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Antonio Montinaro.

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Presentazione sul tema: "Antonio Montinaro."— Transcript della presentazione:

1 Antonio Montinaro

2 Nato a Calimera in provincia di Lecce l’8 settembre 1962, Antonio Montinaro era un giovane esuberante, allegro e di un’umanità esagerata. Era amico di tutti, molto spesso apriva la sua casa a persone che la moglie neppure conosceva, ed è per questo che il suo ricordo è ancora vivo in tutti quelli che lo hanno conosciuto. Era entrato in polizia a 18 anni ed era stato destinato alla Questura di Bergamo, dove rimase fino al 5 Febbraio 1988; poi chiese il trasferimento a Palermo, in occasione del Maxi-Processo. Agente scelto di P.S., fu destinato all’Ufficio Scorte. Quel pomeriggio del 23 Maggio 1992, Antonio Montinaro il suo lavoro doveva svolgerlo nel turno di mattina ma, saputo che il “suo” magistrato, GIOVANNI FALCONE, sarebbe arrivato da Roma a quell’ora, chiese il cambio per essere lui ancora una volta a scortarlo. Una scelta dettata dal suo altissimo senso del dovere perché Antonio sapeva che Falcone in Sicilia era una personalità ad altissimo rischio di attentati. Una scelta, la sua, che gli costò la vita.

3 LA STRAGE DI CAPACI Sono le 17,48 del 23 Maggio 1992 quando su una pista dell'aeroporto di Punta Raisi atterra un jet del Sisde, un aereo dei servizi segreti partito dall'aeroporto romano di Ciampino alle ore 16,40. Sopra c'è Giovanni Falcone con sua moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato. E sulla pista ci sono tre auto che lo aspettano. Una Croma marrone, una Croma bianca, una Croma azzurra.. Una squadra affiatatissima che aveva il compito di sorvegliare Falcone dopo il fallito attentato del 1989 davanti la villa del magistrato sul litorale dell'Addaura. La Croma marrone è davanti. Guida Vito Schifani, accanto c'è Antonio Montinaro, dietro Rocco Di Cillo.

4 E corre la Croma marrone, corre seguita da altre due Croma, quella bianca e quella azzurra. In quella bianca l'autista giudiziario, Giuseppe Costanza, dal 1984 con Falcone, che era solito guidare soltanto quando viaggiava insieme alla moglie. E altri tre sulla Croma azzurra: Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. In un istante, la croma marrone guidata dagli agenti della scorta salta in aria, investita da un'esplosione di 5 quintali di tritolo radiocomandata da Cosa Nostra, e viene scagliata in un frutteto vicino. I tre agenti muoiono sul colpo. Subito dopo scoppia anche l'auto del magistrato con accanto la moglie Francesca e dietro l'autista Giuseppe Costanza che rimane vivo quasi per miracolo.

5 La ricomposizione e l'identificazione dei loro corpi, estratti dopo un lungo lavoro dei vigili del fuoco, fu uno degli aspetti più difficili e penosi. Subito dopo l'attentato l'autostrada sembrava il "cratere di un vulcano”. Quasi tutti gli assassini, membri della famigerata “Cupola” di Cosa Nostra, vennero catturati nei mesi e negli anni successivi e condannati all’ergastolo per la strage. Uno si suicidò in carcere.

6 L’ AUTO DELLA STRAGE Le lamiere dell’’auto che, il 23 maggio 1992, si trasformò in una tomba per tanti “servitori dello Stato”, sono da allora custodite nell’autocentro della Polizia di Stato a Messina ma è difficile vederle. Il “cimelio” si trova a Messina per ragioni burocratiche. Per dieci lunghi anni i resti della Croma sono rimasti a disposizione dei soli investigatori. Poi, nel 2003, la loro prima uscita pubblica. L’autocentro apre le porte al pubblico soltanto nel giorno dell’anniversario della strage. Tina Martinez, vedova di Antonino Montinaro, ha ricevuto, come presidente dell’Associazione Culturalmente, l’incarico di gestire il giardino creato nel luogo della strage. «Ai ragazzi delle future generazioni non va addolcita la pillola. Bisogna parlare di memoria, non far dimenticare loro quello che è accaduto significa anche mostrare questo orrore”

7 In memoria di Montinaro e delle altre vittime, è stata costruita una stele proprio allo svincolo dell’autostrada in cui hanno perso la vita. Inoltre il Comune di Calimera ha intitolato una piazza ed eretto un piccolo monumento costituito da un masso estratto dal luogo dell'attentato e da un albero di mandarino di Sicilia.

8 “Chiunque fa questa attività ha la capacità di scegliere tra la paura e la vigliaccheria.
La paura è qualche cosa che tutti abbiamo: chi ha paura sogna, chi ha paura ama, chi ha paura piange; è la vigliaccheria che non si capisce e non deve rientrare nell'ottica umana. Io come tutti gli uomini ho paura indubbiamente, non sono vigliacco, me ne sarei già andato. Be nella mia posizione la paura è magari lasciare i bambini soli. Per uno scapolo è diverso. Per uno sposato la paura si gestisce in virtù della propria famiglia: si ha paura di lasciarli soli, si ha paura di non avere la capacità di morire per una ragione valida. Io scorto un uomo ad altissimo rischio, un uomo che ha dato la possibilità a molti di credere. Non lo scorterei sicuramente se non avessi la massima fiducia nei suoi confronti; ho messo la mia vita a rischio per lui. Perché probabilmente è uno dei pochi in cui io credo e che mi permette di stare bene con me stesso, lo scorto solo perché sono sicuro che lui sia onesto, se ne non lo scorterei. Se un personaggio decide di combattere un fenomeno come la mafia e non ha l'aiuto della società, è normale che bisogna scortarlo. Se qualcuno decide di ammazzare un personaggio scortato lo fa a prescindere di quanti uomini ci siano di scorta. Però io pecco di presunzione: io dico che attualmente siamo nelle condizioni, noi di questo apparato di sicurezza, se vengono nel contesto di autobomba va bene li si è persi, li siamo sconfitti, la bomba fa il danno e tutto... Ma se dovessero venire nel contesto dell'attentato fatto ad uomo cioè con l'uso di armi leggere o mitragliatrici, beh lì abbiamo la presunzione di lasciarne qualcuno per terra anche noi. La faccia della mafia è la faccia della gente che vede uccidere un uomo e non testimonia. Ecco ci sono mille facce, mille momenti che vengono fuori quando la gente ha paura. La mafia è forte proprio perché la gente ha paura, e la paura nasce dalla volontà di non credere in chi potrebbe rappresentare, cioè la gente crede di non poter avere fiducia nello stato. Si sconfigge la mafia con un solo modo secondo me: facendo capire ai cittadini che i tempi del rivolgersi a u zu Pepino O a u zu Ciccio sono terminati, esiste uno stato, esistono dei rappresentanti e sono loro che devono risolvere i problemi, il vicino di casa non li può risolvere,può solo risolvere l'ascensore quando si è rotto... “ Antonio Montinaro


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