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Abilità sociali e ritardo mentale
Laura Nota
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Le abilità sociali sono “comportamenti appresi orientati verso un obiettivo e governati da regole che variano in funzione della situazione e del contesto; che si basano su elementi cognitivi ed affettivi osservabili e non osservabili, in grado di suscitare negli altri risposte positive o neutrali e di evitare risposte negative.” (Chadsey-Rusch, 1992, p. 406).
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Matson e Swizy (1994), si riferiscono ad un’ampia gamma di comportamenti che consentono agli individui di interagire efficacemente con gli altri, di riconoscere e di rispondere agli stimoli sociali, di emettere prestazioni adeguate in una determinata situazione, di evitare i conflitti interpersonali e/o di rispondere, se legittime ed adeguate, alle richieste dei contesti. Gresham ed Elliott (1984), ancorandosi al concetto di validità sociale, si riferiscono a quei comportamenti che, in una data situazione, predicono importanti risultati sociali per l’individuo, ovvero risultati che sono in grado di caratterizzare l’integrazione e il funzionamento dell’individuo.
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L’Organizzazione Mondiale della Sanità
L’analisi delle Attività i comportamenti che le persone mettono in atto al fine di svolgere compiti, mansioni ed azioni, utili alla gestione della vita di tutti i giorni L’analisi della Partecipazione I livelli di coinvolgimento nelle situazioni di vita in relazione alla propria salute, alle condizioni e funzioni corporee e alle attività che esse sono in grado di svolgere
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Gli ambiti delle Attività e della Participazione
Apprendimento e applicazione delle conoscenze; comunicazione; mobilità; cura di sè; vita domestica; relazioni interpersonali; vita scolastica e professionale; vita comunitaria; vita sociale e civile.
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Disabilità intellettiva (Greenspan, 1979; Greenspan & Granfield, 1992; Luckasson et al., 1992; Merrel & Popinga, 1994; McGrew, Bruininks, & Johnson, 1996; Soresi, 1998; Di Nuovo e Buono, 2002) Deficit cognitivi Deficit sociali Deficit comportamentali 3
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Greenspan nel 1999 afferma che la scarsa capacità e/o l’inefficacia nella gestione delle situazioni interpersonali, ovvero una scarsa intelligenza sociale, sono una delle principali caratteristiche delle persone con disabilità intellettiva. Il DSM-IV (APA, 2000) arriva a sostenere che, per quanto riguarda i disordini evolutivi diffusi, si ha a che fare con gravi ed estesi problemi a carico anche delle abilità necessarie alla comunicazione e all’interazione sociale.
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De Bildt, Serra, Luteijn, Kraijer, Sytema e Minderaa (2005) sostengono che il costrutto dell’adattamento appare oggi piuttosto debole, semplicistico e non in grado di facilitare i processi di integrazione delle persone con menomazioni e che è preferibile il ricorso a costrutti come quello delle abilità sociali, maggiormente in grado di evidenziare l’interdipendenza esistente tra le variabili individuali e quelle ambientali e di suggerire eventuali ambiti di intervento.
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Disabilità e Abilità Sociali
Già nei primi anni di vita i soggetti con disabilità intellettiva, se confrontati con altri senza ritardo mentale, avviano un numero inferiore di contatti sociali e di gioco di gruppo e danno vita a un minor numero di risposte positive agli inviti sociali che provengono dagli altri (Guralnik e Groom, 1987; Kopp, Baker e Brown, 1992). Durante l’età scolastica i bambini con moderato o severo ritardo mentale sono a rischio per quanto riguarda un adeguato processo di adattamento alle richieste della scuola e manifestano generalmente difficoltà nell'ottenere dagli altri soddisfacenti livelli di accettazione sociale (Elliott, 1988; Walker, Irvin, Noell e Singer, 1992).
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In presenza di compiti di problem solving interpersonale (ad es
In presenza di compiti di problem solving interpersonale (ad es.: “convincere un altro bambino a lasciargli/le la bicicletta”; “partecipare ad una partita di pallone”; ecc.) i soggetti con ritardo mentale: indicano un minor numero di strategie risolutive e la maggior parte delle indicazioni date riguardano ‘il fare domande’ ovvero il chiedere aiuto agli altri per la risoluzione; propongono meno frequentemente strategie considerate più vantaggiose quali il ricorso alla reciprocità (offrire ricompense), alla collaborazione (lavorare insieme per scopi comuni), alla creazione di condizioni (fare in modo che l’altro dica di sì), all’evidenziazione della ragionevolezza della richiesta (Smith, 1986; Soresi e Nota, 2007).
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L’analisi delle abilità sociali consente la produzione di profili diagnostici più precisi e maggiormente descrittivi: nel caso di bambini con autismo o con disturbi pervasivi dello sviluppo, ad esempio, i deficit nelle abilità sociali sono spesso più consistenti delle limitazioni in altre aree del comportamento adattivo e si caratterizzano per un profilo irregolare (Kraijer 2000). De Bildt, Serra, Luteijn, Kraijer, Sytema e Minderaa (2005) hanno messo in evidenza come sia più probabile che abilità sociali complesse, come comprendere il contesto sociale in cui ci si trova, riconoscere le persone con le quali si interagisce, avere un senso di controllo della situazione, siano più presenti in quei soggetti che hanno disabilità intellettive di minore entità.
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Disabilità e Abilità Sociali
Nell’età adolescenziale queste persone presentano spesso difficoltà nello stabilire e mantenere relazioni con i compagni e le figure con autorità e tutto ciò riduce la qualità e la quantità delle loro esperienze preludendo anche un impatto negativo nei processi di adattamento alla vita adulta e difficoltà di integrazione sociale (Margalit, 1993; Soresi e Nota, 1995; Soresi e Nota, 2000).
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Scarsamente presenti sono anche le abilità che facilitano con l’avvicinarsi dell’età adulta l’inserimento lavorativo, quali il seguire le richieste e le istruzioni, completare il compito, dimostrare capacità di cooperazione e avviare relazioni positive con i supervisori. Carenti sono spesso anche le abilità definite non centrate sul compito, quali lo scherzare con i colleghi, conversare su argomenti condivisi, chiedere informazioni sui familiari, ecc., utili alla formazione di amicizie, alla creazione di reti di supporto sociale e all’incremento della soddisfazione nel lavoro (Chadsey-Rush e Gonzales, 1988; Williams, Walker, Holmes, Todis e Fabre’, 1989; Chadsey-Rusch, 1990; Soresi e Trionfi, 1995; Cristiano e Nota, 1998).
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Abilità sociali e ritardo mentale
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Abilità sociali e Qualità della vita
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Le abilità sociali garantiscono
La presenza di abilità sociali sembra garantire un maggior livello di integrazione sociale, scolastica, lavorativa e comunitaria (Irvin & Noell, 1994; Soresi e Nota, 2001) La presenza di competenza sociale spendibile nei diversi contesti di vita può inoltre garantire una maggiore capacità di vita indipendente, di ricerca e mantenimento del posto di lavoro, e di sviluppo di una adeguata rete di supporto sociale e migliori livelli di qualità della vita (Williams et al., 1989; Rush, 1995; Nota e Soresi, 1997)
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Disabilità fra integrazione e istituzionalizzazione
Il fallimento dei processi adattivi è in relazione alla istituzionalizzazione o alla re-istituzionalizzaizione (Van Der Gaag, 1989) L’istituzionalizzazione si associa a scarsi livelli di competenza sociale e a scarse opportunità di esercizio delle stesse (Baker e Urquhart, 1987; Soresi, 1998).
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I deficit nelle abilità sociali sono in relazione a (Gresham, Sugai e Corner, 2001; Soresi e Nota, 2007): Mancanza di conoscenze e abilità Mancanza di ‘pratica’ ed esercizio Povertà di stimoli negli ambienti frequentati Mancanza o esigua presenza di rinforzi
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Per fare l’assessment delle abilità sociali è necessario (Chadsey-Rusch, 1992):
Raccogliere informazioni sulla percezione e il giudizio di altri significativi Raccogliere informazioni sulla percezione che la persona ha delle sue abilità sociali Raccogliere informazioni sulla frequenza e durata delle prestazioni sociali Raccogliere informazioni su le capacità di problem solving interpersonale
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Portfolio ASTRID (Soresi e Nota, 2007) :
Strumenti di autovalutazione: Come mi comporto con gli altri Strumenti di eterovalutazione VAS-Scheda di valutazione delle abilità sociali VAS-ARM-Scala di valutazione delle abilità sociali per adulti con disabilità intellettiva Role play assessment Problem solving assessment Procedure di osservazione diretta
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L’incremento delle abilità sociali (Gresham, Sugai e Horner, 2001; Soresi e Nota, 2007) :
I programmi dovrebbero avere una durata consistente, superiore alle 30 ore I programmi dovrebbero considerare le difficoltà delle persone I programmi dovrebbero aderire ai principi e alle raccomandazioni dei manuali d’uso e dei protocolli di trattamento oggetto di sperimentazione I programmi dovrebbero presentare una solida validità sociale Si dovrebbe dare particolare attenzione al mantenimento e alla generalizzazione dei risultati
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“Stare con gli altri: no problem” (Soresi e Nota, 2001)
Abilità sociali “di base”: Abilità sociali per l'avvio di relazioni sociali con i coetanei in un contesto scolastico; Abilità sociali per l'avvio di relazioni sociali con i coetanei in un contesto ricreativo e di attività di tempo libero; Abilità sociali per l'avvio di relazioni sociali con i superiori (insegnanti ed operatori sociosanitari) in un contesto scolastico e riabilitativo; Abilità sociali per l'avvio di relazioni sociali con i colleghi e datori di lavoro; Abilità sociali per l'avvio di relazioni sociali nel contesto familiare; Abilità sociali per l'avvio di relazioni sociali nel contesto comunitario.
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“Stare con gli altri: no problem” (Soresi e Nota, 2001) – con adolescenti
Prima Unità didattica: Salutare i propri compagni Seconda Unità didattica: Salutare i propri insegnanti Terza Unità didattica: Presentarsi ad un nuovo compagno Quarta Unità didattica: Presentarsi ad un nuovo insegnante Quinta Unità didattica: Prestare attenzione all’insegnante in classe Sesta Unità didattica: Cominciare una breve conversazione con i compagni
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Settima Unità didattica: Cominciare una breve conversazione con un insegnante
Ottava Unità didattica: Mantenere una breve conversazione con i compagni Nona Unità didattica: Mantenere una breve conversazione con un insegnante Conclusione e sintesi
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“Stare con gli altri: no problem” (Soresi e Nota, 2001) – con adulti istituzionalizzati
Prima fase Rispondere al saluto degli operatori Salutare gli operatori Rispondere al saluto di altri ospiti Salutare altri ospiti Usare forme di cortesia con gli operatori Usare forme di cortesia con altri ospiti Cominciare una breve conversazione con un operatore
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Seconda fase Riconoscere la rabbia espressa da un operatore
Riconoscere la felicità espressa da un operatore Riconoscere la tristezza espressa da un operatore Riconoscere la paura espressa da un operatore Elencare motivi per si può sperimentare rabbia Elencare motivi per si può sperimentare felicità Elencare motivi per si può sperimentare tristezza Elencare motivi per si può sperimentare paura
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Riconoscere i momenti in cui si sperimenta l’emozione di rabbia
Riconoscere i momenti in cui si sperimenta l’emozione di felicità Riconoscere i momenti in cui si sperimenta l’emozione di tristezza Riconoscere i momenti in cui si sperimenta l’emozione di paura Descrivere la propria emozione di rabbia Descrivere la propria emozione di felicità Descrivere la propria emozione di tristezza Descrivere la propria emozione di paura
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