipotesi suggestiva.
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Dice che le scene scoperte nelle pupille dell'immagine potrebbero costituire un "messaggio" della Madonna di Guadalupe. «Un messaggio destinato proprio al nostro tempo, - dice l'ingegnere - perché la Vergine sapeva che solo con la tecnologia moderna si poteva evidenziare il segreto racchiuso negli occhi di quella sua immagine.
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"Guadalupe" significa nell’idioma
indigeno: “schiaccia la testa al serpente". È appunto il vangelo nella Genesis 3:15: Maria, vincitrice del maligno, ovvero: Il Governo Ombra in opposizione all’amore universale incarnato dal Maestro Gesù. Apocalisse 12:1 Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Apocalisse 12:2 Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
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La Madre Celeste, conosciuta in altre epoche come: Sophia, Iside, Maria e recentemente anche come Signora dello spazio, in ogni sua apparizione ha dato all’umanità un “forte messaggio”, affinché l’uomo ricordasse la sua vera natura divina, così come a Loreto in cui ha trasferito fisicamente la “Sua Casa” per richiamare la nostra attenzione.
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Il santuario di Loreto conserva, secondo un'antica tradizione,
la Casa nazaretana della Madonna. La dimora terrena di Maria a Nazareth era costituita da due parti: da una Grotta scavata nella roccia, tuttora venerata nella Basilica dell'Annunciazione di Nazareth, e da una Casa in muratura antistante.
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Secondo la tradizione, nel 1291, quando i crociati furono espulsi definitivamente dalla Palestina con la perdita del Porto di Accon, la Casa in muratura della Madonna fu trasportata, "per ministero angelico", (ovvero: teletrasportata dai Fratelli Cosmici che hanno sempre presenziato alle apparizioni della Madonna. Vedi a Fatima: “il miracolo del sole”.) prima in Illiria e poi nel territorio di Loreto (10 dicembre 1294).
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Santa Casa (1962-65) e a studi filologici e iconografici,
Oggi, in base a nuove indicazioni documentali, ai risultati degli scavi archeologici nel sottosuolo della Santa Casa ( ) e a studi filologici e iconografici, si va sempre più confermando l'ipotesi secondo cui le pietre della Santa Casa sono state trasportate a Loreto su nave, per iniziativa umana. (Perfino oggi sarebbe un’impresa ardua tale trasferimento)
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figlia Ithamar in sposa a Filippo di
Tuttavia, la tradizione vuole che un documento del settembre 1294 scoperto di recente, attesta che Niceforo Angelo, despota dell'Epiro, nel dare la propria figlia Ithamar in sposa a Filippo di Taranto, quartogenito di Carlo II d'Angiò, re di Napoli, trasmise a lui una serie di beni dotali, fra i quali compaiono con spiccata evidenza: "Le sante pietre portate via dalla Casa della Nostra Signora la Vergine Madre di Dio".
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famiglia bizantina Angelo o De Angelis,
La notizia sembrerebbe trovare riscontro con quanto alcuni studiosi, agli inizi di questo secolo, dicono di aver letto in altri documenti dell'archivio vaticano, oggi introvabili, secondo i quali la citata famiglia bizantina Angelo o De Angelis, nel sec. XIII, salvò le pietre della Santa Casa di Nazareth dalle devastazioni dei musulmani e le fece trasportare a Loreto per ricostruirvi il sacello. Anche alcuni reperti archeologici confermerebbero il documento del 1294: due monete (trovate sotto la Santa Casa) di Guido de La Roche,
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duca d'Atene dal 1287 al epoca della traslazione della Santa Casa - figlio di Elena Angelo, cugina di Ithamar, e vassallo di Filippo di Taranto; una scritta su una pietra della Santa Casa, dove sembra potersi leggere Ateneorum, cioè "degli Ateniesi", con riferimento all'ambito geografico e familiare degli Angelo; una moneta di Ladislao d'Angiò - Durazzo, pronipote di Filippo di Taranto e re di Napoli dal 1386 al 1414,
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trovata murata tra le pietre della Santa
Casa insieme con cinque crocette di stoffa rossa di crociati o, più probabilmente, di cavalieri di un ordine militare che nel medioevo difendevano i luoghi santi e le reliquie, e insieme con i resti di un uovo di struzzo, che subito richiama la Palestina e una simbologia riferentisi al mistero dell'Incarnazione.
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"per ministero angelico". Qualunque sia la verità sul trasporto
Di grande interesse risultano anche alcuni graffiti incisi sulle pietre della Santa Casa, assai simili a quelli riscontrati a Nazareth. Forse dal nome degli Angelo d'Epiro può essere sorta la versione popolare del trasporto della Santa Casa "per ministero angelico". Qualunque sia la verità sul trasporto della Santa Casa – "per ministero angelico" o per iniziativa umana, essa pure ispirata dall'alto – è certo che Loreto ha un legame tutto speciale con la dimora nazaretana di Maria.
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Giovanni Paolo II nella Lettera indirizzata a mons
Giovanni Paolo II nella Lettera indirizzata a mons. Pasquale Macchi, arcivescovo di Loreto, il 15 agosto 1993, ha scritto: "La S. Casa di Loreto non è solo una reliquia, ma anche una preziosa icona concreta“. E' reliquia perché è "resto", cioè parte superstite della dimora nazaretana di Maria. E' icona perché si fa specchio che riflette ineffabili verità di fede e rifrange luce su alti valori di vita cristiana. Per questo la S. Casa di Loreto è il primo santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine.
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Sono innumerevoli le sue apparizioni in ogni parte del pianeta
Sono innumerevoli le sue apparizioni in ogni parte del pianeta. Alcune eclatanti destinate ad essere tramandate nei secoli, altre più silenziose. Tuttavia, Lei è sempre presente e alberga nei cuori di chi, come Lei, dona se stesso.
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Pace e Amore Armando
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